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Autore: Tinkerbell92    24/01/2013    5 recensioni
(DA REVISIONARE)
Seguito della fanfiction "Il Pegno della Luna".
Leila Swift, figlia di Artemide, in seguito alla sconfitta di Crono, decide di compiere un viaggio per ritrovare l'amato Luke, il quale, nel frattempo, si è già reincarnato ed ha cominciato una nuova vita, senza aver memoria degli eventi precedenti.
Quasi in contemporanea, Nico Di Angelo, in seguito ad un sogno premonitore, decide di partire per l'Ade, per salvare l'anima di sua sorella Bianca, tenuta prigioniera da una dea molto pericolosa.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nel segno della Luna'
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-Nico-

- Nico, mi hai sentito?
La voce di Percy interruppe il mio sogno ad occhi aperti bruscamente.
- Eh?
Percy alzò gli occhi al cielo, con fare divertito: - Si può sapere su che pianeta ti trovavi? Hai ascoltato o no quello che ti ho detto?
Abbassai lo sguardo, arrossendo leggermente: - Io… scusa, Percy, ero distratto…
Il figlio di Poseidone soffocò una leggera risata, poi ripeté con un sorriso: - Ti ho chiesto se avevi voglia di fare uno spuntino in quel baretto laggiù. Mi ricordo che ci siamo fermati qualche anno fa con Annabeth e Grover e che facevano dei dolcetti buonissimi.
Gettai una rapida occhiata all’insegna colorata del bar ed annuii distrattamente: - Ah… okay.
- Non attardiamoci troppo, però- disse Helen con un sorriso – Dobbiamo sfruttare il fatto che sia giorno per ritrovare Luke… cercarlo stasera sarebbe un po’ impossibile, dato che la gente per strada sarebbe ancora più numerosa…
- Non riesco proprio ad immaginare come sia possibile…- commentò Percy, gettando un’occhiata alla folla che riempiva le strade.
Diedi un’alzata di spalle e mi limitai a seguirli, senza badare troppo a quello che stava dicendo Percy riguardo ad una cavolata che aveva fatto Grover durante la loro ultima visita a Las Vegas.
A dir la verità, era da quando eravamo arrivati che un pensiero fisso mi martellava la testa: quel medaglione magico sembrava davvero un ottimo modo per viaggiare velocemente e indisturbati… dato che non potevo viaggiare nell’ombra, quell’oggetto all’apparenza insignificante poteva rappresentare un mezzo davvero essenziale per la mia missione personale.
Se solo avessi trovato il modo di ottenerlo…
Percy mi batté la mano sulla spalla e mi indicò la lista dei dolci: - Okay, dimmi che cosa prendi, che intanto vado a ordinare.
- Ehm…- feci scorrere lo sguardo distrattamente sul menù e scelsi la prima cosa che mi venne in mente – Prendo… prendo un Donut al cioccolato…
- Va bene, Helen?
Lei rispose sorridendo: - Un Cup Cake rosa.
- Perfetto- Percy ci indicò un tavolino esterno a tre posti – Sedetevi là, arrivo subito.
Non so perché, mi sentii leggermente a disagio quando lei mi fissò sbattendo le lunghe ciglia: - Allora ci sediamo?
Arrossii un po’, abbassando lo sguardo: - Come vuoi…
Lei sorrise di nuovo, facendomi avvampare non appena fece scivolare la sua mano nella mia: - Vieni.
Mi lasciai cadere sulla sedia, con lo sguardo fisso sulla tovaglia rosa del tavolino.
Di sicuro avevo un’aria da suicidio non da poco e, in effetti, non mi sentivo granché in vena di mangiare dolci o dedicarmi ad attività piacevoli. Non riuscivo a fare a meno di sentirmi in colpa: dopotutto, ogni minuto passato a tergiversare poteva significare un minuto di sofferenza in più per Bianca.
Tuttavia, ammetto che mi sentii quasi dispiaciuto non appena la mano di Helen si staccò dalla mia.
I suoi grandi occhi nocciola mi fissarono amichevolmente: - A cosa stai pensando?
Una leggera morsa mi serrò lo stomaco: - Io… ehm… nulla, cioè… questa città la ricordavo molto diversamente… ma dopo tutti gli anni che sono passati dovrebbe essere normale…
Lei allargò il sorriso: - Come ti trovi nella nostra epoca?
- Bene- mi affrettai a rispondere – Cioè… è un po’ strana ma non mi dispiace…
Lei annuì, senza smettere di sorridere. Forse stava per aggiungere altro, ma fu interrotta dall’arrivo di Percy, che portava con aria trionfante un grande vassoio verde bottiglia: - Okay, ragazzi, ecco lo spuntino!
Presi il mio Donut quasi senza pensarci, gettando una rapida occhiata all’ordinazione di Percy: un waffle, un Cup Cake azzurro e un muffin ai mirtilli.
Helen diede un morso al suo Cup Cake dalla crema rosa ed osservò divertita: - Passare una settimana con Tyson e Grover ti ha fatto venire un appetito formidabile, eh, Percy?
Il mio amico sorrise, iniziando a mangiare il waffle con aria soddisfatta: - Diciamo che anche lo stress degli ultimi tempi mi ha fatto rendere conto di quanto sia piacevole mangiare in santa pace. Era da un sacco che non mi concedevo uno spuntino simile, anche perché quando giro con Annabeth lei non si ferma quasi mai nei bar… dice che mangiare non è tutto nella vita, però dire di no ad una pausa simile credo sia un po’ da tonti…
- Non farti sentire da lei a dire una cosa del genere- borbottai distratto, facendolo sorridere.
- Ah, no, mi pianterebbe di sicuro. Meglio tenersela buona, la mia Sapientona, in fondo, senza di lei sarei perso… ma non andateglielo a dire!
Io e Helen scuotemmo la testa, trattenendo un sorriso: - Tranquillo, il tuo segreto è al sicuro con noi- rispose lei allegramente.
Mi guardai un po’ intorno, mentre il piacevole sapore di ciambella al cioccolato mi riempiva la bocca.
I passanti si fermavano di tanto in tanto a leggere il menù, alcuni entravano nel bar.
Era divertente pensare che fossero ignari del fatto di trovarsi così vicini a due semidèi ed un licantropo femmina.
Magari, in mezzo a quella folla, poteva trovarsi un altro semidio, oppure, Zeus non voglia, un mostro alla ricerca di mezzosangue da eliminare.
Mi concentrai sulla mia ciambella, cercando di non pensare a quello che poteva succedere a Bianca in quel momento, così, non mi accorsi che Helen era diventata improvvisamente seria e sospettosa.
Fu la voce preoccupata di Percy a scuotermi dai miei pensieri: - Ellie, va tutto bene?
Lei si guardò intorno con gli occhi socchiusi, poi, uno strano ronzio giunse alle mie orecchie e, prima che potessi rendermene conto, fui sbalzato in aria da qualcosa.
Sbattei violentemente contro l’asfalto stradale, mentre le grida dei passanti attorno a me mi risuonavano nella testa.
Il sapore sgradevole del sangue mi salì in bocca. Qualcuno gridò il mio nome.
Aprii gli occhi, cercando di mettere a fuoco cosa stesse succedendo.
Una specie di armadio in impermeabile alzò un’auto sopra la propria testa, scagliandola lontano contro un palo della luce.
Vidi Percy sguainare Vortice, mentre Helen si metteva in posizione di difesa, ringhiando.
Mi rialzai a fatica, cercando di non venire investito dalla folla in fuga, ed avanzai verso il tavolino dove avevo lasciato il mio zaino insieme alla mia spada.
Purtroppo per me, il gigante si voltò, fissandomi malevolo con il suo grande unico occhio verde scuro.
- Fantastico, un ciclope selvaggio- pensai, cercando di raggiungere lo zaino il più in fretta possibile.
Il bestione – che non ricordava affatto l’amichevole Tyson – ruggì, facendo un passo verso di me.
- Nico!
Helen balzò al collo dell’enorme creatura, affondando i denti nella carne dal brutto colorito grigiastro.
Il ciclope urlò di dolore, cercando goffamente di scrollarsela di dosso e di afferrarla con le enormi mani, ma, per fortuna, Helen era abbastanza piccola da sfuggire alla sua presa mortale.
Sfoderai la mia spada e mi avvicinai minaccioso a lui: - Helen spostati!
Il ciclope indietreggiò con un’espressione di stupore e paura alla vista della lama forgiata con il ferro dello Stige, ed Helen saltò giù dalla sua schiena con un movimento aggraziato.
Percy ne approfittò della distrazione dell’avversario per piantargli Vortice nel polpaccio: - Eccoti servito, grosso idiota maleodorante!
- Percy, attento!
Il mio amico fece appena in tempo ad estrarre Vortice dal polpaccio del mostro che quello, furioso, gli diede una manata in pieno volto, facendolo volare contro i tavolini del bar.
- Percy!
Helen provò a correre verso di lui, ma il ciclope le si parò davanti, pronto a colpirla con un pugno.
- No!
Uno strano furore si impadronì di me, mentre lanciavo la spada contro il pugno chiuso del mostro, mandandola a conficcarsi proprio sul dorso della sua grossa mano callosa.
Il ciclope cadde all’indietro, schiantandosi contro un camion parcheggiato là vicino, mentre la lama dello Stige risucchiava la sua essenza, facendolo disintegrare all’istante.
Helen si voltò a fissarmi con una strana e dolce espressione: - Nico…
Sembrava sorpresa da quello che avevo fatto e, in effetti, lo ero anch’io.
Non so davvero cosa mi avesse preso in quel momento, l’unico pensiero che mi assillava era il fatto che non sarei riuscito a sopportare che lei venisse ferita.
Percy si alzò un po’ intontito da dietro i tavolini rovesciati, commentando sarcasticamente: - Tranquilli, non preoccupatevi per me… mi sono solamente procurato qualche ematoma qua e là…
- Oh, scusami Percy!- esclamò Helen, correndo verso di lui – Tutto bene?
Lui sorrise con aria rassicurante: - Tranquilla, tutto a posto. La mia era una battuta, d'altronde, non sono mica invulnerabile per niente…
Scossi la testa, raccogliendo la mia spada, ripulendola dal sangue del ciclope, quando uno strano senso di inquietudine mi pervase.
I cittadini stavano incominciando ad uscire dai propri nascondigli, quando un ruggito rabbioso li fece gridare e scappare di nuovo.
Un tombino schizzò in aria a pochi metri da me, mandando in mille pezzi la vetrina di un negozio.
Feci appena in tempo a raggiungere i miei amici che un’imponente figura uscì dal tombino esploso, guardandosi intorno con fare minaccioso.
- Fantastico- borbottai sarcastico – Prima un ciclope e adesso un lestrigone gigante…
- Un lestrigone che, a quanto pare, ha visto il film It- scherzò Percy, beccandosi un’occhiataccia – Okay, okay, cercavo solo di sdrammatizzare…
Il mostro, almeno dieci volte più grande dei suoi simili, ci fissò con un ghigno, la sua pelle rossastra creava un brutto contrasto con il grigio dell’asfalto: - Bene bene bene- grugnì soddisfatto – Guarda che bel pranzetto abbiamo qui… una gustosa coppia di semidèi!
Helen ringhiò minacciosa, anche se, in confronto al ringhio di Maggie, non faceva poi così tanta paura. Il lestrigone la fissò con sufficienza: - Fatti da parte, licantropo, dovresti stare dalla nostra parte!
- Dalla loro parte?- ripetei stupito – Ma di che cosa sta parlando?
- Le creature della notte dovrebbero essere in buoni rapporti con il nostro mandante- ghignò il mostro – perché non sbrani i due semidèi, invece che proteggerli?
In tutta risposta, Helen ringhiò più forte: - Toccali e sei morto!
- Peccato.
Il bestione staccò un lampione dal marciapiede e caricò il braccio per lanciarcelo addosso.
Prima che avessimo il tempo di reagire, Helen balzò fulminea verso di lui, affondando le zanne nel collo del lestrigone, così come aveva fatto col ciclope prima.
Tuttavia, il bestione sembrava molto meno impedito del suo compagno, e si strinse le mani alla gola, cercando di schiacciarla.
Un guaito piuttosto acuto giunse alle nostre orecchie.
- Helen!
Io e Percy ci lanciammo verso il mostro a spade sguainate, mentre una sensazione di orrore si impadroniva di me.
Il guaito di Helen risuonava ancora nelle mie orecchie.
Percy arrivò per primo, compiendo un grosso salto e affondando Vortice nel polso del lestrigone.
Il bestione gridò di dolore, scostandosi la mano dal collo.
- Helen!
Lei si voltò verso di me, sempre attaccata alla pelle del mostro con le unghie. Fu un sollievo constatare che, almeno all’apparenza, era ancora illesa.
Percy si arrampicò sulla testa del mostro, gridando a Helen di spostarsi, mentre cercava di piantare la spada in uno degli occhi del gigante.
Helen si diede lo slancio e compì un grande balzo, venendo, però, colpita dalla mano del lestrigone mentre era ancora in volo.
Schizzò verso di me come un proiettile, centrandomi in pieno e facendomi fare un bel volo di parecchi metri.
Avvertii una forte fitta alla spalla destra, mentre la testa iniziava a girarmi forte.
La mia spada era volata a qualche metro da me e le uniche cose che percepivo erano l’asfalto duro sotto di me ed uno strano peso che mi gravava sul petto.
Aprii gli occhi, ansimando a fatica e provai a mettere a fuoco il cielo sopra di me.
Sentivo le urla e le imprecazioni di Percy ed i ruggiti del lestrigone, che però giungevano al mio orecchio in modo piuttosto ovattato.
Sbattei forte le palpebre, ignorando il dolore alla spalla e l’odore di sangue fresco, e, finalmente, riuscii a capire che la mia vista era annebbiata da dei morbidi fili scuri che mi solleticavano piacevolmente il viso.
Capelli. Erano sicuramente capelli.
Il peso sul mio petto si mosse e solo allora realizzai la situazione.
Mi ritrovai ad un centimetro dal viso di Helen, che era completamente stesa sopra di me e mi fissava stranita.
Avvertii le sue forme morbide premute contro il mio corpo e, di colpo, mi sentii avvampare.
Helen sbatté le palpebre e mi fissò incredula: - N-Nico?
- Ehm…
Entrambi arrossimmo di brutto, in particolar modo quando sentimmo Percy gridare: - Invece che stare là a farvi gli occhi dolci, potreste venire a darmi una mano?
Helen si rialzò immediatamente ed io provai ad imitarla, anche se la fitta alla spalla mi pietrificò all’istante.
La ragazza si inginocchiò accanto a me con aria preoccupata: - Sei ferito!
Strinsi i denti, scuotendo la testa: - Sto… sto bene… vai ad aiutare Percy…
Vidi il suo volto scorrere da me a Percy, con aria visibilmente indecisa, poi, si alzò e corse verso di lui.
Con lo sguardo, iniziai a cercare la mia spada, vedendo che si era impiantata in una cassetta delle lettere.
- Maledizione…
Provai a strisciare verso la spada, imprecando pesantemente: - La gamba è appena guarita… e adesso mi faccio male alla spalla… maledizione…
Avevo quasi raggiunto la cassetta postale, quando Percy mi volò sopra la testa, mancandomi di un soffio.
Mi voltai, vedendo il lestrigone che aveva serrato una mano attorno ad Helen, cercando nuovamente di stritolarla.
Non sarei arrivato in tempo, non potevo salvarla…
La disperazione iniziò ad impossessarsi di me, mentre cercavo, con la mano sinistra, di staccare la spada dalla cassetta postale.
Il volto di Helen si fece pallido.
Poi, all’improvviso, successe qualcosa di strano.
Il gigante lanciò un urlo di dolore, poi, barcollò, lasciando cadere Helen a terra e contorcendosi scompostamente.
Un altro urlo, poi, il lestrigone si sgretolò velocemente.
Lasciai perdere la spada e, stringendomi la spalla dolorante, corsi verso Helen, che si stava rialzando un po’ intontita.
Accanto a lei, una ragazzina sui dieci, massimo undici anni fissava la macchia scura lasciata sulla strada dal sangue del lestrigone, rigirandosi un coltello di bronzo celeste nella mano.
Mi inginocchiai accanto alla mia amica, alzandola con il braccio sinistro, con una strana ansia che cresceva nel petto: - Helen! Stai bene?
Lei mi sorrise, con quel suo sorriso dolce e meraviglioso, appoggiando la testa sulla mia spalla sana: - Sono un licantropo… ci vuole ben altro per eliminarmi…
Sospirai di sollievo, senza riuscire a spiegarmi la strana sensazione che stavo provando, e quasi mi dimenticai della ragazzina che ci aveva salvati, se non fosse stato per Percy che le disse con tono meravigliato: - Hey, grazie mille! Il tuo aiuto è stato provvidenziale.
Alzai lo sguardo verso di lei, senza smettere di tenere Helen appoggiata a me.
Era una ragazzina piuttosto minuta, con il fisico che mi ricordava tanto quello di un folletto.
Aveva i capelli corti, di un singolare colore castano rossiccio, grandi occhi azzurri e sottili sopracciglia arcuate di colore scuro. Vestiva in modo sportivo, – top bianco, pantaloncini neri e scarpe da tennis- aveva una carnagione piuttosto chiara e lineamenti elfici che mi sembravano decisamente famigliari. La cosa che mi colpì di più, però, fu la strana aura di potere che emanava.
Ci fissò, piegando le labbra rosate in un sorriso scaltro e ripose il pugnale nel fodero che pendeva al suo fianco sinistro: - Bene, direi appena in tempo. Queste mostri iniziano a diventare un vero problema, non hanno nemmeno la decenza di apparire in posti meno affollati.
Aveva una voce piuttosto acuta e squillante, dal tono leggermente esotico.
Percy la guardò ammirato, tendendole la mano: - Beh, credo che un grazie sia d’obbligo. Devo supporre che tu sia una semidea come noi, dato il pugnale che maneggi… comunque piacere, io sono…
- Percy Jackson!- esclamò lei, illuminandosi – Ti conosco già!
- Oh, davvero?- balbettò Percy stupito, mentre lei gli stringeva calorosamente la mano – E tu… saresti?
Il sorriso furbo della ragazzina si allargò ulteriormente: - Potete chiamarmi Moira Luck.
 
***
Angolo dell’Autrice: Finalmente riesco a pubblicare il nuovo capitolo, anche se è un po’ corto.
Inizialmente non avevo ispirazione, poi ho iniziato e si è praticamente scritto da sé.
Con Percy in vena di battute e Nico e Helen che si stanno avvicinando sempre di più, ho cercato di dare un tono meno tragico a questo capitolo.
La situazione era un po’ troppo tranquilla, perciò ho deciso di mettere un po’ di mostri a rompere le palle. Ma chissà chi li avrà mandati? E chi è in realtà la misteriosa ragazzina?
Spero di aggiornare presto, grazie per aver letto.
Un bacio :)
 Ps: ogni riferimento a pasticcini presente nel testo è puramente casuale ;)  


  
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