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Autore: Maricuz_M    07/01/2013    10 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XXIII Capitolo


Good shot!
Ora del decesso: quindici e trentasette.
Ho lanciato un’occhiata all’orologio solo per pensare queste parole. E’ stato carino.
Guardo Azzurra con un’espressione sicuramente poco intelligente e molto allucinata, gli occhi, più che spalancati, mi stanno direttamente uscendo dalle orbite, mentre la bocca è chiusa, serrata, tanto che penso non riuscirò mai ad aprirla di nuovo. Deglutisco, mi schiarisco la voce, mi muovo sul posto spostando il peso dalla gamba destra a quella sinistra e continuo a fissarla.
“Cosa vuole?” riesco a chiedere, e quindi anche a smuovere le labbra.
“Non so tu, ma quando qualcuno mi chiede di te non vado a chiedergli cosa vuole. Vuole te.” Scrolla le spalle, sbatte le palpebre e giuro su di me che, se avesse le ali da angioletto, le spiegherebbe per andarsene e lanciare polverine magiche dall’alto.
“..Cosa ha detto?”
“Ha detto ‘Dov’è quel fiore di tua sorella? Non è bella come te, ma posso lavorarci!’. Secondo te cosa ha detto, Elle? Ha chiesto di te, poi sono venuta a chiamarti. Muoviti, che poverino è nell’ingresso, solo ed infreddolito. Piove fuori, lo sai?”
“Sì. Sì, lo so. Vado.” Mormoro, quasi completamente traumatizzata. Mi do un’occhiata, giusto per vedere se sono presentabile, controllo che i capelli siano quantomeno parzialmente in ordine poi la supero, uscendo dalla stanza e prendendo un respiro profondo. Cosa vuole?
Non ricordo neanche più se mi sono convinta che io gli piaccia o meno. Sicuramente no, però mi pare di aver avuto qualche dubbio l’altro ieri, conversando con Marco su Facebook. Dissipati tutti, i dubbi, se non sbaglio. Nel senso che sono della stessa idea di prima. Giro l’angolo del corridoio, trovandomi così magicamente nell’ingresso, laddove Filippo, con le mani nelle tasche del giubbotto e il cappello sulla testa da dove sfuggono dei ciuffi mossi e castani, sta fermo a contemplare una delle tante foto fatte da mia madre messe in bella mostra sulla parete. Si accorge di me solo quando ormai sono di fianco a lui, anche io con gli occhi puntati sulla foto. La mia prima lezione di pianoforte..
“Quello è mio padre e quella sono io a sei anni.” Affermo, stranamente tranquilla.
“Mi avevi detto che ti ha insegnato lui a suonare il piano..” Con la coda dell’occhio lo vedo annuire, così mi volto verso di lui sorridendo. Ha il naso e le guance leggermente arrossate, che carino!
“Ciao Eleonora.” Sorride.
“Ciao Filippo.”
“E’ un’improvvisata, me ne rendo conto, ma.. Sei libera, adesso?” dopo il blackout che mi oscura la mente per qualche secondo, boccheggio. Sono libera, adesso? Cosa vuole fare, esattamente? Perché è venuto a casa mia? Non poteva chiamare o, magari, mandarmi prima un messaggio? Non per niente, non volevo passare da cretina come sto facendo in questo istante.
“A-adesso?”
“Sì. Lo so, potevo chiamare, ma guardami.” Allarga le braccia, poi si indica, inespressivo “Faccio quasi tenerezza. Sono solo ed infreddolito,” esattamente come ha detto Azzurra “sono venuto qui con la pioggia, l’ombrello è fuori, e come te non ho fatto niente per San Valentino. Ok, in realtà sono uscito con Damiano e Jonathan, ma uno mi sta sulle palle e l’altro si è ubriacato. Non mi è andata meglio che a te. Così ho pensato: perché non festeggiare la festa dei single con una persona che mi sta simpatica e che non si ubriaca? Te lo chiedo faccia a faccia, così, se tu volessi rifiutare, ti sentiresti in colpa perché ti farei pena.”
Scuoto la testa ridacchiando, un po’ imbarazzata, mentre continuano a vorticarmi in testa un sacco di domande. Perché proprio io? Vuole davvero che io accetti? Ma cosa non meno importante.. Come fa a sapere che ho passato questi giorni da sola? Come un fulmine, un’illuminazione. L’incontro con Pietro di ieri.
“Tuo fratello.” Mormoro, annuendo e abbassando lo sguardo.
“Beccato. Ogni tanto è utile.”
“Quindi sono io, a farti pena?” chiedo seccamente, rialzando lo sguardo per puntarlo nel suo, sicura come poche volte. E’ chiaro. Pietro gli ha detto che la povera Eleonora ha passato da sola il giorno di San Valentino e che molto probabilmente sarebbe stata la stessa cosa per il giorno dopo, allora il buon samaritano ha deciso di farle un po’ di compagnia. Che gentile.
Spalanca gli occhi, spiazzato, e lascia cadere le braccia “Che.. Cosa.. No!”
“Dai, Filippo, non c’è bisogno che ti sacrifichi.” Dico stancamente, avvicinandomi alla porta per invitarlo ad uscire.
“Chi ha parlato di sacrificio? Elle, no, stai fraintendendo. Non sono qui per nessun sacrificio.” Mi afferra la mano, che stava per posarsi sulla maniglia, e la tira a sé per farmi voltare “Perché pensi questo?”
“Che altro farebbe qui uno come te se non provare pena per una come me?” questa mia domanda, che mi indurrebbe al suicidio seduta stante, pare confonderlo. Aggrotta la fronte per un attimo, senza rispondere, poi spalanca la bocca e la sua espressione perde la calma che ha avuto fino ad ora.
“Uno come me?!” alza leggermente la voce, ma la sua mano stringe ancora la mia
“Uno come te!”
“Beh, è chiaro. Uno come me.” Dice, sarcasticamente “Spiegami che differenza c’è tra uno come me e una come te, per favore.” Avvicina il suo volto al mio, fissandomi intensamente, come se volesse costringermi a parlare con la forza del pensiero. Mi mordo il labbro inferiore e faccio un passo indietro, riuscendo a controllare la mia boccaccia. Distolgo lo sguardo, ma subito aumenta la stretta sulla mia mano “Eleonora.” Mi richiama. Sospiro, ma non dico niente. In questi momenti di rabbia improvvisa, oltre che le lacrime che arrivano automaticamente agli occhi, sono capace di dire cose che quando sono lucida non direi mai. Non perché sono false, ma perché devono rimanere segrete. Chiudo gli occhi. Non piangere, stupida. Non piangere!
“Elle..” lo sento sospirare, poi delle braccia mi avvolgono. Ok, dai, piangi. Solo perché insisti.
Cerco di allontanarmi, ma non me lo permette. Quanto vorrei essere sola, in questo momento. Perché tutto questo sconforto accumulato? Perché devo scoppiare sempre di fronte a lui? Sono io il problema? E’ lui il mio problema? Con lui mi sento come un palloncino. Lui è l’ago.
“Elle..” ripete, muovendo la mano sulla mia schiena su e giù “Noi due dobbiamo parlare.”
Non vedevo l’ora, vorrei dire, ma non ci riesco per via dei singhiozzi. Annuisco semplicemente, mentre scioglie l’abbraccio per cercare nelle tasche un fazzoletto, che poi mi porge.
Pochi minuti di silenzio dopo, siamo fuori, sotto il suo ombrello, che camminiamo per il paese. E’ riuscito a portarmi fuori lo stesso, alla fine.
“Va bene se andiamo lì?” indica un bar, ed io mi limito ad annuire per la seconda volta. Entriamo nel locale e ci sistemiamo ad un tavolo leggermente appartato.  Sappiamo entrambi che tra poco si svolgerà la chiacchierata da lui anticipata e solo da lui conosciuta. Mi siedo, e dopo qualche minuto lo vedo tornare con una cioccolata ed un caffè. Per la bambina e l’adulto, una come me e uno come lui. No, questo non è per niente consolante..
“Non sarà come la mia cioccolata, ma..” dice, appoggiando davanti a me la tazza. Abbozzo un sorriso e comincio a divertirmi, come al solito, con il cucchiaino. Sento il suo sguardo fisso su di me, ma non mi azzardo ad affrontarlo. Sarebbe come alzarsi e andare direttamente al patibolo, in più non ne ho minimamente il coraggio dopo la scenata –ridicola- di poco fa.
“Scusa per prima.” Dice, piano. Mi fermo e lo guardo confusa, così prosegue “Effettivamente era fraintendibile, come situazione, ma davvero: non sono venuto perché mi facevi pena. Mi spiace di averti fatto capire cose sbagliate..”
Scuoto la testa “Cosa avrei dovuto capire?” chiedo mormorando.
“Beh..” alza le spalle, si guarda un po’ in giro.. Strano “Non so.. Mi sembrava carino passare la giornata dei single tra single.”
“Ti sembrava carino..” ripeto, portandomi alle labbra un po’ di cioccolata con il cucchiaino.
“Sì.. E il fatto che sia venuto direttamente a casa tua è semplicemente perché, davvero, volevo che tu accettassi di passare un po’ di tempo.. con me.” Termina, finendo col deglutire. Pomo d’Adamo. Mi allontano dal momento pace interiore appena riprende a parlare “E ho pensato che il modo migliore fosse quello di farti dire mentalmente ‘Ormai è già qui, poverino. Accontentiamolo’.. Ho sbagliato, forse, ma..” alza leggermente una mano, come per far notare la mia presenza “Sei qui. Ovviamente non intendevo ferirti in alcun modo.”
E’ tempo di bere. Prendo la tazza e mi gusto la cioccolata con calma, lo sguardo basso e immobile, il corpo teso. Rimane fermo, molto probabilmente non distoglie neanche l’attenzione da ciò che sto facendo, aspettando la risposta. Dovrei dire qualcosa, lo so anche io, ma cosa? Mi devo scusare, ma mi vergogno tremendamente. E’ Filippo, cavolo. Non farebbe male a nessuno, ma proprio perché è lui mi è difficile credere che volesse passare una giornata con me.  Non mi torna. Che c’è dietro?
Alzo lo sguardo incerta e scrollo le spalle, come per proteggermi fingendo sicurezza “Sono stata stupida io, scusami.”
“Non sei stata stupida, hai fatto due più due..” inizia a dire sospirando, ma lo interrompo “Appunto. Due più due fa quattro, non cinque. Ho sbagliato.” Com’è interessante, il portacenere, e com’è pulito “Non è da me, poi, essere così suscettibile. Credo. Non mi è mai sembrato di esserlo, ecco.”
“No, non sei suscettibile.” Conferma lui, prima di bere il caffè. Sto iniziando a conoscerlo: questa è la tipica pausa che anticipa un suo ragionamento o una sua frase ad effetto. Respiro profondamente, ansiosa di sapere. Appena posa la tazzina, si passa la lingua tra le labbra e riprende “Diciamo che, quando sei sotto pressione, le rotelle del tuo cervello girano più velocemente e producono idee per istinto e senza valutare tutto ciò che c’è da valutare. E’ la stessa cosa che ti ha spinto a rispondermi male nell’ascensore, quando ti ho chiesto se andava tutto bene.” Chiaro.
“Sul serio..” mormoro “Quanto vuoi?”
“Per le sedute?” domanda, sorridendo divertito.
“Sì.”
“Mi dai già abbastanza.” Risponde, criptico. Con prontezza, senza che io riesca a chiedergli spiegazioni, riprende il discorso “Comunque, qui torniamo alla solita storia, Elle.. Tu sei sotto pressione. Sei tesa. Stai in pensiero per qualcosa, e questo qualcosa ti sta affondando.”
“Si spiega la depressione di questi giorni..” borbotto, imbronciandomi.
“Mi sembravi un po’ giù di corda, infatti.” Commenta, osservandomi “C’è un motivo in particolare?”
“Ci penso.” Dico. Probabilmente è il fatto che, ultimamente ed egoisticamente, mi sono resa conto di essere sola. E’ brutto pensarlo, quando ho degli amici stupendi e una famiglia presente, nonostante sia divisa, ma come posso evitare di rattristarmi quando i miei stessi amici, oltre a me e agli altri, hanno una persona da amare? Io mi sento come scoppiare, ogni volta che realizzo di voler bene a qualcuno in modo particolare. Filippo.. Cosa non gli farei? Cosa non gli direi? Forse è per questo che non riesco a trattene le parole, con lui. Ci siamo conosciuti in un mio periodo di esasperazione pura, ma questa non è una giustificazione sufficiente. Non posso lasciarmi andare completamente. Non voglio. E lui non vorrebbe, se solo sapesse.
“Pensato?” mi richiama, dopo aver finito il suo caffè.
“..Ehm.. Sì, ma non alla risposta. Aspetta.”
Ridacchia, le sopracciglia leggermente alzate “E a cosa hai pensato, scusa?”
“Uhm, esplosioni varie.” Annuisco, cercando di esser credibile. Certo, quanto un delfino con le gambe.
“Cos’è, una metafora?”
“Più o meno. Lascia perdere. Non c’è un motivo ben preciso, è più un.. insieme di consapevolezze?” tento, finendo con un’intonazione che è tutto fuorché quella tipica delle affermazioni. Non è un’insieme, quanto un singolo paio di queste consapevolezze, ma lui non lo sa “In ogni caso, non capisco come un solo fattore determini il mio umore per giorni!”
“Capita, a volte. Dipende anche dalle circostanze.” Esatto, vedi San Valentino, Eleonora.
“Già. E questa volta c’è stato un tempismo impeccabile.”
“Stasera, prima di addormentarmi, rifletterò e troverò la soluzione.” Afferma d’un tratto, sicuro e con la sua solita espressione –inesistente-, fissandomi intensamente. Quasi rabbrividisco. Appoggia i gomiti sul tavolino e incrocia le braccia, e subito dopo inclina anche la testa “Sento odore di vittoria..”
“Oh, credo dovresti fare una visita medica, perché-”
“Però, oggi, voglio lasciarti in pace.” No! No, è già finita l’uscita? Ti prego, ancora un po’, non lasciarmi, stai ancora un po’ con me “Quindi, di cosa parliamo?”
“Cosa?” chiedo, presa alla sprovvista.
“Di cosa parliamo? Una conversazione normale, senza studiarci a vicenda.. Ah, aspetta, riguardo a prima è tutto apposto? Non sei arrabbiata, delusa o cose di questo genere, vero?” Non ci sto capendo più niente.
“No.” Bisbiglio, un po’ esitante.
“Perfetto, amici come prima.” Abbozza un sorriso tranquillo, poi fa un cenno con la testa verso la mia tazza ormai quasi vuota “La mia è migliore. Lo sapevo.”
 
Dopo aver sentito pronunciare il suo nome, si volta e si dirige verso un paio di ragazzi, scusandosi. Li saluta e comincia a scambiarci due chiacchiere, così ne approfitto per dare un’occhiata al cellulare che non sto calcolando minimamente da tantissimo.
 

Penso di esser stato invischiato in una relazione seria. Mi sa che è vera la storiella dei Maya e della fine del mondo..
Tu cosa racconti di bello?

 
Questo messaggio mi è stato mandato da Simon circa un’ora fa, quando erano solo le cinque e mezza. Ormai sono quasi tre ore che sono fuori con Filippo, e mi stava giusto riaccompagnando a casa. Per fortuna ha smesso di piovere. Mi mordo il labbro inferiore e penso ad una risposta fissando il ragazzo poco distante da me. Glielo dico o non glielo dico? Sì, glielo dico.
 

Sono fuori con Filippo. Comunque non credo che ti dispiaccia tanto stare con Vanessa.. :P

 
Non faccio in tempo a rimettere il telefono in tasca, quasi, visto che trenta secondi dopo c’è già una risposta.
 

FILIPPO! Un appuntamento! Lo sapevo. Spero per te che il mondo non finisca, allora! Come va? Vi siete già messi insieme? Il bacio c’è stato? Anche sulla guancia va bene! Oh, e come fai a sapere che sto parlando di Vanessa?

 
Mi imbarazzo leggermente, appena leggo l’sms, e ancora di più quando alzando lo sguardo mi ritrovo Filippo davanti che mi guarda perplesso. Deglutisco.
“Il fidanzato?” chiede, tranquillo.
“Mi prendi in giro?”
“Magari il futuro fidanzato.” Suggerisce, ricominciando a camminare al mio fianco. Lo seguo un po’ incerta, scuotendo la testa.
“No, è solo Simon.”
“Oh, ora sì che sono più tranquillo.” Mormora, con un’intonazione.. sarcastica? Filippo? Aggrotto la fronte, lo studio, ma non mi sembra che sia una maschera. E’ Filippo. Decido di lasciar perdere e riprendo a parlare “Uhm, non ho ancora capito perché ti sia messo in testa quest’idea di me e Simon, comunque no, non è il mio futuro fidanzato, anche perché si è messo con Vanessa!” annuncio, vittoriosa. Avevo ragione a dire che sarebbe sbocciato qualcosa. Lo sapevo, lo sapevo!
“Con Vanessa, eh? Beh, complimenti. Bel colpo.” Commenta, annuendo. Alzo un sopracciglio guardandomi i piedi e schiocco la lingua. Quel “bel colpo” poteva evitarlo.
“Bel colpo anche quello di Vanessa.” Ribatto, acida.
Si gira di scatto verso di me con espressione sorpresa e leggermente divertita “Che sei gelosa?”
“Ti ho detto mille volte che Simon non mi interessa!”
“Non intendevo questo, mi riferivo a quella specie di complimento.” Specifica, cercando di non sghignazzare. Gonfio le guancie istintivamente e si lascia andare ad una risata “Certo che sei strana. I complimenti ti piacciono, ma non li vuoi. Quando si fanno alle altre, ti dà fastidio perché vorresti che fossero fatti a te.”
“Sono una donna.” Borbotto, facendo spallucce.
“Questo lo vedo.” Replica “Ma non giustifica il paradosso.”
Svoltiamo l’ultimo angolo, adesso riesco a vedere casa mia. Sospiro “Beh, possiamo aggiungerlo alla lista delle cose incomprensibili riguardanti Eleonora.”
“Stasera ci penso.”
“Stanotte dormi poco, mi sa.”
“Se servirà a capirti un po’ di più, ne varrà la pena.”
Ci fermiamo di fronte alla porta, prendo un respiro profondo cercando di mascherarlo con un sorriso tranquillo e mi volto verso di lui, sbattendo un paio di volte le palpebre “Beh, se vuoi passare la tua vita a non dormire per capire gli altri, ti faccio un in bocca al lupo.”
“Se generalizzi troppo, perde significato.” Dice, dandomi un pizzicotto sul braccio.
“Ahi!”
“Era per distrarti.”
“Da cosa?” domando confusa, massaggiandomi il punto leso. Non mi ha fatto poi così male, a dire il vero.
“Vedi? Ha funzionato.” Indietreggia, infilandosi le mani in tasca “Grazie per avermi seguito nonostante il malinteso.”
“Grazie per essermi venuto a prendere.” Mormoro, sorridendo timidamente. Odio questi momenti, invece lui è calmo e beato, mentre si allontana da me.
“E’ stato un piacere.” Replica, prima di illuminarmi con un sorriso vittorioso, fin troppo lontano per i miei gusti “E poi è soddisfacente rendersi conto che anche io sono in grado di fare bei colpi, non trovi?” detto ciò, si volta e si incammina.
 

Non era un appuntamento.
 



SCIAO BELI.
Eccoci qua con "Good shot!" (Bel colpo!). Mi sembra chiaro il riferimento alle parole usate da Filippo. :)
Allora, miei cari Filinora-Fan, cosa mi dite di questo capitolo? Siete soddisfatti?
Non penso abbiate idea di quanto questi due mi diano soddisfazioni e, allo stesso tempo, mi facciano faticare. Cristo, scrivere un QUALSIASI dialogo con Filippo è angosciante! Roba che devo catalizzare tutta la mia concentrazione su di lui e l'interlocutore! Non che mi dispiaccia, ma sappiate che mi sforzo un sacco per rendere questi due amabili (LOL).
Se avete domande o bisogno di chiarire qualcosa, magari qualche frase o qualche gesto, sapete dove contattarmi. Blog, Twitter.. Qui su EFP. 

Il prossimo capitolo è in fase di scrittura. Per quel che prevedo, sarà interessante. Anche perché..
"Stasera ci penso" dice Filippo. Chissà cosa ne verrà fuori.

Grazie come al solito a tutti coloro che si interessano a tutto questo, che mi fanno complimenti o leggono e basta. AMAZING.

Direi che ci ritroviamo Sabato 12, sperando che l'11 sera riesca ad andare ad un locale dove si esibisce una band che adoro. 
Ditemi "in bocca al lupo".
Bene, crepi.
SCIAU!

Maricuz

   
 
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