Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: soso95    07/01/2013    1 recensioni
“Con le lacrime agli occhi ho rinunciato alle mie ali uccidendo l'angelo che ero
e allo stesso modo sono rinata in un corpo che non mi apparteneva”.
, gridai come se lui potesse sentirmi, poi mandai in frantumi lo specchio liquido e iniziai a volare verso l'ospedale dove io stavo per rinascere, arrivata sopra la stanza iniziai a precipitare, sentivo le mie ali bruciare, io chiusi gli occhi e le lacrime sormontarono il mio viso mentre andavo sempre più giù.
Quella stessa sera, mentre alle 3.14 io riaprivo gli occhi e piangevo nel corpo di una bambina umana, la pioggia lavava via la polvere che rimaneva delle mie soffici ali piumate oramai perse per sempre.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Secondo Capitolo

 

L'incidente

 

Solo quando stai per perdere una persona ti accorgi davvero

di quanto vuoto lascerebbe dentro di te se lei non ci fosse”

 

 

<< Loren, tesoro svegliati o farai tardi >>

Questa era mia madre che mi chiamava dolcemente, si certo dentro un mio sogno però, visto che lei mi chiamava dal salotto urlandomi che se non mi fossi alzata entro tre minuti sarebbe venuta a buttarmi giù dal letto lei stessa.

<< ARRIVO! >>, le gridai di rimando.

<< MUOVITI! NON VORRAI FARE TARDI IL PRIMO GIORNO DI SCUOLA! >>.

<< MI STO VESTENDO! ARRIVO! >>, in realtà ero in pigiama seduta sul mio letto che sembrava un campo di una battaglia e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto essere ancora in vacanza, alla fin fine però il primo giorno di scuola non si fa mai niente quindi era divertente e poi non vedevo l'ora di rivedere i miei compagni, in fondo ci andavo solo per quello o almeno era così che la pensavo io.

Mi alzai un po' più motivata di prima e mi misi a frugare nell'armadio da dove tirai fuori un paio di jeans, una maglietta a maniche corte con su scritto qualcosa in inglese e una felpa, li indossai, togliersi il pigiama e indossare i jeans e stato un vero trauma erano congelati, infine misi le scarpe e scesi rumorosamente dalle scale facendo sfasare mia madre.

<< Era ora, ti ho chiamato più di 15 minuti fa! >>, disse vedendomi entrare in cucina.

Certo come no, pensai, le mamme, per loro le 7.00 sono le 7.45 per non dire le 8.00 e poi invece quando devi fare qualcosa di estremamente importante e vuoi uscire prima di casa ti dicono “Non ti preoccupare c'è tempo” e va a finire che arrivi in ritardo, valle a capire, per il resto era davvero tanto dolce e tanto buona.

Quella mattina mi aveva preparato il latte e aveva apparecchiato la tavola come sempre con cereali, cacao, biscotti e zucchero, anche se sapeva bene che io spesso mettevo solo il cacao, forse anche troppo, e bevevo il latte senza toccare il resto.

Appena ebbi finito di bere il latte guardai l'orologio, le 7.35, dieci minuti ancora e poi uscivo di casa per andare a scuola in bici, andai in bagno mi lavai la faccia e mi misi un po' di rimmel, non mi truccavo mai, un po' perché non avevo voglia e un po' perché preferivo essere naturale, mi sistemai i miei capelli rossi bagnandoli con un po' d'acqua così che si arricciassero di più, mi misi uno o due spruzzi di profumo, quello nuovo di mamma, Dior e uscii dal bagno mi diressi verso l'uscita presi le mie chiavi, di casa e della bici e salutai mia mamma.

Fuori faceva freddo per essere settembre il che è strano qui a Diamante visto che c'è il mare, presi la bici e mi dirigei verso la scuola delle belle arti, la mia scuola, per arrivarci dovevo fare una stradina stretta e buia, passare dalla piazza del paese, infine percorrere tutta la strada del lungomare ed entrare nel parco dove c'era la mia scuola, già la mia scuola si trovava in prossimità del mare e infatti molti dei miei dipinti lo rappresentavano.

Arrivata a scuola vidi un sacco di miei compagni e mi unii a loro.

<< Hei Loren che hai fatto in queste vacanze estive? >>, mi chiese George, uno che si credeva figo ma non lo era affatto, lo ignorai, non parlo mai con lui anche perché mi fa il filo da un anno, non avevo mai avuto una storia seria con un ragazzo, si ero uscita con qualcuno ma nessuno mi faceva togliere dalla testa Chris, ormai erano passati 16 anni dall'ultima volta che lo avevo visto, che io sappia viveva a Diamante però io non l'ho mai visto qui, che si fosse trasferito?

Non lo sapevo, eppure lo amavo ancora...

<< Ciao non si saluta più?! >>, era la voce di Aurora, la mia migliore amica e sorella, anche se non di sangue.

<< Ciao Mes! >>, le dissi abbracciandola.

Mes era il soprannome che ci eravamo date, sta a significare Me Soru che significa mia sorella in siciliano e che lei mi aveva spiegato tempo fa.

Aurora, detta Rory, è siciliana e si è trasferita qui quando aveva 5 anni e da allora è una calabrese come me, lei è la tipica ragazza del sud, carnagione scura, capelli mossi e scuri, occhi grandi e scuri e labbra carnose e di un rosso vivido, è bellissima, anche se lei non mi crede mai quando glielo dico, le voglio un bene dell'anima.

Lei e io condividiamo tutto, purtroppo anche la stessa situazione familiare, infatti i suoi come i miei sono separati, solo che lei vive con il padre e io con mia madre, l'ho conosciuta per la prima volta qui a scuola, credo infatti che sia l'unica cosa positiva che mi è successo tra queste mura.

A dirla tutta lei mi ha confessato un po' di tempo fa che io la intimorivo, invece lei a me era piaciuta subito, iniziammo a parlare perché io le davo una mano coi suoi disegni quando potevo, anche se i prof ci beccavano sempre, quando in un quadro o un disegno c'era il mio zampino si vedeva, o così dicevano.

<< Allora ti sei divertita da tua madre in Sicilia? >>, le chiesi.

<< Si dai... non male ma, non era lo stesso senza te >>, mi disse un po' abbattuta.

<< Piuttosto le hai fatte le tavole? >>, mi disse per cambiare discorso mentre ci avviavamo verso la nostra classe, stavo rispondendo quando a un tratto sentii qualcuno parlare di me.

<< Ma hai visto come si è vestita oggi la rossa?! >>.

<< Si, mamma mia non ha per niente stile quella ragazza! >>.

Erano il gruppo di Nina e le sue amiche che come sempre sparlavano di qualcuno e quella qualcuno adesso ero io.

Io passai davanti a loro e le ignorai completamente, cosa che Rory mi rimproverò, per modo di dire.

<< Ma perché non gliene hai dette quattro? >>, mi stava infatti dicendo.

<< Non mi interessa ciò che pensa Nina e il suo gruppo di oche, per quello non gli dico niente >>.

A Nina il mio atteggiamento non piacque per niente tanto è vero che poi si mise di impegno per rendermi la vita impossibile, aveva provato a farmi arrabbiare un sacco di volte senza mai riuscirci, se era al posto mio Rory le avrebbe messo le mani addosso, peccato che poi Nina lo avrebbe detto al suo paparino e viziata per com'era lui avrebbe fatto casino per difendere il suo angioletto, che a suo parere non faceva mai niente di male, e sarebbe pure riuscito a farti sospendere per almeno dieci giorni.

 

<< Ma come fai a essere così calma? >>, mi chiese a fine giornata Rory.

<< Semplicemente non mi interessa >>, le risposi allora.

<< Quando l'interesse è minimo allora l'offesa è zero >>, aggiunsi con un sorriso.

<< Vabbè adesso vado, ciao Mes >>, mi disse.

<< Ciao, a domani >>.

Saltai in sella alla mia bici e iniziai a pedalare velocissimo, amo andare in bici sembra quasi di volare, con il vento che ti scompiglia i capelli e l'aria che ti entra nei vestiti, chissà se agli altri angeli caduti piaceva andare in bici, chissà magari provavano la mia stessa sensazione, vedevo ancora le mie ali proprio come scritto nel libro che avevo letto prima di prendere la mia decisione, solo che nel libro non c'era scritto che avrei potuto vedere tutti gli angeli custodi e che ci avrei potuto parlare, infatti ora parlavo con il mio vecchio amico Gabriel che era l'angelo di Rory, faceva bene il suo lavoro e credo che mi odiasse un po' visto che ero un Demone adesso.

Quando sono arrivata a casa mia mamma non c'era, mi aveva lasciato un bigliettino attaccato sul frigorifero c'era scritto: “torno tardi preparati qualcosa da mangiare e non mi aspettare”.

Era un'altra di quelle giornate in cui mia mamma faceva gli straordinari ed io stavo a casa ad annoiarmi, presi il cellulare e vidi che c'erano due chiamate, una di mia mamma e l'altra del papà di Rory, che avesse chiamato lei?

Provai a chiamarla sul cellulare ma era spento.

Iniziai ad agitarmi, allora provai a chiamare il padre.

Il telefono suonava a vuoto.

<< Dai rispondi! >>.

<< Pronto Loren sei tu? >>, rispose la voce al telefono.

<< Si pronto mi ha chiamato per caso lei Marco? >>, chiesi.

<< Si ti ho chiamato è un'emergenza vieni subito all'ospedale Aurora ha avuto un'incidente! >>.

A quelle parole mi sentii mancare.

<< Arrivo subito! >>, dissi chiudendo la chiamata.

Mi precipitai fuori dalla porta che chiusi solo con due giri di chiave e mi misi subito in sella alla bici, pedalai il più veloce possibile, arrivata in ospedale la parcheggiai alla meno peggio senza chiuderla con la catena ed entrai.

<< Dov'è la stanza di Aurora Panebianco? Ha avuto un incidente oggi >>, dissi a un'infermiera che era seduta a una scrivania alla reception.

Lei digitò qualcosa sul computer, forse il nome che le avevo appena detto, e poi mi guardò.

<< Stanza 372, al primo piano, secondo corridoio a destra >>, disse infine.

<< Grazie mille >>.

Iniziai a salire le scale due gradini alla volta, arrivata in cima seguii le istruzioni dell'infermiera.

<<369, 370, 371, 372, eccola!!>>, entrai con le lacrime agli occhi, lei era li sdraiata su un letto d'ospedale con una flebo attaccata e la testa fasciata, sul corpo aveva qualche livido ma per il resto sembrava stare bene.

<< Mes... >>, mi disse con un filo di voce.

Io le andai vicino e le lacrime iniziarono a scendermi rigandomi le guance rosse per la corsa fatta con la bici.

<< Non piangere, sto bene, ho solo qualche livido >>, mi disse con un sorriso appena accennato.

Che ragazza forte che è, pensai.

<< Ho avuto paura di averti persa per sempre... >>, gli dissi fra le lacrime e qualche singhiozzo.

A quel punto entrò un dottore insieme a un ragazzo, forse uno stagista, allora mi alzai e il ragazzo mi accompagnò fuori.

<< Non ti preoccupare starà bene, ha solo qualche livido, tra due o tre giorni massimo potrà tornare a casa tranquillamente >>, disse.

Lo ringraziai e andai verso il bagno, insieme a Gabriel a cui avevo fatto cenno di seguirmi.

<< Tu dove cazzo eri!! Eh? Dove cazzo eri mentre le succedeva questo?! >>, ero furiosa a che serviva un angelo custode se non ti protegge o se non c'è in momenti come questi?!

Se avessi potuto lo avrei preso a pugni, peccato che il suo corpo era fatto di spirito e non di carne, o almeno qui sulla terra.

Lui non rispose, non poteva era in torto, si limitò a stare zitto con la testa china, come se le mie scarpe tutto d'un tratto fossero diventati la cosa più interessante che c'era sulla terra.

Decisi di lasciarlo perdere e tornai da lei.

<< Adesso vado a casa >>, le dissi.

<< Domani passo a trovarti dopo scuola ok? Guarisci presto Mes >>.

Tornai a casa a piedi, qualcuno mi aveva fregato la bicicletta ma non mi importava, l'unica cosa che conta è che Rory stia bene.

Si era fatto tardi quando entrai a casa, mia mamma non era ancora tornata, andai in camera mia, mi sdraiai sul letto e con le lacrime agli occhi mi addormentai.

  
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