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Autore: PrincipessaLes    13/12/2012    0 recensioni
Rabastane e Marlene hanno 15 anni e sono innamorati. Il loro amore è ostacolato dalla famiglia di Rabastan, che lo obbliga a una scelta drastica.
Dieic anni dopo, i due si ritrovano. Il loro amore è ancora una volta impossibile, questa volta perchè ostacolato dalla guerra.
Questo amore è destinato ad un tragico epilogo, ma come affronteranno i due innamorati questa situazione???
La fanfiction partecipa al contest "Harry Potter è bello, ma Mangiamorte è meglio" indetto da Kyra Nott sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marlene McKinnon, Rabastan Lestrange
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Risalve gente!!! Ecco a voi il secondo capitolo.
Questa volta, vi dico subito tutto quello che devo dire.
Innanzitutto, la storia ha compiuto un salto temporale di circa 10 anni. Questo capitolo è ambientato durante la I Guerra Magica.
Riguardo ai personaggi, invece, volevo  spiegare l'accenno  a Dorcas(Meadowes) e Fabian(Prewett). Nella mia immaginazione, Fabian è disperatament einnamorato di Marlene, anche se sa che lei non ha mai dimenticato Rabastan. Dorcas, invece, è innamorata di Fabian, che, però, non si è mai accorto di lei...ma questo si capisce anche nella frase che ho messo su di loro. So che questa situazione può sembrare complicata, spiegata così, ma ho già pronto un abbozzo di una fanficition sulla Old Genration, che conto di riuscire aa scrivere e publbicare al più presto, in cui spiegherò queste dinamiche particolari(e anche altre cose naturalmente).
Nella parte POV di Rabastan, invece, Betty accenna alla  morte di una persona che lei amava. Questa persona è Regulus Black, di cui lei er ainnamorata e a cui era stata promessa. Anche per questa storia, vale lo stesso discorso fatto per Dorcas e Fabian. Spero di riuscire a cominciare molto presto la storia sulla Old Genration, di cui questi saranno missing moments. Comunque, per qualsiasi dubbio, chiedete pure.
Infine, nella parte POV di Marlene, accenno a un altro mio OC. L'OC in questione è Anouchka Shacklebolt(si scrive così, vero???), sorella di Kingsley Shacklebolt, coetanea e migliore amica di Marlene, nonchè fidanzata di Gideon Prewett.
Spero di essere stata chiara e di avere spiegato tutti ciò che c'era da spiegare.
Ora, vi auguro buona lettura e spero che sia di vostro gradimento.

Capitolo 2
The hardest story that I've ever told


Marlene POV
2 o'clock in the morning, something's on my mind
Can't get no rest; keep walkin' around
If I pretend that nothin' ever went wrong, I can get to my sleep
I can think that we just carried on

 
 
Un suono di campane in lontananza fece trasalire Marlene. Erano già le due. Quella notte era passata così in fretta...come tutte le notti che passava con lui, del resto. Il tempo correva veloce quando erano insieme.
Era tutto così strano. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, di avere ancora quindici anni. L’amore l’aveva travolta di nuovo, con la sua forza dirompente e tutto le sembrava uguale a dieci anni prima, come se il destino avesse riavvolto il gomitolo del tempo, riportandola a quei giorni.
Invece, molte cose erano cambiate. Tutto è cambiato, ma noi siamo rimasti uguali, pensò Marlene sospirando. Siamo sempre noi, Lène e Rab, due innamorati disperati, due naufraghi che cercano di non affogare tra i flutti del destino.
Avrebbe voluto gridare al mondo la sua gioia per aver ritrovato Rabastan, il suo primo amore, l’unico uomo che avrebbe mai potuto amare nella sua vita. Avrebbe voluto…ma non poteva dirlo nemmeno alla sua migliore amica, non poteva raccontarlo nemmeno a Nat, che per lei era come un fratello.
Se Nou lo sapesse, direbbe che sono una pazza e un’incosciente, pensò la ragazza. E Nat sarebbe capace di uccidere Rabastan con le sue stesse mani se sapesse quali pericoli corro per lui. Nemmeno loro possono capirmi.
Ancora una volta, Marlene si ritrovò a maledire tra sé quella guerra e, ancora di più, gli ideali che muovevano le persone contro cui lei lottava, quegli uomini che costringevano Rabastan a combattere per una causa in cui non credeva. Per colpa di quegli uomini, lei e Rabastan erano costretti a vivere il loro amore di nascosto, come se fosse qualcosa di cui vergognarsi. Un amore condizionato dalla paura, paura di essere scoperti, paura di essere divisi di nuovo da quella guerra infame, ma, soprattutto, paura di quello che poteva succedere ad entrambi, paura di veder finire tragicamente la vita della persona amata, come era già successo a diverse persone che conoscevano. Questa paura dominava la sua vita e disturbava il suo sonno, invadendo continuamente i suoi sogni...ma solo quando non era con lui. Quando erano insieme, tutto cambiava, era come se il mondo fuori sparisse, portando via con sé tutti i dubbi, le paure e i dispiaceri.
In quelle notti, quando sembrava che il tempo si cancellasse e si riavvolgesse come un nastro, potevano addirittura fingere che non il loro amore non fosse mai stato interrotto, che quell’addio di dieci anni prima fosse stato qualcosa di lontano ed irreale, un incubo ormai dimenticato, una stupida paura da tempo superata. In quelle notti quando chiudeva gli occhi, Marlene riusciva perfino a sognare un futuro diverso per loro due, come quando ancora pensava che il loro amore fosse qualcosa di realizzabile.
Ma quello succedeva solo in quei rari momenti in cui il tempo sembrava sospeso. Quando tornava alla sua vita di tutti i giorni, Marlene si dava della stupida per aver potuto anche solo pensare quelle cose. Non era più la ragazzina innamorata ed ingenua di dieci anni prima...e, anche se lo fosse stata, non avrebbe avuto nessun motivo per poter veramente credere in quelle che sapeva benissimo essere soltanto delle utopie, incredibilmente belle, dolci e romantiche, certamente, ma nulla più che utopie, sogni di un naufrago che vagheggia un’isola su cui rifugiarsi dai flutti che minacciano la sua vita, di un uomo perduto nel deserto che ricerca ardentemente un’oasi in cui dissetare la sua gola riarsa dal sole implacabile.
C’era stato un tempo in cui lei ancora si poteva concedere il lusso di sognare...ma quel tempo era passato ormai. I sogni di una ragazzina non possono convivere con la realtà del mondo degli adulti, soprattutto quando questa realtà e una realtà di guerra e l’uomo che ami fa parte di quelli che dovresti chiamare nemici, quelli che uccidono ogni giorno degli innocenti e anche molti dei tuoi amici e dei tuoi compagni di battaglia.
 “Il destino se ne frega di noi e noi dobbiamo imparare a fregarcene di lui.”
Quante volte l’aveva ripetuto Dorcas, con il suo sorriso triste e il suo amore disperato per un ragazzo che non si era mai accorto di lei, troppo preso a cercare di entrare nella vita di una ragazza che non avrebbe mai potuto amarlo. Lo diceva, eppure, non aveva mai smesso di sognare che Fabian si accorgesse di lei, prima o poi Ma lui l’aveva notata troppo tardi, appena poco prima che quello stesso destino di cui lei cercava di non disperarsi se la portasse via...il destino e i Mangiamorte. Ora Dorcas se n’era andata, ma il suo ricordo aleggiava ancora in quelle parole, che Marlene ripeteva come un mantra, quasi avesse trovato una nuova formula magica capace di cancellare in un solo colpo tutti i suoi problemi.
Fregarsene del destino...come se fosse facile. Non è per niente facile far finta di niente quando il tuo mondo ti crolla addosso...ed è ancor più difficile girare la faccia dall’altra parte quando quello stesso destino ti dà una possibilità per ricostruire, almeno in parte, quello che avevi perso. A volte, la vita ti impone delle scelte molto dure, dure ma necessarie. È così difficile rinunciare alla persona che si ama, anche quando si sa che non c’è nessun’altra scelta possibile. E se questo è difficile, è quasi impossibile fare la stessa scelta quando un destino beffardo ti fa reincontrare la stessa persona. Non si può rinunciare per la seconda volta all’amore della propria vita, anche quando questo amore potrebbe essere la causa della tua morte. L’amore è più forte della prudenza e anche della paura, l’amore è più forte di tutto.
 
 

Rabastan POV

This is the hardest story that I've ever told. (ooooo)
No hope or love or glory
Happy ending's gone forever more
I feel as if I'm wasted
And I'm wastin' everyday

 
 
“”Rab, che ti succede? Sono veramente preoccupata per te, sai. Sei così cupo in questi giorni, mi sembra che tu sia diventato l’ombra di te stesso. Non ti ho mai visto così...o forse dovrei dire che sono passati dieci anni dall’ultima volta che ti ho visto così. Mi sto sbagliando?”                                                                                                                                                                        La voce dolce e preoccupata di Betty riempì il silenzio della stanza isolata in cui Rabastan si era rifugiato.
“”Lasciami stare, Betty. Non ho voglia di stare a sentire le tue chiacchiere. So che sei preoccupata per me, ma così riuscirai solo a peggiorare la situazione, credimi.”
Betty si sedette al suo fianco sul vecchio canapè consunto, come lui aveva fatto più volte con lei, per consolarla, quando era più piccola.                                                                                  “So che vuoi stare da solo, Rab. Ma in questo momento non è importante ciò che vuoi, ma ciò di cui HAI BISOGNO. E tu hai bisogno di parlare con qualcuno, qualcuno che sappia capire quello che provi. E nessuno delle persone che conosci saprebbe capirti meglio di me, che sono passata attraverso la tua stessa sofferenza. Perché anche tu hai perso qualcuno...qualcuno che amavi, non è vero?” Rabastan sospirò.
“Non so come fai, Betty. Non so come fai a capire certe cose.”
“Ti conosco bene Rab, tanto bene quanto tu conosci me. Siamo fratelli, abbiamo un legame molto stretto. Ci siamo sempre sostenuti nei momenti bui, è normale che io sappia capire quando c’è qualcosa che non va, anche tu ne sei capace con me.”
Rabastan sollevò lo sguardo e fissò la sorella.
“Come farei senza di te, sorellina? Solo tu sei ancora qui, tu non sei mai cambiata. Tutte le persone cui tenevo...ho perso tutti quanti, in un modo o nell’altro, solo tu sei rimasta. Nessuno sa capirmi meglio di te, ma questa volta non puoi capire...dici di aver passato le mie stesse sofferenze, ma in realtà non sai, non capisci, non puoi nemmeno immaginare cosa sto vivendo.”
“E cosa non so di preciso? Che differenza c’è tra la mia storia e la tua?”
Rabastan sospirò. Era tutto così difficile, così maledettamente difficile da spiegare.
“C’è un mondo di differenza, sorellina. Tu non hai visto la persona che amavi morire davanti ai tuoi occhi. Tu non sei rimasta muta e impalata a guardare mentre quegli schifosi torturavano e uccidevano lei e la sua famiglia. Tu...tu non devi vivere ogni giorno, ogni singolo dannatissimo giorno, con un terribile peso che ti schiaccia l’anima, la terribile certezza che AVRESTI POTUTO SALVARLA.”
Betty lo abbracciò di slancio. Questo era più di quanto potesse sopportare.
“Salvarla? No, Rab, tu NON POTEVI salvarla. Certo, potevi metterti contro di loro per proteggerla, ma cosa ne avresti ottenuto? Forse, avresti ritardato il momento della sua morte, ma non avresti mai potuto evitare che accadesse. L’avrebbero uccisa comunque, subito dopo aver ucciso te.”
Rabastan scosse la testa. Betty non poteva capirlo. Per lei, tutto era così facile da spiegare. Nel suo mondo, tutto aveva due colori: una cosa o era bianca o era nera. E io non sono nessuna delle due cose, pensò Rabastan, io sono grigio, come il mondo in cui mi ritrovo sospeso, una dimensione senza colore, senza vita e senza nessun senso.
“Certo, quando loro sono arrivati, non ho più potuto fare niente per salvarla. Ma avrei potuto fare molte cose, PRIMA CHE ARRIVASSERO.”
Chiuse gli occhi e le immagini di quella giornata, di quella terribile sera ricominciarono a scorrergli davanti agli occhi.
 
Are you going to Scarborough Fair?
Parsley, sage, rosemary, and thyme;
Remember me to one who lives there,
For once she was a true love of mine.
 
La dolce musica del pianoforte e le voci armoniose che provenivano dalla finestra aperta si diffondevano per tutto il giardino.
“Maledizione”-imprecò Rabastan tra sé e sé.
Sapeva che sarebbe stato pericoloso andare fino a casa di Marlene, ma questo era peggio di qualsiasi cosa avesse potuto immaginare. Gli aveva detto che sarebbe stata sola quel pomeriggio. E i duetti al pianoforte con il cugino non rientravano nell’idea che lui aveva di solitudine.
Strisciando contro il muro, si avvicinò alla porta secondaria di cui lei gli aveva parlato. Mentre aspettava che Nat se ne andasse, chiedendosi quanto sarebbe stata lunga l’attesa, non poté fare a meno di sentire la canzone che stavano cantando. Sentirla fu come ricevere una serie di pugnalate al cuore. Quella era la ballata preferita di Marlene e, quando erano ragazzi, lui le aveva promesso che l’avrebbero cantata insieme, un giorno, mentre lei suonava il piano come stava facendo in quel momento. Avrebbe dovuto essere il loro primo duetto dopo la sua fuga, il primo di una lunga serie, l’inizio della sua nuova vita. Ma lui non aveva mai avuto il coraggio di fuggire.
Sembrava che il destino si divertisse a prendersi gioco di lui, nella maniera più crudele possibile.
 
“Devi fuggire, Lène, dovete fuggire tutti quanti, tu e la tua famiglia. Fuggite, se volete vivere ancora.”
La voce di Rabastan tremava. Le aveva raccontato tutto, le aveva rivelato ciò che sarebbe dovuto accadere quella sera, perché sperava di poterla convincere ad andarsene, a salvare la vita sua e della sua famiglia. Ma la conosceva troppo bene per credere che lei avrebbe accettato quel soluzione, che lei stessa aveva appena definito “una scorciatoia da codardi.
“Fuggire? No, noi combatteremo, IO combatterò, fino all’ultimo. Sono un Auror e sono nell’Ordine, Rab. Non puoi chiedermi di mancare al mio dovere. La causa per cui combatto è più importante di tutto il resto, persino della mia vita.”
“Porca Morgana, Lène, quando parli così sei dannatamente simile a Bellatrix. Certo, la vostra è una causa giusta, ma nessuna causa è più importante della vita di chi combatte. Tu sei una persona, sei importante TU, non la causa.”
Rabastan era esasperato. Non riusciva a credere che tutti quelli che credevano in una causa, da qualsiasi parte combattessero,fossero così folli da credere che una causa, un’idea astratta, per quanto bella e nobile potesse essere, fosse più importante di una persona, di una vita umana. Era tutto così incredibilmente assurdo. Gli sembrava che il mondo magico fosse diventato un gigantesco manicomio, dove tutti erano impazziti per difendere le loro idee.
 
Accoccolato in mezzo ai cespugli, Rabastan fremeva d’impazienza. Aveva detto al fratello che avrebbe atteso i suoi compagni di missione“ sul posto per aprire loro la strada. Nessuno di loro sospettava che lui avesse passato buona parte del pomeriggio “sul posto“, anzi, meglio ancora, dentro nella villa, a fianco della ragazza che avrebbe dovuto essere la loro principale vittima, scambiando con lei dolci parole d’amore.
Tutti quelli che erano stati a conoscenza della sua storia con Marlene dieci anni prima ora erano convinti che lui l’avesse completamente dimenticata, che fosse veramente diventato uno di loro. Non avevano la minima idea di quanto si sbagliavano. Lui non sarebbe MAI diventato uno di loro. In compenso, però, aveva imparato a recitare molto bene, tanto da stupire persino se stesso di quanto fosse diventato credibile in quel ruolo che mai avrebbe creduto di dover interpretare.
Quel ruolo, però, era così difficile da interpretare, a volte. Era stato particolarmente difficile fingere indifferenza quando gli avevano parlato di quella missione e, soprattutto, suo fratello aveva proposto di far partecipare anche lui. Quella sarebbe stata la prova definitiva della sua fedeltà, aveva detto Rodolphus, così avrebbe confermato al mondo che era veramente diventato un altro rispetto a dieci anni prima, un Mangiamorte convinto, un vero Purosangue, un VERO Lestrange. Rabastan si era sentito mancare quando suo fratello l’aveva detto, ma era stato costretto ad accettare,a fingere di essere onorato quando il Signore Oscuro aveva accettato la proposta di Rodolphus e l’aveva definito un fedele servo, un valido combattente. Gli faceva tropo male anche solo pensare a quello che sarebbe successo quella sera, ma si era spinto troppo in là con la sua finzione per ribellarsi a ciò che stava succedendo. Era marchiato, ormai, non poteva più tornare indietro, nessuno poteva tornare indietro.
Regulus ha provato a farlo, pensò mentre aspettava il segnale dell’arrivo dei suoi “compagni”. Ci ha provato e ne ha pagato le conseguenze, ma almeno lui si è ribellato. Nessuno se lo sarebbe aspettato da lui, eppure l’ha fatto. Regulus ha dimostrato al mondo il suo coraggio, mentre io...io sono solo un codardo, uno schifoso codardo. E i codardi non hanno diritto alla felicità, non la meritano. Solo chi combatte per ottenerla la merita.
 
“Forza, fratellino, ora tocca a te. Fai vedere a quella sgualdrina traditrice del suo sangue che sei cambiato, mostrale chi sei diventato. Mostrale che non sei più un debole, come dieci anni fa, che ora sei uno di noi, un vero Purosangue, un vincente.”
Quelle parole ferirono le orecchie di Rabastan e penetrarono dentro di lui, fino al cuore, come una stilettata. Fino a quel momento, aveva sperato che nessuno l’avrebbe chiamato in cause, ma era una speranza vana e stupida.
Rabastan esitò. Fu solo un istante, ma fu abbastanza perché Evan Rosier lo spostasse indietro con un gesto impaziente.
“Intanto che il nostro principino decide se ha voglia di sporcarsi le mani, io comincio a divertirmi.”
Con un ghigno malefico dipinto sul viso, Evan cominciò a torturare Marlene. Sul viso della ragazza sorse un’espressione di dolore, dolore allo stato puro, ma lei non emise un suono. E continuò a tenere la bocca ostinatamente chiusa anche mentre gli altri Mangiamorte si avvicendavano a dar man forte a Evan.
“Se va avanti così, la distruggeranno.”-pensò Rabastan.
Si avvicinò alla ragazza e sfoderò la bacchetta. Come aveva già fatto altre volte, usando la scusa degli incantesimi non verbali e sfruttando la confusione di scintille che uscivano dalle altre bacchette, sussurrò tra sé la maledizione Imperius. Si impegnò con tutte le proprie forze per obbligare la sua amata a gridare, cercando di piegare il suo orgoglio e la sua forza di volontà, per evitare che la uccidessero a forza di cruciatus, come sarebbe successo se lei avesse continuato a non lamentarsi.
 
I singhiozzi e le lacrime interruppero quel flusso ininterrotto di parole. Quei ricordi erano troppo difficili da rievocare.
Betty lo abbracciò ancora più stretto.
“Tu hai fatto tutto il possibile per salvarla, ma a volte tutto il possibile non basta. E nessuno può chiederti l’impossibile.”
No, nessuno poteva chiedergli l’impossibile. Ma questo non significava che lui avrebbe smesso di incolparsi per non avrebbe provato a farlo.
 
  
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