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Autore: ValeryJackson    15/12/2012    1 recensioni
Avete presente la saga "Percy Jackson"? Bene, scordatevela. Anzi no! Scordatela in parte, perchè questa è una storia (quasi) totalmente diversa. Il protagonista non è più solo il nostro amato Percy, bensì tre ragazze.
Tutti noi sappiamo che il Campo Mezzosangue ospita giovani semidei. Ma se non fosse solo questo? Se fosse un rifugio anche per altri componenti della magia? come maghi, o supereroi? In tal caso la storia sarebbe totalmente diversa.
Alex, Bella ed Emma sono ragazze apparentemente normali. Vestono come noi. Parlano come noi. Vivono come noi. Ma non sono affatto come noi. Loro, infatti, sono in grado di fare cose che noi non possiamo neanche sognare. Hanno poteri che noi non riusciamo neanche a immaginare. Bella riesce a diventare invisibile. Alex può prendere fuoco e può volare. Emma sa allungarsi in maniera smisurata. Insieme lottano per difendere il mondo dal male. Ma nessuno deve scoprire la loro vera identità. O saranno guai. Avete presente i supereroi dei fumetti e dei film? Una cosa del genere, ma loro sono reali.
Ovviamente, però, la mia storia fa riferimento anche alla fantastica saga quale è "Percy Jackson", presentandovi una rivisitazione della storia e riportando molti dei suoi personaggi, tra cui Percy!
Sperovipiacciaa!Commentatee! :*
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Esistono mattine in cui si darebbe qualsiasi cosa per poter restare a letto, protetta dalle candide lenzuola, e magari dormire tutto il giorno.
Già, un letto. Era tanto tempo che Zoe non ne aveva uno. Negli ultimi anni aveva sempre dormito negli hotel, a volte anche per strada. Ma un letto tutto suo, dove potersi sdraiare quando si è stanchi. Dove poter buttare la testa quando si vuole piangere. Dove dormire.
Le mancava quella sensazione. Aveva quasi dimenticato come fosse svegliarsi la mattina e non doversi preoccupare di alzarsi e fare i bagagli, poiché dopo di te arriverà qualcun altro ad occupare quel posto.
Quel letto era suo, e voleva goderselo fino alla fine.
A svegliarla fu una voce caprina.
- Sveglia bella addormentata!- disse Grover strattonandola dolcemente. Zoe mugugnò qualcosa di incomprensibile e il satiro rise. - È ora di alzarsi- continuò.
Zoe cacciò la faccia da sotto le coperte. – Va via!- urlò.
- Ma devi alzarti!
In quel momento Zoe sgranò gli occhi. – Che diavolo ci fai tu in camera mia?- sbraitò mettendosi seduta sul letto.
- Sono venuto a svegliarti, dato che è mezzogiorno e non hai ancora fatto il giro del campo.
- Giro del campo?- domandò lei, stropicciandosi gli occhi.
Grover annuì. – Si, e io sarò la tua guida personale!- annunciò, gonfiando il petto.
Lei inarcò un sopracciglio. – Tu? Non potevano affidarmi direttamente ad un idiota? Devo anche sopportare i tuoi versi caprini?
Lui mise in broncio. – Non sono un idiota- replicò, facendo un labbruccio da cucciolo.
A quell’espressione Zoe rise di cuore.
Grover la guardò. – Ti faccio tanto ridere?- La bionda annuì con veemenza. – Bene, allora addio giro del campo!- la minacciò lui, alzandosi dal letto.
- No, no. Aspetta!- disse lei, tirandolo per un braccio. – Mi va di fare il giro!
Lui sorrise. – Bene- disse usando un tono sarcasticamente gentile. – Allora si prega la signoria vostra di vestirsi e pettinarsi. Il vostro umile schiavo vi aspetta qui fuori.
Lei sorrise, il sorriso più bello che Grover avesse mai visto. – Grazie capra!- esclamò, lasciandogli il braccio.
- Satiro! Sono un satiro!- borbottò lui, gesticolando con le braccia, mentre si avviava alla porta.
Zoe si guardò in torno. – Aspetta! Dove sono i vestiti?
Grover le indicò una sedia con un cennò. – Lì ce ne sono alcuni puliti. Poi te ne daremo altri.
La bionda li guardò, disgustata. – Intendo i miei di vestiti- disse, sottolineando la parola "miei".
Lui fece spallucce. – Credo nell’armadio, vedi tu. Ma ti consiglio di non metterli. Erano sudici e sporchi.
Incrociò le braccia sotto il seno. – A me piacevano.
Il satiro sorrise. – Ti aspetto fuori- e chiuse definitivamente la porta.
Zoe si alzò, abbandonando il caldo bozzolo che si era creata con le coperte. Dopo essersi rinfrescata il viso andò a controllare quelli che dovevano essere i suoi nuovi vestiti. C’erano una semplice maglietta arancione con su scritto “Campo Mezzosangue” e un paio di jeans attillati, troppo per i suoi guasti! Doveva averglieli prestati qualche figlia di Afrodite. Anche le scarpe erano nuove. Dorate e sbrilluccicanti, completamente pulite. Simili alle sue.
Anzi no! Erano le sue.
Aprì l’armadio e controllò. I suoi vestiti erano lì, completamente in ordine, lindi e pinti.
Zoe prese la sua maglietta. Non la ricordava così bianca. Da quand’era che non la lavava?
Forse Grover aveva ragione. Forse erano davvero sudici e sporchi.
La rimise nell’armadio, prese i suoi nuovi vestiti e li indossò. La maglietta era comoda e molto carina. I pantaloni, sebbene attillati, non le dispiacquero. Al contrario! Le facevano un fisico snello e slanciato, valorizzando la flessuosità delle sue gambe.
Infilò le scarpe. Poi si guardò allo specchio.
Mentre si pettinava continuava a fissarsi, incredula. Ripulita e rivestita sembrava tutta un’altra persona. Aveva il viso tondeggiante, le guance scavate da delle fossette. Le sopracciglia, spesse e scure, le valorizzavano i grandi occhi verdi.
Non ricordava molto del giorno prima, solo che quando le figlie di Afrodite l’avevano vista le si erano accalcate intorno, facendole ceretta, manicure e pulizia dl viso, e guadagnandosi le sue imprecazioni.
Non sapeva perché le aveva lasciate fare. Forse perché non ne aveva mai fatta una, e non aveva idea di quanto facesse male, o forse perché non aveva mai avuto delle amiche che si preoccupassero per lei, a tal punto da occuparsi del suo aspetto.
Anzi, non aveva mai avuto delle amiche.
Si tirò indietro i capelli con un cerchietto, lasciando la fronte scoperta.
Stava per uscire quando iniziò a sfregarsi le mani. Aveva freddo. Si guardò intorno, alla ricerca di un cappotto, ma non c’era.
Possibile che avevano pensato a lavarle i vestiti e non a procurarle un giubbino?
Aprì l’armadio e afferrò al volo i suoi scaldamuscoli e la felpa. Li indossò e si avviò alla porta. Poi si bloccò di colpo.
Si girò lentamente e iniziò a guardare la stanza intorno a se. Non sapeva esattamente perché lo faceva. Forse era solo un modo per non scordare la sua nuova, prima, vera stanza. Era strana, ma voleva ricordarla così.
C’erano in tutto dodici letti, più della metà occupati da altri ragazzi. Il suo era vicino alla finestra. Accanto al suo letto c’era un armadio, e accanto a quello tre scrivanie, tutte riempite di cianfrusaglie, compiti, fogli e armi. Le pareti erano bianche, ma non si vedevano molto, perché su ogni letto vi erano appese foto, poster e cartoline, in base alla persona che vi dormiva. Il suo era l’unico vuoto. Avrebbe voluto metterci qualcosa, ma non sapeva cosa. Lei non aveva bei ricordi da fotografare. Non aveva mai ricevuto delle cartoline. Non aveva un idolo.
In quel momento si sentì un vuoto nello stomaco. La sua infanzia era davvero così tremenda? Possibile che non aveva neanche un bel ricordo? Beh, in realtà un l’aveva, ma non aveva foto per ricordarlo.
Cacciò da sotto la maglietta una catenina d’oro. Vi era appeso un uccello, con le ali spiegate, in volo. Quella collana era molto, troppo importante per lei, ed era il suo unico ricordo. La fissò per un attimo e una lacrima silenziosa le rigò la guancia. Se la asciugò con il palmo della mano, poi corse fuori, dove Grover la stava aspettando già da un po’.

Alex continuava a camminare.
Stava attraversando il campo sovrappensiero, a volte spintonando i ragazzi che le intralciavano la strada.
Continuava a guardare un punto indeterminato davanti a se. Poi si fermò. Un vento gelido le scosse i capelli, facendole salire un brivido lungo la schiena.
Si voltò nella direzione da cui proveniva e, inarcando un sopracciglio, andò a controllare. Camminò, finche non si ritrovò in cima ad una piccola montagnella.
Come era arrivata fin lassù? Per quanto tempo aveva camminato? Non ne aveva idea.
Guardò di sotto. Da lì si vedeva tutto il campo. Zoe stava creando una piccola bufera nell’arena, con Grover accanto che batteva i denti infreddolito. Il vento proveniva da lei. Nell'arena di tiro con l’arco Bianca si allenava, sovrappensiero, senza accorgersi che Michael la stava fissava. Alcune ragazze ridevano e scherzavano vicino ai campi di fragole.
Guardò in direzione del lago, sperando di trovarvi qualcosa, o meglio, qualcuno in particolare. Ma, al posto del lago, vide un’enorme massa di ghiaccio. Sulla sponda, Emma aveva le mani protese in avanti.
Aggrottò la fronte. Che stava combinando?
Fece qualche passo indietro e poi, con un salto da maestra, si buttò giù. Mentre precipitava pensò una sola cosa. “Fiamma”.
Il suo corpo fu invaso dalle fiamme e lei si ritrovò a volteggiare in aria.
Raggiunse Emma.
La ragazza, completamente concentrata, non si accorse neanche dell’arrivo dell’amica. Alex si sgranchì rumorosamente la voce. Emma perse la concentrazione e una piccola crepa si formò sul ghiaccio. Si girò a guardarla torva.
- Che c’è?- sbraitò.
Alex inarcò un sopracciglio. – Che stai facendo?
La bionda sbuffò spazientita. – Quintus mi ha ordinato di gelare il lago. Ha parlato di ghiaccio, spade e pattini …
- Pattini?
Emma annuì e indicò con un cenno un grosso sacco alle sue spalle. Alex vi si avvicinò, mentre lei tornava alla sua lastra di ghiaccio.
Aprì il sacco. All’interno vi erano tantissimi pattini, usati per il pattinaggio sul ghiaccio. Inarcò un sopracciglio. – Ha intenzione di farci fare pattinaggio? Sul ghiaccio?
La bionda alzò le spalle. – Così sembra. I suoi metodi sono strani, ma alla fine c’è sempre una morale dietro.
La mora sbuffò sarcasticamente, ricordando il difficile allenamento avuto qualche giorno prima. Richiuse il sacco e si avvicinò all’amica. Non disse una parola, scrutando il pezzo di ghiaccio che lentamente prendeva forma. Passò qualche minuto in silenzio.
- Reggerà?- chiese poi, guardando l’amica.
Questa aggrotto le sopracciglia. – Beh, ecco, io credo che … 
- Ragazze!- una voce squillante risuonò alle loro spalle. Nico correva a tutta birra lungo la discesa che portava al fiume. Fra le mani aveva un foglio, che sventolava impaziente. – Ragazze!
La discesa cominciò a farsi più ripida, e di conseguenza più scivolosa. 
- Nico, no! Fermati!- urlò Emma, ma ormai era troppo tardi.
Nico inciampò nella candida neve e iniziò una lunga e tortuosa scivolata verso il fiume. Tentò di frenare, impennando i piedi, ma non ci riuscì. Iniziava a prendere velocità. Arrivò alla sponda e scivolò, arrivando al centro del blocco di ghiaccio. Era sdraiato supino. Tremava.
- Vi. Prego. Ditemi. Che. È. Sicuro- balbettò, in preda al panico.
Emma lo fissò un attimo sbalordita, poi scoppiò a ridere. – Alzati, imbranato! È sicuro al 100%!
Nico si alzò lentamente sulle ginocchia, poi in piedi, cercando di non perdere l’equilibrio. – 100%, hai detto?
La bionda arricciò il naso. – Diciamo 99 …
Il ragazzo deglutì rumorosamente. Provò a trascinare i piedi per tornare a riva, ma rischiò di cadere. Alex sorrise.
- Prendi questi!- gridò, lanciandogli un paio di pattini, che lui prese al volo. Li fissò, poi inarcò un sopracciglio. Guardò titubante le ragazze.
- Dovrei indossare questi?
- M-mh!
- Ma … m-ma … ma sono rosa!
Alex fece spallucce. – Beh, scegli, o metti i pattini rosa, o resti lì.
Le alternative non erano molte. Infilò i pattini e scivolò maldestramente verso la riva. Quando la raggiunse si buttò a pancia in giù nella neve, ansimante.
- Io. Odio. L’inverno- balbettò, facendo ridere le due. Emma lo prese per un braccio e lo aiutò a rialzarsi.
- Ci stavi cercando?
Lui annuì, ingoiando quel po’ di saliva che gli era rimasta. – Sono arrivati altri ragazzi al campo. Cercavo Chirone.
La bionda inarcò un sopracciglio. – E non potevi andare direttamente alla Casa Grande.
Lui si grattò la nuca, imbarazzato. – Beh, ecco, io … ci stavo andando, ma … mi … sono … perso.
Emma sorrise. – Dai, ti ci porto io. Così ne approfitto per dire a Quintus che il lago è pronto.
Fece per andarsene, poi si voltò verso l’amica. – Tu vieni?
La mora scosse la testa. Lei annuì. – Ok. A dopo- mise una mano sulla spalla di Nico e lo accompagnò alla Casa Grande.
Alex scrutò ancora un po’ il ghiaccio, poi le venne un’idea.
Aprì il sacco e prese un paio di pattini. Li indossò e si lanciò sulla lastra di ghiaccio. Quella, inspiegabilmente, resse il suo peso.
Iniziò a volteggiare come solo una professionista sa fare, facendo una spirale ,un “Toe-loop”, un “Rittiberg”, un “Lutz”. Poi fece una trottola bassa e ripartì, eseguendo un “Axel” perfetto.
Si fece i complimenti da sola, eseguendo inchini a persone inesistenti, finché non sentì davvero battere delle mani.
Si guardò intorno. Dietro di lei, appoggiato ad un albero, Percy la guardava ammirato.
- Però- esclamò. – Sei davvero brava.
Lei arrossì. Si portò una ciocca dietro i capelli. – Beh, grazie.
Lui avanzò e per un attimo lei si sentì avvampare. I suoi occhi erano di un blu profondo. Lui sorrise strafottente e scosse la testa. – C’è qualcosa che non sai fare?
Scrollò le spalle, non curante. – Non so sbagliare …
Percy rise e anche lei si lasciò sfuggire un sorriso. – Tu sai pattinare?- gli chiese poi.
Lui scosse la testa. – Non ho mai provato ad imparare.
Lei lo scrutò un attimo, come in attesa di una risposta. – Beh?- fece dopo un minuto di silenzio.
Lui aggrottò la fronte. – Che c’è?
Alex alzò le sopracciglia. – Prendi un paio di pattini e vieni qui!- disse con fare ovvio.
Lui guardò il grande sacco. – Ti ho appena detto che non sono capace!
- Hai anche detto che non sapevi ballare. Se dovessi dar retta a tutte le cavolate che dici ora non saremmo qui!
Lui la guardò, stupito. Capì che diceva sul serio. – Non so neanche stare in equilibrio.
Lei scrollò le spalle. – Ti insegno io, Testa d’Alghe.
Lui sorrise. Prese i pattini incerto, li infilò e tentò di raggiungere barcollante Alex al centro della pista.
Quando arrivò accanto alla ragazza perse momentaneamente l’equilibrio. Sarebbe caduto con la faccia sul ghiaccio se Alex, con i suoi riflessi, non lo avesse retto prendendolo per le spalle. Lui si aggrappò a lei e la guardò negli occhi. Ci fu un secondo di silenzio, poi lei sorrise, l’aria che le usciva dalla bocca si condensò.
- Sta tranquillo, ti reggo io.
Lui inarcò un sopracciglio. – Tu sei ancora sicura di questa cosa?
Rise. – Certo!
- Ok … - tentò di raddrizzare la schiena. – Ma se cadiamo non è colpa mia.
Lei gli prese le mani e si posizionò davanti a lui. - È facile. Basta solo che tu mi segua.
- Ma non so farlo.
Lei gli si avvicinò ancora di più. Ora lui riusciva a sentire il suo respiro caldo sul volto. Restò a guardarla negli occhi, in silenzio, quel silenzio che fu lei ad interrompere.
- Vieni avanti- gli disse.
Lui obbedì, alzando un piede per fare un passo, ma perse quasi l’equilibrio. Lei lo sorresse.
- Non alzare i piedi. Trascinali.
Lui annuì e iniziò a trascinare i piedi sul ghiaccio. Alex era davanti a lui, conducendolo pattinando di spalle, senza lasciare le mani del ragazzo.
Percy sorrise. Andava bene. Continuava a strisciare i piedi. E se all’inizio i passi erano incerti e barcollanti, poi divennero un po’ più sicuri, e lui li eseguiva con più facilità.
- Visto!- esclamò Alex sorridendo. – Stai pattinando!
- Già- confermò lui. Poi si fermò. Tirò Alex a se e le fece fare un giro su se stessa, per poi ritrovarsela di nuovo davanti. – Ora ti porto io, però- le disse.
Lei sorrise e annuì.
I ruoli si invertirono. Ora era Percy a pattinare all’indietro e Alex a seguirlo, fidandosi di lui.
Ma faceva male. Perché, dopo qualche passo, Percy inciampò nella rialzatura della lastra di ghiaccio che Emma aveva causato all'arrivo dell'amica. Perse l’equilibrio e atterrò con la schiena a terra, trascinando con se anche Alex, ancora stretta alle sue mani, che gli cadde addosso.
Atterrarono entrambi con un sonoro PONF!
Percy aprì gli occhi e rimase paralizzato, perché gli occhi scuri della ragazza lo fissavano a cinque centimetri di distanza, i loro nasi si sfioravano, i respiri che si scontravano.
Alex rise. – Non ti facevo così imbranato Jackson! È la seconda volta che inciampi in mia presenza!
Percy sorrise debolmente. – Ti sei mai chiesta il perché? Forse è colpa tua.
Si bloccò di colpo, rendendosi conto di ciò che aveva appena detto. Ma ormai era troppo tardi, perché la ragazza aveva già smesso di ridere e ora lo guardava intensamente negli occhi.
Con quegli occhi. Quegli occhi che lo facevano impazzire. Quegli occhi che lo facevano star male. Quegli occhi che gli facevano venire la tremarella e che lo facevano balbettare. Quegli occhi che lui amava tanto.
Alex sorrise, con uno dei suoi sorrisi migliori.
Bella mossa, Chadwich” pensò Percy, ammirandolo. O almeno, quello che tentò di pensare Percy, mentre cercava di ricordare come si respirasse.
Ora il viso di Alex era più vicino, le loro labbra ad un soffio.
Lui voleva quel bacio. Lui desiderava da matti quel bacio.
E lo avrebbe ottenuto, se in lontananza non avessero sentito una voce, squillante e peperina.
- Che bello, Quintus! Davvero ci farai pattinare?- trillò Selena, con voce sognante.
Alex distolse lo sguardo e, svegliatasi da quello strato di trans, si tirò su. Percy strinse gli occhi, avvilito, e quando gli riaprì notò la mano di lei protesa per aiutarlo.
Lui la prese e si tirò su.
Guardarono entrambi verso la collina. Un gruppo di ragazzi li stava raggiungendo, guidati da Quintus. Erano molti di più di quelli che si immaginavano.
Circa una trentina, tra semidei e supereroi. Fra di loro, anche Emma e Nico. Selena era tutta impegnata in una conversazione con un ragazzo. Alex non lo riconobbe subito, ma appena si avvicinò un po’ di più non poté fare a meno di sorridere, perché la Figlia della Dea dell’Amore parlava, niente poco di meno che con Bleckerfood, il figlio di Efesto. Lui le parlava, agitando nervosamente le mani e gonfiando il petto, lei sorrideva, angelica. Bleckerfood aveva una cotta per Selena da circa tre anni, ormai, ma non aveva avuto mai il coraggio di confessarglielo. E se in teoria, in quanto figlia di Afrodite, lei avrebbe dovuto capirlo, in pratica era come tutte le altre ragazze, timida e impacciata.
Quei due si piacevano davvero. Allora perché non stanno insieme? si chiese Alex. Ma poi si accorse che lei era l’ultima persona a poterli giudicare.
Si avvicinò alla sponda e raggiunse Emma.
La bionda fissava ora lei, ora Percy, ora di nuovo lei. Inarcò un sopracciglio. – Tutto ok?
La mora non rispose. Lanciò un’occhiata furtiva a Percy, incrociando per un attimo il suo sguardo. Sorrise e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
- Non potrebbe andare meglio- rispose.
Emma sorrise, maliziosa, capendo al volo la situazione. Afferrò un paio di pattini e raggiunse l’amica sulla lastra di ghiaccio, pronta per un’altra insolita lezione.



Angolo Scrittrice.
Salve Genteee!!! So cosa state pensando: "Che pizza questa! Non fa altro che lasciare commenti sotto ogni capitolo!" xDxDxD
Non preoccupatevi, non ci metterò molto.
Volevo solo dirvi una cosa, che non centra niente. Cioè centra ma non c'entra. Cioè ... ARGH!!! :@
Vabbè, vado dritta al punto. Oggi alla radio ho sentito la canzone di Giorgia ed Eros Ramazzotti, "Inevitabile", e mi è sembrata perfetta per Alex e Percy!!
Che ne pensate? ;D
Forse prima o poi mi farò un video su di loro, tutto per me, perchè mi ispirano troppoo!
Forse ve lo farò vedere, ma non so se si può fare. Cioé, forse si può fare, ma io non credo. Cioè... ARGHHH!!
Ma sono diventata dislessica oggi?! O.o Come Percy, ahah!
Ok, basta. Mi faccio noia da sola. Che deprekcions!! Sigh...
Vabbè, vi aspetto al prossimo capitolo. Commentate mi raccomandoooooooooo!!!!!!!
bacioni ;D
ValeryJackson

  
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