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Autore: controcorrente    16/12/2012    5 recensioni
"Una volta ho letto la favola della Canna e della Quercia, madame. La Quercia si faceva beffe della Canna accusandola di debolezza, perché quest'ultima non possedeva la stessa corteccia ruvida, né il tronco imponente. Quando però una forte tempesta si abbatté su di loro, la Quercia, dopo aver fatto resistenza alla forza del vento, fu abbattuta mentre la Canna, per quanto violente fossero le raffiche, si piegava senza mai spezzarsi. Mi è sempre piaciuta quella storia e sapete perché? Perché anche la pianta più debole all'apparenza, può resistere alle difficoltà più insopportabili, se mantiene la flessibilità. Per questo motivo, non credo che siate una persona priva di temperamento. Non conosco molto di voi ma so che avete un buon carattere e se siete riuscita a mantenerlo in questo modo malgrado tutto, allora dovete sicuramente avere una qualche forza che vi ha permesso di conservarvi in questo modo." Questa è una nuova storia nella quale trovere una protagonista un po'insolita ma che secondo me merita attenzione. Auguro a chi volesse darci un'occhiata, buona lettura.
STORIA CONCLUSA
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Generale Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Madri, famiglie e vicende varie'
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Salve a tutti, cari lettori. Questa storia è una di quelle più faticose per quanto riguarda l'estensione. Nel precedente, Bernard comincia a vedere la città in modo diverso. E'solo e suo cugino, conoscendolo, lo invita a tenersi fuori dagli ambienti della politica. Per questo lo aiuta con Oscar.E'tutto nel suo interesse, of course.

 

NELL'OMBRA

 

CONTINENTE

 

Il fuoco sembrava circondare ogni cosa.

- Che cazzo sta succedendo?- esclamò Alain mentre tentava di sedare il fuoco con la giacca della logora uniforme.

Erin si avvicinò alla finestra.

-E'il prete- sentenziò, fissando di traverso il vetro.

-COSA?- esclamò il gigante, avvicinandosi a sua volta alla lastra trasparente...e sbiancare di conseguenza.

Oltre il vetro, nello spiazzo che dava sulla strada, c'era un gruppo di uomini. Alla testa di questo, nella penombra del momento che precedeva l'alba, c'era la sagoma del parroco. -Ehi, O'Neil- disse, tenendolo d'occhio- come mai questo prete è venuto qui? Ne sai qualcosa?-

Erin sbuffò.

-Posso dirti questo. Dopo la morte dell'ultimo signore, il suo discendente, non amando questo posto, si trasferì a Versailles, come tutti i nobili parassiti che hanno affollato quel luogo. Da allora, questo luogo è divenuto una terra di nessuno, con tutte le conseguenze che ci sono.- spiegò, prima di indicare la finestra. -Il religioso, per via della sua posizione, si è posto come intermediario ideale per tutti gli eventuali discutibili traffici del luogo. Tiene la bocca chiusa e dirige insieme questo genere di cose...un tipo amabile. Anche lui ha guadagnato molto da mio padre. Ha sfruttato le sue abilità in ogni modo, fino a liberarsi di lui quando non serviva più.-

Alain occhieggiò rabbioso le varie parti della casupola. - Va bene- rispose- ma come ce la caviamo, stavolta?-

Erin si mosse verso un angolo posto ad occidente, verso il mare. Dette vari calci, incurante del crepitare della legna divorata dal fuoco e, con uno sforzo non da poco, allargò un buco che Alain fino a quel momento non aveva notato. -Passiamo di qui- rispose e, vedendo lo sguardo perplesso del gigante si affrettò ad aggiungere- questa galleria conduce al letamaio. Quando ero piccola e mio padre non c'era, i miei zii non mi volevano in casa. Dovevo passare il mio tempo attaccata ad una catena e arraggiarmi come potevo. Costruii io stessa questo condotto, per potermi intrufolare in casa non vista e mangiare qualcos. Li ho sempre fregati.-

Alain non rispose, anche perché la situazione non permetteva di chiacchierare troppo. Entrambi si infiltrarono dentro il condotto nero e maleodorante, mentre il fumo inghiottiva tutto. L'ultimo rumore che i due sentirono, prima di sparire, fu il fragore del legno che cedeva alla pressione del fuoco.

 

BREHAN

 

Eamonn si svegliò di soprassalto. Con gli occhi sgranati fissò le travi del soffitto, preda di una sottile inquietudine che, invece di calmarlo, lo angosciava ulteriormente. Non aveva dimenticato l'ultimo incontro con la figlia. Gli era impossibile farlo.

 

-Perché non mi hai portato con te?- disse la donna, con voce stanca. Aveva urlato bestemmie a non finire, poco dopo aver incrociato i propri occhi con i suoi. -Se ti aspetti che ti riabbraccerò, che avrai da me qualche conforto...ti sbagli di grosso. Mi hai rovinato la vita nel momento in cui sei venuto meno alla promessa.-

Eamonn non aveva detto niente, frastornato dalla vista di quella creatura selvaggia ed indomabile. Avrebbe voluto dire molte cose...ma la verità era che si vergognava.

-Mi hai lasciato in mano a quelle carogne, dopo avermi riempito la testa di bugie...- continuò- e questo...questo non posso proprio perdonartelo.-

 

Stanco si portò una mano sulla fronte.

Sua figlia non sbagliava. Prima di andarsene, seguendo quegli inglesi, aveva raccontato a sua figlia una bugia. Gli aveva detto che quelle persone avevano intenzione di dargli un lavoro e che il viaggio per mare era pericoloso. Come poteva dirgli la verità? Eppure, proprio questo eccesso di discrezione aveva provocato la frattura.

Non aveva avuto cuore di dirglielo.

Quello che il dottore non sapeva era che sua figlia forse era meno sprovveduta di quanto in realtà credesse.

Fece per rigirarsi sul materasso, quando un cigolio delle assi attirò la sua attenzione. Lentamente, afferrò un coltello che teneva solitamente sotto il cuscino e piano raggiunse la porta. Con accortezza, socchiuse l'uscio...salvo poi rilassarsi, riconoscendo la sagoma, ormai familiare.

Il dottore scosse il capo, ghignando.

Per quanto ci provasse, non avrebbe mai capito le persone e nemmeno i loro ridicoli freni che si ponevano. Io me ne vado a letto si disse, rituffandosi tra le coltri.

 

Marguerite era accovacciata vicino alla finestra. Per quanto ci provasse, il sonno non arrivava...ma era comprensibile. Il pensiero che qualcuno venisse nella sua stanza rendeva impossibile raggiungere quel risultato.

Impossibile pensò, stringendosi le braccia

Improvvisamente, sentì la porta della propria camera aprirsi.

Chi c'è? Che cosa vogliono ancora da me? si chiedeva agitata. Alla pallida luce della luna, vide un'ombra stagliarsi sul suo letto...una sagoma scura che con il buio sembrava ancora più imponente. Non aveva detto a nessuno dove fosse ed i nemici del marito aveva ben altri problemi di cui occuparsi.

Il panico la colse, in modo inevitabile e fulmineo.

Vide l'estraneo allungare la mano sul rigonfiamento sopra al materasso, senza tuttavia avvicinare la mano. Era leggermente accovacciato e pareva assorto nei propri pensieri.

Marguerite prese il vaso da notte che teneva vicino alla sedia e, non vista, si avvicinò. Chiunque fosse l'intruso, si sarebbe pentito presto della sua audacia. Importunare una povera dama come me, inaudito pensò stizzita.

Fu con questo pensiero che, senza alcun indugio, calò con violenza il pezzo di coccio sopra alla sua testa. Il fragore della terracotta rimbombò nella quiete notturna, seguito dal tonfo sordo di un corpo che cadeva.

Il cuore di Marguerite batteva all'impazzata, preda dell'agitazione che aveva accumulato nel momento in cui aveva sferrato il colpo. Ho ucciso una persona pensò, poco dopo.

Svelta si avvicinò alla sagoma.

Non aveva mai fatto del male ad una mosca ma i pericoli passati avevano minato buona parte del suo autocontrollo. Buon Dio, fa che non sia così! si disse, tentando di frenare l'ansia.

Un rumore di passi raggiunse la sua camera e poco dopo spalancò la porta.

-MADAME!- esclamò André, piombando in camera, seguito da una stupita Marie e da un mezzo assonnato Eamonn.

-Madre...-fece Oscar, avvicinandosi sulla soglia, senza accennare a muovere un passo verso di lei. Marguerite si volse verso la figlia e gli altri. Tutti erano leggermente distanti dal suo corpo. Non disse una parola, guardando alternativamente tutti i presenti.

Vide Marie portarsi le mani sulle guance, in un'espressione sbigottita. Madame non seppe come interpretare quello sguardo, comune tra l'altro a quello degli altri. Era come se non lei avesse commesso qualche errore. Sgomenta, abbassò lo gli occhi...per impallidire.

Un raggio di luna aveva colpito il viso dell'intruso...e quell'intruso aveva il volto di François Augustin Reynier de Jarjayes.

Suo marito.

 

Bene, capitolo fulmineo e non so quanto atteso. Mi sembra il minimo aggiornare ora, dal momento che nei prossimi giorni non potrò farlo. Non chiedetemi quanti capitoli mancano perché non lo so. Sono molti ma servono per aggiornare più velocemente. Madame ha tramortito l'intruso degli agapanto e Alain e Erin tentano la fuga dalla casa natale di quest'ultima.

Capitolo di passaggio ma spero interessante.

A presto.

cicina

 

   
 
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