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Autore: AsfodeloSpirito17662    14/12/2012    2 recensioni
"Oh Merlino, Paciock...”
“Ho toccato il fondo Draco, sono alla deriva”
“Eh, me ne sono accorto”
“Vaffanculo”
“Senti, di certo tutto mi aspettavo tranne che Paciock. Ovvio, sempre meglio di Sfregiato. Credo che in quel caso ti avrei sbattuto fuori di qui a calci nel culo”
[...]
Uno sbuffo di risata, che durò troppo poco perché fosse reale. Incrociò le braccia al petto e si voltò verso il divano. Ora Blaise era in piedi e lo osservava con un’espressione comprensiva. Stava ancora condividendo il suo dolore, non aveva mai smesso di farlo.
“Te ne sei innamorato?”
“Credo che sia un termine azzardato”
“Ti consiglio di capirlo più in fretta che puoi Blaise, perché anche se lo pensiamo, non abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione. Non chiederti perché proprio adesso. Sii grato che sia successo abbastanza presto”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Neville Paciock, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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QUARTO CAPITOLO
 
I’m waking up to ash and dust
I wipe my brow and I sweat my rust
I’m breathing in the chemicals
I’m breaking in, shaping up, checking out on the prison bus
This is it, the apocalypse

(Imagine Dragons, Radioactive)


Blaise fece la sua comparsa tra un guizzo di fiamme verdi, trascinandosi dietro quello che aveva tutta l’aria di essere un bambino non molto diligente. Il francese non teneva la sua mano, ma gli stringeva il polso, cosa che aveva dovuto necessariamente fare per non perderselo in uno dei vari camini attraverso i quali erano passati. Quando le scarpe toccarono il duro marmo nero del Ministero, Blaise lo mollò immediatamente con fare piuttosto incurante, pensando invece a togliere dal mantello quella poca fuliggine che lo aveva imbrattato. Mathias, anni 8 di origine anglo-spagnola, restò immobile poco dietro di lui, con le braccia mollemente abbandonate lungo i fianchi magri. Erano passati un paio di giorni dal divergente incontro con Paciock all’interno della bottega di Diagon Alley. Precisamente, due giorni di inferno. Sicuramente, starete immaginando morte e pestilenza a casa Zabini; vi starete figurando un Mathias cadere preda di tutta la sua subdola malvagità infantile, intento ad attuare piani di sabotaggio nei confronti della già – di – per – sé – merdosa vita del fu Serpeverde. Ma niente di tutto questo era mai accaduto. Cancellate pure le previsioni apocalittiche dalla vostra mente, gente, perché quelli erano stati i due giorni più silenziosi di tutta la sua vita. Addirittura in determinate occasioni era stato costretto a controllare cosa Mathias stesse facendo, per assicurarsi che fosse ancora vivo e non si fosse ucciso (non che l’evento l’avrebbe toccato particolarmente, ma vallo a spiegare a quei balordi del Ministero, poi, che non meriti di finire ad Azkaban solo perché un Mostro ha deciso di uccidersi senza neanche avere la decenza di consultarti). Aveva parlottato con i quadri la sera in cui erano tornati a casa dalle compere, attendendo che Mathias fosse andato a dormire. Aveva spiegato loro la situazione, in maniera che capissero abbastanza la gravità della cosa (tralasciando tuttavia dettagli che intendeva riserbare per sé) e aveva chiesto loro di tenere d’occhio il ragazzino ventiquattro ore su ventiquattro; era una merce preziosa, non poteva rischiare che facesse cose stupide, altrimenti altri capi d’accusa si sarebbero aggiunti alla sua lista. Tuttavia... non poteva dire di ritenersi tranquillo. Che fine aveva fatto il bambino rissoso che si era opposto con tutte le sue forze a Diagon Alley, due giorni prima? In quella faccenda c’era qualcosa che non gli quadrava e Blaise sentiva di non fidarsi, di quel ragazzino. Messa così, la cosa suonava più che ridicola. Non avere fiducia in un bambino... neanche si stesse parlando di un pazzo psicopatico; d’altro canto Blaise aveva le sue ragioni. Non di rado l’aveva colto intento a fissarlo con uno sguardo così intenso e nello stesso momento vuoto, privo di sentimenti, che non aveva potuto fare a meno di sentirsi irrequieto. Rare volte in vita sua c’era stato qualcuno che aveva avuto il potere di scombussolarlo particolarmente ma quel ragazzino in determinati frangenti era in grado di fargli accapponare la pelle. Non solo era avvolto perennemente nel suo silenzio, ma sembrava nello stesso tempo non provare niente. Il Serpeverde non era un esperto di emozioni e sentimenti, quindi poco avrebbe potuto comprendere di quella situazione, ma di certo non era stupido. Mathias era un bambino a cui era stata appena sterminata tutta la sua famiglia davanti gli occhi e... non c’era stata praticamente nessuna reazione sconclusionata, da parte sua. Si limitava a rimanere in silenzio, qualche volta lanciare delle frecciatine decisamente troppo argute per uscire dalla bocca di un bambino di otto anni e poi... lo fissava. Anzi, no, Blaise si sentiva studiato. E la cosa non gli piaceva affatto.
 
“Stammi vicino, non gironzolare, non parlare con nessuno, non toccare niente” esclamò in tono annoiato Blaise, cominciando a dirigersi verso gli ascensori. A distanza di due giorni, ancora si aspettò un’obiezione da parte sua eppure... il Mostro fece come gli era stato detto. Iniziò a seguirlo, tenendo la testa china ma gli occhi sollevati, osservando i volti della gente che frenetica si dirigeva da tutte le parti in maniera ordinata. Il francese corrugò appena la fronte, senza tuttavia fermarsi per controllare se lo stesse effettivamente seguendo; una parte di sé ancora sperava che quel bambino potesse sparire nel nulla, fuori dalla sua vita. Entrarono all’interno dell’ascensore, mentre una voce meccanica, femminile, iniziò ad elencare le destinazioni. Piano dopo piano, Blaise dovette affrontare gli sguardi indiscreti dei dipendenti del Ministero. Ogni volta che qualcuno saliva sull’ascensore, un’occhiata generale diretta a lui ed al bambino sembrava essere d’obbligo, come fosse divenuta una prassi. Fortunatamente il francese era dotato di un autocontrollo a dir poco inquietante e per tutta risposta, ogni volta il suo sguardo si limitava a mirare dritto di fronte a sé , senza degnare alcuno anche di un solo cenno di riconoscimento. Come Paciock gli aveva simpaticamente anticipato, oramai tutto il Ministero conosceva la sua storia ed ovviamente ciò che dietro vi si celava in realtà; grazie a questo piccolo dettaglio, aveva avuto il tempo di prepararsi psicologicamente a quell’impatto e decidere la tattica più adatta da attuare. Sapeva che speravano di vederlo preda di una crisi di nervi e probabilmente si stavano chiedendo se stesse riportando indietro il bambino, se si fosse arreso a qualcosa che non era in grado di affrontare. Bé se era questo che volevano, Blaise avrebbe dato loro tutto il contrario. Mantenne il controllo, sì, perché così facendo avrebbe fatto trasparire una certa sicurezza e la sicurezza voleva dire avere in mano la situazione. Purtroppo, il Serpeverde ancora non sapeva che di lì a poco non avrebbe avuto in mano proprio niente. Arrivarono finalmente al Livello 2, adibito all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia e comprendente il reparto Auror, per i quali (mestamente) lavorava. Data la presenza del Mostro, non sarebbe più potuto andare a lavorare al Ministero, altrimenti avrebbe dovuto portarselo dietro e quello (ovviamente col solo fine di complicargli la vita) non era permesso. Sarebbe dovuto restare a casa con lui e preparare le pozioni necessarie da lì. L’idea non lo entusiasmava molto, prima di tutto perché casa sua non era un luogo adatto dove preparare pozioni, secondo perché così avrebbe reso i mobili pregni dell’odore delle misture e terzo... perché sperava di riuscire a liberarsi almeno per qualche ora al giorno di quell’abominio. Purtroppo il Ministero, branco di imbecilli, aveva preventivato anche quell’evenienza. Sospirò silenziosamente, percorrendo un lungo corridoio. Le pareti erano tempestate di volantini mostranti i volti dei ricercati, poster di squadre di Quidditch e foto di gruppo delle divisioni minori e superiori di Auror. Una grande bella famiglia, davvero commovente. Giunto in fondo al corridoio, dopo aver superato svariate porte che davano sugli uffici dei piccoli soldatini bianchi, aprì una porta alla sua destra. Oh, meraviglioso, era già lì.
 
“Paciock. Hai dormito qui stanotte?”
 
La voce ironica del Serpeverde attirò l’attenzione del Grifondoro, che smise di impacchettare alcune erbe in scatole chiuse con scotch magico. Sbatacchiò le palpebre un paio di volte, cercando di capire la battuta che l’altro aveva appena fatto. Perché era una battuta, non è vero?
 
“No, veramente... sono venuto prima perché volevo salutare Harry e dargli il regalo... non abbiamo mai occasione di vederci, tra i suoi impegni ed i miei...” biascicò, alzando una mano per grattare con aria dubbiosa la testa. Quella frangia sbarazzina che gli cadeva sugli occhi irritava Blaise. Sentì le mani prudere, avrebbe voluto tagliarla per guardarlo negli occhi. Mathias in quel momento, pur rimanendo silenzioso, fece un passo avanti e finalmente Neville notò anche la sua presenza. Non appena il ragazzo dall’aria gioviale poggiò i suoi occhi nocciola sul bambino, le sue labbra si stesero in un sorriso allegro e sereno, con tanto di fossette annesse. Aggirò il tavolo da lavoro e con un paio di falcate, raggiunse il piccoletto per salutarlo da vicino.
 
“Ehi, Mathias! Come andiamo?” chiese, poggiandogli con delicatezza una mano sulla testa. Aveva un’aria un po’ cupa, per cui suppose che i rapporti tra lui ed il francese non dovessero essere migliorati di molto in quei due giorni. Mathias alzò il visetto pallido verso di lui e lo osservò con uno strano luccichio in fondo agli occhi scuri, quasi quanto quelli di Blaise. Neville arcuò appena le sopracciglia, aveva come la sensazione che il bambino volesse dirgli qualcosa ma che si astenesse dal farlo.
 
“Ciao” rispose semplicemente Mathias, continuando ad osservarlo con occhi apparentemente tranquilli. Non aggiunse nient’altro, limitandosi a restare sotto la mano di Neville in maniera incredibilmente docile, cosa che avrebbe innervosito incommensurabilmente Blaise, se solo il bambino non si fosse mostrato docile anche nei suoi riguardi, negli ultimi due giorni. Per certi istanti, aveva pensato per davvero che quel giorno a Diagon Alley, Paciock avesse lanciato qualche strano incantesimo sul bambino mentre lui era distratto. Poi però, internamente, aveva riso di sé stesso perché, diamine... il ragazzo era un Grifondoro, non so se mi spiego. Probabilmente, se avesse anche solo pensato di poter fare un simile riprovevole atto, si sarebbe suicidato ed avrebbe preteso di essere inserito nella lista di quelli a cui spettava l’eterna dannazione delle fiamme infernali. Oh bé, sì, in certi momenti sapevaessere proprio poetico, soprattutto quando intratteneva interessanti monologhi con la sua mente eccelsa, l’unica in grado di ascoltarlo e di replicare in maniera colta ed attenta. Non poté impedirsi di pensare a Draco ed alle sue risposte traboccanti di sarcasmo allo stato puro, condito con una buona dose di humour nero; il biondo con il suo modo di fare sapeva alleggerire l’anima e la coscienza di Blase, ma non era mai stato un ottimo consigliere, neanche nei riguardi di sé stesso, visti i suoi precedenti. E probabilmente se non ci fosse stato Blaise a mettergli un po’ di sale in zucca durante gli anni della guerra, evitandogli di compiere certe cazzate da Guinness dei Primati, probabilmente il bel culo etero di Malfoy in quel momento, starebbe spalmato su uno dei letti della prigione di Azkaban. Blaise non era modesto e non gradiva neanche fingere di esserlo; perciò, quando giungeva il momento di prendersi qualche fottuto merito, lo faceva e basta.
 
“Cerchiamo di farla breve per piacere, Paciock. E’ tutto lì quello che mi occorre?” con un cenno del mento, l’ex Serpeverde indicò le scatole presenti sulla propria scrivania, che con sommo dispiacere, non avrebbe visto più per chissà quanto tempo. Dato che avrebbe dovuto condurre tutti gli incarichi ministeriali dal proprio appartamento, Neville era stato incaricato di rifornire le dispense con i prodotti mancanti ed anche di imballarli adeguatamente, affinché non si rovinassero e non perdessero le loro proprietà magiche. Essendo un pozionista, Zabini avrebbe potuto benissimo svolgere quel lavoro da solo ma era grato per il fatto che, una volta tanto, il Ministero avesse deciso di delegare ad altri il lavoro sporco che invece era solito fare lui. Ecco, gli mancava di dare una lucidata a corridoi e cessi, per poter dire di essersi occupato veramente di tutto. Storse appena le labbra in una breve smorfia insofferente, mantenendo comunque una compostezza invidiabile. Paciock tolse la mano dalla testa di Mathias ed alzò gli occhi su di lui, osservandolo inizialmente con aria perplessa. Di nuovo. Blaise fu seriamente tentato di chiedergli se quell’espressione da tontolone la sfoggiasse di proposito oppure no. Ma del resto, a che sarebbe servito scoprirlo? Di certo non l’avrebbe irritato di meno. Attese che Neville realizzasse da solo, a cosa il francese si stesse riferendo (perché tanto sarebbe accaduto, bisognava soltanto lasciargli i suoi tempi). Infatti, qualche attimo dopo lo sguardo dell’ex Grifondoro seguì la direzione indicatagli dal mento di Blaise ed i suoi occhi sembrano tramutarsi in un paio di lampadine. Eureka! Gridò una voce atona e priva di gioia, nella testa del francese.
 
“No, ho iniziato da poco in realtà. Devo chiudere una decina di scatoloni ancora. Ma se mi aiuti probabilmente faremo prima...” si azzardò, oltre che ad avanzare una proposta così oltraggiosa e neanche tanto velata, pure a lanciare un mezzo sguardo che probabilmente stava cercando di far passare per convincente. La linea della mascella di Zabini si irrigidì ma il ragazzo non disse nulla. Trascorsero alcuni minuti di silenzio, durante i quali Mathias decise di attuare una specie di dipartita, addentrandosi con sguardo curioso all’interno dello studio, lasciando che quei due si scambiassero sguardi poco interpretabili.
 
“Fatti da parte” biascicò infine Blaise, senza curarsi di nascondere tutta la contrarietà che provava. Neville gli lanciò uno sguardo mezzo stralunato, come se si fosse aspettato tutt’altra cosa da parte sua. Si posizionò all’estremità sinistra della scrivania, affinché anche il francese potesse trovare spazio per maneggiare scatoloni ed usufruire a iosa di scotch appiccicoso, che essendo magico, se ti si attaccava alle dita poteva avere lo stesso effetto che produceva la colla babbana a presa rapida.
 
“Davvero?”
“Devo ripensarci?”
“No no, per carità... ah! Tieni, per quello ho portato una scatola apposita, le ho fatto un incantesimo per mantenere l’interno caldo!”
“Ma non dirmi, Paciock, hai avuto un’idea geniale
“Non mi sembri molto sincero...”
Davvero? Me ne dispiaccio sentit- maledizione! Stai più attento con quello scotch!”
“Oddio, scusami! Non l’ho fatto di proposito è che, sai, certe volte le cose mi scivolano dalle mani... eh eh...”
“Non l’avrei mai detto che, in effetti, certe cose non cambiano mai...”
“Penso che tu abbia rag- ehi! Aspetta un momento, che vuoi dire?!”
“Quello che ho detto. Odio ripetermi”
“Perché devi parlare sempre in maniera così enigmatica? E’ una cosa che non ho mai capito della tua personalità!”
“Oh-oh, adesso passiamo alle confessioni intime? Cos’è, imballare scatoloni ti apre il cuore, Paciock?”
“Ma cosa diamine vai blaterando, non mi sembra proprio di averti fatto una confessione!”
“Oh mio Dio, stai davvero arrossendo? Cioè, sul serio?”
“Smettila di dire cose che mi mettono in imbarazzo!”
“Ti ho detto di tenere quel maledetto scotch lontano dalla mia persona e non farmelo ripetere!”
“Ti dico che non lo faccio a posta, santo cielo! Cos’è, hai paura che te lo appiccichi da qualche parte?”
“Prima di tutto, definisci ‘qualche parte’. In secondo luogo, sì Paciock, ho paura di te perché sei l’essere più imbranato che io abbia mai avuto la sfortuna di conoscere”
“Ah, bene, quindi è questo che pensi di me! Pensi che io sia un... un... un imbranato!
“Sì è quello che penso e non capisco perché questo intermezzo colloquiale stia sopravvivendo così a lungo dato che in tutto il tempo in cui abbiamo collaborato, ci siamo fatti bastare un ‘ciao’ ed un ‘alla prossima’!”
“Perché hai così tanti problemi a scambiare due chiacchiere in tranquillità? E poi se non avessimo iniziato non avrei mai scoperto cosa pensi veramente di me!”
“Oh e adesso che lo sai immagino che tu ti senta un uomo perfettamente realiz- Paciock, seriamente, dovresti guardare quello che fai invece di atteggiarti ad offeso dell’anno...”
“Io sono perfettamente cosciente di quello che faccio!”
“Ah sì? Mi fa piacere, considerando che tra noi due chi si è appena incollato tre dita sei tu...”
“Ma che diavolo...? Oh. Oh merda
“Ma bene, è in questi casi che si ha il piacere di scoprire la reale personalità di un individuo. Mi complimento con la tua conoscenza di vocaboli, hai appena guadagnato zero virgola cinque punti sulla scala della mia stima...”
“Zabini, francamente, ti sembra normale avere una scala della stima per la gente? Piuttosto, aiutami! Adesso come faccio?!”
“Non è normale intrattenere discussioni con te, in realtà. E poi vorrei chiedermi per quale motivo mi poni certe domande come se le risposte dipendessero da me, ma, sai che c’è? Non me lo domanderò perché se lo facessi ammetterei che la risposta mi interessa. Ma non è così”
“Che... che...”
“Ce la puoi fare, Paciock...”
“Che egoista!”
 
Zabini chiuse l’ultimo scatolone con un’espressione che definire soddisfatta sarebbe un mero eufemismo. Lisciò con i palmi delle mani lo scotch affinché aderisse bene e voltò la testa verso Neville, osservando la faccia oltraggiata del Grifondoro. Il ragazzo teneva ancora la mano sospesa a mezz’aria, come se stesse aspettando che Blaise facesse qualcosa. Il francese abbassò lo sguardo sulle tre dita incollate di quell’imbranato senza far sparire quel sorriso affascinante ed irritante dalla faccia e parlò in maniera del tutto tranquilla.
 
“Non so proprio come aiutarti Paciock, davvero, sono mortificato. Prova ad andare al San Mungo, ma credo che dovranno amputarti le dita...”
“Che diavolo stai dicendo?” Neville sbiancò, letteralmente, allargando un po’ gli occhi da cerbiatto.
“Oh, lascia stare. Conosco certe storie che ti farebbero accapponare la pelle. Lo scotch magico una volta che si attacca è praticamente impossibile toglierselo di dosso. Ti ricordi Theodore Nott, della mia casa? Non so se l’hai visto ultimamente, ma va girando con un pezzo di scotch attaccato alla guancia, perché di certo non possono asportargli la faccia. Ovviamente comprenderai cosa voglio dire...”
“Oh Merlino... oh Mio Dio...” Neville indietreggiò, andando a sbattere con la schiena contro l’armadio oramai vuoto di Blaise; abbassò gli occhi sulle dita incollate, osservandole in uno stato di trance profonda, gli occhi vacui e l’espressione così desolata che Blaise fu quasi tentato di dire che stava semplicemente scherzando. La tentazione non fu abbastanza forte tuttavia e rimpicciolendo gli scatoloni, decise di infilarli nella tasca interna del mantello nero che indossava, senza spiccicare parola, lasciando Paciock in quello stato comatoso. Si voltò, ricordandosi che con lui era andato al Ministero anche il Mostro; lo cercò con lo sguardo, mentre una ruga di preoccupazione gli deturpava la fronte scura. Non l’aveva più visto né sentito da quando era entrato! Qualche secondo dopo, lo trovò che sistemava la borsa di Neville sulla cassapanca vicino la finestra. Irrigidì la mascella e si avvicinò al bambino con ampi passi.
 
“Cosa stai facendo?” domandò con tono perentorio ed indagatore. L’aveva visto muoversi in maniera furtiva e la cosa non gli era piaciuta neanche un po’. Mathias, senza perdere la sua compostezza distaccata, alzò il nasino all’insù per guardarlo negli occhi e scrollò appena le spalle gracili.
 
“Era scivolata a terra, l’ho rimessa al suo posto” commentò semplicemente, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni di velluto con estrema noncuranza. Ovviamente il francese non credeva ad una sola parola di quello che gli aveva detto il ragazzino, ma non gli sembrava né il momento né il luogo adatto per mettersi a sindacare, quindi si limitò a poggiare una mano sulle scapole del Mostro per sospingerlo senza tante cerimonie verso la porta. A casa avrebbe indagato più a fondo sulla faccenda, pensò, mentre lanciava un ultimo sguardo sospettoso alla borsa dell’ex Grifondoro. E a proposito di Paciock, questi si trovava ancora in uno stato confusionale, quando Blaise si apprestò a salutarlo.
 
“Bé Paciock, è stato un vero piacere. Condoglianze per le tue dita, ci risentiremo quando avrò bisogno di altri ingredienti, tanto il tuo biglietto da visita ce l’ho!”
“Le mie dita... no, non può essere... le mie dita!”
“Ciao...” la voce di Mathias passò praticamente inosservata.
“Oh mio Dio, oh no!”

Il francese senza fare una piega, inforcò la porta abbandonando con il cuore pesante il proprio ufficio. Chissà quando l’avrebbe rivisto... e chissà per quanto ancora avrebbe dovuto vegliare su quella specie di mutante, ponderò, abbassando con fastidio gli occhi su Mathias, poco avanti a lui. Si chiese per quanto sarebbe potuta durare ancora quella sorta di mutismo nella quale il bambino si era chiuso. Se da una parte Blaise era felice del fatto che il Mostro evitasse di disturbarlo più del dovuto, dall’altro non era per niente tranquillo. E, cielo, com’era imbarazzante ammettere una cosa del genere, per colpa di un individuo di anni otto! Tuttavia, a differenza di Draco, quando c’era da smascherare una verità, lui lo faceva senza troppi rigiri di parole o pensieri. Mentre Malfoy aveva il brutto vizio di negare la realtà quando gli era scomoda, costruendo interessanti e ridicoli castelli per aria, lui filava dritto al punto per comodità. Prima si individuava il problema, prima poteva risolverlo. E lui odiava i problemi. Mathias era un problema. Mathias era un problema che non poteva risolvere senza dover ricorrere all’omicidio e all’occultamento del cadavere. Mathias era un problema che per essere risolto, avrebbe richiesto l’infrangere numerose leggi che avrebbero aggravato la sua situazione. Ma Mathias, da un’altra prospettiva, era anche il problema che poteva risolvere il suo problema! Blaise sospirò pesantemente, chiuso nell’ascensore insieme al bambino.  Poteva solo sperare che presto sarebbe capitato qualcuno desideroso di adottare un ragazzino caratterialmente instabile. Ma chi avrebbe mai voluto un bambino inumano come Mathias? Rabbrividì al pensiero che forse sarebbe finito con il tenerlo a vita. Irrigidì la mascella e le spalle, improvvisamente colmo di un’ira non pronunciabile. No, non l’avrebbe permesso.
   
 
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