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Autore: Lady Moonlight    12/12/2012    1 recensioni
La giovane Freya Gadamath non conosce quasi nulla di faccende che riguardano Vampiri, Fate, Unicorni ed altri esseri sovrannaturali. Trascorre la sua vita praticando la professione di Guaritrice, cercando di aiutare la gente bisognosa.
Tutto cambia quando il vescovo di Shang la dichiara una strega, condannandola al rogo. Prima che la cerimonia della sua morte abbia inizio, però, un avvenimento improvviso cambia le sorti del suo destino.
Freya avrà salva la vita solo se adempirà al compito che il vescovo le ha assegnato.
Ma lei non ha idea di quanto quell'incarico sia complesso, soprattutto se la questione riguarda un Angelo precipitato dall'Eden.
[Le tenebre dei suoi occhi si fecero più confuse e più minacciose. Respirò, sapendo che ogni boccata d'aria poteva rivelarsi l'ultima, per lei.
Poi la voce assunse sfumature più incerte, quasi avesse intuito la paura che, ora, animava la sua vittima. Sembrava che si stesse gustando il momento, meditando su quale fosse l'istante più ideale per sopprimere definitivamente la preda.
Quando, infine, le tenebre giunsero fino a lei e per lei, la ragazza comprese che il suo destino era sempre stato quello... fin da quando quel gioco aveva avuto inizio.]

Seguito di: Contratto di Sangue-L'ombra del principio
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Contratto di Sangue'
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15

Challenge the Fate

 

 

Camminavano; era quello che, volenti o nolenti, erano costretti a fare da quasi tre giorni. Mettevano quanta più distanza possibile tra loro e Shang, consapevoli che altri tipi di demoni potevano nascondersi in quei boschi umidi e oscuri.
Erano un gruppo di uomini alla deriva e Freya ne era tristemente consapevole. Era diventata la loro guida, certo, ma la seguivano come pecore che non sapevano cosa altro fare senza una dritta del pastore.
Freya osservò la donna che era china su un cespuglio di bacche rosse e che la guardava con occhi speranzosi.
"Sono velenose." le rispose a quella muta richiesta, scuotendo il capo. Fin da bambina aveva sempre provato una curiosità morbosa verso le piante in generale e in quei giorni Michele le aveva spiegato che ciò era probabilmente dovuto al fatto di possedere sangue di fata.
"Ma non per noi, bambina. Non per noi." replicò l'altra Freya. Da parte sua, lei si ritrovò ad allungare una mano verso il cespuglio, fermandosi prima di sfiorare le bacche. "Fameee." pigolò la sua alter ego, facendole strizzare gli occhi. "Voglio della carne. Voglio della carne. Vogl..."
Freya si morse il polso così a fondo, per tentare di far tacere quella presenza sgradita, che del sangue le scivolò nella bocca. Quel sapore sembrò placare, in minima parte, i commenti dell'altra sé.
Raddrizzò le spalle e si voltò per vedere la colonna di persone che camminavano ammassate le une alle altre su quello stretto sentiero montano. Faceva freddo e la maggior parte di loro non aveva abiti adatti a sopportare quella rigida temperatura. Non c'era stato tempo per permettere agli abitanti di Shang di raccogliere viveri o effetti personali ed ora ne pagavano il prezzo.
Erano stanchi, infreddoliti, affamati e alcuni di loro, i bambini più piccoli e gli anziani, erano in preda ai brividi della febbre.
Il giorno prima, Freya era riuscita a preparare dei lenitivi contro la febbre, grazie ad alcune erbe che aveva trovato nel sottobosco, ma l'effetto non era duraturo.
Oltre che dall'aria pungente e la mancanza di provviste, il viaggio era ostacolato anche dal sottile strato di nevischio che la notte gelava, formando una pericolosa patina di ghiaccio.
Un leggero pizzichio agli occhi la avvertì che il suo potere le voleva suggerire qualcosa. Li chiuse, fece un bel respiro, e quando li riaprì si ritrovò in un mondo avvolto dalle nebbie: il Limbo.
Ancora non si capacitava di essere riuscita a ricordare il nome di un luogo di cui le sfuggivano le dinamiche. Delle spirali di nebbia si attorcigliarono attorno al suo braccio, quasi tirandola verso l'interno del bosco.
"Restate qui." disse, senza convinzione ai membri del gruppo. In quella dimensione i volti dei presenti gli apparivano sbiaditi, come vederli oltre un vetro deformato. Il refolo di nebbia si fece strada tra i tronchi degli alberi e le spine dei rovi senza fiori.
Freya camminò per dieci minuti, superando cumuli di neve e massi scivolosi. Quando l'influenza del suo potere si affievolì e lei riuscì a vedere nuovamente il mondo per ciò che era, trovò una macchia di funghi commestibili che si espandeva per qualche metro.
Un sorriso vittorioso le sorse spontaneo tra i lineamenti del volto, ma un fievole dolore alle labbra la distrasse per un istante da quella visione trionfale. Si sfiorò il labbro ferito, lì dove il sangue era di un rosso quasi violaceo. Spinse il dito più avanti e sussultò, ritraendolo spaventata, quando avvertì il profilo aguzzo dei denti.
"Oh, sì, piccola Freya. Sì. Denti per strappare la carne, denti di un cacciatore."
"Da questa parte!" chiamò a gran voce, chinandosi per poter cogliere i funghi. 
 

 

Si erano radunati attorno a otto fuochi, in gruppetti da dieci persone, aspettando che i funghi allo spiedo si arrostissero prima di poterli
mangiare. Era un pasto magro, ma il più abbondante e facile che avessero rimediato in quei giorni.

Freya si scostò leggermente da alcune braci scoppiettanti e si strinse nel suo logoro mantello da viaggio. Michele era poco distante, chino sul terreno e intento a mormorare tra sé qualche parola. Non si era mai lamentato, ma il suo aspetto esprimeva meglio delle parole le condizioni in cui versava. Le ferite stavano gradualmente scomparendo dal suo corpo, ma lei intuiva che c'era qualcosa che lo preoccupava in modo
allarmante.

Durante il giorno, Michele se ne andava per i fatti suoi non rivelando a nessuno cosa faceva e tornava solo a sera per riposarsi insieme agli altri.
Freya allungò il braccio verso un bastone infilzato di funghi e lo passò a Michele che lo rifiutò con una smorfia del volto.
Con una scrollata di spalle lei affondò i denti nella sua cena, inghiottendo con gusto quel pasto frugale. Sì sentì subito meglio, sospirando per il piacere di avere nuovamente lo stomaco pieno.
"Non placherà la nostra fame." la mise in guardia l'altra Freya. Lei si limitò a fissare le fiamme e ad assorbire il calore che emanavano.
Si trovavano nei pressi di una piccola grotta, in un luogo abbastanza isolato che permetteva a tutti di sentirsi maggiormente al sicuro da eventuali attacchi nemici. Prevedeva che nel giro di quattro giorni, mantenendo quel ritmo, sarebbero riusciti a discendere le montagne e a raggiungere nuovamente la pianura.
Si riscosse dai suoi pensieri quando qualcuno picchiettò insistentemente sulla sua spalla per ottenere attenzione.
Quando si voltò, osservando corrucciata le due figure che aveva di fronte, soffocò un'esclamazione sorpresa.
"Ufrhin?" borbottò accigliata, guardando il vecchio dal volto sfregiato che in prigione aveva affermato di essere il legittimo vescovo di Shang. "Siete vivo..." commentò, sorpresa di vederlo in quel luogo.
L'uomo, un mucchio d'ossa privo di bulbi oculari, era sostenuto da una delle guardie di Shaber e c'era da chiedersi come fosse riuscito a salvarsi con vampiri e demoni di ogni tipo a piede libero.
"Freya Gadamath." la salutò debolmente. "Le voci sull'angelo..." mormorò girando su se stesso. "Sono vere? Lui è qui?"
Lei si voltò verso Michele che con uno sbuffo infastidito si era alzato di malavoglia per andare incontro al vescovo.
"Sono qui." si limitò a dire l'angelo, tenendosi a qualche passo di distanza.
Ufrhin rantolò parole incomprensibili e zoppicò fino a Michele toccandogli il volto con i polpastrelli delle mani. Impassibile, l'angelo mantenne costantemente un'espressione neutra.
"Non pensavo... Non credevo che... Un angelo precipitato dall'Eden!" tossì, aggrappandosi convulsamente al braccio del soldato. "Così umano..." riprese a dire con un filo di voce.
"Così angelico. Così celeste. Così... fastidioso." si premurò, invece, di dire l'altra Freya.
"Cosa volete?" domandò Michele, brusco.
Freya ingoiò un altro pezzo di fungo, senza nemmeno premurarsi di avvertirne il sapore sulla lingua. Deglutì con forza, indietreggiando appena verso il fuoco.
Il vecchio alzò la mano tremante, mettendo in mostra una fila di denti marci e mancanti. "Una goccia, solo una." bisbigliò. "Me ne basterebbe una piccola..." farfugliò, inciampando nei suoi stessi passi.
"Sono tutti uguali, questi irritanti umani. Vogliono, vogliono, vogliono... e quando ottengono il loro desiderio, pretendono altro e altro ancora."
"Non ti basterebbe." lo fece tacere Michele.
Freya lanciò i resti del suo spiedino nel fuoco. "Cosa vuole?" intervenne lei, sospettosa.
L'angelo la guardò negli occhi, come a voler sondare i suoi pensieri, poi spostando minaccioso il braccio verso la spada celeste la estrasse dal fodero e la puntò verso un punto del bosco alle loro spalle. "Arrivano. Presto avremo compagnia!" gridò, voltandosi verso la popolazione di Shang. "Freya, fai entrare le donne e i bambini nella grotta." ordinò sbrigativo. "Chi può combattere si armi con ciò che trova e si metta a guardia dei più deboli!"
Nello stesso momento la afferrò per un braccio e un sorta di ululato, ma molto più acuto di quello dei normali lupi, si levò tra la selva facendo scattare il panico tra i presenti. 
 

 

Michele trascinò Freya con sé, mettendosi di fronte ad alcuni bassi cespugli, lì dove pensava che i nemici avrebbero attaccato per primi. Alle loro spalle gli uomini si prodigavano per mettere al sicuro le loro famiglie e ad alimentare il fuoco con altra legna.
"Chi... Cosa sta arrivando? E cosa voleva Ufrhin?" gli domandò Freya, battendo frustata un piede sul terreno.
"Ssh. Aspetta." le fece segno di tacere e di guardare verso la sporgenza rocciosa che emergeva da un fianco della montagna. Ombre tra le ombre, si muovevano creature a quattro zampe, grandi tre volte un lupo comune.
Agendo senza quasi esserne consapevole, Freya appoggiò la mano sinistra sul terreno e chiuse gli occhi. Lui osservò la terra rispondere al tocco della fata, così come una persona avrebbe potuto fare con le parole. Il fiato di Freya si condensò in una nuvoletta di vapore, mentre comandava alle radici degli alberi di protendersi in avanti al passaggio delle creature.
"Cosa sono? Demoni?" gli chiese lei, senza voltarsi.
"No." Si acquattò tra le foglie cadute, osservando le figure che cercavano di fuggire dalle radici che si avvolgevano attorno alle loro zampe, per impedire la loro avanzata. "Ti ho già spiegato; i demoni sono creature infettate dal sangue dei Caduti, vampiri purosangue."
"Dunque?" lo incitò a proseguire.
Michele fece segno ad alcuni soldati di nascondersi dietro agli alberi, turbato all'idea di rivelare a Freya quella verità in particolare.
"Loro..." si zittì, vedendo alcune piante venire scosse da un tremito quasi umano. I rami spogli si chinarono in avanti, quasi volessero fare la riverenza a qualche re.
Il tenue bagliore della spada celeste rivelò i contorni di un lupo, grande quasi quanto un pony, e Michele si avventò sulla bestia rotolando insieme a lei sul terreno gelato.
Il lupo gli graffiò il braccio con gli artigli e lui rispose frapponendo la lama di Enuwiel tra la testa dell'animale e il suo corpo. La candida pelliccia della creatura si macchiò di sangue e Michele ebbe modo di notare che erano gli unici ad aver ingaggiato uno scontro.
L'animale ringhiò, ma quando questi fece per allontanarsi l'angelo lo lasciò libero di andare.
"So che puoi capirmi. Dimmi cosa vuole la tua gente." lo invitò a spiegarsi, con un cenno del capo. La creatura si mise in posizione eretta, gli artigli chiari come ghiaccio che segnavano il terreno. La coda, arruffata e con la punta scura, si muoveva ritmicamente da destra a sinistra.
Il lupo, che al chiarore della spada sembrava ricoperto di uno strato di brina, spalancò la bocca, dando forma a parole dai suoni aspri e gutturali.
"Il vostro gruppo porta su di sé il fetore di quelle creature maledette." esordì, alzando il muso. "Una manciata di vampiri è sulle vostre tracce. Dovete allontanarvi da questi luoghi. Non abbiamo interesse nel prendere parte agli scontri."
Michele distolse lo sguardo, annuendo. "Ci allontaneremo." Rilassò impercettibilmente i muscoli delle spalle, grato che la creatura non avesse percepito in lui nulla di particolare.
"Aspet..." il lupo si interruppe e dalla sua gola proruppe un ringhio di avvertimento.

 


 "Ritira le zanne."
Freya aveva affiancato Michele, ed era rimasta ad osservare gli occhi dalle molteplici sfumature grigie della creatura. "Ritira le zanne." ripeté con maggior enfasi. "Non siamo vostri nemici."
"Ma nemmeno alleati." replicò il lupo, fiutando l'aria attorno a lei. "In tal caso, potrei considerarvi come spuntini fuori dal pasto."
A Freya bastò agitare il polso verso sinistra per far sì che i rami di una quercia si attorcigliassero attorno all'addome della creatura.
"Sei tu... quella che possiede la magia. Il trucchetto delle radici non è bastato per fermare la nostra avanzata."
Freya fece una smorfia, non capacitandosi di come quell'animale riuscisse ad esprimersi a quel modo. Era innaturale il modo in cui la mandibola si muoveva; contro natura.
Altri lupi avevano raggiunto il compagno, cercando di strappare i rami a morsi per poterlo liberare. Lei lo fece sospendere in aria, assicurandosi che i rami fossero irraggiungibili per i nemici.
"Cosa siete?" domandò, fattasi insolitamente temeraria. Fu quasi certa che fosse una smorfia quel lieve arricciamento che vide sul labbro inferiore della creatura.
"Luphien. Lupi non più... lupi." pronunciò l'animale, enfatizzando l'ultima parola con disprezzo.
"Dunque? Cosa significa che siete luphien?" Con la coda dell'occhio Freya scorse Michele muoversi a disagio.
"Lasciami andare, fata." quasi sibilò, la creatura. "Lascerò che tu e gli umani vi allontaniate e chissà, magari ucciderò i vampiri che vi cacciano."
Freya abbassò la mano, allentando di poco la presa dei rami sulla creatura.
"Sì, lascerò andare anche te, angelo." ringhiò il luphien, imitato dai suoi compagni.
"Non potresti comunque fermarmi." replicò Michele, con un'arroganza che a Freya ricordò quella della sua alter ego.
"Perché vi siete avvicinati, se come dici non volevate ucciderci?" dichiarò lei, sospettosa. "E cos'è esattamente un luphien?" chiese nuovamente.
L'animale diede una scrollata alla pelliccia, facendo piovere sul terreno gocce di acqua. "Un lupo non p..."
"Più lupo. Sì, questo l'ho compreso." tagliò corto Freya. "Ma cosa comporta? Cosa significa che non siete più lupi?"
La creatura abbassò la testa in direzione di Michele che sembrava turbato.
"L'angelo lo sa. Tu lo sapresti, se solo ti sforzassi di ricordare. Ricorda." comandò l'altra Freya. "Ricorda!"

 

 

"Stanno cambiando, Somma Arturya. Non potete fare nulla per impedirlo."
"ll mio sangue..."
"Avete tentato, ma le mutazioni sono irreversibili. Gli effetti del vostro sangue sono momentanei."
"Non sopporto di assistere a questo sfacelo."
"Consideratela come una... evoluzione."
"È innaturale. Queste alterazioni sono innaturali. Gli umani non sopravvivranno se continueranno a rimanere esposti ad una tale radiazione di... Potere."
"Si adatteranno. L'hanno sempre fatto."
"Ma non le fate, vuoi dirmi. Le fate non si adatteranno, non come gli umani."
"Ci estingueremo, Somma Arturya, sì. Lentamente, certo, ma scompariremo. La debolezza tra le due Corti è solo il principio. Spetta a voi trovare una soluzione. Siete rimasta solo voi. Titania, lei avrebbe voluto così."

 

 

Freya sobbalzò, girandosi appena verso Michele. "Sono cambiati." bisbigliò più a se stessa che a qualcuno degli osservatori."Mutati dalla magia, dal potere." deglutì, sforzandosi di scacciare il fastidioso sapore che sentiva intrappolato in bocca. "Lupi non più lupi. Luphien." proseguì, quasi aspettandosi che qualcuno la correggesse. "Lupi evoluti... o degenerati." aggiunse così piano che nessuno la sentì.
Puntò gli occhi in quelli di Michele, che avevano riassunto una sfumatura di distacco. Il loro colore, a metà fra l'azzurro e l'argento, trasmetteva un soffocante senso di gelo.
"Prima stavi per dirmelo." commentò Freya, allentando ulteriormente la forza che esercitava sui rami della quercia. "Ora comprendo la tua cautela nei confronti di queste creature." I luphien scoprirono i denti, come cani a cui avessero improvvisamente tolto l'osso.
"Gli angeli sono responsabili di quanto è accaduto loro."
"Non meno delle fate." la zittì Michele, facendola indietreggiare con un'occhiata. "Non siamo stati noi a dare inizio alla Prima Guerra Celeste e la colpa non è neppure da imputare esclusivamente ai Caduti."
A quel punto Freya strinse le mani a pugno e marciò infuriata verso di lui. "Ma sta per scatenarsi una nuova guerra!" gli sibilò in faccia. "Sei stato tu a dirmelo!" lo accusò, sprezzante. "Lascerai che questo..." mosse il braccio attorno a se stessa in modo eloquente "...si ripeta?" concluse.
Michele serrò la mascella con fare nervoso e quando parlò la sua voce risultò dura e astiosa. "No, se potrò evitarlo."
L'altra Freya si limitò a sghignazzare per tutto il tempo.

 


"Allontanatevi dai nostri territori e in cambio uccideremo per voi i vostri inseguitori."
Freya annuì per puro riflesso alle parole di Rha, il capobranco luphien che dopo essere stato liberato dai suoi poteri si era presentato anche agli umani. L'emicrania non le dava tregua, così come i commenti inopportuni dell'altra Freya.
"Non vedo che tipo di vantaggio voi possiate ricavarne." fu il commento lapidario di Michele.
Rha camminò circospetto attorno al fuoco, la zampa posteriore sinistra leggermente zoppa. "La mia gente non desidera partecipare alla guerra che tu hai prospettato per il futuro."
"Sarete ugualmente coinvolti, che il tuo clan lo desideri o meno." affermò l'angelo senza esitazioni. "Dovrete scegliere da che parte stare."
Freya allungò le mani tra le fiamme, sussultando appena quando il fuoco le lambì la pelle. Osservò il processo di rigenerazione dei tessuti, valutando il tempo di guarigione in atto.
Il luphien ignorò l'ultimo commento di Michele. "C'è un villaggio abbandonato a tre giorni di cammino da qui."
Tra gli umani si levarono bisbigli concitati. "Un villaggio che voi mostri avete sicuramente attaccato!" gridò qualcuno.
Rha ringhiò infastidito, puntando la testa verso chi aveva parlato. Il luphien arrivava quasi alle spalle di Freya; un concentrato di muscoli e artigli pronti per essere utilizzati.
Per un istante, Freya distolse l'attenzione dal fuoco chiedendosi se dovesse ordinare alla terra di inghiottire quel "lupo non più lupo". Scosse la testa, studiando il profilo di Michele che sembrava assorto in altri pensieri.
"Basta così." annunciò Rha, lasciando che la rabbia trasparisse dalla sua voce graffiante. "Vi ho concesso tempo a sufficienza per decidere. Avete fino all'alba, poi i miei compagni vi attaccheranno. Gli uomini di ghiaccio si avvicinano..."
Freya avvertì un brivido percorrerle la schiena, come se il suo corpo reagisse a quelle parole. Era così stanca... Stanca di quell'esistenza. Stanca di come la sua vita fosse cambiata con la comparsa della stella verde e l'arrivo dell'angelo.
"Ce ne andremo." assicurò Michele.
Da parte sua, lei rimase in silenzio, incerta se dover ritirare la mano dalle fiamme o lasciare che quel calore la consumasse. Fu l'altra Freya che decise al posto suo.

 

***

 

Vlad ritirò le ali dietro la schiena e fece qualche passo in avanti, sull'erba umida. Allungò la mano in un gesto lento, armonioso, e non si lasciò sfuggire alcun lamento quando la carne sfrigolò a contatto con la barriera di energia innalzata ai confini di quella città.
La pelle era diventata nera in alcuni punti e nell'aria aleggiava un lieve odore di materia organica bruciata. Lasciò ricadere l'arto al suo fianco e osservò meditabondo l'umano davanti a sé.
"Sei stato abile nel cancellare le tue tracce, Vincent Rainsworth."
Al sicuro dall'altro lato della barriera, lo stregone inclinò la testa di lato, schiudendo le labbra. "Non abbastanza, sembra." replicò cauto. "Avevamo fatto un patto, Vlad, e tu non lo hai mantenuto." lo accusò lo stregone, sfilandosi dal collo la catena con la Pietra di Cristavia.
"Tu per primo hai infranto il giuramento, cercando di vincolarmi al sangue della Guardiana." obbiettò il vampiro, umettandosi le labbra.
"Ma sono stato io a liberarti dall'esilio in cui l'angelo Enuwiel ti aveva costretto. Ho spezzato il sigillo che lui aveva imposto su te e i tuoi seguaci."
Vlad fece scivolare la mano sulla lama di Exaniha, cercando di capire se la spada celeste avrebbe potuto spezzare la barriera.
"Non pensavo che per il grande Vlad Tepes, distruggere un regno umano ed il suo re fosse tanto difficile. La nostra collaborazione non ha più motivo di esistere."
"Non c'è mai stata alcuna collaborazione." si intromise lui, tracciando un cerchio sul terreno con Exaniha. "Ciò che ti proponi di fare è impossibile. Non puoi modificare il corso degli eventi passati."
Vincent sorrise ed i suoi occhi dorati riflessero la luce argentea della luna. "Sappiamo entrambi che il modo esiste. È inutile, ora, tentare di rimangiarsi le parole dette." fece scivolare la Pietra di Cristavia tra le mani, facendola dondolare lentamente avanti e indietro. "Perché non torni alla tua guerra, Vlad? Perché non vai a riprendere tuo figlio?" pronunciò l'ultima parola con disprezzo e il vampiro si trattenne a stento dal gettarsi nuovamente sulla barriera.
"Non potrai sfuggirmi per sempre." lo avvertì con un ringhio sommesso. "La tua magia non ti proteggerà in eterno."
Lo stregone si strinse nelle spalle e gli indicò il profilo della città di Shalit, la capitale dell'Impero Thogal. "Cambierò il corso del destino, vampiro." sibilò brusco. "L'ho promesso ad una persona."
"Non puoi riuscirci." replicò Vlad, dopo aver completato di tracciare il cerchio.
"Non senza il tuo aiuto vuoi dire. Ma tu non sei l'unico individuo a voler modificare il corso della storia. Esistono altri... disposti ad aiutarmi."
"Dammi la Pietra." ringhiò, puntando Exaniha verso la sua gola. Scintille di fuoco caddero sul terreno, ma la lama non riuscì a raggiungere la testa di Vincent.
"Per quale motivo? Temi il suo potere, desideri ottenerlo o credi che io voglia ucciderti?" domandò, volgendosi a guardarlo. "Bhe, in effetti è così... desidero la tua morte, ma questo già lo sai, re dei vampiri."
Exaniha cadde al suolo e sulla sua mano, Vlad diede vita a fiamme smeraldine che si avvolsero a spirali attorno al suo braccio. "Non puoi oltrepassare la barriera. I tuoi sono sforzi inutili." lo schernì l'umano.
"Questo insediamento umano non potrà resistere in eterno." lo ammonì lui, posando la mano infuocata sulla barriera.
"È proprio questo il tuo errore, Vlad: non credere che la città possa resistere." Vincent, nascose nuovamente la pietra tra le sue vesti e gli diede le spalle. "Questa è Shalit, angelo esiliato dall'Eden: luogo di culto dell'Antica Religione e cuore pulsante del sotto-mondo alchemico."
"Alchimia." le ali di Vlad fremettero di collera. "Un motivo in più per volerla distruggere."
 

 

***

 

Per Freya era stato un sollievo scoprire che durante l'incontro con i luphien il cuore di Ufrhin si era fermato, come se la sola presenza di quelle bestie avesse potuto ucciderlo. Non che il vecchio vescovo, vero o falso che fosse, sarebbe riuscito a reggere ancora a lungo quel viaggio...
Pur non avendolo in simpatia, Michele aveva insistito nel seppellirlo vicino ad un vecchio roseto e così avevano perso due ore per scavare una fossa. Il tutto era stato completato con una rapida preghiera, affinché la sua anima trovasse la via per le Case dei Morti.
Quando si erano rimessi in viaggio era quasi giunta l'alba e in lontananza gli ululati dei luphien li accompagnarono per un considerevole tratto del cammino. Dei vampiri non c'era stata traccia, ma con il sorgere del sole non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Quella mattina, Michele rimase in testa al gruppo affiancandola lungo la strada.
"Cosa voleva da te Ufrhin?" gli domandò.
L'altra Freya sogghignò. "Giovane, inesperta fata." commentò con una fastidiosa accondiscendenza. "Una goccia di sangue. Una goccia, una sola, per prolungare la sua vita." le spiegò.
"Sangue..." mormorò Freya, voltandosi verso Michele.
L'angelo ricambiò l'occhiata con espressione neutrale; tendeva sempre a non sbilanciarsi troppo con le sue emozioni. "Sì, sangue celeste."
"Perché?" replicò lei, pensierosa.
L'altra Freya sembrò emettere un sospiro rassegnato. "Qualità, proprietà, benefici... Il sangue veicola i poteri delle stirpi. Una sola goccia, basta per mutare quello umano e animale."
"Il sangue degli angeli..." Michele si accigliò, assicurandosi che nessun abitante di Shang lo stesse a sentire. "...Prolunga la vita degli umani. Ufrhin, che a differenza di Shaber era un reale seguace della Chiesa, era a conoscenza di questo segreto. Per questo desiderava avere il mio
sangue."

Freya ripensò alle torture a cui Shaber aveva sottoposto Michele per poter ottenere l'immortalità e la via che conduceva all'Eden. "Te lo avevo detto: i mortali sono tutti uguali; prevedibili nei loro desideri."
Ignorando le parole dell'altra sé, si chiese cosa sarebbe accaduto all'angelo se Shaber avesse saputo la verità sul sangue di Michele. Era certa che lo avrebbe ucciso subito dopo averlo dissanguato a morte.
"Non era diverso da Shaber." osservò lei, lasciando vagare lo sguardo alle spalle di Michele, lì dove un tempo dovevano esserci state delle ali dorate. "Avrebbe effetti anche su di me? Il tuo sangue..." lasciò la frase in sospeso, ma lo vide annuire segnalandole che aveva capito le sue parole.
"Tu sei una fata, Freya." replicò con calma. "La tua esistenza non è breve come quella dei mortali. Non avrebbe senso per te usufruire del mio sangue per prolungarti la vita. Potrai vivere per centinaia di anni anche senza il mio aiuto." ironizzò.
"Oh." fu il suo unico commento. "Non... Devo ancora abituarmi alla mia attuale natura." balbettò, scuotendo la testa. "E il sangue di fata? Che effetti produce?" 
 

 

Michele si prese qualche minuto per riflettere prima di addentrarsi in un discorso e in ipotesi che avrebbero, almeno potenzialmente, disturbato ulteriormente i pensieri di Freya. Quella ragazza era troppo instabile per riuscire a prevederne le reazioni.
"Normalmente, il sangue del popolo fatato è potenzialmente letale per gli uomini. Coloro che sopravvivono ad un'eventuale contagio sono casi rari e finiscono con il perdere il senno. Il sangue tra il tuo popolo è chiamato linfa ed ha sfumature verdognole. Possiede la capacità di alterare l'aspetto umano, rendendolo più agile, forte e potenzialmente letale per gli altri uomini."
"Perché, normalmente? Ci sono eccezioni?" intervenne Freya .
Lui si fermò, afferrandola malamente per il braccio e lei gli indirizzò un'occhiata infastidita. "Tu sei l'eccezione."
Non reagì quando Freya si allontanò bruscamente, limitandosi a lasciarla andare.
"Sciocchezze." obiettò lei, truce.
Fu questione di un attimo, ma Michele vide chiaramente un mutamento repentino nei suoi occhi, quasi avesse all'improvviso capito o ricordato-lui non sapeva dire quale delle due opzioni fosse la più plausibile- che le sue parole corrispondessero a verità. Freya si sfiorò pensierosa i palmi delle mani, apparentemente indecisa su cosa fare.
"Freya Arturya Pendragon." la chiamò, facendola sobbalzare. "Non te ne ho parlato prima, ma conoscevo la fama di colei che portava questo nome. In ogni caso, non l'ho mai conosciuta, non ti ho mai conosciuta" si corresse "per lo meno, non prima del mio arrivo a Shang."
"Tu sapevi di me!" esclamò lei, stringendo le mani a pugno. "Sapevi e..." sembrava non riuscisse a trovare nulla da dire.
"Io non sapevo." la corresse, indifferente alla sua collera. "Ho saputo quando Lilith ti ha chiamata con quel nome e ha così definito la tua identità."
Le guance di Freya si tinsero di un rosso tenue, preannunciando a quel modo lo scoppio d'ira che sarebbe seguito. "Dimmi quello che sai." sibilò lei, mettendo in evidenza i denti appuntiti. "Dimmelo, arcangelo!" ripeté con più rabbia, utilizzando il grado che lui occupava nella gerarchia celeste.
"La tua rabbia non può turbarmi, Freya." l'avvertì.
"La mia rabbia può segnare la tua fine." replicò lei, il braccio proteso verso il terreno.
Michele si mosse veloce; un passo a sinistra e tre in avanti. Le strinse il polso, spostando allo stesso tempo la sua mano verso la spada di Enuwiel. Quando il metallo entrò in contatto con la pelle della fata e lei si lasciò sfuggire un lamento soffocato Michele la liberò, sfidandola a tentare di minacciarlo nuovamente.
"Le tue sono minacce vane, ma non posso continuare a tollerare questo fastidioso atteggiamento ribelle."
Stringendosi la mano ferita, Freya digrignò i denti inveendo in un qualche dialetto umano a lui sconosciuto. "Dimmelo. Cosa aveva di speciale il sangue dei Pendragon?" sbraitò furiosa. Aveva ripreso una postura dritta, sfoggiando un'arroganza che lui mal sopportava. In un certo senso, quella sua follia gli rammentava quella dell'angelo decaduto Nevhiel e il pensiero non era affatto incoraggiante.
"I portatori di questo nome, membri della Corte Seelie, potevano risanare qualsiasi tipo di ferita, di natura magica o non."
Lo sguardo di Freya si adombrò. "Come un Guaritore..." mormorò. Perplesso, Michele la vide crollare a terra.
Rannicchiata sul terreno e in preda a un dolore sconosciuto, la fata urlò.

 

 

Capitolo gentilmente betato da: Jales  (grazie Ale*___*)


Vi ricordo: -Il prequel (molto prequel) interamente dedicato a Sebastian che potete trovare qui: Soul Hunter

  • -Se vi va di farmi domande in merito alle storie o di altra natura potete farla in forma anonima: Qui

  • -Mi trovate su: Twitter 


       

     

    Note: Grazie a chi ha aggiunto la storia ad una delle tre liste :D
    Sperando che qualcuno voglia farmi sapere cosa ne pensa vi auguro buone feste, visto che non credo riuscirò ad aggiornare nuovamente per Natale! ;)
    By Cleo^.^

     


     

       
     
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