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Autore: Attide    09/01/2013    2 recensioni
-Granger...-
-Dimmi, Malfoy-
-Te ne intendi di musica babbana?- le chiese con tono affabile.
Lei lo guardò, vuota, immobile.
Le prese il volto tra le mani, senza biasimare il suo silenzio.
-Lascia che sia io a ricomporti-.
In un mondo in cui ognuno deve combattere la sua battaglia c'è sempre bisogno di una luce che ti riporti a casa.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Lucius Malfoy, Sorpresa | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Buonasera! Come state? Spero bene :D ecco un nuovo capitolo, che spero vi possa piacere più degli altri visto che non hanno avuto molto successo. La trama si infittisce e compaiono nuovi personaggi, spero di non deludere troppi di voi! Recensite, un bacio e alla prossima.
 

 

 



Cap. 5

 

 



Confusione.

 

 

L'antico orologio a pendolo fece risuonare tre rintocchi nel silenzio più assordante.

O forse furono di più, non saprebbe dirlo: lo stordimento era troppo e il terrore ancora di più.

 

La stanza era buia e lo scoppiettante fuoco acceso rendeva l'aria calda e secca.

 

Irrespirabile.

 

Il baluginare delle fiamme lo confondeva, lo accecava, disegnando sulle pareti giochi d' ombre che sembravano prendersi gioco di lui e della sua paura.

 

Il suo corpo fu attraversato da un brivido mentre si concedeva di guardare quel fuoco, incastonato all'interno di un camino in marmo chiaro: le braci sul fondo vibravano ancora di rosso nel futile tentativo di imitare quello che erano state, un lieve fumo si alzava a spirali, alcune scintille e schiocchi ne interrompevano la monotonia.

 

Si allungò da sopra la poltrona su cui era legato, domandandosi se, in fondo, dovesse fare poi così male morire bruciati.

 

Forse anche il suo corpo sarebbe stato accarezzato così come venivano vezzeggiati quei ceppi, quasi che le fiamme stesse non volessero fare del male.

 

 

Sentì dei passi, o forse era semplicemente il battito del suo cuore: ormai non sapeva più cosa pensare.

 

-Signorino Shacklebolt, cosa la turba a tal punto da non prestarmi nemmeno attenzione?- domandò una voce alle sue spalle.

 

Sobbalzò, non riuscendo a vedere la figura che gli aveva parlato a causa della prolungata reclusione al buio.

 

-mi dispiace, non volevo spaventarti. È da molti giorni che desidero parlarti, ed ora eccoci qui! Non ti sembra magnifico?- continuò avvicinandosi.

 

Roran Shacklebolt indietreggiò per quanto gli era possibile, appiattendosi sullo schienale della poltrona: ora, grazie a quella nuova vicinanza, riusciva a scorgere il profilo dell'uomo che in poche ore era stato in grado di rovinargli l'esistenza.

 

Aveva capelli neri e rasati, il colorito pallido: il naso era storto, chissà quante volte era stato rotto, ma il particolare che più l'aveva inquietato erano stati gli occhi.

Occhi chiari come l'acqua, iniettati di sangue: occhi sfregiati da una lunga e lineare cicatrice che partiva da una tempia per giungere all'altra.

 

Fu come se all'improvviso tutti gli indizi di una caccia al tesoro fossero stati uniti, facendogli apparire chiaramente l'ultimo suggerimento per arrivare alla soluzione.

 

Un ricordo gli vorticava in testa, vagando nelle infinite conversazioni con suo padre, eppure per quanto continuasse a sforzarsi continuava a sfuggirgli.

 

-Io ti ho già visto- gli sibilò, tentando di ricordare.

 

L'uomo si aprì in un sorriso che di rassicurante non aveva nemmeno l'intenzione, avvicinandosi fino ad arrivare a pochi centimetri dal figlio del Ministro.

 

-Di questo non ne dubito- gli soffiò, chinandosi verso il suo volto.

-e sono sicuro che ti ricorderai di me ancora per molto.

Mi sei stato molto utile, sai? Ho sempre pensato che amare qualcuno oltre a se stessi fosse solo un modo in più per farsi del male, e guarda ora tuo padre...non deve essere stato facile per lui accettare la realtà e sottostare alle mie...priorità- sussurrò con tenerezza, alzando una mano come per accarezzargli il capo.

 

-Che cosa gli hai fatto?- urlò Roran, scostandosi a quel contatto.

 

L'uomo si drizzò, guardandolo negli occhi ma senza vederlo realmente. Fu allora che Roran lo vide per un attimo: un uomo che era il fantasma di se stesso, il fantasma di un pazzo.

 

Sentendosi osservato e fin troppo esposto, l'uomo si voltò per allontanarsi da quel prigioniero che da subito l'aveva incuriosito.

 

Perchè sì, questo era Roran: prigioniero di un pazzo che non aveva ancora avanzato alcun tipo di richiesta.

 

Forse è solo uno squilibrato, forse sta solo farneticando. Mio padre è al sicuro e non è uno sciocco, non può aver fatto nulla di insensato.

 

 

-Sai, Roran. Ho constatato che voi giovani tendete a fare sempre un errore che il più delle volte porta a conseguenze a dir poco sciocche- gli disse, ormai invisibile nel buio.

 

-La domanda che ti dovrebbe interessare maggiormente non è “che cosa gli ho fatto”...ma che cosa tu hai fatto- gli suggerì sempre con quel tono amorevolmente fanatico.

 

Vuoto.

 

Si sentì un tonfo e poi più nulla.

 

Roran appoggiò la nuca all'alto schienale, colpito da quell'ultima frase, stremato e senza forze per la troppa tensione.

Cos'era quell'improvvisa e nuova ondata di angoscia che gli faceva attanagliare le viscere?

Rivolse il palmo delle mani verso l'alto, osservandosi e cercando una traccia di qualcosa, qualsiasi cosa che fosse anche solo in grado di farlo uscire da quello stato di oblio.

 

Che cosa ho fatto?

 

Nulla,non ricordava nulla.

 

Maledizione.

 

Senza rendersene conto si era consumato come quei ceppi, rimanendo solo un'ombra di quello che era stato.

 

 

 

 

 

 

§§§

 

 

 

 

 

-Ecco a lei, signorina- disse il giovane ragazzo del bar, sorridendo.

 

Hermione rispose gentilmente, afferrando il bicchiere di cartone e avviandosi verso l'interno del parco.

Era ormai sua abitudine passare la pausa pranzo fuori dal suo ufficio, allontanandosi da tutta quella confusione che non faceva altro che peggiorare la sua ormai persistente emicrania.

 

Sorrise fra sé, prendendo il primo sorso del suo caffè, ma non fece nemmeno in tempo ad arrivare alla “sua” panchina che già aveva arricciato il naso in una smorfia di disapprovazione.

 

Che cosa disgustosa.

 

Non le era mai piaciuto il caffè, il gusto era fin troppo deciso.

 

Ma con lui aveva imparato ad amarlo.

Lo pensò, come ogni giorno, ripercorrendo nella sua mente tutti i più belli e sciocchi ricordi.

 

Ripensò alla prima volta in cui, sdraiati in mezzo al loro soggiorno ancora vuoto e dalle pareti bianche, lei e Ron avevano condiviso una tazza di caffè da lui solertemente preparata; e ricordò come, per la prima volta, quel sapore tanto odiato fosse diventato il più dolce di tutti.

 

Si sedette per pochi minuti, giusto il tempo di finire quella brodaglia, massaggiandosi le tempie e calciando di tanto in tanto qualche piccolo ciottolo del sentiero.

 

Che stanchezza...

 

All'improvviso sentì un forte schiocco ormai familiare e senza pensarci a lungo si alzò, avvicinandosi con cautela alla fonte del rumore, la mano già pronta sulla bacchetta nascosta all'interno dell'impermeabile.

 

Chi mai sarebbe potuto essere così sciocco e sprovveduto da smaterializzarsi nel bel mezzo della Londra babbana?

 

Sentì una sorta di basso brontolio, come se quel qualcuno stesse parlando da solo, sporgendosi verso alcuni cespugli a lato del sentiero.

 

Poi vide una figura di spalle, avvolta da un mantello nero e con il cappuccio alzato, come se fosse pronta ad urlare di essere guardata.

 

-Hey, tu, sei per caso impazzito? Siamo in un luogo pubblico, avrebbe potuto vederti o sentirti qualcuno!- lo rimproverò Hermione con tono pedante.

 

La figura sussultò, girandosi appena e senza rispondere.

 

Incosciente e maleducato, a quanto pare.

Si avvicinò ancora, ormai fin troppo curiosa di conoscere il volto di quella persona che invece a quanto sembrava non aveva la benché minima intenzione di svelarsi.

 

-Mi hai sentito?- continuò la ragazza, scocciata di essere ignorata così apertamente.

 

Fu in quell'istante che la sua vita prese una direzione completamente diversa, scontrandosi con quella di quel ragazzo così silenzioso.

 

Quel ragazzo che non aveva mai, presuntuosamente, avuto bisogno di saper stare al mondo giacché era il mondo stesso che doveva modellarsi a lui.

 

Si guardarono, fissi occhi negli occhi: lei improvvisamente taciturna, lui improvvisamente nervoso.

 

-Si, Granger. Ti ho sentita- le rispose Draco a bassa voce, immagine perfetta di un animale impaurito.

 

Malfoy. Draco Malfoy.

 

Davanti a lei.

 

La guerra era iniziata.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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