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Autore: El_Roy    17/01/2013    0 recensioni
Se state cercando un tributo a Tolkien e vi prendete troppo sul serio non leggete. Sul serio, lasciate stare. Questa è la storia di come molto spesso qualcosa di epico passa inosservato.
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lo zucchero, si sa, corrompe facilmente. Mastodontici conflitti durati anni e anni si sono posati su pretesti ancor più minuziosi e imprevedibili, sebbene lo zucchero sia sempre stato, dalla notte dei tempi, uno dei più gettonati. Sottovalutare i dilemmi casalinghi è il primo passo verso il baratro dei rapporti bellicosi senza ritorno. Gelsomino questo lo stava imparando a proprie spese, mentre passeggiava nervoso nella sua casa a misura di Hobbit troppo piccola, con il tetto e il giardino cosparsi di scarti di Elfo e davvero poca voglia di trovare una soluzione per pulire; se non altro l'odore era di frumento ed erba appena tagliata e il mix che ne risultava era comunque terribile ma non così tanto.
Continuava a ripeterselo in testa a mo' di scusa, ma il fatto era che questa cosa aveva già iniziato a sfuggirgli di mano. Poi qualcosa gli fece drizzare i peli dei piedi che non aveva. Un suono, un rumore...no, un verso. Era difficile da descrivere e da localizzare, ma con la coda dell'occhio cercò di acchiappare qualche movimento che potesse aiutarlo a capire da dove quel verso provenisse. Con lo sguardo setacciò tutta l'ala est della casa Hobbit, senza alcun risultato, senza niente che sembrasse fuori posto e allora si lasciò cadere sulla poltrona color rame troppo piccola per il suo sedere, mentre il sole del mattino faceva capolino da dietro una tendina decorata florealmente. Ancora una volta quel verso, stavolta dalla parte opposta a quella prima. Lo Hobbit inarcò il sopracciglio e contrasse le mani sui piccoli braccioli della piccola poltrona della sua piccola casa (la parola "piccola" mi piace particolarmente, ha un suono delizioso) e il verso si ripetè ancora una volta, più chiaro e deciso. Si alzò di scatto e si diresse risoluto verso la parete da dove l'aveva udito, posandovi l'orecchio. Era chiaro. Qualcosa era dentro la parete. Qualcosa si muoveva oltre l'intonaco, oltre la carta da parati, oltre il cemento. Nelle tubature? Forse. Poco più avanti sulla parete, il mugolio si fece più distinto e scandiva lentamente l'avanzata della "cosa" all'interno dei tubi. Contemporaneamente, sulla parete opposta, si presentava lo stesso suono, nitido e sempre più rapido. Decine di cose stavano strisciando nelle sue tubature, dannazione. In preda al panico, iniziò a seguire i suoni come poteva attraverso il muro, rovesciando nella foga un paio di vasi, di tavolini e di sedie troppo piccole che non aveva mai usato. I suoni confluirono tutti nella stanza da bagno di Gelsomino, ed il perchè era chiaro. Era un attacco, un altro, e se qualcosa stava strisciando dentro le tubature era ovvio che la via d'uscita più rapida altra non era che lo sfiatatoio di scarico (che un umano avrebbe chiamato "il buco del cesso"). Ora; c'è da fare una piccola precisazione a riguardo degli sfiatatoi di scarico Hobbit. Magari un lettore inesperto di Hobbit potrebbe pensare che abbiano chissà quale bizzarra forma o funzionamento. In realtà, e perdonate la leggera digressione architettonica, altro non sono che dei comuni gabinetti. Certo, magari senza la scritta "Ikea" o la tavoletta danzante e cantante, un po' più grezzi e principalmente fatti di legno (che spesso marcisce e gli idraulici si fanno i soldoni), ma pur sempre gabinetti fatti e finiti. Quindi quando Gelsomino spalancò la porta della stanza da bagno e vide la tavoletta che gorgheggiava come se dentro ci fosse qualcosa, rimase un attimo perplesso e intimorito al tempo stesso.
-Cosa diavolo....?- riuscì a spiccicare mentre si avvicinava a passo felpato e circospetto allo sfiatatoio che faceva rimbalzare minaccioso la tavoletta celando il tesoro (o la minaccia) nascosto.
-E va bene, facciamo questa cosa.-
C'è da dire che questa proprio non se l'aspettava, in realtà. C'è da dire che avrebbe puntato volentieri qualche moneta su qualsiasi altra possibilità tranne che su ciò che si trovò davanti una volta spalancata la tavoletta di legno che avrebbe portato lo scompiglio quella mattina nella piccola casa di Gelsomino. Due occhi grandi più o meno come due palline da tennis lo stavano puntanto, un po' instupiditi e maniaci allo stesso tempo. La testa di un lama spuntava dal suo water. Orecchi tesi, collo dritto, pelo bagnato dal lungo viaggio nelle tubature, la "colonia di lama infestanti" era uno dei più classici scherzoni nanici. Questo a Gelsomino, come a chiunque altro avesse avuto del buon senso nella Terra di Mezzo, sfuggiva. Per un attimo lama e Hobbit rimasero a fissarsi, immobili, come se Gelsomino lo avesse sorpreso seduto sulla seggetta a leggere il giornale e a fare i suoi bisogni e imbarazzato fosse rimasto a guardarlo. Poi balzò fuori dal water schizzando acqua ovunque e svelò il suo manto ceruleo, prima di scappare come un folle per tutta la casa.
-Ehy, tu...!- abbozzò lo Hobbit, ma qualcosa lo interruppe. Perchè vedete, affittare un lama per delle burle è abbastanza dispendioso. Quindi, i noleggiatori di bestie divertenti, molto spesso noleggiano pacchetti di lama per prezzi più o meno modici. Fu così che per una questione economica, altri tre lama sbucarono dal gabinetto. Uno rosa, uno azzurro e uno bordeux. E poi altri, e altri ancora. Un tornado di sputacchi galoppava felice tra le stanze della piccola casa Hobbit e il povero Gelsomino pensò, in un attimo di scompenso cerebrale, che forse chiudendo il rubinetto centrale dell'acqua avrebbe fermato questa pazzia.
Dopo aver passato svariati minuti tentando di acchiappare uno di quelle belve senza foga, lo Hobbit chinò la testa e si arrese, uscendo dalla sua casa che ormai era diventata proprietà dei lama multicolor. Inutile dire che uscendo calpestò un paio di cacche elfiche, ma ormai la giornata era bella che rovinata. Si sedette su una piccola collinetta erbosa poco distante dalla sua casa e fumò la sua pipa spenta, ispirando un po' d'aria pulita e pensando che tutto ciò era iniziato semplicemente perchè aveva finito lo zucchero.
Lo zucchero. Ah. Ah-ha! Ecco la soluzione. Se Gelsomino avesse comprato altro zucchero e l'avesse portato come dono a SchiappaDisumanalin e l'Elfo di cui era troppo complicato pronunciare il nome anche solo mentalmente, magari tutto ciò sarebbe finito! Magari avrebbe fatto pace e ristabilito le buone norme di vicinato! L'Emporio non distava così tanto e finchè aveva il suo bastone...
...non aveva il suo bastone. Era in casa. Con i lama. D'accordo, non fa niente. Non aveva il suo bastone, ma per fortuna aveva dei comodi pantaloni....
...che non aveva. Niente pantaloni. Anche quelli, in casa. Con i lama. 
Fu così che uno Hobbit senza bastone e senza pantaloni si avviò verso l'Emporio di passo svelto e attento agli spifferi.
Lo spaccio era un po' rustico, ma di buon gusto. Un lungo tavolo di massello era disteso lungo la parete nord, ricoperto da una tovaglia rosa shocking. Per terra, vari tappeti rosa di trame varie e rosa ricoprivano le assi di legno rosa. Un lampadario rosa veleggiava stanco cullato dall'aria che probabilmente, se l'avessimo ingrandita al microscopico, sarebbe risultata rosa. Infine il commesso, un umano alto poco più di un nano che vestiva un grembiule rosa sorrideva a Gelsomino che era appena entrato senza pantaloni dalla porta principale. Lo Hobbit si fece rosso, e non rosa.
-Saaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaalveeeeeeeeeeeee.- disse in tono complice il commesso, ammiccando verso Gelsomino.
-Ehm. Salve a lei, mastro dell'Emporio.-
-Posso aiutaaaaaarlaaaaaaa?- chiese il proprietario sorridendo con denti che gli esseri umani non dovrebbero possedere.
-Ehm, si. Stavo cercando...oddio, cos'è che cercavo....ah, si. Dello zucchero?-
-Lieto che tu non stia cercando dei pantaloni, giovanotto.- disse mentre si voltava verso lo scaffale alle sue spalle.
-Oh, cielo.- fece poi. -E' l'ultimo barattolo.-
-E quindi? Me lo dia, buon uomo.- ribadì Gelsomino davvero poco attento alle parole. Per fortuna il tipo non ci fece caso e rispose semplicemente:
-Ma è l'ultimo barattolo. Te lo cederò, ma tu devi fare qualcosa per me in cambio.-
La sconfitta di un uomo si trova dentro un barattolo di zucchero.
   
 
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