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Autore: ChocolateClaire    14/01/2013    2 recensioni
{01. Scialuppe e mostri marini; Sirius Black non si era mai sentito del tutto normale, ma doveva ancora capire se effettivamente la colpa fosse o non fosse sua}
{02. Bauli, mantelli, maglioni e biscotti; Remus, nonostante i suoi undici anni, aveva un buon metodo quasi per ogni cosa. Quindi i suoi genitori non si stupirono più di tanto quando, dopo essere entrati nella camera da letto del figlio, lo videro intento ad appallottolare i calzini e a riporli con cura all’interno del vecchio baule di famiglia. Aveva persino separato i bianchi dai colorati}
{03. Iniziare nel peggiore dei modi; Il ragazzo che lo aveva salutato, lo riconobbe immediatamente, era lo Spettinato del treno}
{04. Preludio all'amicizia; La loro amicizia non era sbocciata immediatamente, ma aveva avuto bisogno di tempo per mostrarsi in tutte le sue potenzialità. Certo, James e Sirius si erano conosciuti sull’Espresso per Hogwarts, ma il primo incontro non aveva sancito da subito il solido rapporto che tra i due si sarebbe instaurato solo parecchie settimane dopo}
Raccolta di momenti riguardante la Old Generation, focalizzata in particolare su Sirius, Regulus, Remus e James.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Granelli di sabbia

 

 

 

 

 

Hogwarts, primo settembre 1971

 

Sirius era sbalordito come poche volte lo era stato fino a quel momento. In molti gli avevano raccontato le straordinarie meraviglie di Hogwarts, ma non pensava che fossero davvero così… meravigliose. Persino uno come lui, abituato al lusso e allo sfarzo, era rimasto a bocca aperta una volta intravisto il castello dalle acque del lago, in un crescendo di stupore fino all’ingresso in Sala Grande. Non riusciva a staccare gli occhi dal soffitto nonostante il collo teso cominciasse a fargli male; il cielo stellato sembrava così dannatamente reale che per un attimo Sirius aveva pensato di trovarsi veramente all’aperto.

Quando poi fece la sua comparsa davanti ai nuovi studenti una strega dall’aria severa con un vecchio cappello logoro tra le mani, Sirius sapeva già che si trattava della Professoressa McGonagall e del Cappello Parlante, quindi fece a meno di prestare attenzione ai discorsi sullo smistamento e iniziò a guardarsi intorno, alla ricerca di un ragazzino con cui quella mattina aveva fatto amicizia, sull’Espresso per Hogwarts; aveva dei capelli improponibili e parlava decisamente troppo, ma Sirius lo aveva trovato comunque simpatico. Durante il tragitto, questo James gli aveva praticamente raccontato tutta la sua vita, e Sirius aveva stranamente trovato rincuorante tutto quel ciarlare incessante ed egocentrico, perché non aveva affatto voglia di parlare di sé. Solo che, una volta giunti a destinazione e scesi dal treno, lo aveva perso di vista tra la folla.

Dopo qualche secondo di ricerca finalmente lo intercettò. Cercò di raggiungerlo facendosi strada a fatica nell’ingorgo di matricole, e gli era veramente vicino quando qualcuno gridò:

 

« Black, Sirius! »

 

Sirius si voltò di scatto, il braccio, che stava per richiamare l’attenzione di James, ancora sospeso a mezz’aria.

 

Oh, cavolo. È già il mio turno, pensò. Un po’ gli dispiaceva; sarebbe stato smistato a Serpeverde e il ragazzino spettinato, che sul treno non aveva fatto altro che ripetergli di essere praticamente certo di finire a Grifondoro, non gli avrebbe sicuramente più rivolto la parola…

Sirius sbuffò e si avvicinò svogliatamente allo sgabello posto al centro della sala.

 

Bene, un altro giovane Black, disse una vocina dentro di lui quando il cappello gli venne posizionato sulla testa.

 

Sirius sapeva che la voce proveniva dal Cappello Parlante, quindi non si stupì.

 

Ma c’è qualcosa di diverso in te; un animo indocile e sfrontato come il tuo può stare bene solo in… GRIFONDORO!

 

Gli occhi di Sirius si spalancarono per la sorpresa, la bocca si dischiuse in una piccola smorfia sghemba.

Non ci poteva credere. Certo, sul treno aveva detto qualcosa come forse andrò contro la tradizione, ma stava scherzando. O meglio, avrebbe voluto andare contro la tradizione, ma non credeva che sarebbe successo veramente.

Aveva la testa così piena di pensieri che neanche si rese conto di aver raggiunto, più come un automa che come un essere umano, la tavolata di Grifondoro. Stringeva mani e riceveva pacche sulle spalle, ma la sua mente era altrove. E andò avanti così, fino a cena conclusa, sentendosi come in una bolla di sapone, irrealisticamente allegro e allo stesso tempo teso, tesissimo all’idea di quello che avrebbero detto i suoi.

 

*

 

I piatti erano vuoti già da un pezzo quando agli studenti del primo anno fu richiesto di seguire i Prefetti per raggiungere i rispettivi dormitori. Sirius avanzava sovrappensiero con la folla, le mani immerse nelle tasche anteriori dei pantaloni, quando una mano gli si posò ben salda sulla spalla, facendolo voltare. A fissarlo con un’espressione rabbuiata c’era sua cugina Narcissa.

 

« Che cosa vuoi?! » sbottò subito lui, sulla difensiva.

 

« Cosa voglio?! » iniziò quella, inviperita, « Grifondoro, Sirius?! Fra tutte le Case, proprio Grifondoro?! La Casa degli idioti senza cervello?! Prima mia sorella dà di matto e fugge col primo Sanguesporco che le capita, e adesso questo… Manca davvero poco e saremo lo zimbello di tutti— »

 

Sirius non le permise di concludere; fece dietrofront e si allontanò. Non sono costretto a sentire queste cretinate. Non qui, pensò arrabbiato.

 

« Sappi che se non mandi tu un gufo alla zia, lo farò io! » strillò quella alle spalle del cugino, indispettita a morte per quella mancanza di considerazione.

 

*

 

L’allegro intermezzo familiare lo aveva fatto rimanere indietro, e così Sirius aveva perso di vista sia i Prefetti che i suoi compagni di dormitorio. Quando raggiunse la Torre di Grifondoro ― e la raggiunse dopo un bel po’, solo grazie all’aiuto di un ragazzo più grande ― la Sala Comune era quasi vuota e la maggior parte della gente era a disfare i bagagli. Si avvicinò di corsa alle scale a chiocciola e tentò di risalire i gradini a due a due, ma, sorprendentemente, si ritrovò disteso per terra.

Un ragazzo seduto in una delle poltrone vicine al camino gli rise candidamente in faccia. A giudicare dall’aspetto, doveva essere dell’ultimo anno.

 

« Ragazzino, quelle portano ai dormitori femminili » disse divertito indicando le scale ai cui piedi si trovava Sirius. « Tu devi andare da quella parte… »

 

Sirius si alzò in piedi borbottando qualcosa e, maledicendo mentalmente sua cugina, salì di corsa l’altra gradinata.

 

*

 

Non si poteva dire che Sirius non fosse di cattivo umore quando spalancò la porta del suo dormitorio. In realtà ne aveva spalancate molte altre, ma quella era la prima camera in cui si imbatteva con un letto rimasto libero, quindi Sirius ci si ficcò dentro senza troppe cerimonie.

 

« Ehi, ciao! » disse allegramente qualcuno alla sua sinistra.

 

Sirius si voltò di scatto in direzione di chi aveva parlato, l’espressione del volto che sfoggiava l’esclusivissimo broncio dei Black. Il ragazzo che lo aveva salutato, lo riconobbe immediatamente, era lo Spettinato del treno. Dopo lo smistamento e la successiva serie di disavventure, Sirius lo aveva completamente messo nel dimenticatoio.

 

« Oh, sei tu… » borbottò Sirius.

 

James, che non si aspettava tutta quella freddezza, lo guardò prima sorpreso, poi lievemente accigliato. Sirius se ne accorse e distolse lo sguardo, troppo nervoso per dire qualsiasi cosa che potesse sembrare abbastanza amichevole da risolvere la situazione.

Calò il silenzio e Sirius, che detestava sentirsi a disagio, si guardò intorno con aria sfacciata, concentrando l’attenzione sugli altri due ragazzini presenti nella stanza. Il primo, che lo fissava pacatamente e che aveva in mano un paio di calzini appallottolati, sembrava sul punto di cadere malato; il viso sottile era così pallido che la lunga cicatrice che gli spaccava a metà il sopracciglio destro risaltava sulla pelle come un lampione nel cielo notturno. La trasandatezza della sua divisa, logora e rattoppata in più punti, appariva così vistosa che Sirius dovette, inaspettatamente, trattenere a forza una smorfia di disappunto seconda solo a quelle di sua madre. Il secondo ragazzino, un tipo dall’aspetto grassoccio e insignificante, lo scrutava invece nervosamente, mordendosi le unghie con una tale violenza che Sirius si chiese come facesse ad avere ancora cinque dita per mano.

Il silenzio adesso si era fatto davvero troppo pesante, e Sirius, consapevole del fatto di apparire come un autentico piccolo bastardo arrogante, fece toccare al suo malumore picchi vertiginosi.

Non potevo cominciare peggio di così, pensò rabbiosamente mentre si avvicinava al letto  rimasto libero e iniziava a frugare nel suo baule in cerca del pigiama. Con la coda dell’occhio vide James fare spallucce e lanciare agli altri due occhiate eloquenti.

 

  
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