Salve :3
Ecco a voi il capitolo numero 16: ormai ci
avviciniamo davvero alla fine! Se tutto va bene, penso di postare l’ultimo – il
18 – il giorno di Natale: altro piccolo regalo per voi :D
Quello di oggi è un capitolo allegro:
rivediamo un po’ di personaggi già accennati e conoscerete anche una nuova
persona… chi? Lo scoprirete più avanti ;)
Prima di andare via, vi ricordo come sempre
il mio profilo Facebook e il gruppo delle mie storie! I link, per chi è
interessata, li potete trovare nella mia pagina autore :3 vi ricordo anche che
un paio di giorni fa ho aggiornato ‘Solo il tempo…’ ;)
Buona lettura, gioie! Mentre voi leggete,
io vado a rispondere alle vostre recensioni :*
Capitolo sedici – Sì, è proprio un ritorno
alla realtà
17/08/2010
La
prima cosa che vedo non appena apro gli occhi, la mattina, è la sveglia sul mio
comodino che segna le 10:25 del mattino. È strano, perché io non mi sveglio più
a quest’ora da chissà quanto tempo. Abituata come sono a buttarmi già dal letto
all’alba per fare la mia solita passeggiata tra i vigneti, questa è una
sorpresa e una novità insieme.
Mi
metto a sedere sul letto, stirando le braccia in avanti ed osservando fuori
dalla finestra: il sole è bello alto nel cielo, privo di nuvole, e l’aria è già
abbastanza calda ed afosa da far desiderare di buttarsi in acqua e di non
uscire per un bel pezzo.
Più o
meno, quello che ho fatto io la notte scorsa.
Ho
passato diverse ore a nuotare in piscina, visto che il sonno non sembrava voler
venire a trovarmi, e stare a mollo dentro l’acqua si è rivelato essere un buon
diversivo. Ci sono rimasta fino alle tre del mattino, con Principessa che mi
osservava appollaiata sul bordo della piscina.
Sono
stata più volte tentata di prenderla e di buttarla in acqua, ma dopo chi la
voleva sentire la nonna che mi accusava di averle annegato la gatta? Ho fatto
bene a farmi gli affari miei.
Mi
volto per prendere il cellulare, che ho lasciato sul comodino, e illumino il
display: noto che sono presenti una chiamata senza risposta e un sms. La
chiamata è di Edward, e risale alle 7 di questa mattina.
È vero,
mi aveva detto che mi avrebbe telefonato per darmi il buongiorno! Ma … io alle
7 dormivo.
Fuso orario
di merda!
Sbuffando,
e rimpiangendo il fatto di non essermi svegliata all’alba stamattina, vado ad
aprire l’sms: anche questo è di Edward, e quando lo apro subito un sorriso
prende forma sulle mie labbra.
Ho provato a chiamarti, ma molto
probabilmente stai ancora dormendo … quindi, ti lascio il mio buongiorno qui,
pronto per te non appena ti sveglierai.
Tuo, E.
P.S: ti amo, piccola.
La sua
dolcezza è disarmante, persino per messaggio si nota. Mi affretto a mandargli
una risposta, impicciandomi con i tasti più del dovuto per la foga e la fretta.
Buongiorno anche a te, anche se in ritardo.
Ti amo anche io, B.
P.S: mi manchi da morire.
Poso il
cellulare di nuovo sul comodino, poggiando la testa sulle ginocchia: è passato
solo un giorno da quando ci siamo lasciati, e siamo già a questi livelli … tra
una settimana, o tra un mese, a che punto arriveremo?
Resto
per alcuni minuti immobile, con le braccia a circondare le ginocchia, e alla
fine decido di uscire dalle coperte e di scendere di sotto: stare tutto il
giorno a letto, per quanto possa essere rilassante, non è roba da me. E poi,
devo tornare a svolgere l’efficiente compito di produttrice di vini.
Roba
seria, eh!
Dopo
essermi buttata di nuovo sotto la doccia – fa davvero caldo, oggi! – e dopo
essermi sistemata in modo da non sembrare una stracciona, scendo al piano
inferiore con ancora i capelli umidi, che mi ricadono sulle spalle. Fa troppo
caldo persino per asciugarli con il phon, e non sono così pazza da voler
provare l’esperienza.
Scendo
le scale con calma maniacale, praticamente uno scalino al secondo; al
trentesimo secondo, o scalino, quello che più vi piace insomma, sono arrivata
nell’ingresso. Do una rapida sbirciata al salottino, e constato che è vuoto …
c’è solo Principessa, una nuvola bianca di pelo che occupa il posto centrale
del divano.
Arriccio
il naso, osservandola. «Non hai nient’altro da fare tu, eh?»
Lei,
come a volermi rispondere, agita la coda una volta e mi osserva con gli occhi
socchiusi. Ha un aria minacciosa, sembra quasi che mi voglia aggredire. Mah,
meglio lasciarla in pace prima che mi regali un nuovo tatuaggio a forma di
graffio.
Gatto
schizofrenico.
Vado in
cucina, sicura di trovarci la nonna impegnata nella sua solita preparazione di
manicaretti quotidiana, ma mi stupisco quando vedo che lei non c’è. È tutto in
ordine, come al solito, i vassoi con i muffin sono disposti sull’isola e una
bella ed invitante torta alle nocciole fa la sua gran figura sul davanzale
della finestra … ma lei non c’è.
Che sia
uscita a fare spese? Mi avrebbe avvertita, in quel caso.
Prendo
un muffin al cioccolato dal vassoio e lo mangiucchio, rigirandomelo ogni tanto
tra le mani. Possibile che non abbia molta fame neanche stamattina? Sto per
caso cercando di affrontare la relazione a distanza restando a digiuno, è
questo che ho deciso senza rendermene conto?
Bel
modo! Va a finire che quando io ed Edward ci rivedremo, io sarò diventata
anoressica.
Do un
enorme morso al muffin, non voglio diventare uno scheletro anche se so che non
lo diventerò neanche tra cento anni: i manicaretti di nonna sono troppo buoni,
non puoi non mangiarli a sbafo! Rischio di strozzarmi con il boccone abnorme, e
sono costretta a prendere una tazza di caffè per rimediare. Insomma, lo avrei
bevuto comunque il caffè.
La
porta di servizio si apre quando ho finito il primo muffin e ne sto per
prendere un altro. Mi volto distrattamente, ma la mia attenzione viene subito
catturata dall’omaccione abbronzato e sorridente che occupa tutta la soglia
della porta.
«Bentornata,
Bells!» Jacob fa un inchino goffo, ridendo.
«Jake!»
esclamo, felice di vederlo. Corro verso di lui e gli butto le braccia al collo,
mentre lui mi afferra per la vita e comincia a girare in tondo. Rido, alzando i
piedi per aria: mi è mancato un sacco il mio migliore amico.
«Ah,
qui è stato un mortorio senza di te!» ammette non appena mi fa posare i piedi
sul pavimento, e mi regala un buffetto sulla guancia. «Ci siamo annoiati un
sacco, vedendo che non gironzolavi comandandoci a bacchetta.»
Inarco
un sopracciglio, ma non riesco a stare imbronciata a lungo, non adesso che lo
rivedo dopo più di un mese e mezzo. Non mi importa neanche se lui, insieme agli
altri, si divertirà a prendermi in giro.
«Sì, ci
credo parecchio infatti!» ribatto, mollandogli un pugno sulla spalla. «Ma dimmi,
hai fatto saltare in aria l’azienda mentre io non c’ero?»
«Pfffft!»
Jacob alza gli occhi al cielo. «Non ho fatto saltare in aria niente, è tutto
come l’hai lasciato tu prima che partissi … più o meno.»
«Più o
meno? Che hai combinato, impiastro?» lo rimprovero, cominciando a sentire un
po’ di paura per quello che può aver combinato durante la mia assenza.
«Ma,
alla fine, nulla di ché …» scrolla le spalle, indifferente, ma smette di farlo
non appena nota il mio viso minaccioso e in vena di omicidi. «Okay. Stavo girando
con il muletto dentro la cantina …»
«È
vietato entrare con il muletto dentro la cantina!» gli faccio notare,
inorridita. «Ma che ti è saltato in mente!?»
«Non è
stata tutta colpa mia, c’erano anche Ted, Tiffany e Edmund insieme a me! Vuoi sapere
cosa è successo oppure mi rimproveri, prima?»
Sbuffo,
incrociando le braccia al petto. «Continua.»
«Bene.
Come ti stavo dicendo, stavo girando con il muletto dentro la cantina … e sugli
altri tre c’erano gli altri. Stavamo facendo una gara a chi arrivava prima alle
barrique di vino, quelle dell’anno scorso …»
Inorridisco
ancora di più sentendo il suo racconto, ma lo lascio continuare perché so che se
comincio adesso ad urlare e ad imprecare, poi non mi fermo più.
«… ma,
ho perso la concentrazione per un secondo e sono andato a sbattere. Non
preoccuparti, il muletto funziona ancora, anche se è un po’ ammaccato sul
davanti.»
«Cosa
si è rovinato, invece?» chiedo, fulminandolo con gli occhi. Sento che c’è
qualche disastro in vista, ne sono sicura.
«Le,
ehm … le barrique che contenevano la produzione di tre anni fa, quella che
dovevamo cominciare a vendere da Dicembre. Ma non tutte, tranquilla, solo una
ventina!»
«Jacob
William Black, sai questo che cosa significa!?» urlo, scuotendolo per la
maglia. «Venti barrique rovinate e da ricomprare, insieme a 4500 e passa litri
di vino persi … sono un sacco di soldi, imbecille!»
Che bel
ritorno a casa che mi ha riservato questo zoticone del mio ex migliore amico!
Solo lui poteva avere la brillante idea di dar vita ad una stupida scommessa
dentro la mia preziosa cantina! Oh, ma perché capitano tutte a me? Già sto male
perché mi manca Edward … adesso devo pensare anche a quanto questa perdita
peserà sul bilancio annuale.
Fantastico.
«Tranquilla,
Bella, è stato un incidente! Se vuoi, posso ripagarti qualcosa …» Jacob mi
guarda, dispiaciuto, e mi accarezza le braccia mentre cerca di calmarmi. «Mi
dispiace.»
«Va
bene, vuoi ripagare qualcosa? Allora comincia a sborsare 180.000 $! È il valore
del vino che contenevano quelle barrique.» lo informo, inacidita.
Voi
penserete che abbia sparato una cifra a caso, per mettere un po’ di paura a
Jacob, ma in realtà non è così.
Io so i
prezzi del vino che vendiamo, quindi mi è bastato fare un rapido calcolo per
trovare la cifra perduta. 180.000 $ sono tanti, tanti soldi, accidenti a Jake!
Per quest’anno dovremmo aumentare di una piccola percentuale il prezzo del
vino, a causa di questa perdita.
Dovrò
parlarne con Monique, la contabile dell’azienda.
«Ragazzi,
che succede qui?» l’arrivo inaspettato di nonna interrompe la mia sfuriata,
salvando così Jacob dalla mia rabbia distruttrice. Ah, ma non si salverà ancora
per molto.
Lo
giuro sul vino andato perduto!
«Ho
spiegato a sua nipote l’incidente delle barrique, ma non l’ha presa molto bene.»
la informa Jake, allontanandosi da me e rifugiandosi dietro a nonna.
Che
cuor di leone!
La
nonna mi osserva, preoccupata, e toglie dalla testa il cappello di paglia. «Oh,
lo immaginavo. Tesoro, non è nulla di grave, alla fine.»
«È una
perdita considerevole, nonna, non posso lasciar correre ignorandola.» dico,
scorbutica, e vado a prendere un'altra tazza di caffè.
«Lasciala
stare, caro, è da ieri che è un po’ giù di morale.»
«Capisco.
Forse le manca il campeggio …»
«No, le
manca Edward!»
«Okay,
adesso basta!» mi giro verso di loro, che civettano peggio di due comari.
«Smettetela di parlare di me come se non ci fossi, vi sento, sapete?»
Jacob
scoppia a ridere, avvicinandosi a me ed avvolgendomi in un nuovo abbraccio.
Cerco di mandarlo via a suon di gomitate, visto che sono ancora arrabbiata –
no, incazzata! – con lui, ma lui è più forte di me e quindi i miei tentativi
non hanno effetto su di lui.
«Ah,
Bella Bella Bella … le manca il suo boyfriend, e chi lo avrebbe mai detto?»
«Non
provare a prendermi per il culo, cretino!»
«Bella!» urla nonna, scandalizzata. «Non
voglio sentirti parlare così!»
«Già,
Bella, che parole sono? Sulla bocca di una signorina, poi, ma insomma!» Jacob
continua a prendermi in giro, e per punizione si becca una bella gomitata sulle
costole, che lo fa boccheggiare.
Ah, ben
ti sta!
«Sempre
manesca, sei! Ed io che credevo che un po’ di sesso con quell’Edward ti avrebbe
tolto un po’ di acido dal corpo!» commenta, massaggiandosi le costole.
Arrossisco,
distogliendo lo sguardo da lui e dalla nonna: Dio, ma come può dire certe cose
così, come se niente fosse? E poi davanti alla nonna! Insomma … un po’ di
rispetto! Che vergogna, ragazzi.
«Jake,
smettila!» urlo, passandomi le mani sulle guance che vanno a fuoco.
«Oh,
cara, non vergognarti! È normale, non si scandalizza nessuno per così poco.» mi
rassicura la nonna, sorridendomi.
Arrossisco
ancora di più, alle sue parole. Non dovrebbe rimproverarmi o, che ne so,
preoccuparsi se ho avuto o meno rapporti protetti?
«Già,
siamo tutti adulti e vaccinati! Ma … scusa se te lo chiedo, Bella, ma è una
voglia quella?» domanda Jake, indicando un punto sul mio petto.
Abbasso
lo sguardo, intimidita, ed osservo il punto che mi sta indicando … merda! Era
meglio se non lo facevo!
C’è un
succhiotto viola ben visibile, nascosto per metà dalla canotta che indosso, ma
è visibile ugualmente! Oddio, Edward deve essersi divertito a lasciarmi dei
marchi addosso ed io non me ne sono neanche accorta! Ma a che cazzo pensavo,
mentre lui mi faceva queste cose?
Difficile da indovinare, eh Bella?
No, la
vocina no, per favore!
Copro
quella orrida macchia con le mani mentre Jacob da il via alle risate, e sono
così forti che comincia a piangere ed a tenersi la pancia con le mani. Lo
guardo male, imbarazzata e infuriata allo stesso tempo, e lancio un occhiata di
aiuto alla nonna.
Lei mi
sorride, avvicinandosi a me. «Non ho visto nulla, Bella, assolutamente nulla!
Però … forse è meglio se ti cambi la maglia, quando vai a trovare i tuoi
genitori.» mi consiglia.
Annuisco.
«Già, forse è meglio.»
Almeno
fino a quando mamma e papà non conosceranno Edward, è meglio che eviti loro di
far vedere quanto sono entrata in sintonia con un ragazzo che loro neanche
sanno della sua esistenza … beh, lo sanno, ma non sanno che ci ho fatto sesso e
che ci siamo innamorati.
Meglio
evitare che papà cominci a dare la caccia ad Edward.
Il
pranzo a casa dei miei è stato tranquillo, come sempre d’altronde, a parte
l’euforia della mamma che voleva sapere tutto quello che è accaduto in
campeggio. Ho dovuto ripetere all’infinito anche la storia del mio incidente
con la vespa – l’insetto, non lo scooter -, e rassicurarla all’infinito che sto
bene. Le ho anche mostrato il collo, dove quella stronza mi ha punto, e le ho
fatto vedere che al posto del bubbone/bolla adesso c’e solo un puntino
microscopico, dove è entrato il pungiglione.
Papà è
stato più tranquillo di lei, ed è stato contento di rivedermi … ringrazio il
fatto di aver seguito il consiglio della nonna e di aver cambiato la maglia,
altrimenti a quest’ora papà sarebbe stato in piena crisi isterica perché
qualcuno “ha rubato la virtù della sua unica bambina”.
Sì, mio
padre è un tipo un po’ all’antica.
E per
fortuna che a pranzo non è stato presente Jasper, altrimenti mi sarei beccata
una ramanzina anche da lui. Ho fatto bene a non parlare loro di Edward … povero
amore mio, a quest’ora avrebbe avuto già papà alle calcagna!
E
adesso, dopo aver passato diverse ore insieme alla mia famiglia, sono pronta
per affrontare la mia cara e pazza cognata. Mi ha inviato un sms un paio di ore
fa, mentre stavo ancora mangiando, dicendomi di raggiungerla in agenzia per
scambiare due chiacchiere … e per prendere un gelato alla gelateria di fronte,
lasciando tutto il lavoro nelle manine delicate e carine di Lauren.
Sì, è
tornata a lavorare da Alice quando ha visto che non riusciva a trovare un
mestiere che la aggradasse … per quanto mi riguarda, poteva anche andare a
battere i marciapiedi.
Troppo
cattiva? No, è quello che si merita.
Parcheggio
la mia Mini – quanto mi è mancata! – a qualche metro di distanza dall’agenzia
di viaggi di Alice, e percorro quella poca distanza tranquillamente, sentendo
il calore del sole sulla pelle. Fortuna che durante le vacanze sono riuscita ad
abbronzarmi un po’, altrimenti a quest’ora dovevo ancora girare imbrattata di
crema protettiva … beh, l’abbronzatura su di me non si nota poi molto, giusto
qualcosina qua e là.
Va
bene, lo ammetto, sono ancora cadaverica.
Ma … ho
il segno del costume, quindi qualcosa c’è davvero!
Entro
nell’agenzia, e ringrazio il cielo non appena percepisco la frescura causata dall’aria
condizionata. Fuori fa davvero troppo caldo, è il periodo più caldo dell’estate
… forse. Non ne sono sicura, visto che l’ho trascorsa quasi tutta in un altro
stato, e si sa che nel Maine le temperature sono diverse rispetto a quelle
della California.
Faccio
per salutare Alice, ma lei non c’è: la sua scrivania è vuota. Quella di Lauren
invece è occupata, ovviamente da Lauren. Ha le mani sospese a mezz’aria, sopra
alla tastiera del computer, e mi osserva con gli occhi socchiusi.
Bene,
non vedevo davvero l’ora di incontrarla!
«Buon
pomeriggio, Lauren.» tolgo gli occhiali da sole, sorridendole. Non mi è
simpatica, e lei penso che lo sappia già, ma è comunque meglio mostrarsi
cortesi: non voglio passare per maleducata. «Alice non c’è?»
«È in
bagno, torna subito.» dice lei, continuando a osservarmi.
Non ha
neanche ricambiato il mio saluto, potevo fare a meno di farlo a questo punto.
Poso la
borsa sulla scrivania di mia cognata, ignorando gli occhi gialli da gatto di
Lauren che mi perforano la schiena. La nuca comincia a prudermi, per la
sensazione di essere osservata, e comincio a grattarmi distrattamente mentre
vado a prendere qualcosa da bere nel minifrigo.
«Sei
tornata dal campeggio.» dice ad un certo punto lei, senza entusiasmo né nessun
altro tipo di emozione nella voce.
La
osservo, inarcando un sopracciglio. «Sono qui, mi vedi, quindi sono tornata per
forza.»
Scusatela,
ma poverina ha qualche problema a comprendere le cose … sapete, è caduta dal
seggiolone da bambina.
Bevo un
sorso dalla lattina di Pepsi che ho aperto, mentre Lauren continua ad
osservarmi senza battere ciglio. Forse non ha captato l’ironia nelle mie
parole. Abbassa le mani – finalmente! -, e comincia a giocare con una penna a
scatto.
«Ti sei
divertita?» chiede, senza interesse.
Ma una
porzione di cazzi tuoi no, eh? Ma tu guarda questa che vuole farsi gli affari
miei a tutti i costi!
«Molto.
Perché vuoi saperlo?»
Lei
scrolla le spalle, con la penna che ancora gira tra le sue dita. «Curiosità.
Alice mi ha accennato ad un ragazzo …»
Ah,
quindi è questo che voleva sapere! Brutta gallina spennacchiata. Da me non
verrà a sapere un bel niente! Non sono solita raccontare le vicende della mia
vita privata a degli estranei, e per me Lauren è un estranea, quindi me ne sto
zitta.
«Ma
davvero?» me ne sto zitta, va bene, ma voglio anche sapere cosa Alice ha
raccontato a questa gallinella.
«Oh,
sì!» Lauren comincia a battere le ciglia e a sorridere malignamente, e la sua
faccia diventa ancora più odiosa del solito. «Mi ha detto che c’è stato del
tenero tra te e lui … ma io non le credo.»
«E
perché non dovresti crederle? Alice non racconta mai frottole.»
«Perché
nessun ragazzo ci proverebbe mai con te, frigida come sei. Al liceo scacciavi
via tutti, neanche avessero la peste! Mi chiedo chi possa essere questa povera
anima che è capitolato con te.» terminato il suo discorsetto, appoggia la
schiena contro la sedia e incrocia le mani sul seno – finto! – e sorride.
Beh,
certo, adesso dovrei sentirmi offesa per quello che mi ha detto. Guardate, non
riesco più a smettere di piangere! In realtà, sono divertita e irritata per
come si sta comportando: e dovrei anche risponderle?
Oh sì,
devo! Voglio sputtanarla!
«Già,
al liceo ero frigida … ma meglio frigida che sgualdrina. Almeno, io non cercavo
di farmi tutti i giocatori della squadra di football nei corridoi di scuola,
davanti a tutti!»
Il viso
di Lauren arrossisce di colpo, e perde tutta la sicurezza e spavalderia che aveva
fino a poco fa. Inarca le sopracciglia, e cerca di non cedere. «Sei invidiosa,
solo invidiosa. Non parleresti così, altrimenti.»
«Invidiosa?»
comincio a ridere, guardandola ad occhi spalancati. «Ma sei seria? Invidiosa, e
di te scommetto! Ma neanche morta! Preferisco crepare da vergine e con venti
gatti in giro per casa piuttosto che essere te!»
Lauren,
indignata, non fa in tempo a replicare che viene interrotta dal ticchettare di
un paio di scarpe, che annunciano l’arrivo di Alice. Quest’ultima, impeccabile
come sempre, non appena entra nella stanza comincia ad urlare e correndo mi
raggiunge, abbracciandomi.
«Tesoro,
bentornata! Devi raccontarmi tutto!» esclama, saltellando. «Anche su di
Edward!» aggiunge, sottovoce.
Rido,
sciogliendo l’abbraccio. «Va bene, Alice. Ma puoi parlare ad alta voce, anche
Lauren deve sapere di Edward!»
«Ah, ma
io devo sapere tutto prima! Posso sempre raccontarle tutto dopo!» dice,
strizzando l’occhio in mia direzione subito dopo.
La nana
mi sta reggendo il gioco, e credo che abbia anche sentito il nostro piccolo
scambio di battute di poco fa. Le sorrido, trattenendo una risata.
Ci
voltiamo entrambe verso Lauren, che adesso è livida di rabbia e penso anche di
invidia. Alice, come se niente fosse, si avvicina alla sua scrivania e le
indica alcuni plichi enormi che sono posti lì sopra, davanti a lei.
«Questi
sono i documenti per i viaggi dei signori Johnson, Malcolm e Adams, devono
essere registrati entro stasera. Dovevo farlo io stamattina, ma …» scrolla le
spalle, ridacchiando, «… me ne sono dimenticata! Pensaci tu, e non deludermi,
mi raccomando!»
Lauren
la guarda attentamente, confusa e ancora arrabbiata per prima, e annuisce senza
aprire bocca. Ah, con Alice non ci prova troppo a fare la strafottente. Sa che
se prova a lamentarsi, la mia amica non ci penserebbe su due volte prima di
sbatterla fuori dall’agenzia! Non è la prima volta che le fa le ramanzine, la
mia Alice.
«Perfetto!
Bella, andiamo a prendere il gelato? Non vedo l’ora di sapere cos’hai combinato
di bello in campeggio …» dice, andando a recuperare la sua borsa.
Faccio
la stessa cosa anch’io, e quando stiamo per uscire fuori mi fermo, e mi volto
di nuovo verso Lauren. «Ehi, Lauren?» la chiamo, mordendomi le labbra.
Lei,
decisamente nervosa, alza il viso dalla pila di documenti e mi osserva. «Sì?»
«Una
piccola cosa, poi ti lascio lavorare in pace.» sorrido, picchiettando con le
unghie sul vetro della porta. «Ricordi quando ti vantavi e parlavi tanto delle
‘enormi doti’ di Adam Leeson? Beh, il mio Edward lo batte … ed è molto più
bello di lui!»
Le
faccio ‘ciao ciao’ con la mano, dopo averla lasciata a bocca aperta, e
raggiungo Alice al di fuori dell’agenzia. Lei sta ridendo come una scema, e mi
guarda come se fosse la prima volta che lo fa.
«Dici
sul serio? Adam Leeson?» fa, tra le risate.
«Non so
nulla sulle sue doti, ma su quelle di Edward sono sicura al 100%!»
«Aaaah,
pervertita! Non devi saltare nulla, devi proprio dirmi tutto Bella!» Alice mi
afferra per un braccio e dopo aver blaterato ancora un po’, mi guida verso la
gelateria.
«Lo ami
davvero? Davvero davvero?» chiede Alice per la decima volta, con gli occhi a
cuoricino. Non li ha veramente a cuoricino, ma se fosse un cartone animato i
suoi occhi sarebbero di questa forma, adesso.
«Sì,
Alice, lo amo. E sono seria, non chiedermelo ancora!» esclamo, un po’ seccata
per il suo continuo ripetere le cose.
Lei,
incurante delle mie proteste, sorride alla stregatto e unisce le mani,
portandole davanti alle labbra. Comincia anche a saltellare sulla sedia, e a me
viene l’improvvisa voglia di cercare sul suo corpo il pulsante ‘reset’ per
metterla così a tacere … ma lei non è un robot, o una specie di cyborg, quindi
non lo posso fare.
Mannaggia,
siamo ancora così obsoleti con la tecnologia!
«Non ci
credo che ti sei innamorata! Davvero, è un evento speciale, da segnare sul
calendario!» cinguetta, posando le mani sul tavolino con uno scatto. «Però …
ricordati che io te l’avevo detto, che qualcuno ti avrebbe rimorchiato!»
Sbuffo.
«No, tu mi hai detto che dovevo portarmi in vacanza un sacco di bei vestiti nel
caso che qualcuno volesse portarmi fuori.»
«Beh,
non è un po’ quello che intendevo io? Per portarti fuori, questo qualcuno
doveva per forza rimorchiarti, no?»
Oh, i
discorsi con Alice non mi sono mancati per niente, durante queste settimane! Mi
sono risparmiata un sacco di insulti da rivolgerle, e lei mi ha risparmiato un
gran numero di mal di testa.
Ecco,
sento che uno verrà a trovarmi tra poco, se Alice continua a chiacchierare con
questo ritmo.
«Sì,
Alice, sì, è proprio come intendevi tu …» mormoro, sfregandomi gli occhi con le
dita.
«Non
dirmi che sei ancora stanca, o confusa per il fuso! No, perché io e te abbiamo
ancora un sacco di cose di cui parlare!»
Sbuffo
di nuovo. «No, non sono stanca … ho solo un po’ di fastidio agli occhi.» sto
dicendo la verità e mentendo nello stesso momento.
Sto
dicendo la verità, perché è vero che non sono stanca; ma sto mentendo riguardo
al fastidio agli occhi. I miei occhi vanno alla grande! È la parlantina di
Alice che comincia a darmi fastidio, e dopo sei settimane di quiete è normale
che cominci a perdere le staffe sentendola parlare senza pause.
Devo
farci di nuovo l’abitudine, e devo anche cercare di non farglielo capire … mi
ammazzerebbe, se le dicessi “Alice, tappati la bocca!”
«Comunque
… di cos’altro dobbiamo parlare? Se vuoi i particolari di quello che abbiamo
fatto io ed Edward, puoi anche scordarteli!» metto in chiaro le cose prima che
possa chiedermi qualsiasi cosa.
Alice,
frustrata, fa schioccare la lingua e arriccia le labbra. «Non sei simpatica, no
no. Perché non vuoi dirmi niente?»
«Perché
sono affari miei, e perché mi vergogno!»
«No,
non devi vergognarti! Non farò nessun commento, lo giuro!» Alice cerca di
convincermi e a farmi cambiare idea, ma i suoi futili tentativi con me non
funzionano.
Incrocio
le braccia al petto, inarcando le sopracciglia verso l’alto. «Ho detto di no,
Alice, non insistere.»
«Bastarda!» il suo urlo è così forte che riesce
a far voltare diverse persone che, come noi, sono sedute ai tavolini della
gelateria per godersi un po’ di tranquillità e per mangiare il loro gelato in
pace.
«Alice!
Abbassa la voce!» soffio, chinandomi su di lei e afferrandola per le braccia.
«Io
abbasserò la voce, ma tu resti comunque una bastarda!» sussurra, guardandomi
male.
«Aaaaa!
Senti, non mi va di raccontare le mie esperienze sessuali … e non mi piace
dirle in un luogo pubblico. Va bene?» getto la spugna, quando ci si mette è
impossibile parlare con lei.
Alice
batte un paio di volte le palpebre, guardandomi, e alla fine sorride e torna a
sistemarsi tranquillamente sulla sua sedia. «Ah, allora va bene. Cambiamo
discorso! Ho un sacco di aggiornamenti da farti!»
«Che
tipo di aggiornamenti?» mi tranquillizzo adesso che lei ha deciso di passare ad
altro. Almeno per un po’, non starò sotto la sua completa attenzione.
«Gossip,
naturalmente!» risponde, facendomi capire che avrei dovuto intuirlo non appena
mi aveva accennato di questi aggiornamenti. «Sai che Mike Newton ha beccato sua
moglie a letto con un altro?»
«NO!»
sgrano gli occhi, davanti a questa affermazione. Jessica Newton, la stronza che
mi ha presa a pizze in faccia appena un mese fa … ha un amante? «E chi è questo
sfigato?»
«Non si
sa, ma Mike ha chiesto il divorzio! Mia madre ha parlato con lui l’altro giorno
– sai che lei non sa farsi gli impicci suoi! -, e lui le ha detto che l’ha
anche sopportata per troppo tempo.»
«Da una
parte sono contenta per lui.» ammetto, anche se potrò sembrare meschina nel
dirlo. «Ma … mi dispiace per i bambini. Andranno a vivere con la madre, vero?»
«Sì,
penso di sì, poveri bambini … e, a proposito di bambini! Sai la novità?»
Scuoto
la testa: non so più nulla di quello che è accaduto a Napa, quindi è inutile
che mi pone queste domande senza senso.
Alice
mi sorride, usando uno di quei sorrisi tutto labbra e tutto denti, e comincia
ad agitare le mani davanti a sé. «Io e Jasper stiamo provando ad avere un
bambino!»
«Aw!
Davvero, sul serio? Non scherzi? AW!» mi unisco alla sua euforia e afferro le
sue mani, cominciando a produrre orribili urletti.
Non mi
interessa se qualcuno si lamenta dei nostri schiamazzi o se pensano che siamo
due povere pazze – perché sì, da una parte lo siamo veramente -, ma volete
mettere queste insulse voci con la notizia bomba che mi ha dato Alice?
Sto per
diventare zia!
«Oddio,
Alice! Diventerò zia, diventerò zia!» esclamo, pazza di gioia.
«Beh,
tecnicamente non lo diventerai ancora per un bel pezzo … ci stiamo provando,
non ho detto che sono già incinta.» mi fa notare lei, con calma.
«Sì, ma
se ci state provando vuol dire che state comunque per regalarmi un nipotino!
Spero che sia femmina, sarà la mia piccola assistente.»
Già, la
mia piccola assistente! Già mi vedo che vago per i vigneti e per le cantine con
lei alle calcagna, pronta ad imparare tutti i segreti del mestiere … oddio,
forse un giorno potrà diventare la mia erede! Erediterà tutto quello che oggi è
mio, e che un tempo è stato del nonno …
«Bella,
non montarti la testa! Potrebbe anche essere un maschietto.»
«Oh, è
vero …» non ci avevo pensato, non posso mica decidere io di che sesso sarà mio
nipote. «Mah, non fa nulla. Maschio o femmina, diventerà il mio erede!»
Alice
comincia a ridere, osservandomi divertita. «Ma sentiti, stai già fantasticando!
Dovevo dare ragione a tuo fratello e non dirti ancora nulla …» scuote la testa,
sorridendo. «Va beh, lasciamo stare … e poi, scommetto che cambierai idea sul
conto dell’erede.»
«Perché
dici così?»
«Beh,
prima o poi anche tu avrai dei figli, e saranno loro quelli che erediteranno
tutto.» dice, con fare ovvio, afferrando poi uno dei biscotti che ci sono
avanzati da prima e mordendolo.
Ecco,
adesso mi ha messo anche la pulce nell’orecchio! Però, ha ragione: anche io un
giorno avrò dei figli, e alla fine saranno loro quelli che avranno diritto alla
mia eredità … ma non per forza.
Basta,
non voglio pensarci adesso o va a finire che impazzisco!
«Possiamo
fare un eredità enorme, e tutti avranno qualcosa.» scuoto le spalle, prendendo
anche io un biscotto.
«Mhm.»
Alice deglutisce il boccone, e torna a parlare. «Sono davvero curiosa di vedere
come saranno i miei futuri nipoti! Tu ed Edward siete dei bei ragazzi, quindi
c’è una buona materia prima con cui lavorare.»
Quasi
mi strozzo con il biscotto che ho in bocca. Alice, sempre pronta a farmi questi
attentati! Ma come può già cominciare a pensare a come saranno i bambini miei e
di Edward, è troppo presto! Stiamo insieme da poco più di un mese, è
decisamente fuori dai miei programmi diventare mamma proprio adesso.
Credo
che il suo desiderio di maternità la stia facendo uscire un po’ fuori di testa.
Però … non
posso fare a meno di pensarci. Chissà come saranno i nostri bambini.
Sicuramente belli come il loro papà. Aaaaaa, dannata Alice!
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