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Autore: SofiDubhe94    01/01/2013    9 recensioni
Finnick Odair aveva diciannove anni.
Annie Cresta diciassette, ma Annie Cresta era stata sorteggiata per la Settantesima Edizione degli Hunger Games.
Finnick Odair avrebbe dovuto farle da mentore, riportarla a casa: VIVA.
Questo è Panem. Questo è il Distretto 4.
Questa è la storia di come Annie Cresta tornò a casa.
Felici Hunger Games e che la fortuna possa sempre essere a vostro favore.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Cresta, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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FINNICK ODAIR. CAPITOL CITY: MEGLIO MORTI CHE ME
Meglio essere morti che essere me. Meglio essere morti che essere schiavi di un potere corrotto. Meglio essere morti che chiamarsi Finnick Odair.
Mia madre mi ripeteva sempre che la mia bellezza mi avrebbe aiutato nella mia vita. Mi ha aiutato a diventare uno schiavo, un oggetto, ecco cosa ha fatto. Passo di mano in mano, di amante in amante.
Questa è vita?
Annie Cresta è stata la mia luce, ma adesso anche questa verrà spenta dalle brutalità degli Hunger Games.
In questo letto sono sommerso dai cuscini e sono stanco, spossato, affranto. Almeno lei era una donna. Mi giro su di un fianco e le ferite sulla schiena tirano, alcune devono anche essersi riaperte. Dannazione. Mi fa male tutto e non so nemmeno se riuscirò ad alzarmi oggi. Vorrei vomitare, mi aiuterebbe ad espellere il disgusto per me stesso che sto provando ora.
Meglio essere morti che odiarsi come mi odio io, meglio essere morti che essere me.
Allungo una mano verso la testiera del letto e quando la trovo mi ci aggrappo per mettermi a sedere. La testa mi gira terribilmente. Ma cosa diavolo mi hanno fatto?
Sento i conati di vomito prendermi lo stomaco, ma io posso avere più autocontrollo di così. Prendo un profondo respiro e chiudo gli occhi. Devo calmarmi, alzarmi, vestirmi e tornare a prendermi cura di Annie da lontano. Ha ritrovato James e lasciato i Favoriti – che come temevo la stavano solo usando per i loro scopi – ne sono proprio felice. Ora sono insieme, hanno un rifugio e sopravvivranno ancora un po’. Sono sollevato, adesso Annie ha una possibilità in più di vincere i giochi.
James me lo ha promesso, quando l’ho accompagnato all’hovercraft che lo ha condotto fino all’arena. Mi ha detto che l’avrebbe aiutata a vincere. Non so se siano ancora queste le sue intenzioni ma è proprio quello che spero.
I conati sono passati anche se, ne sono sicuro, prima che venga sera vomiterò di certo. È quello che mi capita quando sono particolarmente schifato da me stesso.
A fatica mi alzo dal letto, avvolgendomi il lenzuolo attorno alla cintola, quindi entro in bagno. La prima cosa che mi salta agli occhi e mi stupisce è la vasca, una enorme vasca nera che potrebbe contenere tranquillamente almeno tre persone. È un bagno elegante e straordinariamente sobrio per appartenere ad una cittadina di Capitol City.
Sopra al lavandino c’è un ampio specchio. Vedo il mio viso. Bello, meraviglioso, quasi etereo, come appartenesse al personaggio di un sogno finito troppo presto. Eccola qui, la bellezza che avrebbe dovuto aiutarmi, come diceva sempre mia madre. Ho i suoi occhi verdemare, grandi e brillanti, sembrano inghiottire tutto ciò su cui si posano; ho però i capelli di mio padre, color del bronzo, arruffati, sempre ribelli. Il mio volto ha tratti giustamente armoniosi che non mancano tuttavia della dovuta virilità, il mio sorriso poi è così seducente. Che dire allora del mio fisico, atletico, prestante, sembra scolpito nell’alabastro.
Mi odio.
Non merito di vivere. Non merito nemmeno di essere amato. Quando alzo di nuovo lo sguardo sul mio riflesso le lacrime solcano il mio viso. Cosa sono ora? Un bambino. Un angelo. O una vittima?
Perché mai ho deciso di sopravvivere agli Hunger Games, cinque anni fa? Perché mai non mi sono fatto uccidere? Ora sarei libero. Per la prima volta in tutta la mia vita.
Sento di nuovo i conati di vomito attanagliarmi lo stomaco. Ma non posso vomitare. Sono due giorni che non faccio altro se non vomitare e ho mangiato così poco. Non mangio proprio per non vomitare.
Prendendo un altro respiro torno in camera e mi rivesto velocemente. Non voglio passare un minuto di più in questa casa.
Passando dalla cucina per uscire lascio un biglietto sul tavolo – grazie per i tuoi segreti. Finnick Odair – accompagnandolo con tre zollette di zucchero bianchissimo. Mi infilo la quarta in bocca mentre esco.
Sono la persona più anonima della città, con i miei pantaloni scuri e la semplice camicia bianca, ma non passo mai inosservato. Tutti quanti mi conoscono bene qui. Cammino lentamente sulla strada che mi porterà fino all’appartamento del Distretto 4, dove Eve mi avrà aspettato sveglia tutta la notte, dove Marcus e Marzia staranno già seguendo gli Hunger Games.
Sospiro. Fosse per me prederei il primo treno per il mio Distretto e là rimarrei, persino per sempre. Ma non posso farlo, perché Annie non ce la farebbe senza il mio aiuto o, se anche dovesse farcela, il Presidente Snow si vendicherebbe poi su di lei. E se qualcuno dei due deve proprio soffrire, allora meglio che sia io.
Come attraverso la porta di ingresso Eve mi getta le braccia al collo e comincia a singhiozzare. Ricambio l’abbraccio e quasi di peso la trascino fino in salotto, chiudendomi la porta alle spalle, quindi la costringo a lasciarmi e a sedersi sul divano.
            “Dove sei stato?” mormora.
            “Non costringermi a dirtelo, Eve, lo sai benissimo” rispondo duramente, lanciandole uno sguardo bieco.
            “Finnick, devi smetterla!” sussurra “Ti prego! Avevi promesso ‘non durante gli Hunger Games’!”.
            “A volte alcune promesse proprio non possono essere mantenute, Eve” dico “Adesso, se vuoi scusarmi, mi vado a lavare e poi torno ad occuparmi di Annie”.
Eve non aggiunge altro, quindi entro nella mia stanza e chiudo la porta a chiave. Solo. Ho bisogno di stare solo adesso. Mi lascio cadere a peso morto sul mio letto e cero un’altra zolletta di zucchero nelle tasche dei pantaloni; quando la trovo la mangio, tenendola in bocca fino a che non si scioglie completamente. Zollette di zucchero, la mia vera passione. Eve dice sempre che mi verrà il diabete se non smetto di mangiarne una dietro l’altra. Cosa importa? Mangiare zollette di zucchero mi fa sentire libero anche se non lo sono.
Zollette di zucchero e segreti sono la vera essenza di Finnick Odair, chiunque potrebbe affermarlo senza problemi.
Avevo quattordici anni quando Eve estrasse il mio nome alla Mietitura della Sessantacinquesima Edizione degli Hunger Games. Quella Mietitura mi sembra così lontana. Quattordici anni e già una bellezza mozzafiato. Mai nessun Tributo, in tutta la storia degli Hunger Games, ha ricevuto tanti doni quanti ne ho avuti io, compreso quel tridente dorato che mi guarda, appeso al muro della mia casa nel Distretto 4.
Avevo tanta paura e tanta voglia di tornare dalla mia famiglia. Così ho ucciso in maniera a dir poco spietata, oh ero proprio come un dio, splendido e crudele, oh quel tridente dorato tra le mani mi faceva sentire come se il mondo intero fosse ai miei piedi, oh uccidere era diventato bello per me, un vanto. Così sono tornato. E tutto, tutto quanto è andato peggiorando.
A quattordici anni ero già innamorato di Annie e quell’anno, quando lei ne aveva dodici, temevo che il suo nome sbucasse fuori assieme al mio. Da quando poi sono diventato un Mentore ho tremato di più ad ogni Mietitura, temendo che quel nome prima o poi sarebbe scappato fuori dall’urna.
Annie Cresta.
Le parole che mi hanno salvato.
Sussulto quando mi accorgo che qualcuno sta bussando violentemente alla mia porta.
            “Che c’è?!” grido infuriato.
            “Finnick, ti conviene venire di là” è Marcus e la sua voce trema.
            “Voglio stare solo” sibilo.
            “Finnick. Siamo al gran finale”.
Senza nemmeno accorgermene sono davanti alla porta e l’ho aperta. Sto piangendo senza saperlo e Marcus, di fronte a me, ha gli occhi lucidi e le guance rigate dalle lacrime.
Il gran finale.
L’ultima battaglia di Annie Cresta.


BACHECA DELL'AUTRICE: ci siamo, lo avete capito anche voi vero? Dal prossimo capitolo sarà tutta azione-e-pazzia, e non avete idea di quanto io sia triste. Spero che il capitolo vi piaccia e che vi lasci quel senso di amarezza e disperazione che pervade Finnick in questo momento. Spero non mi odierete prossimamente e vi ringrazio per essere arrivati fin quaggiù a leggere. Amo sempre quando recensite, mi piacerebbe che più persone avessero il coraggio di farlo, perché i vostri consigli, le vostre critiche e i vostri complimenti sono per un momento importantissimo di crescita. Sempre e comunque. Mi auguro che queste mie parole vi spingano a recensire di più.
Ringrazio in ogni caso chi ha letto, chi ha recensito, chi ha messo la storia tra le seguite/preferite/ricordate.
Grazie
Al prossimo capitolo

-Sofi

  
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