ALLO
SPECCHIO
Passarono
attimi, che per Catherine sembrarono
ore, divisa tra il desiderio di abbandonarsi alle languide carezze di
James e
tra il timore per le sue parole, che avevano la precisa intenzione di
intimorirla.
"Allora,
promettimi che non rivedrai
Charles." - mi sussurrò con calore all'orecchio.
"Perché
non dovrei rivederlo?" - dissi
ansimando, mentre la sua mano, famelica, non cessava di accarezzare
pericolosamente il mio corpo.
"Perché
potrebbe essere pericoloso per te,
se non mi obbedirai! Io ti ho avvertita Catherine!" - il suo tono
cambiò,
da dolce e seducente, diventò improvvisamente freddo e duro.
Le
sue mani si staccarono da me, e io potei
riprendere fiducia in me stessa. Non volevo diventare la sua marionetta!
"Bene.
Dopo questa sciocca sceneggiata, ora
James esci dalla mia camera." - dissi ad alta voce, cercando di darmi
un
tono.
Perché
non avrei dovuto rivedere Charles? James
non aveva voluto dirmi i motivi, il suo avviso era stato deciso e
perentorio, e
lanciando, un'ultima occhiata di fuoco, uscì sbattendo la
porta.
“James
aveva dato per scontato, che Catherine, cresciuta ed allevata tra un
rosario e
una preghiera, la cosa che temesse di più era la perdita
della sua virtù.
In
realtà, Catherine era come tutte le donne,
tremendamente curiosa e qualsiasi divieto era solo un maggiore
incentivo per
accrescere in lei l'interesse verso tutto ciò che era
proibito..”
Durante
la notte non avevo fatto altro che
rigirarmi nel letto, cercando di trovare una possibile spiegazione a
tutto
questo odio nei confronti di Charles.
Non
conoscevo nessuno dei due in realtà, uno era
il mio fratellastro da appena due giorni e l'altro lo strano vicino di
casa che
si dilettava a leggere nel nostro giardino.
Non
ero intimorita dalle provocanti minacce di
James, cosa avrebbe potuto mai farmi?
È
vero, non ero immune al suo bel faccino, ma il
suo repentino cambiamento di atteggiamento mi aveva fatto capire che
non mi
dovevo lasciare piegare, ma accogliere la sfida !
Appena
sveglia sarei andata da mio padre a
chiedere informazioni sul conto di Charles, in fondo era il nostro
vicino di
casa.
Anche
se l'idea di chiedergli qualcosa non mi
entusiasmava e non volevo condividere niente con lui, ero talmente
decisa, che
niente mi avrebbe fermata.
Non
avevo chiuso occhio, rapidamente mi vestì e
mi diressi nel suo ufficio, e soprapensiero, cercando di pensare alle
parole
giuste da usare, entrai senza bussare.
Non
c'era nessuno, evidentemente era ancora
troppo presto, stavo per andarmene, quando la mia attenzione fu
attratta da un
magnifico dipinto.
Era
il ritratto di una donna, talmente magnetico
e luminoso, che mi avvicinai per ammirarlo con maggiore attenzione,
cercando di
cogliere tutti i più piccoli particolari. Nel quadro, la
donna stava affacciata
a una finestra, intenta a osservare il paesaggio, senza curarsi, che un
capace
pittore le stava cercando di “rubare”
l’intensità dello suo sguardo e la
dolcezza del sorriso.
"Lady
Susan" era intitolato.
Appena
lessi il nome, calde lacrime rigarono il
mio volto, lacrime che per molti anni erano sempre state ricacciate
indietro,
che adesso ebbero libero sfogo.
Susan
era il nome di mia madre.
Non
l'avevo mai conosciuta, non avevo suoi
ricordi, e non avevo nemmeno mai visto il suo viso.
Nessuno
poteva assicurarmi che quella era mia
madre, eppure il mio cuore mi diceva che era lei.
Quante
volte avevo desiderato conoscerla, quante
volte avevo sperato che mi portasse via dal collegio, ma avevo sempre
cercato
di farmi forza, imponendomi di non pensare di aver avuto anche io una
madre,
come tutte le mie compagne.
Non
avevo mai chiesto niente a mio padre su di
lei, ero stata così brava in tutti questi anni, e come mai
proprio adesso il
peso di questo dolore mi stava schiacciando?
Lo
so, era una ferita che non si era mai
rimarginata, ma che adesso si stava riaprendo disperatamente.
Mio
padre, entrando nel suo studio, mi trovò in
quest'imbarazzante situazione. Appena mi vide ebbe un attimo di
esitazione:
"Catherine, cosa ci fai qui? E cosa sono questi occhi gonfi? Ma non ti
vergogni? Ti avrei dovuta lasciare marcire in quel collegio di monache."
"Forse
era meglio, invece che rimanere qua
a mendicare la tua pietà." - pensai con rabbia.
Tutte
queste emozioni mi fecero dimenticare il
motivo per cui ero entrata, tutto era confuso nella mia testa, e non mi
interessava nemmeno più soddisfare la mia femminea
curiosità su Charles.
Com’era
buffo, vero?
Un
minuto prima volevo vendicare la mia dignità
ferita dalle sensuali provocazioni di James, e un attimo dopo tutto
questo mi
sembrava una grande banalità.
In
tutti questi anni non avevo mai odiato mio
padre, mi era semplicemente indifferente e in cuor mio gli ero stata
anche
grata di avermi richiamato a casa, però, la vista del
ritratto aveva cambiato i
miei sentimenti per lui.
Non
chiedevo un gesto d'affetto da parte sua o
una parola dolce, solo che mi avesse parlato di mia madre, almeno
rivelarmi
come era morta, credo che questo sia il diritto di ogni figlia.
Tirando
fuori il fazzoletto dalla tasca, mi
asciugai in fretta gli occhi e guardai mio padre senza abbassare lo
sguardo.
Non
mi volevo mostrare debole davanti a lui, era
stato uno stupido errore pensare di renderlo complice della mia vita.
"Ero
solo passata a chiederti, se potevi
mandare l'autista a vedere se i miei abiti siano pronti. Buona
giornata."
Forse
se fossi stata meno accecata dal dolore,
avrei notato che mio padre, tutto questo tempo, non aveva mai staccato
gli
occhi dal volto di Susan..
Allo
specchio, vidi nel riflesso un visino ancora un po’ sconvolto.
Notai
che la litigata con mio padre, aveva avuto l’effetto di
incrementare la
circolazione delle mie guance che apparivano molto arrossate.
Avrei
potuto tranquillamente evitare di truccarmi per settimane, pensai con
amarezza.
Non
ero solo triste, ma fortemente arrabbiata, un profondo odio mi aveva
assalito e
si mischiò al dolore.
Oh
quanto me ne sarei voluta andare!
Per
una donna non era facile essere indipendente di questi tempi, e non
potevo
lasciare questa casa tanto facilmente, se non con un anello al dito e
accompagnata da un marito.
Ci
mancava
solo che mio padre per liberarsi di me, mi giocasse pure lo scherzo di
un
matrimonio combinato.
Dalla
rabbia sbattei un vaso per terra, un prezioso vaso che si ruppe in
mille pezzi,
un triste paragone con quello che era successo poco fa al mio cuore,
quando
avevo visto il ritratto.
Benissimo,
un altro motivo per cui mio padre si sarebbe dovuto disfare di me, una
signorina per bene non può permettersi simili colpi di testa.
“Cosa
sta succedendo qua? Ho sentito un forte rumore” –
entrò nella camera, preoccupata,
la mia matrigna.
“Ci
mancava solo lei!” – fu il mio primo pensiero.
La
donna si limitò a osservare i cocci per terra e se ne
andò.
Fantastico!
Dovrei andare subito a preparare la valigia, sicuramente la Signora
starà
andando a riferire a mio padre che la sua amatissima figlia era uscita
di
testa.
All’improvvisò
rientrò, accompagnata dalla cameriera e le ordinò
di pulire immediatamente
questo disastro: “Meglio che tuo padre non se ne
accorga.” – mi sussurrò.
Rimasi
senza parole, perché questo inaspettato gesto di gentilezza
da una persona che
nemmeno mi conosceva?
Appena
la cameriera uscì, la mia matrigna mi si accostò:
“Siediti
Catherine. Non so cosa sia successo, immagino che tu abbia avuto una
discussione con tuo padre, vero?”
“Beh..”
– cercai di giustificarmi.
“Non
importa, non sono venuta qua per andare a fare la spia.
Ti
voglio solo dare un consiglio, da donna a donna.
Cerca
di cambiare atteggiamento, tutto questo tuo spirito combattivo non
farà altro
che danneggiarti.
Le
donne, come sai, contano meno di niente, siamo solo un
bell’ornamento, come questo
grazioso vaso che hai appena rotto, con il sacro obbligo di mostrarci
sempre
sorridenti e obbedienti.
Gli
uomini non sono veramente interessati a conoscere quello che le nostre
belle testoline
pensano, ci ritengono semplicemente inferiori e poco brillanti.
Ricordati,
alle donne non si addicono le guerre.
Noi,
però abbiamo un vantaggio, chi meglio di noi conosce la
“scienza dell’apparire”?
Mostrati più incline all’obbedienza e vedrai che
tuo padre non ti manderà via,
così come ha minacciato poco fa, appena gli ho annunciato
che la colazione era
pronta.
Tutto
è apparenza, tutto è inganno, un gioco, in cui
solo i più accorti sopravvivono,
quindi non lasciarti incantare dalla stupida moralità che ti
hanno insegnato in
quel collegio, e impara l’arte della
dissimulazione.”
Ascoltai
questo bizzarro discorso, disgustata.
La
repulsione verso questa donna, che stava cercando di insegnarmi a
“sopravvivere”, era insopportabile.
Più
la guardavo e più associavo al suo viso, che avevo
considerato solo un po’ anonimo,
un grande ribrezzo.
Non
ero una sciocca idealista, convinta che il mondo fosse buono e che mi
avrebbe
preservato da ogni pericolo, ma non mi sarei mai abbassata a sporcare
la mia
morale per compiacere qualcuno.
Forzatamente
cercai di sorriderle:
“La
ringrazio, per aver fatto pulire la mia stanza.” –
mi limitai a dirle.
“Rifletti
su quello che ti ho appena detto Catherine, lo dico solo per il tuo
bene.”
Appena
uscì scoppiai a ridere, ma in che posto ero finita?
Era
stata una mattinata al limite dell’assurdo, per fortuna che
mi era rimasto
l’appetito.
Rubacchiai
in cucina qualche biscotto e mi addentrai nel giardino, per passeggiare
e
prendere un po’ d’aria.
Le
mie gambe mi condussero, inconsapevolmente, nello stesso punto in cui
per la
prima volta vidi Charles, che stava leggendo il suo libro.
E
all’improvviso, ripensando a quella dolce mattina,
così tanto diversa da questa,
fui assalita dalla folle e insensata idea di scavalcare anche io la
siepe..
Sì,
lo so, è un capitolo un po’ triste rispetto ai
precedenti.
Spero
che il prossimo faccia tornare un po’ di buon umore alla
protagonista!
Ringrazio
chi segue la mia storia e chi ha recensito !
A
prestooo