CAPITOLO
TRENTASEI
“Ariel,
por favòr!!” gridò JamesRemus
attraversando
di corsa il ritratto della Signora Grassa per seguire la sorella che
correva
giù lungo le scale.
Sapeva come adesso si sarebbe evoluta la situazione: lui che la
rincorreva per
mezza scuola tentando di raggiungerla e una volta riuscitoci, se ci
riusciva,
si sarebbe dovuto mettere in ginocchio per scongiurarla di perdonarlo.
Anche se
più spesso capitava che lei riuscisse a sfuggirgli facendo
perdere le proprie
tracce, infilandosi in qualche cunicolo o passaggio.
Succedeva
sempre quando litigavano, anche se si
trattava di sciocchezze, Ariel era piuttosto permalosa. Lui
però odiava
litigare con lei, odiava litigare in generale.
Poteva non sembrare ma James era un pacifista convinto.
“Ariel,
no te enfades con migo, por favòr!” (Ariel,
non arrabbiarti con me, ti prego). Gridò di nuovo, arrivato
a metà rampa.
Contro
ogni sua aspettativa, però, la ragazza si
bloccò e si voltò verso di lui, guardandolo con
due occhi chiusi a fessura che
avrebbero potuto fulminare anche un Mangiamorte.
James
esalò un sospiro di sollievo e in due passi le
fu davanti.
“No
querìa que te enfadases conmigo” (non volevo che
ti arrabbiassi con me). Le disse il fratello. Non capitava molto spesso
che
parlassero spagnolo tra di loro, solo quando litigavano o non volevano
che
qualcun altro li capisse.
“Sòlo…”.
“Estoy
cansada con èsta historia de mì y
Harry” (sono
stanca di questa storia di me e Harry). Esclamò la bionda in
tono aspro. “La
vida es mìa y tu no tienes ningùn derecho a
decidir por mì” (la vita è mia e tu
non tieni nessun diritto per decidere per me). Si
voltò di nuovo per andarsene, però James la
bloccò per una spalla e la fece voltare di nuovo.
“Lo
sé. Es solo que… estoy preocupado por ti. No
querrìa
que sufrieses” (lo so. Solo che… sono preoccupato
per te. Non vorrei che
soffrissi).
“No
es un problema tuyo!” (non è un problema tuo).
Ariel
riuscì a divincolarsi dalla presa del fratello e, con uno
svolazzo della lunga
chioma, voltò i tacchi e si allontanò.
James
decise di lasciarla perdere. Era più ragionevole
quando sbolliva, ci avrebbe riparlato più tardi.
Tanto era sempre la solita storia: aveva tentato più volte
di parlarle della
sua relazione con Harry, di spiegarle che non andava bene, che ci
sarebbe stata
male perché loro non sarebbero rimasti lì per
sempre e che avrebbe potuto
compromettere qualcosa.
Ma Ariel non ascoltava, era cocciuta. Era convinta di sapere quello che
faceva
e detestava quando qualcuno le diceva quello che era giusto o sbagliato, quello che
doveva fare. Detestava
quando qualcuno decideva al posto suo, quando credevano di sapere che
cosa era
meglio per lei.
Era una cosa che la faceva andare fuori dai gangheri.
Fumante
di rabbia, andò a sbattere contro la spalla
di John che passava lì del tutto casualmente, ma non si
voltò nemmeno per
salutarlo.
Il
ragazzo le lanciò un’occhiata confusa, ma
capì
subito che cosa doveva essere successo, vedendo James con una faccia da
funerale in cima alle scale.
“Che
furia, ragazzi!” esclamò, non appena raggiunse
l’amico. “Che è successo?”
“Niente,
solo qualche incomprensione”. Sbuffò James.
“Litigi
famigliari? Non voglio intromettermi”. Disse
John alzando le braccia in segno di resa. Continuò a salire
le scale seguito
dal bel Black. “Mi sai dire dov’è
Charlie?”
“Credo
sia in biblioteca con Jolie”.
“Avrei
dovuto immaginarmelo”.
“Credo
che tu non sappia nemmeno che esista una
biblioteca”.
“Perché
tu sì?”
“Touchè”.
James ridacchiò.
“Comunque,
non ti preoccupare, amico”. Aggiunse Paciock
appena varcarono la soglia della Sala Comune, dando una pacca sulla
spalla dell’amico.
“Risolverai con Ariel. Sai come sono le donne, se la prendono
per niente. Un
momento prima ti dicono le cose più orrende e un attimo dopo
vengono a farsi
coccolare. Magari è anche in quel periodo del
mese”.
“Ha
parlato l’esperto”. Lo prese in giro
l’altro.
“Non
sfottere. Non sono affatto un esperto, io di
donne non me ne intendo proprio. Sono più complicate del
Distillato della Morte
Vivente. Solo che ho imparato, in un certo senso, a prenderle.
È tutta
questione di tattica”.
“Mica
sono come una partita di Quidditch”.
“In
un certo senso sì. Ci sono comunque delle regole
da rispettare quando tratti con loro, solo che poi si possono
verificare anche
altre situazioni, quelle che non ti aspetti. E possono pure essere
letali”. Concluse
con un sorrisetto malizioso. Era in vena di filosofeggiare John, quel
giorno.
“D’accordo,
Mister so – tutto – io. A proposito:
com’è
che ancora non hai adescato qualche ragazza qui?”
“L’anno
è appena iniziato, non voglio farmi una
brutta reputazione fin da subito”.
“Come
se te ne importasse qualcosa”.
“Joel!”
esclamò allora John, notando solo in quel
momento che il bel biondino era stravaccato su una poltrona, vicino al
caminetto, a leggere un libro con i piedi poggiati sul tavolino.
Il
più piccolo di casa Black gli lanciò
un’occhiata
da sopra il suo libro e non disse niente.
Se
solo anche Ariel fosse stata tranquilla e
pacifica come il suo gemello sarebbe stato più facile.
“Ma
perché lo leggi al contrario?” chiese John al
ragazzo, indicando il libro.
“E’
un Manga, idiota!”
“Ah
scusa”. Bofonchiò l’altro, ritirandosi
nel suo
cantuccio. Era meglio non toccare il piccolo Joel su quel tasto che
erano i
suoi amati fumetti giapponesi.
Poteva
anche essere tranquillo e pacifico, ma quando
si arrabbiava era peggio di Ariel.
Charlie
intinse la sua piuma nell’inchiostro nero e
continuò a scrivere il suo tema di Trasfigurazione.
Jolie, seduta davanti a lui, lanciò un’occhiata
dietro le sue spalle e sospirò.
“E’
da un’ora che quelle ragazzine là dietro ti
fissano”.
“Hum?”
il moro le mostrò una faccia perplessa e si
voltò nel punto indicatogli dalla ragazza. Ma appena lo fece
le suddette
ragazzine, del quarto o quinto anno, abbassarono subito lo sguardo e
tornarono
ai loro affari.
“Ma
che vogliono?” chiese il ragazzo tornando a
guardare Jolie.
“Ma
è ovvio, no? Probabilmente sperano che tu vada
da loro e le inviti ad uscire”.
“Cosa?!”
“Charlie,
la smetti di fare il santarellino? Non ti
accorgi che le ragazze ti sbavano dietro?”
“Ma
che dici, Jolie? Mi fissano perché sono il
figlio dell’insegnante di Pozioni. Probabilmente vogliono che
passi loro
sottobanco qualche appunto sul prossimo compito che faranno in
classe”.
La
rossina sospirò. Era inutile, Charlie non si
sarebbe accorto di nessuna ragazza che gli veniva dietro nemmeno con
una
dichiarazione scritta o una lettera d’amore. Era qualcosa che
lui non riusciva
a concepire e non sapeva dirsi se era perché aveva poca
autostima o perché
semplicemente non era interessato a loro.
Certo, anche lui poteva non avere tutti i torti, però quelle
occhiate che
lanciavano al suo fondoschiena e le risatine neanche troppo velate non
facevano
pensare a chi voleva soltanto degli appunti di Pozioni.
Se
però Silente avesse tenuto la bocca un po’
più
chiusa avrebbero avuto meno problemi, avrebbero attirato meno
attenzioni e meno
gossip. Detestava vedere quelle dita puntate contro seguite da
esclamazioni
come. “Ehi! Ma quella è la ragazza del futuro?
Chiediamole se sa come sarà il
mondo fra vent’anni”.
Sicuramente nessuno di loro avrebbe voluto sapere come è
effettivamente il
mondo fra vent’anni.
Tutti
erano rimasti a bocca aperta quando il
preside, al banchetto di benvenuto, aveva annunciato il loro arrivo ad
Hogwarts
dicendo che venivano dal futuro. Non aveva nascosto niente, nemmeno il
fatto
che fossero venuti lì per aiutare a sconfiggere Voldemort,
nemmeno i loro reali
nomi e di chi erano i figli.
E non aveva risparmiato nemmeno Ariel, rivelando la sua
identità.
James
e Sirius gli avevano chiesto che cosa diavolo
gli fosse saltato in mente. Con una rivelazione del genere metteva a
rischio
seriamente le loro vite se qualche Mangiamorte fosse venuto a saperlo.
Ma il caro professor Silente aveva risposto loro che non
c’era niente da
preoccuparsi, che lì al castello erano più che al
sicuro.
“Potresti
dir loro di smetterla?!” sbottò la ragazza
ad un certo punto, sbattendo le mani sul tavolo.
“A
chi?” fece l’amico confuso.
“A
quelle ragazzine. Le loro risatine e occhiatine
mi danno fastidio”.
“E
che posso farci? Smettila di guardarle”.
“Ma
non posso! Le ho davanti!”
“Qual
è il problema, ragazzi?” chiese ad un tratto
una voce dietro le sue spalle. John, senza farsi sentire, si era
trascinato
fino a loro e ora passava lo sguardo dall’uno
all’altra con un lecca lecca in
bocca.
“Quelle
ragazze! Continuano a fissare Charlie e a me
danno fastidio!”
John
inarcò le sopracciglia e guardò il moro in modo
strano. “Ti stanno importunando, Tappo?”
“Paciock,
non sono affari tuoi”.
“E
invece sì. Nessuno può dar fastidio al mio Tappo.
Solo io lo posso fare. Lasciate fare a me”.
Senza
che Charlie avesse il tempo di dire o di fare
niente, il biondino si allontanò dal loro tavolo per
raggiungere quello delle
ragazze.
Il moro sbatté la testa sul tavolo, già sicuro
che l’amico gli avrebbe fatto
fare una figura di merda.
Lo
osservò di sottecchi mentre parlava con le
ragazzine e loro se la ridevano di gusto per qualche sua battuta.
Almeno adesso avevano distolto l’attenzione da lui. John era
sicuramente una
preda migliore, tra tutto il loro gruppetto lui era il più
figo.
Emmie
si tolse gli Spettroccoli e li passò a Luna,
seduta accanto a lei.
“Sono
fantastici, Luna, veramente”. Le disse con un
sorriso dolce.
“Lo
so. Te li farò provare tutte le volte che vuoi”.
La bella Lovegood ricambiò il sorriso e spostò
all’altra una ciocca di capelli
che le era sfuggita dalla treccia, cadendole sulla fronte.
Rimasero
per un po’ a guardarsi, in silenzio, poi
Luna sbottò di nuovo. “Vuoi essere mia
amica?”
Emmie
spalancò un attimo gli occhi, sorpresa per
quella richiesta fatta così, come se le avesse appena
offerto una scatola di
cioccolatini.
“Certo”.
Le rispose alla fine.
Luna
le prese una mano e la guardò dritto negli
occhi color castagna. “Che bello! Non ho mai avuto
così tanti amici”.
La
piccola Lupin si sorprese di nuovo. La bionda era
proprio strana, ma strana forte. Però le piaceva, la Luna
che aveva conosciuto
lei non era affatto così.
Ad
un tratto, dietro un angolo, vide Ariel camminare
con le mani in tasca e gli occhi arrossati. Capì che doveva
aver pianto.
“Scusa,
possiamo andare
a vedere?” chiese alla ragazza accanto a lei, indicandole il
punto dove era
sparita l’altra e insieme si alzarono per raggiungere la
Black.
MILLY’S SPACE
Hola a todos!!! Come
state??
È
da un sacco di tempo che non aggiorno questa storia, lo
so, chiedo venia. Non sto neanche più a propinarvi le solite
scuse, vi chiedo
solo perdono ( e vi porgo una rosa XD)
Tiziano:
non fregarmi le canzoni >.<
Milly:
non te le sto fregando
Tiziano:
e invece sì, le nomini da tutte le parti.
Milly:
dovresti sentirti onorato.
Tiziano:
tzè u.u
James:
lasciatela stare, è pazza. Crede di star parlando
con una celebrità, voi non sapete tutte le cose che si
immagina di fare con lui…
Milly:
che stai dicendo? *reggendo una mazza*
James
*facendo finta di niente*: chi? Io? Niente, niente…
che dovrei dire?
Milly:
ah ok.
Be’, ragazzi, torniamo a noi. Che dite di questo capitolo? Lo
so, ancora non
succede niente, ma la calma c’è sempre prima di
una tempesta, no?
Dovrete sopportare ancora per un po’ questi capitoli di
passaggio, ma spero vi divertiate
lo stesso.
E
con questa vi saluto… mi trovo sempre ad aggiornare a
tarda sera. Boh ^^
Va
be’, dai..
Alla
prossima e lasciatemi qualche recensione. Anche negativa
va bene : )
Kiss,
kiss
Milly.
P.S.
oh e non scordatevi di visitare la mia pagina
facebook:
http://www.facebook.com/MillysSpace
FEDE15498:
ahahah cara… le tue recensioni mi fanno sempre morire ^^ qui
non si è parlato
di Sirius e Martha ma credo che si rifaranno nel prossimo. Eh, anche a
me
piacerebbe che un figo come lui mi venga dietro. Ma sembra che io i
ragazzi
proprio non li attiri… se non i cessi pervertiti
-.-‘’ va be’, dai, per questo
ci sono le fanfiction, no? ^^ sì, Charlie è
proprio adorabile e sembra che se
ne sia accorto anche qualcun altro ^^ chi sa che avrà detto
John a quelle
ragazzine XD Be’, spero ti sia piaciuto il capitolo e fatti
risentire… scusami
per il ritardo : ) un bacio, M.
PUFFOLA_LILY:
tranquilla, come vedi anche io sono in un mega ritardo : ) spero mi
perdonerai
: )
Eh, Martha è una ragazza cocciuta, un po’ come sua
figlia. E poi, sa il fatto
suo… chi sa come evolverà la situazione comunque.
Sirius: ma non dovresti saperlo tu? Sei la scrittrice…
-.-‘’
Milly: questo non mi rende certo onniscente. Molte volte mi invento
qualcosa al
momento, mentre sto scrivendo, eh… va be’ dai, ti
lascio, non voglio toglierti
altro tempo.
Ti mando un bacio e alla prossima : )