Life Thru a Lens.
Everything's so blurry
and everyone's so fake
and everybody's empty
and everything is so messed up
Le è stato assegnato l’alloggio nel quartiere che ha
richiesto, è pregata di ritirare le chiavi all'ufficio Dotazioni al Personale.
Ha a sua disposizione quattro giorni di tempo per
ambientarsi, al termine dei quali dovrà presentarsi di sua spontanea volontà
presso la base S.H.I.E.L.D. di Manhattan per ricevere nuove istruzioni.
In caso contrario, sarà nostra premura accompagnarla.
Essenziale.
Questo è il termine giusto per descrivere il suo alloggio.
Un
anonimo bilocale al nono piano di un anonimo palazzo di Queens Boulevard. Un
piccolo salotto con angolo cottura, una piccola camera da letto con l’armadio
dal doppio fondo – splendido per nascondere le armi – un bagno piuttosto grande
con tanto di vasca da bagno, sorpresa gradita, e un piccolo sgabuzzino che
diventerà una piccola armeria.
Ha
avuto alloggi più grandi, ma senza vasca
da bagno, e con viste migliori – il dirimpettaio obeso gira nudo per casa – ma
a Natasha va benissimo così.
Tanto
non ci passerà molto tempo, tra quelle quattro mura.
Anche
l’arredamento è minimalista, c’è solo lo stretto necessario e molto standard, a
parte il divano foderato da una orrenda tapezzeria fiorata.
Nel
borsone ci sono più armi che effetti personali.
Con
un bacino fratturato dalla caduta da un cornicione, fare le valige a Budapest
sarebbe stato un problema.
Tanto
non aveva molto con sé – Lei non ha mai molto con sé.
Una
spia, un'assassina, non può essere che un'ombra. Le ombre non hanno effetti personali.
Eppure
ora le si concede la possibilità di un alloggio sicuro e di quattro giorni per
ambientarsi: nessuna istruzione, nessun compito, nessun addestramento.
Concessioni
piuttosto morbide ad una ex-spia nemica che solo quarantadue giorni prima si
era cercato di eliminare.
Lascia
perdere il borsone abbandonato sul letto e cammina nuovamente per
l’appartamento, guardandosi attentamente attorno. Poi apre i pochi pensili
dell’angolo cottura e li controlla millimetro per millimetro. Fa la stessa cosa
con l’armadio della camera, con il letto ed il materasso, il bagno e poi il
divano.
Nessuna
microspia, nessuna micro videocamera.
Davvero non la stanno tenendo sotto controllo?
Getta
lo sguardo fuori dalla finestra: nell’appartamento di fronte, l’obeso nudista
esegue gli esercizi di fitness proposti da una bionda palestrata in TV.
Raccapricciante.
Però
è insospettabile; forse è lui l’agente deputato a tenerla sotto controllo.
Vedendolo
ballonzolare davanti allo schermo, Natasha ha quasi nostalgia degli
impeccabili, sinistri ed inespressivi agenti della Red Room.
La
bionda alla tv si piega in avanti a toccarsi le punte dei piedi con le mani. Il
nudista la imita.
Natasha
tira velocemente la tenda, che c'è un limite all'orrore.
“Permettimi solo di darti un consiglio.”
“E quale sarebbe?”
“Smettila di vivere come una belva braccata.”
Erano
state le parole con cui Clint l’aveva lasciata, un paio di settimane prima, sulla
soglia della palestra dell’Helicarrier in cui lei lavorava da sola
per recuperare a pieno la muscolatura lombare, dopo la forzata immobilità
imposta dalla frattura.
Erano
circa le 3 di mattina e lui stava partendo per una missione – non le era dato
sapere la destinazione - ma era andato a salutarla prima di salire sul Quinjet.
E a
darle quel consiglio, fermo sulla soglia della stanza.
Passa
i successivi minuti a nascondere le armi, individuando posti tattici da poter
raggiungere facilmente in caso di attacco e a spostare il letto dalla posizione
iniziale, troppo vicina alla finestra e vulnerabile in caso di proiettili
sparati dal palazzo di fronte.
Fa
qualche esercizio di stretching e di riabilitazione del bacino, le solite
sessanta flessioni e le quotidiane dieci sessioni da trenta di addominali
retti, obliqui, laterali e bassi.
Gli
esercizi le mettono fame ed il frigo è vuoto.
Tempo
di fare una passeggiata.
Ha
trovato nella cassetta della posta un volantino pubblicitario di una
rosticceria cinese della zona, con tanto di coupon per un piatto omaggio. Lo
studia per un paio di minuti leggendo tutte le indicazioni - ok, dov'è fregatura? - domandandosi se sia così
frequente trovare coupon nella cassetta della posta - che qualcuno abbia saputo che ci abita un nuovo inquilino?
Deve
essere una trappola. Forse qualcuno vuole che vada in quella rosticceria e l'ordine di quel piatto sarà la parola d'ordine per far iniziare uno
scontro a fuoco. O per far detonare una bomba. O per servirle un piatto
avvelenato.
O
forse verrà avvicinata da qualcuno -completo impeccabile, sguardo sinistro e
volto impassibile, si spera - che le proporrà un'offerta irrifiutabile. Sarà riconosciuta e dovrà iniziare a
scappare, a nascondersi, a ripararsi.
Natasha
accartoccia il coupon e sta per gettarlo nel cestino dell'immondizia, quando un
ragazzo in tuta sportiva e cuffie enormi alle orecchie entra dal portone,
accenna velocemente un saluto e, senza smettere di muovere la testa a ritmo
techno-hop, apre la sua cassetta della posta ed estrae la sua corrispondenza
completa di un paio di volantini colorati completi di coupon.
Dopo
un'occhiata distratta ed una smorfia d'approvazione, si avvia verso
l'ascensore.
Natasha
guarda il pezzo di carta accartocciato tra le dita e lo distende.
“Smettila di vivere come una belva braccata.”
Forse
si sta sbagliando. Forse quello è solo un stramaledettissimo buono per una
porzione di Ravioli di Carne al Vapore
gratis se accompagnati da un primo, una trovata pubblicitaria per far conoscere
la propria nuova rosticceria al quartiere.
O
forse no, ma tanto Natasha ha la sua Browning
Baby nella tasca interna del giubbetto.
Beh,
se quelli al tavolo dell'entrata sono altri agenti deputati a tenerla sotto
controllo, allora lo S.H.I.E.L.D. ha bisogno di un buon nutrizionista tra il
suo staff medico. Oppure, semplicemente, il Queens non è solo il quartiere
delle minoranze entiche, ma anche quello degli obesi. La coppia in questione
occupa uno dei due tavoli della piccola rosticceria, e necessita di talmente
tanto spazio che rende impossibile anche l'utilizzo del tavolo a fianco.
In
netto contrasto con la cinesina minuta e sorridente che compare dietro al
bancone salutandola con un 'Buongiolno' a trentadue denti.
Natasha
si scopre nervosa: prende in mano il menù e alterna lo studio delle pietanze a
quello dell'ambiente, sicuro prossimo campo di battaglia.
"Un
riso con gamberi" inizia ad ordinare.
Aggressione probabile da porta principale: Saltare e
ripararsi dietro al bancone. Inutile farsi scudo con la cinese, sarebbe più
resistente un foglio di carta
I ciccioni coprono buona traiettoria, valida per imboccare
la porta della cucina ed uscire dal retro.
"E
poi... Anatra ai germogli di soia."
Sempre che non sia già stato bloccato. In tal caso è il caso
di attirare gli aggressori all'interno.
Associare all'utilizzo della Browning Baby coltelli da
cucina, pentole di acqua bollente.
Durante il corpo a corpo possono essere utili anche i
fornelli accesi.
"...altrlo,
signolina?"
O forse quelli è meglio tenerli per interrogare gli
aggressori sul mandante.
"No.
Cioè, ehm, Sì." Natasha estrae il coupon stropicciato dalla tasca.
"Ravioli di Carne al Vapore." aggiunge porgendoglielo, i nervi tesi e
pronta a scattare. Ma la commessa allarga il suo sorriso all'inverosimile,
prende delicatamente il foglietto di carta con le minuscole dita e squittisce
un "Con piacele, buona vicina", prima di passare l'ordinazione in
cucina.
"Polta
via o mangia qui, signolina?"
"Uhnm...
mangio qui..." La grassona intercetta il suo sguardo verso il tavolo
libero e con una mossa inaspettatamente veloce per la sua stazza getta l'enorme
borsetta sul tavolo libero, fissandola poi trionfante. "...qui al bancone.
Grazie."
Everyone is changing
there's no one left that's real
L'aria
è frizzante, ma è una bella giornata di sole e Natasha pensa sia proprio il
caso di fare una passeggiata, che digerire il pranzo non sembra un'impresa
immediata e semplice. Si incammina per la strada senza una meta precisa e solo
quando incrocia l'entrata alle metropolitana decide di allontanarsi dal
quartiere, che New York fondamentalmente non l'ha ancora vista e di tempo a sua
disposizione ne ha sin troppo.
Aveva
intenzione di scendere a Grand Central e fare un giro tra i negozi della
42esima, ma l'uomo nel completo grigio chiaro che la fissa dal sedile opposto al
suo si alza nello stesso istante in cui si avvicina all’uscita e sembra volerla
seguirla. Per escludere ogni dubbio Natasha scende dal treno e risale nella
porta accanto. L'uomo non rallenta neppure, anzi si avvia tranquillamente verso
le scale.
“Smettila di vivere come una belva braccata.”
Natasha sbuffa, ma mentre si decide a scendere
le porte si chiudono ed il treno riparte.
Decide
infine di scendere al capolinea della linea metropolitana, a Times Square.
Bighellona per la 41esima, entra in un paio di negozi provando qualcosa ma non
comprando niente e continua a camminare , senza una vera meta precisa,
impegnata già com'è nella lotta intestina che la divide: da un lato vorrebbe
godersi la passeggiata, le mille possibilità che un pomeriggio libero a New
York offre. Fare un po' di shopping, magari.
Dall'altro
non riesce a smettere di mantenere i sensi all'erta. A dire la verità, non sa
neppure come si faccia. Un predatore è comunque una preda, la vita un continuo
bilanciare l'attacco con la difesa.
Dorme
con un occhio solo da che ha memoria, tenendo un'arma sotto al cuscino. Se non
deve prendere parte ad una qualche cena per lavoro mangiava qualcosa al volo,
quando capitava, pagando in spicci per non farsi rintracciare.
Spendeva
la metà dei soldi che guadagnava in tinte per capelli, o scarpe e vestiti che
metteva una volta sola e che cambiava in continuazione a seconda della
copertura che doveva intraprendere.
Si
ferma davanti ad un negozio di articoli casalinghi: il manichino vestito negli
abiti casual che non ha mai indossato ha una mano appoggiata ad una lampada da
lettura viola e verde ed un piede su un cuscino dello stesso tessuto.
Non
ha mai avuto una lampada da lettura. E neanche un cuscino. Né viola e verde - a proposito, è una fantasia più brutta di
quella del suo divano - né di qualsiasi altro colore.
Forse
dovrebbe averne uno. Potrebbe nasconderci dei proiettili, o un paio di coltelli
da lancio. Un cuscino, poi, è sempre indicato per essere usato come
silenziatore per una calibro 9.
Ah,
sì arreda, anche.
“Smettila di vivere come una belva braccata.”
Sbotta:
"E come cavolo faccio?!" si domanda ad alta voce. La ragazza che
guarda la vetrina accanto a lei la fissa con sospetto e poi si allontana a
passo svelto.
Ottimo, perfetto.
Proprio l’idea giusta per passare inosservata: sembrare una pazza a New York.
Mai come in quel momento sente la necessità di celarsi dietro ad un paio di
occhiali belli grossi e belli scuri.
Che
non ha con sé. Gli ultimi che possedeva saranno ormai ridotti in cenere, come
la stanza di quel puzzolente albergo di Budapest in cui è stata accerchiata.
I
grattacieli si aprono su una strada con edifici più bassi e più vecchi, molti
in mattoni a vista, che creano un curioso contrasto con quelli dei centri
commerciali alle sue spalle, ridondanti di vetrate e luci al neon.
Con i
negozietti meno prestigiosi ed i bar con i tavolini sul marciapiede questa
strada sembra appartenere ad un’altra città.
Senza
più i grattacieli a schermarla, la luce ora inonda la strada e a Natasha
risulta insopportabile. Entra nel primo negozietto d’abbigliamento aperto e si
strofina gli occhi. La commessa – una ragazza nera con un’enorme chioma rasta
rosa alza lo sguardo dalla rivista per salutarla e la invita a dare
un’occhiata.
“Cercavo
un paio di occhiali.”
Scuote
la testa. “Non ne abbiamo. Qui vicino c’è Cohen’s,
se hai abbastanza soldi da spendere e sei una fashionista convinta.” La sonda
con lo sguardo orlato da occhiali da hipster dorati e poi piega la testa di
lato: “Oppure puoi trovare qualcosa al mercato delle pulci del quartiere. Non è
molto lontano tra la 39esima e la Nona.” Aggiunge indicando la direzione.
Natasha
aggrotta la fronte “Un mercato?” Come si fa a vendere degli occhiali ad un
mercato? In quelli che aveva visto – Un avvelenamento al cromo a Marrakesh, un
pedinamento al Gran Bazaar di Istanbul – si contrattavano spezie e tessuti,
suppellettili artigianali e bestiame. Ma occhiali?
“Sì,
Hell’s Kitchen Flea Market.” la ragazza la guarda incuriosita, come se stesse
parlando della cosa più ovvia e famosa del mondo. “Immagino tu sia in città da
poco, vero?”
Natasha
alza una spalla. “Da stamattina.” Il che, fondamentalmente, è vero.
“Beh,
troverai un sacco di cose carine, vintage, pezzi unici. Insomma, un mercato
delle pulci.”
“Ah.
Grazie.” Natasha volta le spalle e fa per andarsene, poi decide che può
permettersi un po’ di gratitudine verso la gentilezza della ragazza dai rasta
rosa ed afferra la prima cosa che capita: una sciarpa beige con fili dorati e
ritorna verso la cassa. La ragazza sembra sorpresa ed abbozza un sorriso:
“Dev’essere stato amore a prima vista.” Commenta battendo il prezzo.
“Già.
Shopping impulsivo.” Conferma Natasha allungando un paio di banconote.
“Il
migliore” conferma la commessa.
Il
mercato di Hell’s Kitchen è una distesa di bancarelle della più disparata
mercanzia, che in effetti a Natasha ricorderebbe un po’ il Gran Bazaar di
Istanbul, se non fosse completamente all’aperto e con merce decisamente
diversa. Nessuna traccia di spezie o dolci, a parte il furgoncino del Hell’s Kitchen Flea Market Gourmet, e
nessun mandriano a contrattare bestiame. Deve essere comunque abbastanza
famoso, a giudicare dalla piccola folla di persone che curiosa tra bancarelle
di chincaglieria, oggetti di collezionismo e vestiti di seconda mano.
Un
banco che riporta il nome The 70’s Shop espone
una piccola raccolta di occhiali da sole, proprio quello di cui ha bisogno. Ne
adocchia uno particolarmente scuro e chiede al proprietario di provarlo,
accettando lo specchio che le porge. “Se posso permettermi un consiglio”
aggiunge l’uomo accarezzandosi il pizzetto brizzolato “Io la vedrei meglio con
degli occhiali meno seri, signorina.”
Natasha
alza un sopracciglio. “In che senso?”
“Nel
senso che lei ha un viso molto dolce e dei capelli molto vivaci. Gli occhiali
neri la incupiscono.”
E devono farlo, tesoro. Sono una killer professionista, mica
posso andare in giro vestita da fricchettona pensa;
tuttavia dissimula e abbozza un mezzo sorriso. “E cosa mi consiglierebbe?”
“Quelli.”
Lei è in vena di scherzare, vero? “Rayban con montatura verde e lenti rosa?”
“Se
li prova se ne innamora. Glieli lascio per quindici dollari.”
“Quindici
dollari mi sembrano un’esagerazione per la mia reputazione rovinata.” La cosa è
inaspettatamente divertente. Natasha si infila gli occhiali e si guarda allo
specchio.
È
strano: Così come non ha mai avuto una lampada o un cuscino, non ha mia
indossato lenti rosa. Temeva che la colorazione fosse fastidiosa, ed invece è
solo di un tenue rosato, spezza il bagliore del sole e risulta quasi
rilassante.
E non
le sta per niente male. Certo, non le sono utili ai fini lavorativi ma perché
no? Le stanno bene, per quanto nel suo viso non riesca a trovare niente di
dolce ed i suoi capelli sono solamente rossi, non vivaci. “Dodici dollari.”
“Andata.”
Batte le mani l’uomo.
Qualche
bancarella più in là Natasha scorge qualcuno che le sembra famigliare. Deve
guardarlo un paio di volte prima di rendersi conto di chi davvero sia, che non
se lo sarebbe mai immaginato in Jeans e giacca da motociclista nera a sfogliare
concentrato un album di raccolta di figurine alla bancarella ‘Granny’s Attic’.
Certo,
trovarlo lì ha un senso: Fury non poteva essere così stupido da farla tenere
sotto osservazione da un agente qualunque. D’altronde lei era pur sempre la
Vedova Nera, e ad occuparsi di lei non può che essere qualcuno in cui Fury
ripone la massima fiducia.
Probabilmente
la stava seguendo da quando aveva messo piede fuori casa, e se si era accorta
di lui solo in quel momento era perché aveva deciso di palesarsi di sua
spontanea volontà.
Forse
aveva qualche istruzione per lei, O forse si era allontanata troppo dalla sua
zona. Comunque, era chiaro non dovesse essere ignorato. Così Natasha si
avvicina salutando la bella sensazione di libertà che aveva appena iniziato ad
assaporare e lo fissa per qualche istante.
Non
alza gli occhi dai fogli di plastica dell’album.
Ok, d’accordo, devo dimostrare di essere estremamente
collaborativa. Ha senso.
“Buongiorno
Coulson.”
Coulson
gira appena la testa, piegandosi in avanti per guardarla al di sopra degli
occhiali, un pizzico di sorpresa negli occhi: “Buongiorno Romanoff. Qual buon
vento?”
“Ah,
non so. Dovrebbe dirmelo lei.”
“Del
perché lei è nel mercatino delle pulci del mio quartiere?”
La
prende in contropiede. “Lei abita qui?”
“Due
mesi con Barton che mi sfotte che dormo nel ristorante di Gordon Ramsey e non
l’aveva ancora capito?”
“Ah…
beh, io… non avevo colto il riferimento. A dire la verità non lo colgo neppure
ora.”
“Beata
lei che non guarda Real Time.” Coulson
restituisce l’album al proprietario della bancarella e si toglie gli occhiali.
“Comunque, mi dica, aveva bisogno di me?”
“Ehm,
io no. Mi sono trovata qui praticamente per caso.”
“Davvero?”
Natasha
annuisce. “Se teme che la stessi pedinando per farla fuori, beh, a quest’ora
non staremmo parlando e lei starebbe agonizzando per terra con quell’album di
figurine in mano. A proposito, cos’erano, giocatori di baseball?”
L’agente
si infila nuovamente gli occhiali con un mezzo sorrisetto. “Eroi americani. Ne sto
cercando un paio piuttosto rare per una collezione.”
“Fa
collezione di figurine sugli eroi americani? Davvero?” Natasha era certa che
Coulson non fosse il tipo da avere interessi al di fuori del lavoro.
Collezionista forse sì, ma di denti sputati dai nemici – l’aveva intravisto
allenarsi con il jujitzu e ne era rimasta positivamente sorpresa – ma di
figurine proprio non se lo sarebbe mai aspettato. Le scappa una mezza risata
“Non è da bambini?”
“Affatto.
Richiede pazienza, delicatezza e possibilità di viaggiare per diversi
mercatini. E poi non costano poco. L’unica cosa piuttosto infantile richiesta è
appassionarsi agli eroi e trovarli interessanti, ma questo è quasi un bene, a
mio parere. Sa che sta bene con quegli occhiali?”
Alza
le spalle e finge noncuranza “Oh, beh, mi piacciono le lenti colorate. Ogni
tanto.”Se Coulson può paventare un interesse diverso dalla sua vita
lavorativa, perché lei no? “Mi addolciscono il viso e mi vivacizzano i
capelli.”
“Ha
proprio ragione. Ne ha di altri colori?”
“Blu,
verdi, gialli. Tante dimensioni diverse.”
Risponde a caso. “Più il visore notturno, chiaro.”
Coulson
ride: “Allora è una collezionista anche lei.”
“Già.
A quanto pare.”
Una
giovane donna castana si stacca da una bancarella di dischi e si avvicina con una
borsa di tela in mano. Sfiora la manica del giubbotto di Coulson e lui si volta
appena a guardarla: “Eccomi.” Si annuncia con un sorriso. “Ho trovato
finalmente lo spartito del Götterdämmerung
nell’edizione che cercavo.”
“Ed
anche il libretto dell’Attila,così la
prossima volta che ti vengo a sentire non faccio la figura dello scemo?” La
donna sorride e gli colpisce il braccio per scherzo. “Claire, ti presento una
mia collega, Natasha.”
Le
stringe la mano. Piccoli calli sui
polpastrelli ed all’interno del palmo registra d’istinto Natasha. “Lieta di
conoscerti. Phil non mi parla quasi mai del suo lavoro.”
“Per
non annoiarti, cara.”
“Sei
la sua prima collega che conosco.”
“Beh,
è un bel primato. Io… io vi lascio nelle vostre compere, allora. Ci vediamo
Mercoledì, Coulson.”
Si
lascia cadere sul letto scoprendosi piuttosto confusa.
Come
era possibile, con il ritmo di vita di un agente segreto, inventarsi una vita civile, con interessi diversi da quelli
di una nuova arma o di una nuova tecnica di combattimento?
Come
si poteva credere ancora negli eroi, trovare interessanti le riproduzioni su
cartoncino, quando tutto attorno si poteva trovare solo la dimostrazione della
loro inesistenza?
No,
Coulson stava mentendo. Probabilmente per far colpo sulla donna alla quale era accompagnato. A
proposito, ma con che coraggio un agente si poteva relazionare con una civile? Era un mondo diametralmente
opposto, la coesistenza era impossibile. Forse era per questo che Coulson
mentiva: stava cercando di far funzionare quella relazione? A che pro, comunque?
Era
abbastanza adulto per valutarne l’impossibilità e poi perché interessarsi ad
una donna che parla di Götterdämmerung –
a proposito, doveva googlarne il significato – e di Attila, e non può conoscere quello che il suo uomo fa ogni giorno?
Perché, se proprio si necessitava di una compagna, non cercarla tra le schiere
dello S.H.I.E.L.D.? Aveva visto agenti piuttosto carine – che l’avevano fissata
in cagnesco sin dal primo giorno che era entrata, in barella – e sicuramente più
portate per il suo stile di vita.
Si
stringe le spalle. In effetti Claire è
una bella donna. Bella voce, bei lineamenti, mani curate nonostante i
piccoli calli sotto le dita.
Ma
sì, forse Coulson mentiva: si era inventato quell’hobby per rendersi normale ai suoi occhi come lei si era
inventata su due piedi la storia degli occhiali da sole colorati. Per darsi un
tono, niente di più.
Però
gli occhiali le piacevano davvero.
You could be my someone
you could be my scene
È
davanti a Clint quando lui chiude lo sportello dell’armadietto, ed è stata
talmente silenziosa che lui trasale nel vederla. “Cristo, e quando sei entrata?”
“Un
paio di secondi fa. Volevo congratularmi con te, tutti stanno parlando
dell’esito della tua missione. Spero di vedere i filmati al più presto.”
Un
sorrisetto compiaciuto si fa largo sulle labbra di Clint: “Non farò la
spacconata di raccontarti che è stato un gioco da ragazzi. Però chi l’ha dura
la vince. Come va il bacino?”
“Recupero
totale, posso tornare in azione. Si vocifera che verrò messa in squadra con
te.”
“Sì,
è probabile. Sai, quando ti ho trascinata qui ho assicurato a Fury che mi sarei
preso la piena responsabilità delle tue azioni, perciò metterci in squadra
insieme credo sia la scelta giusta.”
Natasha
incrocia le braccia. Probabilmente la conversazione di per sé non ha molto
senso d’esistere – e lei non dovrebbe neppure trovarsi nello spogliatoio
maschile - ma non è riuscita a
trattenersi.
Parlare
con Clint le risulta facile e piacevole, e dopo l’incontro con Coulson non ha
rivolto la parola a nessun’altro, se non per lo stretto necessario. “Temi che
faccia una - come la chiameresti tu – cazzata?”
Si
infila una felpa scura e scuote la testa. “Non credo proprio, davvero.” Poi cerca di cambiare discorso. “A te come è
andata? Come ti trovi a New York?”
“Non
è male. L’ho visitata, un po’.”
“Hai
seguito il mio consiglio?”
Natasha
annuisce, poi non sa bene cosa aggiungere, che tutto quello che ha fatto negli
ultimi giorni le sembra tutto ad un tratto sciocco ed insulso. “Ho visitato il
MoMA.” Decide infine.
“Davvero?
Ne capisci di arte?”
“Beh…
no.”
“Ah,
peccato. Cercavo qualcuno che si degnasse di spiegarmi qualcosa.”
Natasha
ride. “E ho fatto una tessera della Metro. Nome falso, ma foto vera.”
“Sai
che non ricordo di averne mai avuto una?” Clint si gratta la testa pensieroso.
“Né con nome falso né con nome vero. Da ragazzino entravo in metropolitana
scavalcando i tornelli. Mi hanno rincorso tante volte ma non mi hanno mai
preso.” Natasha scioglie le braccia, le appoggia dietro la schiena: non sente
il bisogno di mantenere nessuna distanza con lui. Le piace come parla e che sia
sincero con lei: non finge di essere ciò che non è, di assomigliare a qualcuno
di dozzinale e civile là fuori. Non
ricorre a storie di hobby o di falsi lavori con colleghi misteriosi. “E poi?”
“E
poi ho visitato Hell’s Kitchen Flea Market e ho incontrato Coulson.”
“Non
ha ancora trovato le figurine di Captain American? Quella collezione lo farà
impazzire!”
“Sapevi
che collezionava figurine?”
“Certo,
tutti lo sanno. È un patito di eroi vintage, Captain America è il suo
preferito, credo che abbia qualsiasi cosa
su di lui. Gli mancano solo due figurine, le più rare ed introvabili.” Clint le
fa strada fuori dallo spogliatoio, chiedendole se voglia fargli compagnia in
Sala Mensa, che è quasi un giorno che non tocca cibo. Natasha ha già pranzato
ma annuisce, che tanto lo spazio per un dessert c'è comunque. "E non la
trovi strana?"
"Cosa?"
"La
collezione di Coulson."
Clint
fa spallucce: "Ognuno ha i suoi hobby."
"Davvero?
E il tuo qual'è?" E' più una domanda di sfida che altro, che in fondo
Natasha non lo riesce neppure ad immaginare intento a fare dell'altro - cosa,
poi, ricamo, lettura di classici, birdwatching? - che non comprenda l'utilizzo
di armi o munizioni. Il mondo di Clint è quello, è come il suo, polvere da
sparo e coltelli d'assalto, ombre più scure della notte. Non sarebbe l'agente
che è se fosse diverso.
Però
ora la fissa con la bocca semi aperta come se stesse per dirle qualcosa, poi la
richiude in un sorrisetto beffardo. "È una cosa che ti mostrerò, un
giorno."
Il
soppraciglio di Natasha scatta in alto: "Il tempo di inventartene
uno?"
"No,
affatto. È una cosa che so già fare - e credimi, conosco persone che possono
testimoniarlo - ma non te lo dirò. Quando ti mostrerò di cosa sono capace, ti
prometto che ne resterai impressionata."
"Un
sacco di uomini sostenevano che sarei rimasta impressionata dalle loro capacità." commenta facendolo
scoppiare a ridere. "No, ti giuro, non è niente di tutto ciò. Cioè,
indirettamente potrebbe averci a che fare, ma non è strettamente
collegato."
"C'entra
l'estetica?"
"Assolutamente
no, anche se la presentazione richiede un discreto gusto."
"Non
ti travestirai mica da Drag Queen, vero?" Clint strabuzza gli occhi e si ferma
in mezzo al corridoio. "Uhm, dalla tua espressione direi di no."
"Eh,
no. Posso tutto, ma i tacchi li lascio a chi sa portarli." Apre la porta
della Sala Mensa e la fa entrare per prima accompagnandola con un gesto
cerimonioso. "Non avrei neppure un punto d'appoggio sicuro per mirare
bene. A proposito, come fai?"
La
Costa Azzurra è attanagliata da una bolla di caldo africano da giorni, e
neppure al porto di Marsiglia l'aria del mare riesce a portare un minimo di
ristoro.
Clint
si toglie la giacca da sera ed il cravattino, infilandoli tra due container.
Poi si rimbocca le maniche della camicia e si scoglie il collo, lasciandosi
sfuggire un debole gemito di sollievo.
Natasha
si sfila i sandali di Louboutin, li fissa con rammarico - sa già che andranno
persi, ma cavoli, sono costati un'occhio dalla testa e sono così belli che fa
fatica a considerarli solo meri strumenti di lavoro - ed accetta il
suggerimento di Clint di nasconderli sotto la sua giacca: "Così sono più
al riparo e non si vedono le suole rosse" aggiunge con un occhiolino a cui
risponde con un mezzo sorriso.
La
lamiera del container a cui si appoggiano è ancora rovente nonostante sia notte
fonda. Recuperano le armi nascoste dagli agenti di supporto, le
ricetrasmittenti ed i visori notturni e si dividono, appostandosi in diversi
luoghi in attesa dei loro obbiettivi.
"Credo
di aver capito quale sia il tuo passatempo." mormora Natasha premendosi
l'orecchio senza distogliere lo sguardo dalla porzione di porto che controlla.
"Le carte. Ho visto come giocavi bene al casinò, e dire che a MonteCarlo
non ci vanno esattamente dei principianti."
Un
piccolo sbuffo alla ricetrasmittente le suggerisce che Clint stia sogghignando.
"Mi dispiace, Tasha, ma sbagli. Sono bravo e non mi dispiace lanciarmi in
un poker per passare il tempo - prima o poi ti racconterò di quando ho spennato
Fury - ma proprio no, non è questo il mio hobby segreto."
"Un
giorno ti strapperò fuori la verità, Clint Barton. Sai che ne sono
capace."
"Basterebbe
un metodo meno violento. Anzi, sai che ti dico? Giovedì sera..."
"Sssht! Stanno arrivando!"
E la
Vedova Nera ed OcchioDiFalco tornano ad essere due ombre.
Nobody told me what you thought
nobody told me what to say
everyone showed you where to turn
told you when to runaway
Le
occorre del tempo capire che le sue dita sono solo state addestrate a premere
grilletti e a spezzare ossa, ma sono nate anche per fare altro.
Che i
suoi occhi possono leggere anche gli articoli di Vanity Fair e non solo le fredde istruizioni di un incarico e che
al Gran Bazar di Istanbul non solo può far saltare la copertura di un agente di
Al Qaeda, ma può anche comprare una lampada in vetro colorato per il suo
appartamento.
E che
il sesso non è solo la ragnatela in cui far cadere un insetto incauto, ma anche
un'ondata di brividi e carezze, respiri mozzi e baci caldi che solo una persona
riesce a donarle e a cui le piace concedersi senza riserve.
La
belva braccata è ancora nascosta in un angolo della sua mente, e basta un
piccolo particolare, un gesto involontario perché sfoderi gli artigli: un uomo
che fissandola passa la mano sotto la giacca come ad accarezzare una fondina,
il suo Sony Vaio che fa le bizze come se qualcuno l'avesse crackato, incontrare
per due volte la stessa persona in una strada affollata.
Solo
che Natasha ha imparato a controllarsi, a non rinunciare alle piccole boccate
d'aria prima di tornare nell'apnea convulsiva del suo lavoro. Ha capito di non
essere solo ciò che altri hanno plasmato, ma che può essere anche quello che
lei desidera. Certo, occorre scendere a patti con la propria memoria e la
propria coscienza, con i propri doveri ed onorare i propri debiti, ma in fondo
la vita è un continuo bilanciarsi, no?
Così,
quando lei e Clint riescono a passare un po' di tempo insieme, possono parlare
non solo delle rispettive missioni, ma può anche raccontargli di quando ha
accettato da Pepper Potts l'invito per una serata di gala al MoMA che a Stark
non interessava minimamente, rimanendo colpita da quanto lei fosse appassionata
all'arte contempranea e lieta di spiegarle i cardini del Cubismo Analitico di
Picasso sui cui è basata la scultura della Chitarra.
"Dovresti
disdire il tuo alloggio ufficiale e trasferirti in pianta stabile qui."
propone una sera rompendo la crosta della Creme Brulèe con il cucchiaino da
dessert. Clint è già a metà della sua, con l'aria pienamente soddisfatta di chi
si gusta in pieno i frutti del suo lavoro. "Il comando non farà storie:
siamo pur sempre i suoi migliori agenti e membri dei Vendicatori. Accettare la
nostra relazione ufficialmente è un valido premio per i nostri sforzi, non
credi?"
"Assolutamente"
sorride lui gustandosi l'ultima cucchiaiata del dolce. "Potrebbero
addirittura fornirci un alloggio più grande, che in due qui siamo un po'
stretti. Magari con una cucina degna di questo nome..."
Natasha
lascia cadere il cucchiaino sul tavolo. "Come ho fatto a non capirlo
prima?"
"Uhn?"
"Mi
hai fatto installare la tv via cavo per guardare i programmi di Ramsay, conosci
a memoria i ristoranti migliori di New York e le loro specialità e mi prepari
sempre piatti deliziosi; ed ora vuoi la cucina più grande. Il tuo hobby e
cucinare, e l'ho capito solo ora!"
Clint
sorride, le dita a catturare la sua mano sul tavolo e a portarsele alle labbra:
"Ci sei arrivata, finalmente!" La bacia, inzaccherandola con i
residui della crema. "Allora, avevo ragione, ti ho sorpresa."
"Sbalordita.
E devo ammettere, sei fenomenale nel tuo hobby. Ed io ho ufficialmente bisogno
di un cuoco personale."
In un
primo momento aveva pensato di fare a pezzi i vecchi numeri di Vanity Fair e Cosmopolitan ed usare le pagine per avvolgerci gli occhiali. Ma poi
si era accorta che le piaceva ogni tanto rileggere qualche vecchio articolo o
ritrovare la marca di un vestito o di un accessorio, così la sua piccola collezione
di riviste era scampata al trasloco e Natasha aveva sfruttato le sue abilitià
mimetiche per uscire nottetempo e fare razzia di opuscoli pubblicitari dalle
cassette della posta altrui.
E
dopo aver vinto la tentazione di tagliare i coupon e custodirli nel cassettino
- un po' difficile che i ristoranti del Queens consegnino a Manhattan - aveva
iniziato il suo lavoro di inscatolamento spinta dall'imminenza del trasloco e
approfittando di essere sola in casa.
Gli
occhiali a goccia viola con lenti verdi comprati a Dublino insieme a quelli
tondi rossi con lenti gialle vengono arrotolati nella pubblicità di un nuovo
supermercato.
Per quelli trovati da Patina a Soho, a forma di 1990, usa la carta di un
giornaletto di annunci immobiliari.
Ci
sono un paio di occhiali bianchi con le lenti rosse a forma di cuore. Non si
ricorda dove li abbia presi.
Ah
no, quelli glieli aveva regalati Coulson, una vita fa. Se non ricordava male
provenivano da Madrid.
Se
l'era addirittura scordato, di aver finto quella collezione, quando si era
ritrovata con un pacchettino in mano: "Mi è capitato di passare in un
negozio - storia lunga - e ho pensato fossero abbastanza particolari per la tua collezione. A meno che tu non li abbia di
già." No, non li aveva.
Ed
erano carini anche quelli. Immettibili, ma carini. E durante una camminata per
Soho aveva acquistato quelli che commemoravano il capodanno 1990.
Infine,
i Rayban con la montatura verde. Natasha non li ha più indossati da quel giorno
ad Hell's Kitchen.
Li
inforca e si volta verso lo specchio e non può fare a meno di sorridere.
Attraverso
le lenti rosa, il suo viso sembra davvero più dolce ora che ha smesso di vivere
come una belva braccata.
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Dovevo scrivere altro, ed invece eccomi
impegolata di nuovo nel Clintashismo!!
Innanzitutto ringrazio chi, sino ad ora, ha
recensito le storie della raccolta Clintasha 'The Gushing Ledgers' e 'the
Seventh' : prima o poi ce la farò anche a ringraziare di persona tutte quante. Magari
appena ho quei due minuti in più di tempo in cui non sono in trance agonistica
da scrittura.
Ok, ora puntualizzo qualcosa di questa
storia, che rasento la patologia:
Sfortunatamente, non essendo mai stata a
NYC, sono stata costretta allo studio della cartina della metropolitana di
Manhattan, Queens e delle relative fermate. Sono quasi impazzita e credo che,
quando avrò l'opportunità di visitare questa città, ci andrò dopo un trapianto
sottocutaneo di GPS, che qualcuno mi venga a salvare.
Stramaledico la mia voglia di realismo, ma
il risultato alla fine mi soddisfa quindi credo che anche la prossima volta
perderò i pochi decimi rimasti alla mia vista per leggere le fermate della
Metro, le coincidenze ed i cartelli dei negozi che appaiono in StreetView.
StreetView, appunto:
Hell's Kitchen Flea Market esiste davvero,
ed i tipi di bancarelle esposte nella storia possono esserci davvero (magari
con nomi diversi, ma con lo stesso stile) così come il furgoncino Hell’s Kitchen Flea Market Gourmet.
Cohen's è una catena di negozi di ottica ed
esiste davvero, uno è all'incrocio tra la 8th e la 37th avenue (Dio c'è e ha
inventato StreetView) proseguendo per quella strada (cammina cammina) vi
troverete a Hell's Kitchen and so on.
Il negozietto della Rastafariana Rosa invece non credo esista, purtroppo.
Il Götterdämmerung
ve lo lascio googlare a voi, se vi interessa.
L'Attila
è di Verdi e l'ho citato solo perchè al suo interno vi è una parte corale
in cui si alza una lode a Wotan. Che sarebbe poi Odino. ('zzo c'entra con gli
unni solo Piave e Solera lo sanno)
La Browning Baby è una pistola
piccolissima, in commercio da più di un secolo, adatta per essere nascosta
dentro ad un porta sigarette.
I sandali di Louboutin sono questi: http://laso.jp/upfile/item/im503f652301633.jpg e sfido chiunque a non
affezionarcisi.
L'idea che a Pepper piaccia l'arte
contemporanea la deduco dal fatto che nei film, tra uffici della Stark Ind. ed
abitazioni, si intravedono numerose opere d'arte.
L'ho già detto e ripetuto, i programmi di
Gordon Ramsay sono una droga e Real Time pure.
Spero questa storia sia di vostro
gradimento, così come è piaciuto a me scle...scriverla, ed immaginare Natasha
alle prese con i primi passi di una nuova vita.
PS: la canzone citata è Blurry dei Puddle
of Mudd. Il titolo invece è tratto da una canzone di Robbie Williams (ed è
anche il nome del suo primo album solista)
Recensioni e critice costruttive sono
sempre sempre sempre incoraggiate e ben accette.
Grazie comunque per la lettura.
EC.