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Autore: afterhour    14/01/2013    4 recensioni
E' possibile convincere Sasuke Uchiha a tornare a casa?
Perchè la guerra è finita da pochi mesi, e lui, ovviamente, non è tornato.
Intanto Sakura si arrabatta tra lavoro, genitori, nonna impicciona, e un grosso...grosso problema frutto del loro ultimo incontro, ormai convinta che a lei il lieto fine sia precluso...
Ma non bisogna mai perdere la speranza!
Sasusaku
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Eccomi qua con la terza parte.
C'è il confronto tra Sasuke e Sakura, per cui non è molto comico, come potete immaginare.
Buona lettura!



3.
SAKURA E SASUKE

Sasuke era qui.
Quando Naruto l’aveva chiamata per dirle che lo aveva ‘sentito’, non ci aveva neppure creduto.
E invece era qui, vivo.

Sasuke.

Le pareva ancora impossibile e continuava a guardarlo, e guardarlo, aveva continuato a guardarlo per tutta la notte, mentre lui dormiva, e spesso lo aveva toccato, accarezzato, per assicurarsi che fosse vero, che non fosse un sogno.
Sasuke era lì e forse…forse non era più sola, forse non doveva affrontare quella cosa da sola.

Ma questa era solo un’illusione, la verità era che l’effetto del narcotico che gli aveva iniettato era svanito un paio d’ore più tardi, e subito dopo avevano dovuto sedarlo di nuovo, non c’era stato altro modo, ed era solo per questo che lui aveva dormito per buona parte della notte nella stanzetta in più che la nonna usava una volta per lei ( quando ancora andava a trovarla spesso), e solo per questo ora era lì, seduto accanto a lei, privo del proprio chakra e… prigioniero.

Avevano dovuto legarlo, era l’unico sistema, l’unico modo per trattenerlo abbastanza per potergli parlare, ma la felicità di averlo accanto a sé sano e salvo, di poter rivedere ancora una volta i suoi occhi neri, era totalmente sopraffatta dall’angoscia di vederlo così, incatenato alla sedia, invisibili stringhe di chakra che gli impedivano di muoversi se non con lentezza e fatica, lui che guardava di fronte a sé come un leone in gabbia, abbattuto, infelice, disperato.

Era dalla fine della guerra che lei e Naruto studiavano il da farsi, che a fatica, con impegno, si dedicavano a Sasuke, al suo futuro, con l’intento di riabilitare lui e il suo nome perché non ci fosse niente che gli impedisse di tornare, e credevano ingenuamente di avere sistemato tutto, di avere previsto e pianificato ogni cosa, e invece…
Non era così che aveva sperato di ritrovarlo, di rivederlo…di spiegargli.

Tuttavia era restata lì, a casa della nonna, per tutto il tempo, decisa a rimanergli accanto ad ogni costo. Si era allontanata da lui solo per rispondere ai suoi che erano passati a mo’ di gendarmi a controllare, come se avesse senso provare a controllare una figlia che faceva la ninja di professione, che aveva combattuto in una guerra.
Aveva risposto frettolosa alle domande ridicole di sua madre.

 - Sì, è Sasuke –

 - E’ tornato per restare? –

 - No…non so… -

 - Tuo padre mi ha raccontato che lo hai baciato…ricordati di tutto quello che ha fatto, non conti niente per lui, tienilo a mente…non ricominciare…-

  - Non ricomincio –

Aveva risposto meccanicamente, senza neppure ascoltare, e quando finalmente se ne erano andati era tornata da lui, per tentare di fargli mangiare qualcosa, invano: non mangiava, non beveva…non parlava.

 - Non è tenendolo prigioniero che si conquista un uomo – aveva commentato la nonna.

Non sapeva cosa si fosse aspettata mentre lo guardava dormire, mentre sperava, purtroppo, e mentre stava lì a chiedersi se doveva dirglielo, se doveva dirgli ‘quella cosa’.

Aspettava un figlio da lui, avrebbe avuto bisogno di lui, aveva davvero bisogno di lui ora, e come una stupida aveva pensato che dopo quell’ultimo incontro ci fosse un legame, tra loro.
Stupida.
Non si era mai resa così conto di essere sola, di essere destinata a rimanere sempre sola.

Appoggiò il bicchiere pieno d’acqua che gli aveva inutilmente offerto per l’ennesima volta e lo guardò.
Naruto li avrebbe raggiunti quanto prima, non appena si fosse liberato di alcuni impegni, e dopo…dopo avrebbero trovato il modo per farlo ragionare, o almeno era ciò che sosteneva lui, ma ci avevano provato a lungo quella mattina e ormai lei non era più sicura che ci fosse un modo, no, non credeva che ci fosse un modo.

Sasuke voleva andarsene, svanire di nuovo, e se c’era una cosa che Sakura aveva imparato bene era che non gli si poteva impedire di fare quello che aveva deciso di fare.
Mai.
In nessun modo.

 - Ti liberiamo presto, non preoccuparti – ripeté per l’ennesima volta allungando la mano per toccarlo, ritraendola subito dopo prima di farlo – non sei un prigioniero, non sei più neppure ricercato, Naruto si è preso cura di tutto…speravamo… - continuò quel ridicolo monologo – …questa è casa tua, e speravamo che il fatto di avere deciso di aprire tutti gli archivi segreti, raccontare tutto, punire chi deve essere punito… potesse sistemare tutto… speravamo che conoscendo queste nuove condizioni volessi fermarti… –

Lui non parlava, non le aveva detto una parola, ogni tanto la guardava come se non la vedesse e a lei veniva da piangere.

 - Questa è casa tua – ripeté in un bisbiglio - presto gli Uchiha potranno riposare in pace…non potresti, anche tu…? –

Ma non serviva, lui non parlava, lui neppure ascoltava.

 - Scusa, so che odi sentirti così - mormorò più a se stessa che a lui – ti voglio tanto, tanto bene –

 - Bene… - aprì la bocca lui per la prima volta, e suonava sarcastico, e stanco, troppo stanco – così bene che una volta hai provato ad uccidermi con l’inganno, ed ora mi hai abbracciato per potermi tramortire –

 - Perdonami - bisbigliò – quella…è stata la cosa peggiore che ho fatto nella vita, non me la perdonerò mai, ma lo sai bene questo, e pensavo fosse chiusa, dimenticata, come io ho dimenticato tante, troppe cose…ed in quanto ad ora…non avevo scelta, e non ne sono pentita…almeno ci ho provato - si zittì e tornò a guardare il suo profilo – Naruto vuole parlarti ancora, e poi ti liberiamo, e…e potrai fare ciò che vuoi, sei un uomo libero …e in quanto al resto, lo sai che ti voglio bene, credo di avertelo dimostrato –

 - Pffh – sbuffò lui tentando ancora una volta di divincolarsi.

Si rese conto che non sarebbero andati da nessuna parte con lui: al momento, semplicemente, si rifiutava di ascoltare.
Forse…forse avevano sbagliato, forse dovevano lasciarlo libero, forse in quel modo non li avrebbe ascoltati mai, qualsiasi cosa dicessero… invece magari dopo, più tranquillo, non costretto, ci avrebbe pensato.
O forse no.

 - Liberami Sakura, liberami se mi vuoi bene –

Lei si guardò le mani che si tormentavano come si tormentava lei, nei suoi pensieri, e pensò al loro ultimo incontro, ai baci, alla tenerezza con cui l’aveva accarezzata.
In qualche modo aveva dimostrato che gli importava di lei, o almeno così aveva creduto, no… ne era sicura, ma questo non significava che sarebbe rimasto, che gli importasse abbastanza, e non capiva come avesse potuto illudersi ancora.
Stupida.

Non sarebbero arrivati a niente, lo sapeva, se neppure Naruto era riuscito a convincerlo finora, non credeva ci fosse un altro modo.
Lo guardò seduto come un animale in gabbia, furioso, disperato, e si alzò di colpo.

 - Mi raccomando, muoviti lentamente per qualche minuto, e ricorda che ci vorrà un quarto d’ora prima che il chakra ritorni perfettamente normale – spiegò, Naruto si sarebbe arrabbiato, ma non importava.

Gli tolse in fretta le manette prima di cambiare idea, e iniziò a liberarlo dei fili di chakra tentando di non pensare a quello che stava facendo.

 - Ti chiedo solo di ascoltarmi prima di andartene, devo dirti una cosa importante, non volevo dirtela mentre eri legato –

Non appena libero si era alzato di scatto, aveva vacillato ma era rimasto in piedi nonostante la debolezza che le restrizioni del chakra gli avevano procurato, ed era così da lui questa capacità di rimanere in piedi, dritto, nonostante tutti i colpi, tutti i pesi che sopportava, che due lacrime le erano scese dagli occhi.
Rimani in piedi, incrollabile nonostante tutto, ho bisogno della tua forza, ne ho bisogno, si disse, ma lui era già alla porta, e Sakura guardò le sue spalle pensando che alla fine si ritrovavano ancora lì, allo stesso punto, all’infinito.
Farò da sola, si disse allora, e si rese conto che non era neppure delusa, che non si era mai aspettata altro, o di più.
Una parte di lei aveva sempre saputo di essere sola.

 - Cosa devi dirmi? – si fermò invece lui, senza aprire la porta che lei aveva chiuso, più che altro per impedire alla nonna di intromettersi.

Aspettò che si riavvicinasse a lei senza sapere bene cosa fare, cosa dire.
Era tutta la notte che ci pensava.
Doveva dirglielo? Era il padre, aveva diritto di saperlo, ma…
Come l’avrebbe presa?
Cosa avrebbe fatto?
Non lo sapeva, poteva arrabbiarsi, poteva reagire in qualsiasi maniera, anche assurda, non lo sapeva.
 E se…se fosse rimasto? E se fosse stata l’unica cosa che poteva farlo rimanere?
Ecco…La verità era che nonostante avesse sognato di dirglielo, di sistemare ogni cosa dicendoglielo, sotto sotto non aveva mai pensato di farlo, non veramente.
In parte aveva paura, e in parte, anche, non voleva che lui rimanesse con lei solo per quello, che si sentisse ricattato.
Avrebbe voluto dirglielo dopo, quando lui avesse deciso di restare, avrebbe voluto essere sufficiente lei per quello, ma dentro di sé aveva sempre saputo di non esserlo.
Non lo era mai stata.

Sasuke ora era di fronte a lei e la guardava, sembrava calmo, e forse avrebbero dovuto lasciarlo libero immediatamente, forse avevano sbagliato completamente tattica; e non solo ora, da subito, da quando avevano continuato ad inseguirlo per provare a riportarlo indietro senza il suo consenso.
Da quando avevano tentato di fargli fare quello che volevano loro, di manipolarlo, come tutti gli altri.

 - Posso chiederti una cosa prima? – e dato che lui non rispondeva, ma neppure se ne andava, continuò - …il fatto che costruiremo una Konoha diversa, anche con te se ci sarai, non è proprio niente per te? –

Lui aveva esitato un istante.

 - Al momento non è abbastanza –

Una risposta semplice, chiara. Non era abbastanza, come non lo era lei, come non era mai stata abbastanza lei.

 - Forse, un giorno –

Un giorno…forse…
Lui non era uno da vaghe promesse, non diceva così per dire, mai, e in quel modo nebuloso la sua poteva sembrare davvero, quasi, una promessa.

 - Ti aspetterò – mormorò d’impulso, scontenta di sé per la sua debolezza, eppure, in fondo, rassegnata.

 - Perché? Non è giusto, non devi sacrificare il tuo tempo ad aspettare, non voglio –

 - Ma lo faccio lo stesso, per te – ammise continuando a guardarlo, la mano che si sollevava per toccarlo e ancora una volta non osava – perché tu sappia che qui c’è qualcuno che ti aspetta…non è abbastanza ma è qualcosa…forse un giorno sarà abbastanza –

Lui si era avvicinato e le aveva sollevato il mento.
Le aveva baciato gli occhi velati di lacrime, e poi le labbra, e l’aveva guardata con un calore che era lo stesso che le aveva riservato quel giorno, quando si erano incontrati e avevano fatto l’amore, un calore che le diceva che gli importava, anche se non abbastanza, mai abbastanza.

 - Se dovessi decidere di fermarmi da qualche parte, sarebbe qui, con te…lo sai –

Lo sapeva, solo che questo in realtà non era abbastanza, neppure per lei.

Lui si scostò e la guardò in attesa, ed adesso avrebbe dovuto dirglielo, ma non aveva più parole, neppure una, provava solo un’angoscia profonda, e tristezza, così tanta tristezza.

 - Cosa volevi dirmi? – le chiese apertamente.

La scrutava attento, pronto ad ascoltare ora, e lei pensò che davvero era stato stupido tenerlo prigioniero, e poi si disse che probabilmente lui credeva che quello che voleva dirgli non fosse niente, forse le solite frasi, la solita dichiarazione d’amore.
Eppure rimaneva lì ad aspettare, ad aspettarla.

 - Niente…niente, non importa – sussurrò.

 - Dimmelo adesso, Sakura, avevi detto che era importante, e potrebbe essere la tua ultima occasione –

Già, la sua ultima occasione.

 - Non… so se lo vuoi sapere – chiarì, la voce che le si incrinava appena, e le dispiaceva per quello, perché si era ripromessa di non piangere, e come al solito non c’era riuscita.
Guardava a terra ora, agitata.

 - Se c’è qualcosa da sapere, non nascondermelo, mi hanno sempre lasciato all’oscuro di troppe cose, tutti…non voglio più essere tenuto all’oscuro, voglio sempre sapere –

Sì, lo capiva, aveva ragione, ed era giusto che sapesse, lei non voleva essere come tutti gli altri.
Alzò la testa e lo guardò con tutta la forza che riusciva a racimolare, il cuore che batteva forte.

 - Sono incinta – fece uscire in fretta.

Tutto qui.

Lui l’aveva guardata senza capire per una frazione di secondo, poi l’aveva fissata sbalordito, infine agitato.
Avrebbe voluto che l’abbracciasse ora, solo quello, poi poteva andarsene dove diavolo voleva, ma almeno un abbraccio, almeno quello…

 - Cosa…chi è il padre? –

Per un momento si sentì morire, e forse era per quegli ultimi mesi di angoscia e paura, o per tutti quegli anni spesi ad amarlo nonostante tutto, ma una rabbia potente, incontrollabile, aveva sovrastato le altre sue emozioni, e gli tirò uno schiaffo.
Non un pugno, non meritava neppure un pugno, solo un schiaffo, così forte che il volto di lui si era girato.

 - Vattene – sibilò disgustata mentre lui si portava la mano alla guancia – vattene via, preferisco arrangiarmi da sola –

Si voltò dall’altra parte ignorando le lacrime di rabbia, di delusione, che le scendevano sulle guance, pentita di avere parlato.
Che…che stronzo.
Non riusciva a pensare ad altro se non a quanto fosse bastardo per avere solo pensato che...

 - Vattene via – ribadì, ed aspettò davvero che lui se ne andasse, perché in quel momento non voleva più vederlo, non voleva vederlo mai più.

Non c’era stato un suono, un rumore, ma ormai lui doveva avere riacquisito tutte le sue capacità e sicuramente se ne era andato, sì, ne era sicura, lo conosceva.
Lui se ne andava sempre.

Un minuto dopo, o un’eternità, non sapeva, si voltò.
Sasuke era ancora lì, e la guardava incerto, forse anche un po’ spaventato, probabilmente senza la più pallida idea di cosa fare.

 - Sei ancora qui? – gli chiese amara, osservando soddisfatta che la pelle bianca del suo bel viso mostrava il segno rosso delle dita.

 - E’ mio figlio – mormorò lui, e pareva davvero scosso, nervoso.

 - E di chi pensavi? – replicò sarcastica.

 - Potevi …avermi dimenticato –

Idiota.

  – Comunque non cambia niente – gli fece – io non ti chiedo niente, non voglio niente –

 - Mi fermo… - le spiegò, come se non gli avesse appena detto che non lo voleva - qualche giorno – precisò più deciso – devo…pensare –

 - Fa quello che vuoi – gli rispose stanca, e si avviò lei alla porta.

Era davvero stanca, e in quel momento non sopportava più la tensione costante che lui rappresentava.
Non faceva bene al bambino.

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