Fumetti/Cartoni americani > Phineas e Ferb
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Autore: bulmasanzo    03/01/2013    6 recensioni
Tutti noi sappiamo che i nostri due protagonisti sono fratellastri e che quindi non hanno gli stessi genitori. Questa storia non pretende di scoprire la verità, vuole semplicemente indagare su quei due personaggi fantasma che probabilmente nessuno nella serie vedrà mai.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Candace Flynn, Ferb Fletcher , Lawrence Fletcher, Nuovo personaggio, Phineas Flynn
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Candace stava gridando fino a farsi sanguinare la gola.

Non erano grida di rabbia, ma di terrore puro.

I suoi lunghi capelli arancioni volavano in tutte le direzioni, schiacciati dal vento gelido che le soffiava contro ogni centimetro quadrato della faccia.

Aveva un terribile fischio che le si insinuava dentro alle orecchie provocandole un dolore atroce.

La pressione le faceva strizzare gli occhi, tanto che faticava a tenerli aperti.

Il mondo le correva incontro avvicinandosi a una velocità folle, sempre maggiore.

Fu presa dalla nausea, la bile le stava salendo su per il lungo collo e lottava per uscirle dalle labbra, che lei serrò con uno scatto fulmineo della mandibola.

Inghiottì disperatamente e si aggrappò alla spranga quasi con le unghie.

Accanto a lei, Phineas non si stava divertendo di più.

Non urlava come aveva fatto lei, ma stringeva i denti, augurandosi che passasse in fretta.

Poi, in quell'orribile corsa verso la morte che sembrava non dover avere mai fine, ci fu una frenata improvvisa, per il cui contraccolpo entrambi i loro corpi vennero proiettati in avanti.

I loro visi sbatterono frontalmente contro la stessa asta di metallo che avrebbe dovuto servire per proteggerli.

Quando il fischio che la rintronava passò, riuscì a sentire un lamento sommesso.

Si voltò di scatto solo per vedere la faccia verde, dolorante e stravolta di suo fratello.

Il bambino si portò le mani a coppa sulla bocca, mentre un rivolo di sangue vivo gli colava giù per il collo. Gli occhi gli si riempirono istantaneamente di lacrime.

Candace sentiva ancora la testa che le girava violentemente e il cuore che tamburava a ritmo accelerato contro la gabbia toracica.

Non seppe mai da dove le venne la forza di alzarsi, liberare se stessa e Phineas dalle imbragature che li tenevano inchiodati a quella giostra maledetta, prenderlo tra le braccia e portarlo via.

Si stupì di quanto fosse leggero, chiunque avrebbe potuto sollevarlo senza problemi, anche qualcuno più giovane di lui.

Nonostante ciò, sentiva le proprie gambe molli che si piegavano sotto il suo peso, come fossero state di gelatina.

Lo fece sedere e si inginocchiò davanti a lui.

“Fammi vedere.” disse quando fu di nuovo in grado di articolare una frase.

Phineas allontanò le mani dal viso.

La sua bocca era piena di sangue, il labbro superiore era tumefatto e l'incisivo destro era scheggiato.

Eppure riuscì ad abbozzare una smorfia.

“Le peggiori montagne russe del mondo.” balbettò con un filo di voce impastato e tremante. “Non c'è paragone con quelle che abbiamo fatto noi in estate.”

“Potresti ripeterlo davanti alla mamma?” scherzò Candace.

Phineas ridacchiò debolmente, poi si sfiorò appena il labbro ferito con la lingua e subito impallidì per il dolore.

 

 

 

 

 

 

 

 

- - -

Non aveva aperto la porta della camera di Angelica per errore.

Si era trattato di un'azione compiuta consapevolmente e con uno scopo preciso.

Quello che non aveva previsto era che l'avrebbe sorpresa con addosso solo una leggera sottoveste rosa trasparente, seduta comodamente a gambe aperte su uno sgabellino di fronte a un enorme specchio incorniciato al tavolo dei trucchi, mentre si toglieva uno per uno i bigodini dalla testa.

Lei si accorse immediatamente della sua irruzione e si alzò di scatto, voltandosi a fronteggiarlo. Aveva già visto che si trattava di lui per via del riflesso dello specchio.

Ma se anche non lo avesse visto, non poteva dire di non esserselo aspettata.

“E allora, dove sono finite le tue tanto decantate buone maniere, Lawrence? Non si bussa più?” disse seccamente.

“Oh, scusami!” disse l'uomo voltando la faccia per non guardarla. Nel trovarla in deshabillé non aveva potuto fare a meno di arrossire “Ma avevo bisogno di chiederti qualcosa, e tu sei stata così sfuggente!”

Angelica si risedette e accavallò le gambe. Anche davanti a lui, sembrava in assenza totale di imbarazzo.

“Parla pure.” lo esortò in tono sprezzante, sciogliendo l'ultimo bigodino dai capelli “E, per piacere, non fare finta di arrossire, mi hai già vista in queste condizioni.”

“Sì, ma è stato molti anni fa.” farfugiò lui, ostinandosi a non guardarla.

“Otto.” precisò la donna “Non sono poi così tanti perché tu te ne sia potuto dimenticare.”

“Già, ma sembrano essere abbastanza per potere nascondere una figlia.” ribatté lui.

Lei fece una pausa, come se non si fosse aspettata quella risposta.

“La permanenza all'estero ti ha fatto diventare più reattivo?” disse gelidamente.

“Per favore, mettiti qualcosa addosso.” la pregò, ignorando quella battuta.

“Se proprio insisti.” disse lei. Si alzò, andò al suo armadio e ne tirò fuori una vestaglia.

Era chiaro che l'aveva presa in modo meccanico, senza scegliere, ma quando se ne rese conto mise su un sorriso storto, che in realtà era un vero ghigno.

“Ti ricordi di questa?” disse, mostrandogliela prima di indossarla.

Era un elemento che normalmente sarebbe passato inosservato. Invece, Lawrence la riconobbe subito e non poté impedirsi di lasciarsi investire da una valanga di ricordi.

Si stupì che ce l'avesse ancora. Era la sua preferita.

Quando stavano insieme, gliene aveva regalata una simile, piena di pizzi e ricami, di un colore rosso acceso, brioso, allegro, gioioso. Come inconsciamente le augurava di diventare.

Ma Angelica non aveva apprezzato e, senza nemmeno dirglielo, era andata al negozio e l'aveva cambiata con quella lì, di un rosa pallido, spento, smorto, triste.

Probabilmente, quel gesto non gli avrebbe dato troppo fastidio se, quando poi le aveva chiesto perché lo avesse fatto, lei non gli avesse risposto, con quel tono di voce così laconico ma al tempo stesso velenoso e acido, che lui non capiva un accidenti di moda.

Angelica aveva questa capacità innata di fare del male alle persone utilizzando delle semplici parole che magari, dette da qualcun altro, non sarebbero state in grado di offendere tanto.

Aveva lasciato correre, ma non era la prima volta che lei utilizzava quel tono. Segretamente, era stato sul punto di lasciarla.

Ma poi era rimasta incinta, così sospettosamente in fretta, e lui era stato spinto ad affrettare un matrimonio che non avrebbe voluto. O, per lo meno, non così presto.

Da allora, aveva sempre detestato quell'indumento. Lei lo sapeva e lo indossava lo stesso, specie quando litigavano, e loro litigavano sempre. Sapeva che in quel modo gli avrebbe dato fastidio.

Ci si era stretta dentro anche la prima notte di nozze, impedendogli di toccarla.

Se l'era messa pure quando l'aveva dovuta portare in ospedale per andare ad accogliere la cicogna.

L'aveva vista ripiegata accuratamente ai piedi del loro letto matrimoniale la volta in cui lei era stata talmente negligente da lasciare un febbricitante Ferb appena nato da solo in una culla spoglia, a piangere e a rigurgitare latte in continuazione per un'intera notte, con il rischio di soffocare nel suo stesso vomito.

L'aveva indosso persino quella volta, quella tremenda volta in cui, dopo una discussione più feroce del solito, l'aveva brutalmente tirato via dal suo lettino, svegliandolo, e per poco non lo aveva rabbiosamente scagliato per terra.

L'aveva fermata appena in tempo, era talmente piccolo che sarebbe sicuramente rimasto ucciso per colpa di quel gesto folle, assurdo, senza senso.

Era stata la prima volta in cui aveva manifestato un comportamento veramente violento verso il suo stesso figlio. E, anche se l'aveva perdonata, a fatica, dopo che lei aveva impetrato le sue scuse, si era assicurato che fosse anche l'ultima.

Il loro rapporto già difficile si era andato guastando sempre più, finché non era risultato impossibile da sostenere.

Eppure, non era stato quell'orribile episodio a causare la loro rottura.

Ricordava i disperati, terrificati, strazianti strilli di protesta che Ferb mandava quando lei cercava di farlo addormentare sul suo seno. Non c'era più riuscita. Si calmava solo se arrivava lui a cullarlo.

C'erano voluti mesi prima che se ne dimenticasse. Ma addosso gli sarebbe rimasta per sempre una paura tanto atroce quanto incontrollabile. La stessa paura che aveva rivisto affiorare nei suoi occhi quando era ricominciata tutta questa storia.

Infine, quella maledetta vestaglia era stata l'ultima cosa che aveva visto sparire di lei, quando aveva perso la sua stoica pazienza e le aveva finalmente urlato contro che se ne poteva anche andare di casa, che, per quello che lo riguardava, avrebbe potuto finire a vivere sotto un ponte, che lui e Ferb se la sarebbero facilmente cavata da soli senza il suo discutibile aiuto.

“Sì.” disse, stringendo i denti “Sì, mi ricordo benissimo.”

Lei rise, come se non capisse quello che pensava o, peggio, come se lo capisse e ritenesse tutto quanto molto divertente.

“Dovrei chiederti una cosa.” ripeté lui, deciso a non divagare.

“Spara.” disse lei stringendosi nelle spalle.

“Perché è dovuto passare tutto questo tempo prima che ti degnassi di dirci di Bianca?” chiese lui senza esitare oltre. Avrebbe dovuto essere la prima cosa da chiederle.

Lei si sedette di nuovo e rispose con un'altra domanda “Quando avrei dovuto dirtelo, scusa?”

“Non saprei. Ma se me lo avessi detto subito, forse avrei potuto provare a darti un'altra occasione...”

La donna rise ancora, ma senza gioia “Non dire stupidaggini. Eravamo incompatibili. E poi, ho scoperto che ero incinta solo dopo che eravate andati via.”

“Avresti potuto scrivermi una lettera...”

“Che differenza fa? Ognuno di noi ha la propria vita.” incrociò le braccia sul petto “Ti ho fatto un favore, pensa come sarebbe stato orribile dover restare insieme per forza con due bambini. Non avresti trovato la tua bella Linda.”

“Va bene.” disse Lawrence, anche se non era convinto “Ma, magari, io avrei potuto provare ad avere un rapporto con Bianca.”

Credeva a quello che diceva. L'idea di non avere abbastanza tempo per conoscerla meglio lo faceva arrabbiare. Anche se, naturalmente, lui non aveva colpa per non aver saputo prima di lei, si era sentito enormemente in difetto nei confronti di quella bambina così adorabile. Avrebbe voluto conoscerla, o almeno essere messo prima a parte della sua esistenza, ne avrebbe avuto tutti i diritti.

Quando aveva ricevuto quella lettera gli era preso un colpo. L'idea che potesse avere un'altra figlia non lo aveva mai nemmeno sfiorato.

Doveva essere stata un imprevisto capitato nel momento peggiore, quando ormai credevano che fosse tutto finito.

Era probabile che, se gli avesse detto subito di lei, lo avrebbe spinto a tornare. Sarebbe stato semplicemente assurdo, dopo tutto l'inferno che avevano vissuto insieme.

Non riusciva ad accettare l'evidenza. Tutto ciò che Bianca avrebbe saputo di lui sarebbe stato che era suo padre. E basta.

Il loro era un rapporto che non ci sarebbe mai stato, sarebbe stato difficile costruirne uno, neanche in modo discontinuo. Sua madre stava per sposarsi ed era probabile che, dopo quell'occasione, non si sarebbero mai più rivisti. Almeno, non tanto presto.

Ma quello che voleva veramente chiederle era un'altra cosa.

“A te sta a cuore che Ferb sia venuto qui? Perché non sembri per niente contenta, posso capire che tu non lo sia per me... eppure nella tua lettera avevi scritto che ci tenevi.”

La donna si strinse nelle spalle.

“Se avessi scritto che non ci tenevo non sareste venuti.”

“Dunque lo neghi?”

“No. Ma è stata Bianca a insistere. Una volta mi ero lasciata sfuggire che aveva un fratello... se solo non glielo avessi mai detto! Iniziò a fare l'isterica dicendo che doveva conoscerlo a ogni costo.”

“Sei sua madre. Perché l'hai accontentata? Potevi dirle di no.”

“Sarà un tesoro... ma, anche se non sembra, è orrendamente viziata. Ha minacciato di fare lo sciopero della fame se non lo avessi fatto. E così, per farla stare buona, le dissi che, semmai avessi deciso di sposarmi, lo avrei invitato al matrimonio... Poi, la proposta mi arrivò per davvero. E lei si ricordò subito di quello che le avevo detto e mi disse di farlo venire, a costo di non presenziare alle nozze. Non credevo che mi avesse presa così sul serio.”

“Eppure dovresti sapere che i bambini si ricordano sempre di tutte le promesse che gli si fanno.” disse Lawrence in tono di rimprovero.

Lei si strinse nelle spalle, come se tutto ciò non contasse molto “È stato un errore in buona fede.” disse “La cocciutaggine deve averla presa dal tuo lato della famiglia.”

Lawrence non era d'accordo su questo punto, ma lasciò correre.

“E non hai pensato che invece Ferb ci potesse tenere veramente a incontrare te?”

Angelica accavallò le gambe nell'altro senso e sbuffò di impazienza.

“Stai cercando di farmi ammettere che sarei stata una pessima madre per lui? Sì, sì lo sono! Lo avevamo già appurato! E allora?” sbottò, sostenendo fieramente lo sguardo ormai disgustato del suo ex marito. “Avrei anche potuto tenermelo, invece te l'ho lasciato portare via perché potessi trovargli la madre perfetta... E gliel'hai trovata, mi pare.”

“Aspetta...” fece lui, colpito da quanto aveva appena detto, credendo di aver capito male “Ho sentito bene? Tu volevi tenerlo?”

Lei ebbe una esitazione che durò solo per una frazione di secondo. Poi si mise a ridere di nuovo e, stavolta, nella sua risata c'era una nota di crudele sarcasmo.

“Sai, dovresti imparare a cogliere le sfumature.” disse “Io non ho detto che avrei voluto, ma che avrei potuto. Sei il solito tonto.”

Lui riconobbe che poteva aver ragione, forse era veramente tonto, dal momento che stava rinunciando a capirla.

Ma lei continuò a parlare.

“A cosa mi sarebbe servito, dato che avevo già la mia Bianca? Tu te ne sei andato con lui e io ho tenuto lei. Diciamo pure che si è trattato di una divisione dei beni.”

Quella estrema semplificazione lo lasciò sconcertato a dir poco.

Gli fece comprendere qualcosa a cui aveva avuto il terrore di credere.

Dunque, per lei Bianca non era altro che un sostituto, un premio di consolazione.

E sarebbe stato pronto a scommettere che era stata proprio quella bambina a insegnarle a fare la madre, anche se gli rimaneva il dubbio che ci fosse veramente riuscita. Sicuramente, era stata molto furba a convincerla in quel modo, ma si chiese se lui le avrebbe permesso di averla vinta.

Sentì come una fitta di rabbia al cuore e si rese conto che detestava la donna che aveva di fronte.

Si chiese come avesse fatto, a suo tempo, a farsi impalmare da lei.

Già allora, quella scaltra donna, nonostante la sua indubbia bellezza, mostrava sul corpo i segni di un invecchiamento precoce. Nell'ambiente dal quale proveniva, veniva ritenuto inaccettabile che una donna della sua età non fosse ancora sposata.

Lui era più giovane di lei, ingenuo e inesperto della vita. Le doveva essere apparso come un perfetto pollo da spennare, una facile preda.

Aveva avuto il dubbio che l'unico motivo per cui si era fatta mettere incinta da lui fosse accalappiarlo, per trovarsi una sistemazione. Non certo per amore, né nei suoi confronti, né verso il loro bambino.

Ferb per lei doveva essere stato solo uno strumento, da sfruttare per ottenere quello che voleva.

E aveva funzionato. Per appena due anni, che erano stati decisamente i peggiori delle loro vite.

Aveva preferito una tranquillità apparente a una felicità reale.

Voleva però credere che l'odio che poi aveva iniziato a provare nei suoi confronti non fosse stato programmato. Voleva credere che fosse il frutto di una presa di coscienza.

Perché si era accorta che le cose non stavano più andando come nei suoi piani, perché la sua vita, che già non poteva essere felice, non avrebbe più nemmeno potuto essere tranquilla, era solo diventata ancor più incasinata di prima. E insostenibile.

Paradossalmente, quell'odio che aveva nutrito nei confronti di una creatura innocente si era infine trasformato nella causa della loro separazione.

Così, lo aveva rifiutato, lo aveva lasciato a lui e non aveva più voluto saperne niente.

Si era veramente illuso che adesso avesse cambiato idea.

Perché avrebbe dovuto essere così debole, così leggera, così irresponsabile?

Non si rendeva conto di cosa sarebbe stato meglio?

Ora che aveva capito che invece non era per niente cambiata, non era cresciuta, non era maturata, si pentiva di aver trascinato laggiù la sua famiglia.

Aveva causato e continuava a causare in Ferb una sofferenza del tutto inutile, nuova, gratuita e decisamente evitabile.

E poi, Lawrence pensò al povero signor Godrov che stava per commettere il suo stesso antico errore.

Gli venne voglia di andarlo a cercare per dissuaderlo. Era ancora in tempo, in fondo.

Ma poi pensò anche a quella piccola bambola dai boccoli d'angelo che era sua figlia. Come poteva lasciarla da sola con quel mostro di madre?

Godrov l'avrebbe protetta e avrebbe compensato le qualità orribili della sua partner.

Anche se non poteva certo dire di conoscerlo a fondo, gli era bastato vedere il modo in cui la guardava mentre la rimproverava amorevolmente per fargli capire che l'adorava, per convincerlo che si trattava di una persona affidabile. Il tipo di persona a cui si sarebbe potuto tranquillamente affidare un figlio.

Pensò che Ferb era stato fortunato a non farsi rovinare da Angelica. Lo aveva portato via appena in tempo. Con il suo esempio, probabilmente non sarebbe stato la stessa persona. Magari avrebbe parlato di più, ma quello era l'aspetto del suo carattere che meno gli importava di modificare.

Angelica dovette sentire il suo disprezzo. Si alzò di nuovo, era chiaro che non fosse più a suo agio. “Senti, è già un miracolo che tu sia qui e che abbia visto Bianca. Perché non facciamo finta che abbiamo fatto pace e mi lasci sposare in pace?” disse.

Aveva parlato avvicinandosi e continuando a fissarlo negli occhi, ma lui la sentiva sempre più lontana da sé.

“Io ti lascerò pure sposare in pace...” disse, imbrogliandosi “Però tu non potresti, per favore, sforzarti di mostrarti almeno un minimo interessata a Ferb? Anche per finta, se ti pare. Ma lui ne ha bisogno.”

“È questo il punto! Perché?” fece lei in tono esasperato “Perché ci tiene tanto? Ha già Linda! Che cosa si aspetta da me?”

“Di certo non di essere preso in giro in questo modo.” Lawrence si rese conto che si stava arrabbiando. Ma non poteva perdere la testa. “Nemmeno io posso comprendere perché ci tenga tanto.” ammise. “Forse, non ti meriti il suo amore.” Respirò pesantemente per calmarsi, pensando di non poterne venire a capo.

Sembrò che lei stesse cercando le parole più pungenti che conosceva per contro ribattere, quando la porta della stanza si aprì di nuovo ed entrò Bianca tutta trafelata. Era in lacrime.

“Mamma!” piagnucolò correndole incontro, agitatissima.

“Cos'è successo?” disse la donna, seccata per quell'interruzione.

La bambina continuava a piangere e parlò in un modo così veloce e così impastato che Lawrence non capì niente. Dapprima sembrava che fosse successo qualcosa di grave, perché Angelica sgranò gli occhi. Poi però si rilassò, come se la bambina avesse fatto un dramma per nulla, e si voltò verso Lawrence.

“Pare che tuo figlio abbia avuto un piccolo incidente sulle montagne russe.”

“Chi?” fece lui, confuso.

“Come chi? Tuo figlio, quella specie di microbo sorridente con il nome complicato.”

“ Phineas? Che gli è successo?” si allarmò, ignorando il termine dispregiativo che aveva usato per riferirsi a lui.

“Non so. Pare si sia fatto male... non è che Bianca abbia parlato tanto chiaro.”

“Cielo!” gridò l'uomo preoccupatissimo precipitandosi fuori dalla stanza con le mani sulla testa.

Angelica lo guardò andar via e piegò il collo di lato, squadrandolo.

“Com'è diventato rumoroso.” commentò con tono impassibile “Vivere all'estero gli ha decisamente fatto male.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice: questo capitolo ha subito dei maltrattamenti inimmaginabili. È stato allungato, accorciato, spezzato, cancellato, riscritto, demolito, ricomposto... tutto perché non sapevo come esprimermi... Ma, alla fine, credo di essere riuscita a renderlo come volevo. Ringrazio Lenny96 per il suo commento e per aver messo la storia nei preferiti. Ovviamente, ringrazio anche tutti gli altri che leggono e recensiscono. Spero che questo capitolo non vi abbia fatto troppo schifo... Buon anno a tutti.

  
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