Fumetti/Cartoni americani > Phineas e Ferb
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Autore: bulmasanzo    17/12/2012    8 recensioni
Tutti noi sappiamo che i nostri due protagonisti sono fratellastri e che quindi non hanno gli stessi genitori. Questa storia non pretende di scoprire la verità, vuole semplicemente indagare su quei due personaggi fantasma che probabilmente nessuno nella serie vedrà mai.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Candace Flynn, Ferb Fletcher , Lawrence Fletcher, Nuovo personaggio, Phineas Flynn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Era perfettamente consapevole del fatto che dentro la sua testa esisteva un intero, sconfinato e incomprensibile anche a se stessa mondo a parte. Lo aveva visto con i suoi occhi grazie a una di quelle diavolerie costruite da suo fratello. E, per quanto potesse sembrare assurdo, ciò che aveva visto le aveva fatto paura.

Era un mondo fatto soprattutto di ossessioni.

Dominavano le sue emozioni, dirigevano i suoi comportamenti esagerandoli, portandola a compiere spesso e volentieri dei colpi di testa. Le impedivano di divertirsi, di vivere spensieratamente la propria gioventù.

Era consapevole di apparire nevrotica agli occhi altrui, ma non riusciva a farne a meno. Erano più forti di lei, la inseguivano, la intrappolavano, la manipolavano, la divoravano.

E lei bramava veramente un attimo di respiro, un pizzico di calma, di pace.

Avrebbe tanto desiderato essere una ragazza normale, ma sapeva che le sue fissazioni non le avrebbero mai permesso di esserlo.

La terapia cui sua madre l'aveva costretta nel periodo successivo all'abbandono del padre non aveva mai saputo risolvere i suoi problemi, anzi li aveva addirittura acuiti.

A quindici anni, era ancora infantilmente attaccata al suo peluche preferito di Ducky Momo.

Si faceva continuamente prendere dalla paranoia di non piacere più al suo ragazzo, nonostante questi le avesse svariate volte fornito la prova di quanto la trovasse adorabile.

Ma la sua ossessione più grande era sempre stata quella di fare beccare i suoi fratelli dalla madre.

A volte le sembrava che la sua intera vita girasse attorno a quell'unica esigenza.

Una delle cose che le dava più fastidio, ancor più del fatto di fallire sempre, era il tono sempre così ironico con cui sua madre, anche se non esplicitamente, le dava della folle.

Le mandava dei segnali disperati che lei non coglieva mai.

Era troppo distratta, sicuramente Phineas aveva preso da lei quel lato del suo carattere.

Ciò che faticava a riconoscere era il motivo per cui ci tenesse così tanto a farli beccare e per cui poi restava sempre così tanto delusa quando non ci riusciva.

Lo aveva realizzato ormai da molto tempo, ma non era riuscita a rassegnarvisi.

Al di là della soddisfazione personale, era invidiosa del loro rapporto, della complicità che si dimostravano tra loro, ma che non avevano mai mostrato verso di lei.

Aveva vissuto come figlia unica per i primi cinque anni della sua vita. Poi era nato Phineas e, quasi contemporaneamente, suo padre se n'era andato.

Al suo posto erano arrivati Lawrence e quel ragazzino strambo. 'Strambo' era la parola con cui lo aveva istintivamente definito la prima volta che lo aveva visto. Con quel suo bizzarro ciuffo di capelli verdi in testa e con una cultura straniera sulle spalle, aveva avuto l'impressione che sarebbero stati completamente incompatibili.

Dopo otto anni di vita sotto lo stesso tetto, quella sua impressione iniziale non era ancora stata smentita.

All'inizio, aveva creduto che avere due fratellini al posto di uno solo sarebbe stata pressoché la stessa cosa. Ma poi s'era ricreduta.

Con Phineas era tutto diverso, da lui si sentiva per lo meno apprezzata. Probabilmente, era merito del sangue che condividevano.

Ma con Ferb non c'era quasi interazione.

I suoi silenzi l'avevano sconcertata, il suo humor sottile l'aveva fatta sentire un'idiota, la sua aria costantemente imperturbabile l'aveva irritata.

Eppure, in qualche modo, gli aveva voluto bene e l'idea di ottenere un rapporto con lui che potesse dirsi accettabile non solo la solleticava, ma le stava veramente a cuore.

Peccato che lui non si fosse mai prodigato in quel senso. Però, era anche vero che lei aveva fatto altrettanto.

Non si era mai sentita cercata da lui, sembrava che non avesse bisogno di lei.

Abituata a considerarlo invincibile, quando si erano trovati sull'aereo, diretti verso l'ignota madre biologica di lui, si era stupita di averlo visto tanto turbato.

Non era normale, non sembrava neanche vero.

Gli aveva messo una mano sulla spalla e aveva sentito una forte tensione che avrebbe avuto bisogno di sciogliere.

Ma se lui non chiedeva mai niente, lei non dava mai niente che non le fosse chiesto.

Non era per egoismo, ma per pura e semplice incapacità.

Quando quella bambina aveva fatto la sua inaspettata comparsa, si era chiesta come avrebbe reagito lei se fosse stata al suo posto. Decisamente, non come aveva reagito lui.

Era un mistero, un alieno che proveniva dal pianeta dei supertranquilli. O, per meglio dire, dal pianeta Inghilterra.

L'avrebbe tanto voluta avere lei, una sorella. Una confidente. Una spalla.

Una figura che in Phineas le era mancata ma che poi, fortunatamente, aveva ritrovato in Stacy.

L'intesa che c'era tra loro due era profonda, erano molto più che semplici amiche del cuore.

Un'intesa che la stessa Stacy non poteva dire di avere con la sua vera sorella.

Un'intesa che, nessuno avrebbe potuto negarlo, Ferb aveva con Phineas e con Phineas soltanto, nonostante l'assenza di un vincolo di sangue.

Ciò dimostrava che non era poi così fondamentale avere un legame di parentela.

Lo poteva dire senza timore di sbagliarsi, anche per via del rapporto che aveva con colui che ormai considerava a tutti gli effetti come suo padre.

Per quello che aveva imparato, il sangue non era altro che acqua.

Non sapeva perché avesse sentito il bisogno di andarlo a trovare nella sua camera d'albergo, ma era rimasta tutta la notte a pensare che avrebbe dovuto farlo.

Dato che, momentaneamente, Phineas non era con lui, e la cosa era piuttosto rara, s'era aspettata di trovarlo in totale inattività.

Ma avrebbe dovuto aspettarsi, da un uomo d'azione come lui, che lo avrebbe trovato seduto sul suo letto, con un dannato cacciavite in mano, intento a costruire qualcosa di piccolo e cubico.

Ci risiamo pensò.

Non appena era entrata, aveva interrotto il proprio lavoro e la guardava con aria interrogativa.

“Ciao.” disse sorpresa, raramente le aveva rivolto uno sguardo così diretto. “Mi stavo chiedendo se stessi bene...” farfugliò. Avrebbe dovuto prepararsi meglio il discorso, ma ormai si era avviata. “Sembravi così agitato. Dev'essere stato assurdo scoprire quello che hai scoperto...”

Ferb sospirò leggermente e girò gli occhi, come se trovasse patetico il suo tentativo.

Lei scelse di ignorarlo e di continuare “Se posso aiutarti in qualche modo, non hai che da dirlo...” dichiarò. Non era brava a fare la sorella maggiore. Ma ci voleva provare.

Ma sembrava che il suo fratellastro avesse improvvisamente perso interesse, perché era tornato a occuparsi della sua creazione senza degnarla nemmeno di una risposta monosillabica.

Dopo un breve silenzio, durante il quale aveva raccolto tutta la sua buona volontà, Candace decise di riprovare.

“Anche io sono stata abbandonata da un genitore, so benissimo come ti senti.” disse, tutto d'un colpo, come se avesse temuto di poter cambiare idea a metà frase.

Forse aveva osato troppo. Lei non poteva saperlo realmente. Tuttavia, era convinta di non avere mentito, perché tantissime volte aveva immaginato se stessa in quella sua medesima situazione e sapeva come si sarebbe dovuta sentire.

In fondo, c'era andata così vicino...

“Sei combattuto tra il volerle tendere la mano e il volerla mandare a quel paese.” continuò lei. “Non è così?”

Ferb aveva alzato la testa e la fissava con tanto d'occhi, come se fosse rimasto colpito da quello che aveva detto. Come se non volesse ammettere che aveva ragione.

Ma lei sapeva di aver fatto centro.

Solo che la sua intenzione non era stata certo di suscitare in lui quella reazione.

Lo vide deglutire e assumere un'espressione afflitta, incassando un po' la testa tra le spalle. Lo vide abbassare gli occhi e fissare un punto imprecisato di fronte a sé. Vide il suo labbro inferiore tremargli, poi glielo vide mordere nervosamente.

Finalmente, stava mostrando un'emozione davanti a lei senza nasconderla.

Ti prego, di' qualcosa... lo supplicò mentalmente. So che vuoi farlo.

A dispetto delle sue premesse, non resistette a lungo al silenzio.

“Ok.” disse alla fine, sconfitta, “Scusa. Cambio argomento... Che cos'è?” gli chiese indicando l'oggetto che aveva in mano.

Ferb lo sollevò per mostrarglielo, non sembrava altro che una scatolina.

“Carina, ma non ho ancora capito cosa sia.” ammise Candace, un po' irritata dal fatto che si ostinasse a non risponderle a parole.

Ferb aprì la scatola e nella stanza si diffuse una specie di musichetta dolce come una ninnananna. Ebbe appena il tempo di riconoscerla come una di quelle canzoncine per bambini che lui richiuse il carillon e ci avvitò sopra una decorazione celeste.

“È un regalo per Angelica?” chiese titubante. Non sapeva se chiamarla per nome fosse la cosa giusta da fare, ma le era venuto naturale.

Ferb scosse la testa.

“Per Bianca?” riprovò.

Ferb annuì.

“Oh! Ma che bel pensiero...”

Che bel pensiero! Non avrebbe potuto dire niente di più idiota.

Ferb posò sul letto il cacciavite e si mise in tasca l'invenzione, si alzò e la spinse dolcemente fuori dalla porta. Candace non poteva credere ai suoi occhi, ma aveva avuto l'impressione che stesse arrossendo.

Non la stava cacciando, come aveva creduto, la stava accompagnando di sotto, nella sala da pranzo dell'albergo.

Phineas era seduto al tavolo, impegnato a onorare la sua colazione, ma non sembrava per niente contento di quello che stava mangiando.

Appena li vide si alzò con un'aria luminosa dipinta sul viso. Poi sembrò ricordarsi di qualcosa, avvampò e il sorriso che aveva rivolto loro gli appassì sulle labbra.

“Che diavolo ti prende?” gli chiese con la sua consueta 'dolcezza'.

Lui scosse la testa e tornò a sorridere. Si pentì di avergli rivolto la parola, perché aveva iniziato a discutere di cose che per lei erano del tutto prive di interesse.

E lei avrebbe voluto parlare con Ferb. Ma lui l'aveva portata di sotto apposta per evitare di parlarle.

Il giovane inglese sembrava assorto mentre consumava, senza mostrare molto appetito, la sua colazione. Evidentemente, si stava preparando psicologicamente per incontrare di nuovo sua madre e sua sorella.

Un uomo dalla corporatura muscolosa era comparso dalla porta e si era avvicinato a passo felpato al tavolo al quale stavano i tre fratelli.

Aveva l'aria affaticata, il viso rosso e un po' di fiatone, come se avesse dovuto correre per raggiungerli.

Lo fissarono tutti e tre, chiedendosi se stesse cercando proprio loro.

“Flynn-Fletcher?” chiese lui, in tono incerto. Aveva una voce leggermente nasale, ma profonda.

Annuirono.

I suoi occhi scartarono Candace e si fermarono sopra ai due ragazzi “Chi di voi è Ferb?”

Phineas stava per rispondergli, quando Lawrence si interpose tra loro e rivolse al nuovo arrivato un “Prego?” che la colpì con la sua freddezza.

“Lei è il signor Fletcher?” chiese l'uomo, contrastando la sua diffidenza con un tono di inaspettata cortesia. “Buon giorno, io mi chiamo Godrov, Michael Godrov... sono il fidanzato di Angelica.” si presentò “Sono mortificato per il suo imperdonabile comportamento. Dopo avervi fatti viaggiare fin qui, non è nemmeno venuta a prendervi, non vi ha offerto ospitalità... Così sono venuto io.”

“Oh, lei è...” fece Lawrence come stordito. Era stato preso in contropiede, ma si riprese egregiamente. “Non si preoccupi, non c'è nessun problema.”

I due uomini si strinsero la mano. Con un solo sguardo si erano piaciuti.

Il signor Godrov si occupò di scortarli nella sua casa. Era enorme, sfarzosa, un castello. Doveva essere piuttosto ricco.

Durante il tragitto in auto -un'auto enorme- spiegò che quel giorno Angelica sarebbe stata impegnata in certi affari -del genere: provare l'abito da sposa, assaggiare la torta nuziale e scegliere i fiori con cui arredare la sala- dunque avrebbero potuto incontrarla solo più tardi.

La piccola Bianca scese le scale correndo, tutta contenta che fossero arrivati.

Indossava un abitino rosa che le svolazzava tutto intorno alle gambette.

Il suo futuro patrigno le scompigliò affettuosamente i capelli e le rimproverò di aver corso. Lei promise ridendo che non lo avrebbe fatto più.

Poi andò dal suo padre biologico rivolgendogli lo stesso caloroso saluto del giorno prima, ricevendo in risposta un buffetto. Già contenta di questo, si slanciò su suo fratello stringendolo in un tenero abbraccio, come se lo conoscesse da sempre.

Candace pensava che non glielo avrebbe ricambiato, invece lo fece, ma immaginò o, meglio, si augurò che lo avesse fatto più per gentilezza che per altro.

Bianca strillò quando si accorse di Perry, che se ne stava rannicchiato tra le braccia di Phineas, come se fosse terrorizzato dalla novità di trovarsi in un posto per lui del tutto nuovo.

Con sua grande sorpresa, vide Ferb prendere l'animale in braccio e incoraggiare la bambina ad accarezzarlo. Era come se cercasse uno spunto per socializzare con lei.

Per qualche motivo, non le piacque affatto l'idea che stesse mostrando più attenzioni verso quella bambina, una sorella biologica eppure una vera sconosciuta, dopo aver ignorato lei, una semplice sorellastra, che però invece lo conosceva da otto lunghi anni.

Ma poi le venne in mente che non doveva trattarsi solo di etichetta. Era andato lì con l'idea di essere accolto e invece aveva trovato un muro che era parso a tutti insormontabile.

Qualcuno, però, aveva compensato l'indifferenza di qualcun altro.

Passarono il resto della giornata insieme, lei fece da cicerone mostrando con orgoglio la sua gigantesca camera, arredata come quella di una vera principessa, e disse che avrebbero dovuto assolutamente andare tutti quanti al parco divertimenti. Ferb restò a bocca aperta quando usò quell'espressione, quella particolare espressione.

“Cosa c'è? Ho sbagliato?” fece lei un po' imbarazzata, pensava infatti di non avere utilizzato il termine giusto. Era probabile, si confondeva spesso.

“Al contrario, hai usato la parola corretta.” disse Phineas per lui “Ferb pensa che non si debba dire luna park.

“Meno male.” disse Bianca scoppiando a ridere.

Anche Phineas si mostrava molto amichevole con lei. Cercava, anche se forse inconsciamente, di impressionarla, d'altronde lo faceva sempre con tutti, anche se quella volta si sentiva un po' bloccato. Ma aveva intenzione di rispettare il volere di Ferb, che gli aveva espressamente chiesto di non costruire niente di grandioso, almeno per il momento. Compensava con la sua simpatia.

Ma sembrava che la bambina avesse occhi solo per Ferb. Gli si rivolgeva in continuazione, sembrava innamorata. Da parte sua, lui le rispondeva cordialmente, ma a volte gli uscivano solo dei monosillabi. Non perché fosse imbarazzato. Non era la timidezza la causa della sua abitudine di non parlare. A lui piaceva pensare a lungo alle cose che doveva dire, lei non gliene dava il tempo, ma si mostrava contenta lo stesso delle sue risposte.

Candace si era temporaneamente dimenticata di quello che era successo quella mattina. Quella bimba era dolce e divertente, un tesoro, le ricordava un po' Melissa, la recluta delle Fireside girls che l'ammirava tanto. Solo che Bianca non ammirava lei, ma Ferb.

Era giusto che fosse così, eppure la stava infastidendo il fatto che riuscisse ad attirare così bene la sua attenzione. Era gelosa, e non si era mai accorta di esserlo.

Alla fine Angelica tornò tardi, scusandosi. Ma le sue scuse sembravano forzate. Dalle occhiate gelide che lanciò a tutti loro, pareva che si fosse augurata di non trovarli lì, era come se li considerasse degli intrusi piuttosto che degli ospiti. Indossava lo stesso soprabito bianco del giorno prima e si era spruzzata addosso tanto di quel profumo che l'effluvio riempì tutta la stanza.

Dal modo in cui la guardò Ferb quando la vide arrivare, era chiaro che avesse qualcosa da dirle, doveva averla pazientemente aspettata tutto il giorno solo per poter ottenere un faccia a faccia con lei. Senza preavviso, andò a prenderle una mano, che lei ritrasse subito, come se si fosse scottata. Lui insistette, tirandola per una manica. Sbuffando e senza fare assolutamente niente per nascondere il proprio fastidio, si lasciò condurre in un'altra stanza.

Uscirono dopo appena cinque minuti e andarono in due direzioni opposte. Tutti li stavano guardando, interrogandosi su cosa potessero essersi detti, ma non avrebbero mai potuto saperlo.

Angelica si sistemò bruscamente una ciocca di capelli sfuggita alla crocchia dietro un orecchio e si schiarì la voce “Perché non restate per cena?” disse, forzando un sorriso. Probabilmente, non lo avrebbe mai proposto.

Bianca si mise a strillare di gioia “Io mi siedo accanto a Ferb!” dichiarò prendendolo per un braccio.

Lui non le sorrise, aveva assunto di nuovo la sua solita aria imperturbabile, sarebbe stato impossibile capire a cosa stesse pensando. Candace esultò segretamente per questo, ma subito dopo se ne sentì un po' in colpa.

Alla fine della cena -la quale fu decisamente più piacevole di quella della sera prima, anche se non ci voleva poi molto- Ferb pensò che fosse arrivato il momento di consegnare a Bianca il suo regalo.

Lei restò estasiata dalla musica e pretese che le insegnasse le parole della canzone.

Quando Candace lo vide darle il carillon, però, provò di nuovo una sensazione spiacevole allo stomaco che non voleva definire.

Ferb doveva essersi accorto che aveva cambiato faccia. Le sue emozioni trasparivano sempre, faticava a nasconderle.

Abbozzò un sorriso, non le sorrideva quasi mai.

Dopo quello che si era ritrovata a pensare, che si era vergognata di pensare, si stupì che lo stesse rivolgendo a lei e non a Bianca.

Era stato un gesto inaspettato, complice, in qualche modo. Era come se le avesse letto nella mente e ora stesse cercando di dirle che era tutto a posto, che non doveva essere gelosa.

Nel fare il primo passo, dopotutto, lei sapeva di non poter avere agito male.

Per la prima vera volta, lei gli aveva mostrato il suo interesse e la sua disponibilità, e ora lui, con quel semplice e rassicurante sorriso, che nascondeva in sé più di un centinaio di inutili parole, l'aveva ringraziata, le aveva detto che sapeva di poter contare su di lei.

Si era solo offerta nel momento sbagliato. Ma quando sarebbe arrivato quello giusto, sarebbe venuto sicuramente lui a cercarla.

Doveva solo aspettarlo.

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

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Note autrice: Con questo capitolo mi sono voluta concentrare su Candace perché, nella mia storia precedente, a mio avviso, non le avevo dato abbastanza spazio... penso sia assurdo il fatto che, nella serie, lei e Ferb non interagiscano quasi mai... A me pare di averla vista rivolgersi direttamente a lui solo in un paio di occasioni, una volta solo per urlargli di sbrigarsi a fare qualcosa... -.- Lasciamo stare... Ringrazio, come sempre, chi legge la mia storia, e grazie particolarmente al nuovo recensore Lily Juvenile. Come sempre, vi lascio l'invito a dirmi cosa ne pensate. Se non avete afferrato qualcosa del capitolo, basta che me lo chiediate.

  
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