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Autore: Maricuz_M    12/01/2013    10 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XXIV Capitolo


Think!
“Sto vivendo i giorni più belli della mia vita!”
“Hai circa cinque minuti per parlarcene, prima di entrare in casa della persona di cui stai per raccontare le mirabolanti gesta.” La informa Marco, non distogliendo gli occhi dalla strada.
“Non c’è poi così tanto da raccontare! Pensavo di non essere abbastanza, o comunque non adatta per una persona come Samuele, e invece.. Lo penso ancora, ma non quando sono con lui, ecco. Mi tratta come se fossi la migliore delle persone, come se per lui non esistesse nient’altro. E stiamo insieme da una settimana! Voglio dire.. Ah, io voglio sposarmelo. E’ perfetto! E’ persino meglio di come lo immaginavo, e per me era già perfetto prima!” sorrido intenerita mentre guardo Manuela gesticolare attraverso lo specchietto retrovisore. Quanto può essere persa? Non oso immaginare quanto sia felice di andare dal suo amato. Praticamente il mio opposto.
Questo pomeriggio, in chat, Ginevra mi ha informato che il progetto della serata sarebbe stato quello di guardare un film tutti insieme e cazzeggiare. Tutto questo proprio a casa di Simon. E fin qui, direi che non c’è niente di male. Il mio problema, è che casa di Simon è anche di Samuele, e la presenza di Samuele è direttamente proporzionale a quella di Filippo, individuo con cui non ho avuto nessun tipo di contatto per tre giorni, ossia dalla famosa uscita.
In sostanza, ancora non so il risultato delle sue riflessioni notturne, quelle in cui avrebbe capito ciò che gli avrebbe fatto vincere la nostra sfida e, purtroppo per me, ciò che lo avrebbe condotto direttamente alla scoperta dei miei interessi per lui. A meno che questa non sia già la sua idea. Ora che ci penso, non so chiaramente quali siano le domande di cui sta cercando la risposta.
Comunque vada, sono fottuta. Questo lo so.
Per questo motivo non ho preso molto bene la notizia del progetto serale. Ho avuto però tempo di calmarmi, e mi sono auto-convinta del fatto che.. Elle, se anche venisse tutto a galla, sopravvivrai in qualche modo
“Non vedo l’ora di vedervi insieme, stasera.” Commento, battendo le mani euforica, mentre Marco concorda con me annuendo contento.
“Non ci fissate, però, altrimenti sto in ansia.” Ci avverte, minacciandoci con l’indice. Mi metto una mano sul petto e la guardo. Lo prometto! Stai tranquilla, ho altro a cui pensare o, comunque, qualcun altro da fissare.
“Grazie, apprezzo!”
I successivi minuti consistono in brevi chiacchiere, parcheggio, scale e campanello. Gli ultimi scalini mi è sembrato di averli fatti a rallentatore, davvero. E’ stato un momento quasi eroico, sì. Certo, rappresentavo l’eroe prima della battaglia in cui molto probabilmente sarebbe morto, ma le migliori scene sono quelle più sentite emotivamente, no? La mia vita finirà con onore, e tutti l’applaudiranno come se avvenisse in un palcoscenico. Poi mi rialzerò.
Samuele ci spalanca la porta con sguardo speranzoso e felice, che certamente non cambia nel momento in cui proprio quello sguardo incontra l’espressione più innamorata che Manuela possa mai avere su quel viso. Mi volto verso Marco, mentre lui fa la stessa cosa. Cerchiamo di non ridere o di non reclamare la nostra presenza, ma per fortuna Samuele, da persona educata, saluta prima noi, così che quando entriamo può sbaciucchiarsi con l’amata quando gli pare e piace. Geniale!
Tutti quanti voglion fare il jazz!” dal salotto, Simon viene per il corridoio fermandosi in scivolata, braccia aperte e posizione molto teatrale. Wow, oggi uno spettacolo dopo l’altro. Comincia a ballare qualche passo ondeggiando in qua e in là, riprendendo a cantare la canzone degli AristogattiPerché resister non si può, al ritmo del jazz!
“Simon, per favore, implodi.” Entra in scena Ginevra, con le braccia incrociate, la spalla appoggiata allo stipite e l’aria annoiata. Simon non si dà per vinto, così le prende le mani con qualche sforzo e continua a muoversi “Perché non provi ed anche tu saprai com’è! E tutti quanti voglion fare il jazz!
“Ma ha cambiato marca di sigarette?” chiedo perplessa, divertita e spiazzata dalla sua allegria.
“No, è solo un uomo serio.” Mi risponde Samuele, alle mie spalle “Adesso c’ha la ragazza, ha messo la testa apposto.” Ah già, sono l’unica single insieme a Filippo e Jonathan.
“Stasera ci siamo tutti?” chiede Manuela.
Simon fa una giravolta, lasciando perdere Ginevra che stava ancora cercando di liberarsi, e ci degna della sua serietà “No, Jonathan è malato!” Perfetto.
“Damiano?” domando, alla ricerca di un appiglio. Il chitarrista alza le braccia e finge di stringere un trofeo “Ha cambiato compagnia!” Merda. Io e Filippo unici single. Spero che gli altri non decidano di fare le coppiette pucci-pucci proprio stasera.
“Roberto dov’è?” chiede Marco a Gin, togliendosi il cappotto. Giusto, me lo devo levare anche io.
“E’ in salotto al telefono!”
“Chi manca?”
“Filippo, Sonia e Vanessa.”
“Strano che Filippo non sia qui mezz’ora prima!”
“Sta arrivando, mi ha mandato un messaggio dicendo che era a discutere con il fratello.” Ci informa Samuele. Quando mi giro per guardarlo noto che ha il braccio intorno alle spalle di Manu e la tiene a sé come se volesse proteggerla. Mi sciolgo. Dio, questo ragazzo scioglie ghiaccio e persone, nella sua vita?! Un hobby?
Dopo neanche dieci secondi suonano il campanello, e giuro che per poco non mi sento svenire. Cristo, se è Filippo? Come faccio a guardarlo negli occhi? Ho paura. Ho paura. La calma di prima è scappata via, lontana da me. Probabilmente ha preso l’ascensore ed è rimasta bloccata lì, da sola ed inutile. Non respiro mentre Samuele apre la porta, rivelando la figura di Sonia. Svuotatevi, polmoni!
Dopo averla salutata, fuggo in camera di Simon per posare il cappotto, così lo lancio sopra agli altri. Devo farmi una ramanzina. Non posso stare tutto il tempo sul filo di un rasoio, porca troia! Mi passo una mano tra i capelli, pesticcio un po’ in qua e un po’ in là fin quando non sento la voce di Simon dall’ingresso “Oh, il signor Non-vengo-sempre-in-anticipo –pensate male, prego- si è degnato di arrivare!” Ma che cavolo..
Ok, e adesso? Non voglio uscire, sarei costretta ad un confronto troppo diretto. Se magari aspettassi un minutino potrei evitarlo e limitarmi, poi, ad un saluto veloce e distratto dopo. Sì, è un piano perfe-
“Eleonora, che stai facendo?”
Salto sul posto e mi poso una mano sul petto, percependo il cuore battere con un’intensità assurda. Guardo Filippo con gli occhi sbarrati, sparando le peggiori parolacce in ogni angolo della mente. Fuori il silenzio. Lui è semplicemente fermo sulla porta, con ancora la mano stretta sulla maniglia, il giubbotto dall’altra parte e la fronte aggrottata.
Mi schiarisco la voce, incrocio le braccia fingendo tranquillità e alzo le spalle “Niente.”
“Sembrava tu stessi pensando ad un posto per nascondere il corpo dell’uomo che hai ucciso.”
“Non ho ucciso nessuno.”
“Sembrava, ho detto.” Puntualizza, avvicinandosi per posare l’indumento. Volta la testa verso di me, poi abbozza un sorriso “Comunque, buonasera.”
“Buonasera..” soffio, guardandolo dal basso. Ammirandolo. Sbavando, molto probabilmente.
“Sul serio, a che stai pensando?” riprende il discorso, inclinando come al solito la testa. Ah, non te lo dirò, no davvero! Non se inclini la testa!
“Ho lasciato.. Il motorino sul.. tavolo.” Invento, consapevole del fatto che questa frase non ha senso. In realtà voglio solo distrarlo. Non sono completamente uscita di testa, tranquilli.
“Ah. Beh, questo è un guaio.” Annuisce convinto “Come risolvi?”
“Applico il teorema di Pitagora ed il gioco è fatto!” sorrido e gli do un paio di pacche sul braccio –di una notevole consistenza-, prima di superarlo per raggiungere gli altri. Ne sono uscita indenne, ok.
Arrivata in salotto vedo che è arrivata anche Vanessa e che si sono già sistemati tutti. Samuele, Manuela, Roberto e Ginevra si sono offerti per stare sul tappeto, gli altri sono sui divani “Guarda un po’, quel vuoto sarebbe perfetto per le uniche due persone rimaste in piedi!” sbraita la mia acida voce mentale. Sospirando, mi siedo vicino alla rossa, sistemata ovviamente accanto a Simon, e pochi secondi dopo, alla mia sinistra, si accomoda un calmissimo Filippo. Ah, ma fanculo!
Dopo le prime futili chiacchiere, vengono spente le luci e l’attenzione di tutti è focalizzata solo e solamente sullo schermo della tv. Ok, lo ammetto, la mia non è concentrata solo su quello, ma perché ripetere la causa della mia tensione? Fatemela ignorare.
Rimango stupita, inizialmente, quando vedo tutti piuttosto presi dal film, tanto che riesco quasi a rilassarmi.
Passano i minuti, le coppiette si fanno tutte più vicine. Scappa qualche bacio sulla guancia. Poi sulle labbra. A volte qualche pomiciata. Direi che ho cantato vittoria troppo presto. E’ veramente deprimente, considerando il fatto che vorrei fare tutte le cose elencate precedentemente con il ragazzo vicino a me che, scrivetelo sul calendario, si sta muovendo piuttosto nervosamente.
Siamo più o meno a metà visione, quando Filippo tira fuori dalla tasca il cellulare. Aggrotto la fronte contrariata. Perché non combatte con me, invece di farsi i cazzi suoi? Traditore!
Sblocca lo schermo, lo sfiora per aprire i messaggi e seleziona “Nuovo messaggio”. Mentre fa tutto questo, inclina verso di me l’apparecchio per fare in modo che io legga ciò che sta scrivendo. Istintivamente, sposto il busto verso di lui per facilitarmi l’impresa. Mi concentro e guardo le sue dita muoversi e le lettere formarsi sullo spazio bianco “Ti va se ci spostiamo da qualche altra parte? Tanto se ce ne andiamo non se ne accorge nessuno.
Oh, Cristo. Di male in peggio.
Cerco di valutare tutte le opzioni possibili. L’idea a cui sono più propensa è quella in cui io mi butto  direttamente dal balcone, ma non mi va più di tanto di morire. Se rimango qui, la conversazione è comunque solo rimandata, e resterei a reggere il moccolo di altre quattro coppie. Tristissima prospettiva. Incredibile, ma vero: la soluzione in cima alla lista delle meno peggio, è quella di accettare. Annuisco, senza alzare lo sguardo, e aspetto di vederlo alzarsi per fare la stessa cosa.
Presi dal film o dalla lingua dell’amato, nessuno realizza pienamente il fatto che ce ne stiamo andando con passo felpato.
“Respira, Eleonora” mi dico mentre lo seguo per il corridoio “Se ci deve essere una fine del mondo, sarà a Dicembre, non a Febbraio.
Entra in camera, aumentando la mia ansia, se possibile. Visto che sono masochista, chiudo io stessa la porta, guardandolo accomodarsi sul letto, davanti alla catasta di giubbotti. Non sapendo cosa dire o fare, mi dondolo spostando il peso dalle punte dei piedi ai talloni, ripetutamente. Mi studia per un po’, poi sorride divertito “Sempre più tesa.”
“Adesso lo sai, il motivo, o sbaglio?” mormoro, facendo un passo verso di lui e fermandomi ancora.
“Penso di saperlo..” annuisce e abbassa la testa, strusciandosi i palmi sulle cosce. Quando torna alla posizione precedente con uno scatto del collo per spostarsi il ciuffo di capelli che gli davano fastidio, picchietta la mano sul letto, invitandomi a sedermi. Dopo vari movimenti incerti, mi ritrovo seduta, il suo braccio a contatto col mio. Lui, sicuramente per permettermi di stare tranquilla –vi anticipo che è una frase sarcastica-, mi guarda senza far trapelare nulla. Dolce.
Mi schiarisco la voce e tiro su le spalle, girando gli occhi in qua e in là “Sempre più tesa.” Ripeto, per fargli capire che, se vuole parlare, deve farlo prima che scappi a gambe levate.
“Non pensi sarebbe più giusto se lo dicessi tu?”
“No.” Rispondo io, di botto. Non sia mai. Magari non ha capito e mi dice una stronzata, voglio lottare fino all’ultimo, io!
“Sei sicura?”
“Su questo, sì.”
“Dubiti delle mie capacità? Se dico che penso di sapere, significa che penso di sapere. Che, secondo me, la situazione è in un certo modo. E guarda che ci ho ragionato parecchio..” insiste, continuando a puntarmi con quegli occhi azzurro intenso.
“Non dubito. So tutte le cose che mi hai detto, ma tanto vale tentare..”
Dopo qualche attimo di silenzio, sospira “E’ colpa mia.”
“A cosa ti riferisci, esattamente?” chiedo, fissando le mie scarpe. Quando le ho sporcate di fango?          
“A tutto. Qualsiasi cosa è riconducibile a me. Aspetta, rettifico: non è una colpa. E’ più esatto dire che sono la causa. Il tuo continuo sentirti sotto pressione, i tuoi giorni di demoralizzazione totale.. Non c’è altra via.” Notando che non avrei aperto minimamente bocca, prosegue “Non me ne sono accorto prima per più di un motivo. Prima cosa, non mi sembrava che ti procurassi così tanto stress. Sì, eri tesa, ma quando parlavi con me, direttamente.. Insomma, tutto era tranquillo, naturale, spontaneo. Anche da parte mia, ovviamente. In secondo luogo, per più di una ragione che probabilmente ti illustrerò dopo, non volevo montarmi la testa, diciamo. Sai, ci vuole un’alta considerazione di se stessi se ci si rende conto di essere ciò che determina umore e azioni di un altro individuo. Ecco, non volevo accrescere troppo il mio ego prima del tempo.” A questa seconda pausa, mi impongo di dire qualcosa. Occhi sempre sulle scarpe.
“E come sta il tuo ego, adesso?”
“In qualche modo, rientra tra le ragioni per cui non volevo montarmi la testa.”
Non voglio sentire la mia tensione, il battito frenetico del mio cuore o l’aria che fatica ad entrare o uscire dai polmoni. Mi concentro solo sul suono calmo e rilassante della sua voce e la sensazione dei suoi occhi su di me “Eleonora..” mi chiama dolcemente “E’ così, vero?”
Annuisco piano, consapevole di aver dato la conferma finale. Lo sento sospirare piano, poi nessuno parla più: io perché non ho intenzione di farlo, lui perché sta sicuramente pensando a cosa dire. Non ho idea di cosa voglia aggiungere, e preferisco non pensarci. Potrei deprimermi, oltre che ammutolirmi.
“Solo..” sussurra “Non mi torna una cosa. C’entra relativamente, con questo discorso..”
“Quale..?” riesco a chiedere.
“Perché hai così poca fiducia in te stessa?”
“Sono nata così..” mi giustifico, accavallando le gambe e osservando adesso le mie ginocchia.
“Ne sono certo, ma.. Elle, l’altro giorno hai fatto un discorso strano dicendo ‘uno come te’ e ‘una come me’. Vorrei chiarire che, lì per lì, mi sono innervosito perché tu sottovaluti te stessa e, molto probabilmente, sopravvaluti me.” Spiega, tra l’altro l’unica cosa che ho capito di quel pomeriggio.
“Non ti sopravvaluto affatto.”
“Invece sì.”
“Allora anche tu, ti sottovaluti.” Affermo.
Dopo un breve silenzio, risponde “Ti vedo convinta anche su questo.”
“Lo sono.” E per svariati motivi. Wow. Se potessi vedere solo i dialoghi di questa scena direi che la ragazza ha le palle. Il fatto che tenga gli occhi piantati su qualsiasi cosa purché non appartenga a lui, rovina un po’ il mio coraggio, che non è altro che estraneazione. Aveva ragione, Marco, quando mi diceva che ero capace di uscire dal mio personaggio.
“Beh, allora ti ringrazio.. Ma dovresti avere più autostima ugualmente.”
“Certo..”
“Ascolta, Eleonora.” Ordina, schioccandomi le dita davanti alla faccia, facendomi sussultare “E guardami.” Sbuffando, eseguo. Caspita, quanto diavolo siamo vicini?
“Se tu riuscissi a convincerti di essere come ti vedono gli altri, me compreso, ti accorgeresti di un sacco di cose. No, di più, forse. Questo se solo tu aprissi gli occhi.”
“Ho gli occhi aperti.” Dico, fissandolo.
“Ma non ragioni. So che lo sai fare, allora fallo!” mi incita, con un qualcosa che mi sa di esasperazione.
“Adesso?”
“E quando, altrimenti? Pensa a quando sono venuto a prenderti il quindici. Perché l’ho fatto, secondo te? E valuta tutti gli aspetti, non solo quelli che ti pare.”
“Tu.. Tu mi hai detto che volevi..” tossicchio, imbarazzata “Ehm, volevi passare la giornata con me.”
“E quindi?” mi sprona “Ra-” ma non ottiene il risultato sperato, essendo interrotto dalla porta, che si spalanca all’improvviso.

 


WOW.
Capitolo finito ieri a scuola, questo. Il tempo inesistente.
Non commento neanche! Lascio a voi la parola, io ne ho messe fin troppe!
Ah, e se volete infamarmi perché ho bloccato il capitolo in una situazione dimmerda, fatelo pure! LOL. Sono davvero una sadica, me lo dicono spesso.

Prossimo capitolo in programma per il 19 Gennaio. Tra una settimana, sì, lo so. 
Ho faticato a scrivere questo, e la prossima settimana sarà molto, moooolto piena di impegni, 100 volte più di questa. 
Scusate. :(

Al concerto ci sono andata, ed è stato bello. Meraviglioso. Stupendo. Grazie a chi mi ha fatto l'in bocca al lupo la scorsa volta! LOL
E grazie a chi, in generale, mi segue. :)
Siete tutti meravigliosi. Più del concerto, forse, perché lo siete tutti i giorni. <3 (diabete mode: on)

Ci vediamo Sabato prossimo, e grazie a tutti. :)

Maricuz
   
 
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