Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: marygirlonfire    16/01/2013    1 recensioni
'Eccola. Lucy Reaward era davanti alla buca delle lettere scolorita sotto il Comune, lanciava occhiate nervose attorno a se e stringeva la lettera che doveva spedire. Le mancava solo il coraggio.
E se non l'avessero ammessa? E se il racconto che aveva mandato non sarebbe stato abbastanza per entrare nella scuola dove solo quelli che amavano scrivere e con più talento venivano accettati?
Mille 'se' e nessuna risposta.'
Lucy è una ragazza orfana di madre e con un padre che cerca di annegare il suo dolore nell'alcol. Così decide di seguire il suo unico sogno: la scrittura.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic


Image and video hosting by TinyPic

 

Image and video hosting by TinyPic




 

Dedico questo capitolo a Sophia Wilde,
che mi sopporta tutti i giorni
e in qualunque momento;
e a tutti voi del gioco di ruolo,
se mai la leggerete,
Vi voglio bene.


Parte 3





Il signor Reaward osservava la porta che si era appena chiusa con un colpo. Non era neppure sobbalzato per il rumore, non si era impressionato a sentire quei singhiozzi, a vedere le lacrime. Si limitò ad alzare la mano destra, osservandola per alcuni secondi, senza espressioni sul viso, senza pensieri. Grugnì e strappò di nuovo i due foglietti che teneva fra le mani, lasciandoli poi cadere nel cestino. Si passò una mano fra i capelli. Aprì un cassetto e prese una bottiglia, non riconosceva neppure il liquido al suo interno. Doveva essere liquore o qualcosa del genere. Non si prese il disturbo di versarlo in un bicchiere, si limitò a stappare la bottiglia e sedersi sbuffando sulla sedia. Ne bevve qualche sorso, chiuse gli occhi. Non sapeva neanche dove fosse andata sua figlia, probabilmente di nuovo in biblioteca. O dopo quello che era appena successo non sarebbe più tornata in quel posto? Di sicuro la sera sarebbe tornata nella sua camera, e i giorni successivi tutto sarebbe tornato in tranquillità, con l'unica differenza che il padre non l'avrebbe mai più lasciata uscire senza motivazioni precise come il pagamento di bollette o la spesa. Almeno fino alla scuola, poi ci sarebbero stati i compiti a tenerla occupata. E prima arrivava il primo giorno di scuola, prima di sarebbe tolta dalla mente quella stramba idea di cambiare corso di studi. 
 
Il signor Reaward bevve un altro po' dalla bottiglia. Posò lo sguardo sul tappeto logoro dell'ingresso e la mente gli si riempì delle immagini di ciò che era appena accaduto. Sbuffò di nuovo, per togliere quei pensieri fastidiosi. Le aveva dato una lezione. Lei non poteva andare in biblioteca, aveva disobbedito a un ordine e aveva anche rubato il biglietto. Lei non sarebbe andata in quel posto. Dove la sua unica ragione di vita era scomparsa, bruciata.
E lui non l'aveva salvata, era arrivato troppo tardi.
I ricordi riempirono nuovamente la sua vista, ma questa volta erano diversi e più vecchi.

 
Si ricordava benissimo di quel giorno. Ormai stavano per far ritorno a casa visto che di quel libro non c'era nessuna traccia. E che valore aveva quel libro? Stavano già preparando le valigie, quando quella signora era entrata correndo nella loro stanza d'hotel, esclamando che l'aveva trovato, aveva avuto delle informazioni e sapeva dove si trovava. Lui non era d'accordo, voleva tornare a casa, soprattutto visto che la piccola Lucy voleva tornare dai suoi amici. Ma Sophia aveva le lacrime agli occhi, lo pregò, dicendogli che se non l'avrebbe trovato neppure lì sarebbero subito partiti. Così lui acconsentì. Sophia e la signora partirono subito per recarsi nella biblioteca che si trovava proprio a poca distanza da quella via. Intanto lui avrebbe finito di fare le valigie. Finito il lavoro, prese la mano di sua figlia e scesero in strada. Ricordava ancora che le comprò un gelato mentre si avvicinavano alla biblioteca dove si trovava la moglie. Poi la gente iniziò a correre, tutti erano in panico, si sentirono le sirene dei vigili del fuoco e della polizia avvicinarsi. Un pennacchio di fumo si alzava da alcune case. Lucinda iniziò a piangere, così suo padre cercò di consolarla, dicendole che andava tutto bene, solo che una casa aveva preso fuoco, tutto qui, stavano tutti bene. Una signora in lacrime si aggrappò al braccio di una conoscente e sussurrò una frase sconnessa, in francese. Il signor Reaward capiva poco di quella lingua, ma comprese perfettamente le due parole  'Feu' e 'bibliothèque'. Fuoco e Bibloteca. Iniziò a correre, trascinando sua figlia, che lasciò cadere il gelato sul marciapiede. Svoltarono l'angolo, lui non voleva credere ai suoi occhi, non voleva credere a quelle fiamme che lambivano le mura della biblioteca. La signora che aveva portato via sua moglie era fra i vigili del fuoco, in lacrime. Lui lasciò la mano di Lucinda e corse verso quella signora, la scosse mentre i soccorritori gli urlavano di stare calmo, ma anche lui urlava, chiedeva dove fosse sua moglie, ma la signora non rispondeva, singhiozzava solamente. E lui capì. 
 
Morta. L'aveva abbandonato. Ma lui non aveva fatto lo stesso con sua figlia? Stava vivendo nel ricordo della Morte, senza pensare ai vivi, alla persona che doveva amare più della sua stessa vita. E forse una volta era stato così, ma ora? Ora voleva bene a sua figlia? La risposta doveva essere si, ma se veramente fosse stato così, Lucinda non sarebbe uscita piangendo, con una mano sulla guancia e i capelli davanti al viso.
La mano del signor Reaward tremò leggermente, facendo ondeggiare il liquido della bottiglia. Quei ricordi così vividi che aveva cercato di cancellare dalla sua testa erano tornati.
 
Aprì la porta di casa, precedendo di qualche passo la figlia. Si fermò nel salotto e si voltò verso Lucinda. Le mani tremavano di rabbia, mentre Lucy tremava di paura, gli occhi spalancati e lucidi, qualche farfuglio usciva dalla sua bocca. Lui alzò una mano, per zittirla.
-Cosa ti avevo detto?- era solo un sussurro, e sapeva che incuteva più timore, ed era questo che voleva. Punire la figlia per la sua infrazione.
-Papà, io...- Lucy si bloccò, cercò di riprendere fiato e balbettò qualche altra parola sconnessa. -Non... Papà!
Il signor Reaward non la ascoltò, si avvicinò a lei, solo pochi centimetri li dividevano, e sua figlia dovette alzare leggermente il viso per vederlo in faccia, ma abbassò subito lo sguardo. -Ti avevo detto che non potevi entrare in biblioteca.- continuava a parlare in sibili.
Lucinda non rispose, ma una lacrima scese lentamente sulla sua guancia.
-Ma tu sei andata.- lo sguardo del signor Reaward rimaneva furioso.
-E' stato un caso.- riuscì a dire Lucinda, continuando a non guardarlo.
-E il biglietto? Anche quello un caso?- chiese ironico. 
Lei trattenne il fiato rumorosamente. -Di cosa stai parlando?
-NON MENTIRE!- questa volta aveva urlato. Le afferrò un braccio e la strattonò. Lei strillò, perse l'equilibrio e si trovò sdraiata per terra. Le lacrime scendevano più copiose, ora. -E questi allora!?- lui si avvicinò al tavolino a buttò a terra i libri che aveva trovato sotto l'asse mobile della camera. -Sempre un caso!? 
Lucinda singhiozzò e tremando prese i libri, stringendoli al petto, come se fossero la sua ultima ancora di salvezza. 
Lui abbassò di nuovo la voce, prendendo il biglietto aereo che aveva messo in tasca, anche questo trovato sotto l'asse mobile. -Tutto un caso.
Lucy si mise una mano sulla bocca, per fermare i singhiozzi che le scuotevano il volto. I capelli erano incollati al suo viso, impregnato dalle lacrime.
-Allora anche questo è un caso.- il signor Reaward strappò in due il biglietto, si voltò, continuando a strapparlo e avvicinandosi al cestino della cucina. Sentì un fruscio dietro di lui, poi la stretta di Lucinda che cercava di fermarlo. La mano era scattata prima di pensare. Vide solamente sua figlia, bocchecciante, con una mano che non copriva interamente in nuovo rossore della sua guancia. Lucy si voltò e scappò, sbattendo la porta.


 
Lucy passò una mano sulla guancia, poi sull'altra, ma le lacrime continuavano a scendere, senza darle tregua. Un singhiozzo la scosse, facendo peggiorare il suo tremore. Strinse le gambe al petto, sprofondando il viso fra le ginocchia, battendo i denti e gemendo. La guancia le doleva, doveva essersi gonfiata ormai, e neanche il venticello le dava conforto. Trattenne il respiro e si dondolò. Dopo essere uscita di casa sbattendo la porta e piangendo, si era rifugiata in un boschetto, dove non c'era mai nessuno. E ora era seduta sulla terra, appoggiata a un albero, la mente confusa da pensieri, ricordi e prehiere. Voleva veramente andarsene, ora, senza aspettare la risposta della scuola. Voleva andarsene ma il biglietto era nelle mani del padre, o meglio, era a pezzi nel cestino dei rifiuti. La sua speranza era stata stracciata, come i suoi sentimenti, i suoi pensieri, la sua voglia di vivere. Imprecava mentalmente contro tutto e tutti, contro il padre, la biblioteca, contro gli uccelli che cinguettavano dalle fronde degli alberi, contro sua madre, che l'aveva abbandonata. Non sarebbe tornata a casa molto presto, avrebbe ripercorso il vialetto solo a tarda sera, scavalcando il cancello e usando la chiave di sicurezza. 
 
-Mamma- un solo sospiro, nato dal profondo del suo cuore e liberato nel vento dalla disperazione. -Mamma.- disse nuovamente. Per un attimo sentì il profumo della madre, la sua risata e le sue carezze. La sua dolce voce mentre le raccontava le fiabe, quando le dava il bacio della buonanotte e le raccomandava di stare attenta ai folletti dispettosi. E poi altri ricordi: il gelato che cadeva dalle sue mani, mentre il padre la trascinava, e anche il padre se ne andò, lasciandola sola nella strada a vedere il fumo che si alzava da quell'edificio. 
E in quel momento perse sia la madre che il padre, la sua famiglia.
 
Lucy si alzò di scatto, con un gemito. Non voleva pensare a quel giorno, non voleva pensare e basta. Si asciugò di nuovo le guance e sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio. In quel momento desiderava solamente una matita e qualcosa su cui scrivere. Si sentiva vuota, le mani tremavano per quel desiderio. Scivolò silenziosa fuori dal bosco, prendendo la strada che portava ai negozi, rimanendo il più lontana possibile da casa sua. Qualcuno la salutava, ma lei non voleva ricambiare, aveva bisogno di scrivere, non parlare. Soltanto scrivere.
Frugò nella tasca dei pantaloni, trovando una moneta, la portò davanti agli occhi: due euro. Erano abbastanza. Era già arrivata all'edicola, dove vendevano anche biro o altri articoli del genere. Prese un pennarello blu e lo posò sulla cassa. Pagò e uscì, continuando il suo silenzio. La sua mente era già altrove. Strinse convulsamente il pennarello, ora mancava solamente qualcosa su cui scrivere. Le sue gambe la portavano dove volevano, ascoltando il suo cuore più che la sua piatta mente. Solo pensieri confusi.
Raggiunse il muro della biblioteca, quello che si affacciava su una strada sempre deserta e dove spiccavano già grandi murali e disegni. Ma lei non voleva fare vandalismo, solo scrivere quello che il suo cuore le dettava. Tolse il cappuccio al pennarello, con un piccolo sforzo. La punta era già bagnata, la posò sul muro e scrisse.

 
Segui i tuoi sogni.
 
Richiuse il pennarello e si allontanò di qualche passo, per ammirare la sua scritta. 
-Non sai che è vietato scrivere sui muri?- chiese una voce alla sue spalle. Lucy sobbalzò e si voltò di scatto. Era la signora Jackson. -Potresti essere denunciata.- manteneva la sua solita espressione severa.
Una denuncia? Proprio in quel momento? No, grazie. -Stavo solo...- cercò una scusa fra la ampia scelta, ma con una letterata doveva stare attenta ad inventarne una abbastanza credibile. -Mi dispiace.- o forse scusarsi era la via migliore per la salvezza.
-Credo che ti serva una tazza di thè.- replicò la bibliotecaria. Quella donna era capace di stupire in qualunque momento, Lucy la seguì, ancora frastornata. -E nascondi il pennarello.
Le obbedì immediatamente, facendolo scomparire nella tasca dei pantaloni e nascondendo il riconfiamento allungando il più possibile la maglietta. Non era mai stata a casa della bibliotecaria, non sapeva neanche dove abitasse, ma aveva un sospetto, che fu presto confermato. Infatti dopo soli pochi metri, la signora Jackson infilò una chiave nella toppa di una porta: abitava nello stesso edificio della biblioteca. Salirono una rampa di scale, fino a raggiungere una seconda porta, dalla quale entrarono in una piccola sala. Era ordinata, ogni cosa al proprio posto: i libri in una grande libreria, una vecchia televisione su un mobiletto di legno scuro senza un minimo di polvere, il tappeto sbattuto e un divano con i cuscini e le coperte piegate. La signora Jackson le fece segno di accomodarsi sul divano, così Lucy si sedette timidamente sul bordo, guardandosi attorno e esaminando i quadri rappresentanti paesaggi come colline o monti. Erano stupendi. La signora Jackson scomparve in un'altra stanza, che doveva essere la cucina, tornò dopo qualche minuto, portando un vassoio con una tazza di thè caldo e una zuccheriera. Lo appoggiò su un tavolino vicino al divano. Prese la tazza e la porse alla ragazza.
-Grazie.-sorrise lei tristemente, la voce roca a causa del silenzio e del pianto. Versò un cucchiaino di zucchero nel liquido e ne bevve un sorso. Scottava ma era piacevole, dopo tanti dolori. Bevve ancora qualche sorso, preoccupata della sua prossima domanda. Le avrebbe chiesto cosa era successo, ne era sicura. E invece lei rimase in silenzio, superò un'altra stanza e tornò poco dopo con un libro.
Lucy sentì una stretta al cuore, pensando ai libri della biblioteca che aveva abbandonato sul tappeto. -Non posso portare a casa libri, mi dispiace.- dissi semplicemente scrollando le spalle.
-Non ce ne è bisogno.- rispose la bibliotecaria, sedendosi accanto a lei e aprendo il libro, lo sfogliò e raggiunse la pagina che stava cercando. Erano poesie. Si schiarì la voce e lesse ad alta voce.
 
Non perdere mai la speranza nell’inseguire i tuoi Sogni,
perché c’e’ un’unica creatura che può fermarti,
e quella creatura sei tu.
Non smettere mai di credere in te stessa e nei tuoi sogni.
Non smettere mai di cercare,
tu realizzerai sempre ogni cosa ti metterai in testa.
 
 
Segui i tuoi sogni.
 
Lei non poteva farlo, magari chi sarebbe passato davanti a quel muro sarebbe stato più fortunato di lei. Anche se i sogni sono difficili da realizzare, qualcuno dice 'impossibile'. Ma nulla è impossibile se sei abbastanza coraggioso da andare contro la corrente, devi solo cercare di non cadere.
 
Segui i tuoi sogni.
 
Quella scritta blu che aveva scritto sul muro era nel mezzo di tanti grandi altri disegni, era sola, proprio come Lucinda. Sola nella corrente.
 
Segui i tuoi sogni.
 
Sì, Lucy ci aveva provato, aveva spedito la lettera. Anche se tutto era confuso davanti ai suoi occhi e non sapeva più cosa era giusto o sbagliato nella sua vita, dal giorno dell'incendio. Da quel giorno tutto era stato incerto, lei non aveva più sicurezza e forse tornando indietro avrebbe veramente capito.
E per seguire i suoi sogni doveva tornare indietro, dove tutto aveva avuto fine, dove tutto avrebbe avuto inizio.
 
Sarebbe andata in quella biblioteca.






[Poesia di: Peter O'Connor da "Ali sull’oceano"]

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: marygirlonfire