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Autore: Averyn    31/12/2012    2 recensioni
COSA SAREBBE SUCCESSO SE HARRY POTTER AVESSE SCELTO DI MORIRE?
Mentre Silente evocava le sei fiale sul tavolo della cucina, Harry guardò ciascuna di esse con disgusto.
Gli avrebbero procurato i turbamenti che aveva sofferto la prima volta?
“Devi berle. So che ora tutto ti apparirà confuso…”
“Io voglio delle risposte adesso!” s’impuntò Harry. “Perché mi sta facendo vedere le immagini dei miei sogni? Che cosa a che fare, con me?”
Silente lo guardò. “Ha tutto a che fare con te. Ma non posso spiegarti meglio di così. Sono tuoi percorsi, che sto cercando di decifrare meglio che posso con te, formulando teorie e ipotesi…”
QUARTO CAPITOLO DELLA SERIE 'CICATRICE, SEGUITO DE 'IL PRESCELTO, 'L'EREDE' E 'L'INIZIO'. spero che vi piaccia!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Harry/Hermione, Luna/Ron
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cicatrice'
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Note dell'Autrice: Eccoci quiii con un nuovo capitolo...scusate se ci sono degli errori, poi passerò a correggerli...questo è. Un grazie a GreenNightmare che ha messo il Prescelto fra le preferite e a tutti i lettori veterani e nuovi che si appropinquano pazientemente a seguire questa storia...vi amo tutti!
Concludo augurandovi un felice Veglione e buon 2013 a tutti voi!!!!

CAPITOLO OTTO
 
UN COMPLOTTO NECESSARIO

“Harry! Sono io, Ginny! Posso entrare?”
Harry si riprese dalle sue fantasticherie – per la verità, si era incantato a fissare Hermione e Malfoy nella piazza, presi a parlottare e a ridacchiare in quella maniera odiosa- e corse ad aprire a Ginny, che entrò fresca e sorridente nella sala comune, affollata di ragazzi e ragazze, la maggior parte in pigiama, venuti a fare gli auguri e a portare i regali.
C’era un gran baccano quella mattina, eppure Harry e Ginny, seduti l’uno di fronte all’altra, non riuscirono a spiccicare parola. Forse per via di quello che era successo la sera precedente.
Ora nel vederla Harry non riusciva ad evitare di sentire di nuovo quell’attaccamento prematuro verso di lei, come se fosse una sorta di predestinata. L’aveva sognata anche durante la notte, dove riusciva a parlarle e a ridere insieme a lei, nella stessa invidiata maniera in cui Malfoy parlava con Hermione.
E invece ora che si trovavano a pochissima distanza, lui non riusciva proprio ad aprir bocca.
“E’ stato divertente ieri” buttò lì Ginny, abbozzando un sorriso.
“Già” rispose Harry, sentendosi le guance in fiamme. Il suo sguardo si posava sui ragazzi attorno a loro, evitando di guardare Ginny.
Il problema era che si erano baciati. Non sapeva se questo facesse parte dei suoi più intimi desideri da sempre, poiché si era sentito soddisfatto anche quando aveva baciato Hermione; il punto era che lui proprio non riusciva a capire come funzionassero queste cose. Aveva la sensazione che i tempi fossero corsi un po’ troppo, e accadevano troppe cose allo stesso tempo, e lui non si sentiva pronto, per nulla.
“Io....ehm…ti ho portato dei regali” disse Ginny, un po’ rossa in volto, estraendo dalla sacca un piccolo regalo.
Harry lo prese fra le mani tremolanti, e lo scartò, pieno di senso di colpa. Lui non ce l’aveva, il regalo.
Il pensiero di Ginny consisteva in un piccolo diario con il dorso cambia colore; in quel caso, era cambiato da un blu intenso a un rosso fuoco.
“E’ a seconda dell’umore” spiegò lei, esitante, fissando con intensità le mani di Harry, “questo significa che…sei…” non finì la frase, perché anche lei avvampò.
“Beh, grazie” disse piano lui. “E’ veramente…”
“Questo è da parte di Hermione” lo interruppe Ginny, estraendo un secondo regalo e tendendoglielo. “Era riluttante a dartelo, in verità, alla luce di quello che è successo ieri. Ma….vedi, ho insistito perché ormai l’aveva comperato, e sarebbe stato brutto non dartelo”.
Harry lo spacchettò, ammirando una maglia verde bottiglia con ricamature in oro con scritto il nome della scuola.
“Dovrebbe essere della tua misura” osservò Ginny. “E sicuramente sta meglio a te che a Malfoy”.
Harry sentì un groppo alla gola.
“Voleva darla a lui?” chiese, senza fiato.
“Sì” rispose Ginny, sprezzante. “Ma se l’avesse fatto, non le avrei parlato per tutta la vita. Sai, non la capisco proprio. Le piace da sempre, ma non ho mai capito perché”.
Harry fece finta di non aver sentito.
“Ginny, sono….magnifici.” commentò, scoccando un’occhiata triste al diario e alla maglia.
Ginny sorrise, comprensiva. “Non importa se non hai nulla. A me almeno non importa. Del resto, ho fatto il regalo solo a te e a Hermione e non credo che ne riceverò alcuno da Neville”.
Harry la guardò, perplesso. “Cosa vuol dire?” chiese.
“Abbiamo rotto” rispose Ginny scrollando le spalle “molto tempo fa. Sempre che quella che avevamo potesse definirsi una relazione. Insomma… non è pronto per queste cose, e abbiamo deciso di piantarla non appena ci hanno smistato in scuole diverse”.
Il cuore di Harry fece un balzo e cominciò a battere all’impazzata; non sapeva se definirla felicità oppure tristezza.
“Mi…mi dispiace” fece, piano.
“Non fa niente” sospirò Ginny, poi si alzò e fece per uscire. “Devo andare” spiegò, “devo darmi una sistemata e correre in biblioteca da Hermione. Mi fa ripetizioni”.
“Oh, beh…va bene” disse Harry, sentendosi un po’ triste. “Dai un calcio a Malfoy se lo vedi, va bene?”
Ginny fece una risatina prima di lasciare la torre maschile.
 
Harry tornò in camera sua, ed estrasse la lettera che doveva spedire a Frank.
Stringendola in un pugno, decise che era arrivato il momento di dover andare in Guferia.
Così strappò un pezzo di pergamena e scrisse due breve righe, in aggiunta alla lettera che doveva spedire.
 
Cari Frank, Neville, John e Richard,
Buon Natale! Come avete passato la vostra vigilia?
Spero mi raccontiate tutto presto. La mia è stata decisamente orribile – ma ve lo racconterò un’altra volta. Vi allego invece questa lettera – quella che dovevo mandarvi il mese scorso, che non ho fatto in tempo a spedire, e che è diretta a Neville e Frank ed è di vitale importanza.
 
Harry
 
Avrebbe proposto a Ginny di accompagnarlo, ma quando s’affacciò alla biblioteca notò come fosse impegnata con Hermione, che voleva assolutamente evitare, così decise di andare da solo.
Salì le scale della Guferia, sentendosi sempre più disorientato.
Aprì la porta stancamente,  e proprio mentre stava per prendere Arnold, sentì una fitta alla testa, tutto gli si oscurò e cadde.
 
Con la testa che gli girava, aprì gli occhi, e scoprì con orrore di essere pieno di fuliggine, e sentiva vari punti del corpo doloranti; doveva essere pieno di lividi.
Si rimise in piedi, reggendosi gli occhiali rotti sul naso. Era completamente solo e non aveva la più pallida idea di dove fosse. Poteva dire soltanto che si trovava sulla pietra del camino e di quello che sembrava un negozio per maghi, debolmente illuminato…di sicuro, non si trovava nella Guferia.
In una teca di vetro c’erano una mano avvizzita, appoggiata su un cuscino, un mazzo di carte macchiate di sangue e un occhio di vetro che lo guardava fisso. Dalle pareti, maschere dall’espressione maligna sembravano spiarlo, sopra un bancone era accatastato un assortimento di ossa umane e dal soffitto pendevano strumenti arrugginiti e acuminati. Ma la cosa peggiore di tutte era che la strada stretta e buia che Harry intravedeva attraverso la vetrina polverosa gli ricordava la via oscura di Diagon Alley.
Prima usciva di lì e meglio era. Con il naso ancora dolorante nel punto in cui aveva sbattuto con la pietra del focolare Harry si affrettò a raggiungere silenziosamente la porta, ma era appena a mezza strada quando, dall’altra parte del vetro, apparvero due individui…uno dei quali era l’ultima persona  che Harry spaesato, coperto di fuliggine e con un paio di occhiali rotti sul naso avrebbe voluto incontrare in quel momento: Draco Malfoy.
 
Harry aprì debolmente gli occhi mentre sentiva la porta aprirsi e qualcuno entrava nella Guferia.
Sollevando debolmente le palpebre, si accorse che era proprio una testa biondo quasi bianca, che identificò per quella di Malfoy, a fare capolino dentro la Guferia. Per fortuna Harry si trovava in penombra e l’altro non l’aveva visto, così filò a nascondersi dietro le casse di cibo per gufi.
Fu con il fiato sospeso che Harry lo spiò scegliersi un gufo e tirare fuori da sotto il mantello una lettera.
Malfoy aveva un viso corrugato e serioso, piuttosto concentrato. Sembrava stesse trattenendo le sue emozioni, ma non ce l’avrebbe fatta per molto.
Harry poteva giustificare quel comportamento: di certo fingere di volere bene a qualcuno che si odia non doveva essere proprio una passeggiata.
Malfoy legò alla zampa del gufo la sua missiva, e poi lo spedì oltre la finestra della Guferia.
Harry trattenne il fiato finché non uscì, ma fu proprio quando stava per aprire la porta che Harry inciampò per via di un topo e tirò un singhiozzo.
Malfoy si bloccò e controllò intorno a se, allarmato, tirando fuori la bacchetta. Poi Harry si rannicchiò, tappandosi la bocca e il rauco che aveva in gola.
Malfoy sembrò sempre più spaventato, e fu con uno sbattere d’ali di un gufo che corse via lasciando la porta aperta.
Harry emerse da dietro le casse e strisciò fuori dal nascondiglio.
Prese la lettera, e con decisione la legò alla zampa di Arnold, pieno di pensieri.
“Fai il bravo, d’accordo?” disse salutando il gufo, carezzandolo sotto il mento con amore.
Tuttavia si accorse appena della scomparsa dell’uccello fra le nubi.
 
Hermione e Malfoy non sembravano essere  andati mai così d’amore e d’accordo.
Harry si annoiava, aspettando Ginny, all’ora di cena, fissandoli come un programma televisivo.
Malfoy sembrava piuttosto diverso da quello che aveva visto non solo quella mattina in Guferia, ma in tutti gli anni precedenti; era così amorevole con lei, in quel modo così forzato, e tuttavia così apprezzato dalla sua amica, che era palesemente una recita.
“Sono in ritardo?” salutò Ginny, mettendosi seduta davanti a lui e coprendo quello spettacolo raccapricciante.
“Non molto” rispose Harry, tranquillizzandola, tuttavia lo sguardo fisso oltre la sua schiena.
Ginny lanciò a Malfoy e a Hermione un’occhiata di disapprovazione.
“Non credo di aver mai visto una cosa tanto orrenda” commentò, disgustata.
“Neanche io” convenne Harry, cercando di concentrarsi sul suo salmone affumicato.
Ginny gli scoccò un’occhiata rammaricata. “Capisco quanto ti dispiaccia…insomma, c’era parecchia intesa fra voi due…soprattutto per quel…verme”.
Harry e Ginny si guardarono per lunghi, lunghissimi attimi. Probabilmente, rivedendo in lei la donna che sarebbe stata, Harry l’avrebbe baciata in quell’esatto istante, ma fu ben altro quello che gli balenò in testa.
“Ginny, credo di doverti aggiornare su qualche novità”. Ginny alzò lo sguardo su di lui, gli occhi che le brillavano. “Si tratta di loro, e ha a che fare in modo spiacevole anche con me. Con tutti noi” continuò, abbassando il tono della voce.
“Va bene” annuì Ginny, “ma qui non è sicuro. Ne parliamo in biblioteca. E’ molto grande, non credo che ci vedranno”.
 
Il giorno dopo, con la scusa di dover approfondire certi argomenti, Ginny si fece trovare da Harry in biblioteca per le dieci e mezza.
Harry non si era mai sentito così felice di vederla come quella mattina; finalmente sarebbe riuscito a levarsi quel groppo che aveva allo stomaco, che gli impediva di esplodere e di abbandonarsi completamente.
Ginny era nella seconda parte della biblioteca, seduta a un tavolo all’estremità delle mura, tra due scaffali. Era ben nascosto, proprio il luogo ideale per una confessione.
Ginny s’accorse presto della sua presenza. Si  voltò nella sua direzione, e quando lo notò lo salutò con un sorriso. Harry rispose di rimando con un nervoso cenno del capo, prima di sedersi in gran fretta davanti a  lei.
“Sei proprio sicura che non compaiano all’improvviso?” chiese Harry stridulamente.
“No” rispose serena l’altra, “sono andati a fare compere. Allora, cos’era che volevi dirmi?”
Harry fissò le mani, che s’agitavano sul tavolo come in preda ad un tic.
Il risultato fu un lunghissimo silenzio, pieno d’imbarazzo.
Al momento della verità, Harry non poté negare di trovarsi in serie difficoltà; ora doveva riporre in Ginny tutta la sua fiducia e, per quanto affidabile fosse, non era Hermione.
Forse non lo sarebbe mai stata.
“Sono qui” disse Ginny, i grandi occhioni scuri che lo osservavano, in attesa che parlasse.
Harry le prese automaticamente le mani e le strinse, e un attimo dopo esitò di nuovo. Era un gesto che non gli apparteneva. Non sapeva che cosa aveva fatto.
Ginny lo guardò intensamente, tuttavia non sembrava né sbalordita né spaventata.
L’espressione era quella fiera e risoluta, che aveva acquistato in quei mesi di difficoltà e di settimane passate insieme. Sì, doveva ammettere che dimostrava di più della sua età, e non era solo l’ombra della ragazza matura che sarebbe stata, i suoi occhi lo dicevano.
Harry ebbe la sensazione, mentre i loro visi si studiavano, di sentirsi anche lui nell'anima molto più vecchio della sua età biologica, che avesse vissuto tante avventure – più di quelle che aveva vissuto da quando era arrivato a Hogwarts due anni prima-  ed era ora costretto in un corpo così piccolo, gracile ed impreparato alle avversità. Aveva bisogno di un amico, soprattutto in quel momento in cui la sua persona di riferimento l’aveva abbandonato. Doveva fare qualcosa.
Ginny gli strinse la mano, e Harry si sentì a casa.
Cominciò a parlare, aggiornandola sugli ultimi eventi, come il suo ultimo sogno, quello che era successo la sera del ballo e dei sospetti su Malfoy.
Harry si sentiva via via più leggero.
Ginny lo seguiva serena, sorbendosi tutto quello che aveva visto e fatto; forse, ora che era arrabbiato, il racconto era ancora maggiormente dettagliato rispetto ai soliti che faceva con Hermione.
“Quindi hai ingerito le pozioni perché eri arrabbiato con Hermione” constatò Ginny, quando il compagno ebbe finito “e ti sei fatto non male, peggio. Però sono contenta del tuo miglioramento; almeno non impazzisci in mezzo alla folla”.
Poi avvicinò il volto al suo, e abbassando la voce aggiunse: “Credi davvero che Malfoy centri qualcosa con questa storia? Voglio dire, alla luce della tua gelosia…” Harry emise un grugnito che però lei non diede segno di notare, “ sei totalmente sicuro che quei due non si piacciano?”
Harry e Ginny si guardarono per un momento, considerando l’ipotesi.
“Impossibile” dissero all’unisono, scuotendo il capo rassegnati e allo stesso modo.
“Almeno, non da parte di Malfoy” precisò Harry, “si vede fin troppo bene che sta fingendo”.
“Sì, beh, ad ogni modo” sorvolò Ginny, “questa situazione non piace neanche a me, e prendendo in considerazione quello che mi hai detto, al posto tuo non la penserei diversamente”.
Harry batté un pugno sul tavolo, sentendosi appoggiato dall’amica e allo stesso tempo arrabbiato con Hermione. “Quanto è cocciuta! Se solo capisse… Hermione non vuole vedere la verità, è solo questo…è così intelligente!”
Ginny tenne gli occhi bassi, un’espressione furba che si dipingeva sul volto.
“Beh, aspetta, forse…forse un modo ci sarebbe!” disse lei, titubante.
Harry la guardò in attesa, il cuore che gli batteva forte.
“Forse dovremo fare quello che ha fatto lui a te….se riuscissimo a rubare una delle sue lettere…” cercò di dire, per poi rivolgersi al compagno in attesa di una risposta.
Harry si bloccò; gli sembrava un’ottima idea, ma un secondo dopo averlo pensato gli vennero in mente dei dubbi. Sarebbe stato giusto ripagare Malfoy con la stessa moneta in cui aveva agito per metterlo in cattiva luce? D’altro canto, non vedeva via d’uscita…
“Credo che possa andare bene” approvò, anche se non pienamente convinto.
“D’accordo” disse lei. Poi seguì un'altra pausa di silenzio, Ginny che si arricciava  la ciocca rosso fiamma fra le dita e Harry che si tormentava le pellicine delle unghie; sentì la mente leggermente annebbiata.
“Direi che ci serve un piano” cominciò Ginny, risvegliando la sua attenzione.
“Oh sì, anche io mi chiedo cosa contenga l’uovo” convenne Harry, e dall’espressione di Ginny si rese conto di aver detto qualcosa che non c’entrava nulla.
“Scusami, credo che sia l’effetto delle pozioni” spiegò, un po’ imbarazzato. L’ultima volta che dalla sua bocca erano uscite parole che erano collegate alla sua vita parallela, aveva nominato qualcuno di nome Fierobecco.
Si schiarì la voce, pregando con tutto se stesso che il calore sulle sue guance si dissolvesse.
“Dunque, credo che faremo così…io…cercherò di stare dietro a Malfoy, in modo che non se ne accorga e tu…tu prova a tenere Hermione distante da Malfoy, magari riusciremo a…”
“Ma come è possibile, Harry? E’ lo stesso piano di Malfoy, che a essere sinceri non è così geniale; ha funzionato solo per via della tua sbadataggine. E Hermione è intelligente, capirà subito che li stiamo tenendo divisi perché abbiamo in mente qualcosa…” obiettò Ginny interrompendolo, gli occhi stretti su di lui.
Harry si sentì smarrito per un momento, la mente che cercava di ricostruire un piano alternativo.
“Beh allora…faremo in modo di avvicinarci noi a loro…tu cerca di interessarti al loro rapporto, con maggiori informazioni possibili. Poi ci incontreremo e…e ci diremo quello che abbiamo scoperto” riferì.
“Ma tu come farai, Harry? A me può anche confessarmi tutto quello che le passa per la testa, ma non credo proprio che Malfoy lo farà con te” osservò Ginny.
Aveva ragione. Come fare? Diventare amico di Malfoy, no sicuro; c’erano troppi screzi e differenze fra loro per poter creare un’amicizia – sbalorditivamente Malfoy e Hermione c’erano riusciti, ma tutti e due avevano un interesse dietro, perciò non contava molto.
Doveva quindi trovare un sistema alternativo; cercare di prendere la lettera…
“Non credo che Malfoy faccia leggere a Hermione la sua corrispondenza” commentò Harry, a voce alta.
Ginny scrollò le spalle. “Beh, certo,  altrimenti a che servirebbe il piano?” chiese.
“Sì io…cercherò di sfilargli la lettera il meglio che posso…Potrei…Potrei…”
E fu allora che gli venne in mente l’idea, proprio quando incrociò lo sguardo di Ginny.
Automaticamente Harry le prese le mani, e le strinse.  Si sentiva bene, come se avesse trovato la soluzione a tutti i problemi.
“Forse ho l’idea, Ginny! Ma fino ad allora, devo avere almeno un qualche segnale da parte di Malfoy o di una qualche risposta da parte di chiunque con cui sia in contatto. Intanto, tu cerca di interrogare Hermione il più possibile, portala a fare…un giro, si un giro! E poi mi racconterai tutto, va bene?”
 
Erano passati due giorni dalla fine del Natale, e già si parlava della fine dell’anno. C’era un grande chiacchiericcio, anche se  da quello che aveva capito non ci sarebbero stati grandi banchetti, né un altro ballo (il solo pensiero faceva rizzare i peli sulle braccia di Harry).
Il ventotto dicembre, Harry decise di dirigersi in Guferia per controllare che la lettera fosse arrivata.
Doveva sapere cosa avrebbe risposto Neville. Era arrivato ai piedi della torre della Guferia, che per poco andò a sbattere contro Hermione.
“Oh…ciao, Harry!” fece lei, arrossendo di colpo.
Lui la ignorò e andò oltre.
“Harry! Aspetta, dobbiamo parlare! Fermati!” continuò lei, afferrandogli un braccio.
Harry si districò dalla presa, evitandole di guardarla in faccia, e continuò a salire le scale.
Non gli importava se l’avrebbe seguito; non le avrebbe dato la soddisfazione di girarsi.
 
“Nessuna risposta da parte di Neville?” chiese Ginny, mentre s’imburrava il pane, più tardi a pranzo.
“No” rispose tristemente Harry. “Hai saputo qualcosa da Hermione?” chiese poi.
“Sì” confermò lei, “ci incontreremo più tardi; dice che deve acquistare dei volumi e ha bisogno della mia presenza in modo assoluto. Chissà di cosa dovrà parlarmi…”
Harry grugnì, tornando alle sue verdure controvoglia. “Probabilmente di Malfoy”.
“Io non credo” ribatté Ginny, sorridendo timidamente e lanciando una breve occhiata alle spalle di Harry.
Il ragazzo si voltò e dietro di sé incrociò lo sguardo di Hermione, che gli fissava la schiena in maniera malinconica. Era da sola, e sul tavolo aveva aperto un libro.
Harry si chiese mai dove potesse essere Malfoy; ma l’aveva appena pensato, che quello arrivò e si sedette accanto a lei, l’aria frustrata; Harry si girò immediatamente, ma tenne le orecchie ben aperte per sentire la conversazione. Ginny continuava a mangiare, ma dalla sua espressione capì che stava ascoltando.
“Che hai?” chiese Hermione a Malfoy, preoccupata.
“Non ho niente” rispose lui, contrariato. “Continua a mangiare, va bene?”
Seguì un momento di silenzio. Harry incrociò lo sguardo di Ginny, che rifletteva la sua tensione. Sapevano entrambi che Hermione aveva assunto un atteggiamento ancora più apprensivo.
“No” la sentirono infatti entrambi ribattere vigorosamente, “non lo farò. Ci frequentiamo da una settimana, e fino ad adesso mi hai sempre detto tutto. Ora…ora è da due giorni che sei strano, che sei…sei cambiato, e ti vedo così poco! Vorrei sapere cosa ti turba. Io posso aiutarti!”
“No che non puoi aiutarmi” ringhiò Malfoy, frustrato, “Nessuno può.  Sono impegnato.”
“Se solo mi dicessi quello che ti assilla, io potrei” insisté Hermione, pazientemente, “l’ho fatto con Harry per anni, gli sono stata accanto…io credo che…”
“Beh, io non sono Potter, d’accordo? Credi davvero di riuscire a risolvere i problemi di tutti? Lasciami in pace” sbottò Malfoy.
“E’ visibilmente scandalizzata” bisbigliò Ginny a Harry. Il ragazzo si girò leggermente, giusto il tempo di intravedere con la coda dell’occhio il viso agitato della loro compagna.
“Draco” sospirò Hermione “se tu non vuoi parlare, va bene. Ma sappi che io sono qui, e che se hai bisogno di me…”
“Io non ho bisogno di nessuno” rispose acidamente lui e,  sollevato lo sguardo, si accorse dell’attenzione che Harry e Ginny riservavano alla scena. Così s’alzò e s’allontanò da Hermione, che lo guardava, senza capire.
“Oh…d’accordo” commentò, ferita, gli occhi lucidi.
Come passò accanto al loro tavolo, Malfoy riservò un’occhiataccia a Harry e Ginny. Tuttavia non aggiunse nient’altro e, con viso cupo, uscì dalla Sala da Pranzo.
Harry si sentì libero di girarsi completamente verso Hermione, ora, che stavolta però non sembrava guardarlo. L’espressione era confusa, anche se si ostinava a concentrarsi sul suo libro, inutilmente.
“Dobbiamo assolutamente risolvere questa situazione” commentò poi, rivolto a Ginny. “Cercherò di pedinare Malfoy il più che posso, troverò un espediente. Tu, intanto, parlale, convincila a confidarti con te. È fondamentale, ora più che mai”.
 
Quel pomeriggio Harry ragionò su quando attuare il suo piano; in quel momento Malfoy era in camera loro, forse a leggere la lettera di risposta.
Nel momento in cui scese e uscì silenziosamente dalla sala comune, Harry salì nella stanza.
Si diresse al comodino di Malfoy, e aprì i cassetti per vedere dov’era la lettera.
Ma dentro non v’era nulla. Certo, che sciocco che era stato! Probabilmente non avrebbe mai deciso di nascondere lì la lettera, se pensava che qualcuno avesse voluto scoprire la sua corrispondenza, oltretutto perché l’unica chiave per i cassetti l’aveva Harry.
Doveva cercare altri indizi. Forse aveva nascosto la lettera nel baule, o forse no, ma era probabile che avrebbe trovato sicuramente qualcosa di interessante da mettere lì dentro, se stava progettando un piano maligno.
Allora si dedicò al baule. Puntò la bacchetta che aveva nella tasca dei pantaloni al lucchetto, mormorando: “Alohomora”.
Il baule si aprì con un click, e la catena finì subito in terra.
Il cuore di Harry cominciò a battere per l’emozione. Finalmente avrebbe scoperto i piani di Malfoy!
Sollevò il coperchio leggermente. L’interno rivelava vesti di mago, un set di boccette d’inchiostro, quattro piume, cinque pergamene e un diario.
Interessato, prese il diario…ma aveva appena cominciato a sfogliarlo che sentì dei passi dietro la porta. Subito quindi lo chiuse e lo lanciò sotto il letto di Malfoy, richiudendo il baule di scatto.
Poi, con il cuore che andava all’impazzata, si buttò sul suo letto, fingendo di dormire.
Malfoy si rivelò sulla soglia. Entrò senza parlare – anche se Harry sentiva chiaramente il suo sguardo addosso- e sentì i suoi passi che andavano verso il baule.
Il cuore di Harry batteva sempre più forte, i muscoli gli si tendevano per l’ansia.
“Senti un po’, Potter” fece Malfoy, con tono inquisitorio. “Sai per caso perché il mio bagaglio è aperto?”
Harry non rispose.
“Potter, credo di averti fatto una domanda” continuò tagliente il compagno.
Harry lo ignorò, finché non udì dei passi e qualcosa di pungente sulla gola.
“Potter, devi spiegarmi perché il mio baule è aperto. Adesso”.
Harry fece finta di svegliarsi solo in quel momento, accorgendosi di un Malfoy che gli puntava la bacchetta alla gola.
“Io non so proprio niente” rispose Harry, cercando di darsi un’aria disinvolta. “Forse l'hai lasciato così prima di uscire. O forse, qualcuno è entrato mentre dormivo”.
Malfoy fece una breve risata amara. “Non penso. Sai, ho ragione di credere che sia stato tu a rovistare fra le mie cose, data la tua capacità di farti gli affaracci di chiunque”.
Harry sostenne il suo sguardo gelido; non voleva che Malfoy leggesse sul suo volto la colpevolezza. Anzi, era l’ultima cosa che desiderava al mondo, perciò disse a se stesso di restare calmo, anche se non era per niente facile.
“Non so proprio di cosa tu stia parlando” ripeté, sempre con tono calmo. “E in ogni caso, anche se volessi sarei più che giustificato”.
Malfoy fece un sorriso vittorioso, inaspettatamente ritirò la bacchetta e la mise nella tasca.
Poi tornò alla porta.
“Al contrario di te, Potter, io sono molto, molto più furbo” sentenziò. “Ti tengo d’occhio”.
Grazie al cielo non aveva visto cosa mancava dentro il baule!
 
  
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