Giovedì
mattina quasi tutti gli studenti del primo anno erano eccitati per
l’imminente
lezione di volo. Vi era tuttavia qualcuno che, come Neville, non era
mai salito
in vita sua su un manico di scopa, ed era molto nervoso al pensiero di
volare.
Il volo non era certo una cosa che si potesse imparare a memoria sui
libri, e
questo Hermione Granger lo aveva appurato appieno dopo aver letto tutti
i libre
che la biblioteca poteva disporre in proposito.
Harry, Gideon e Metis stavano giusto cercando rassicurare i loro
compagni su
come fosse facile e meraviglioso volare, quando l'arrivo della posta li
interruppe.
Quel giorno, il barbagianni portò a Neville un pacchetto da
parte della nonna.
Lui lo aprì tutto eccitato e mostrò una palla di
vetro che sembrava piena di
fumo bianco.
«È
una Ricordella!» spiegò il ragazzo
«Nonna sa
che dimentico sempre le cose... Questa ti dice se c'è
qualcosa che hai
dimenticato di fare. Guardate: uno la tiene stretta così, e
se diventa rossa...
Oh!»
E tutta la sua eccitazione svanì, perché
Ricordella era diventata d'un tratto
scarlatta: «...vuol dire che hai dimenticato
qualcosa...»
Neville stava sforzandosi di ricordare che cosa mai avesse dimenticato,
quando
Draco Malfoy, che proprio in quel momento passava accanto al tavolo dei
Grifondoro, gli strappò di mano la palla.
Harry, Ron e Gideon balzarono in piedi. Entrambi speravano in una buona
occasione per fare a pugni con Malfoy, ma la professoressa McGranitt,
che
fiutava i guai prima di ogni altro insegnante, piombò come
un fulmine.
«Che cosa succede qui?»
«Professoressa, Malfoy mi ha preso la Ricordella.»
Tutto corrucciato, Malfoy rimise prontamente la palla sul tavolo.
«Stavo solo guardando» disse, ostentando un aria di
superiorità.
Sfortunatamente, a Gideon, Malfoy era stato antipatico fin da subito
per cui,
dal momento che si era presentata l’occasione, quando questi
tentò di
svignarsela con Tiger e Goyle al seguito con un colpo ben assestato di
bacchetta fece annodare tra loro i lacci delle scarpe dei tre
serpeverde
facendoli cadere a faccia per terra tra le risate generali.
Quel pomeriggio, alle tre e mezzo, gran parte dei Grifondoro correva
giù per le
scale alla volta del campo per la prima lezione di volo. Era una
giornata
chiara e ventosa, e l'erba si piegava sotto i loro passi, mentre
scendevano di
corsa giù per la collina verso la parte opposta del parco,
in direzione della
foresta proibita, le cui chiome ondeggiavano, nere, in lontananza.
I Serpeverde erano già arrivati, e per terra c'erano anche
venti manici di
scopa ordinatamente disposti in tante file.
Harry
aveva sentito Fred e George Weasley lamentarsi
delle scope della scuola, dicendo che, se uno volava troppo alto,
alcune
cominciavano a vibrare, oppure sbandavano leggermente a sinistra e,
osservandoli, non potè fare a meno di concordare con loro.
Madama Bumb era una donna bassa, coi capelli grigi e gli occhi gialli
come un
falco.
«Be', che cosa state aspettando?»
sbraitò «Ciascuno prenda posto accanto a un
manico di scopa. Di corsa, muoversi! Stendete la mano destra sopra la
vostra
scopa e dite: "Su!"»
«SU!» gridarono in coro.
A Harry, Gideon e Metis la scopa saltò immediatamente in
mano, ma furono tre
delle poche quella di Hermione Granger si era limitata a rotolare per
terra e
quella di Neville non si era neanche mossa.
A
quel punto, Madama Bumb mostrò a tutti come
montare il manico di scopa senza scivolare verso il fondo, e poi
passò in
rassegna la scolaresca per correggere la presa. Harry, Ron e Gideon se
la
godettero un mondo quando disse che erano anni che Malfoy usava la
presa
sbagliata.
«E ora, quando suonerò il fischietto, datevi una
spinta premendo forte i piedi
per terra, tenete ben salde le scope e sollevatevi di un metro circa.
Poi
tornate giù inclinandovi leggermente in avanti. Al mio
fischio... tre...
due...»
Ma Neville, nervoso e sovreccitato com'era, nel timore di rimanere a
terra, si
diede la spinta prima ancora che il fischietto avesse sfiorato le
labbra di
Madama Bumb.
«Torna indietro, ragazzo!» gridò lei, ma
Neville si stava sollevando in aria
come un turacciolo esploso da una bottiglia... tre metri... sei
metri... gli
studenti videro era terreo in volto mentre guardava il suolo che si
allontanava
sempre più, poi lo videro scivolare dal manico, e...
WHAM! Un tonfo, uno schianto sinistro e Neville era lì
sull'erba, faccia a
terra, come un fagotto informe. Il suo manico di scopa salì
sempre più in alto
e poi si allontanò come andasse alla deriva, verso la
foresta proibita,
scomparendo alla vista.
Madama Bumb era china sul ragazzo, con il viso sbiancato dalla paura.
«Polso rotto.» la udì bofonchiare Metis
«Coraggio, mio caro... non è niente,
alzati.»
Poi si rivolse al resto della classe.
«Nessuno si muova mentre io lo accompagno in infermeria.
Lasciate le scope dove
si trovano, o verrete espulsi da Hogwarts prima di avere il tempo di
dire
"Quidditch". Andiamo, caro.»
Neville, con il volto rigato dalle lacrime e reggendosi il polso, si
avviò
zoppicando insieme a Madama Bumb, che lo cingeva con il braccio.
Non erano ancora fuori della portata di voce che Malfoy
scoppiò in una sonora
risata.
«Hai visto che faccia, quel gran salame che non è
altro?»
Gli altri Serpeverde si unirono a lui nel prenderlo in giro.
«Chiudi il becco, Malfoy!» sbottò
Calì Patil.
«Oh, non prenderai mica le difese di Paciock!»
disse Pansy Parkinson, una
ragazza Serpeverde dai lineamenti duri «Non avrei mai creduto
che proprio a te,
Calì, stessero simpatici i piagnucolosi, e per di
più ciccioni.»
«E io non avrei mai creduto che a te piacesse fare il
cagnolino Parkinson ma,
guardandoti scodinzolare non appena Malfoy ti fa un complimento, e
vedendoti
seguirlo come una cagna in calore, devo supporre di essermi sbagliata,
no?»
replicò Metis, scatenando le risa di tutti i Grifondoro.
Prima
che Pansy potesse replicare Malfoy la
interruppe.
«Guardate!» disse, facendo un balzo in avanti e
raccogliendo qualcosa fra
l'erba «Quello stupido aggeggio che la nonna ha mandato a
Paciock.»
La Ricordella brillò al sole, mentre lui la teneva sollevata.
«Daccela Malfoy.» dissero tranquillamente Harry e
Gideon.
«Subito.» aggiunse Metis.
Tutti tacquero all'istante per godersi la scena. Malfoy fece un sorriso
maligno.
«Penso che la metterò in un posticino dove Paciock
dovrà andarsela a
riprendere... cosa ne dite, per esempio... della cima di un
albero?»
«Dammela!» gridò Metis, ma Malfoy era
già balzato in sella al suo manico di
scopa ed era decollato.
Non
aveva mentito: volava proprio bene.
«Cosa
avete, Potter e Black? Pensate di non
arrivarci?»
In un attimo i tre ragazzi avevano inforcato le loro scope e, facendo
proprio
come aveva insegnato loro Remus, sollevarono leggermente la punta dei
bastoni
per salire ancora più in alto.
Udirono le grida e il respiro ansimante delle ragazze rimaste a terra,
e l'urlo
di ammirazione di Ron.
Virarono con decisione in modo da circondare a mezz'aria Malfoy, che
ormai
aveva l'aria esterrefatta.
«Niente Tiger e Goyle a salvarti l'osso del collo
quassù, eh, Malfoy?» lo
apostrofò Gideon.
Sembrò che anche a Malfoy fosse venuto in mente lo stesso
pensiero.
«Prendetela, se ci riuscite!» gli gridò,
gettando la palla di vetro in aria e
poi lanciandosi di nuovo in picchiata verso terra.
Gideon vide la palla andare sempre più lontano e la
rincorse. Sapeva cosa
doveva fare. Sentiva Metis alle sue spalle e, raggiunta la palla, prima
di frenare
bruscamente contro l’albero rischiando di romperla, la
lanciò esattamente verso
di lei.
Metis cercò di fare lo stesso con il fratello ma, essendo
questi troppo
lontano, il suo lancio risultò troppo debole.
Harry vide come a rallentatore la palla sollevarsi in aria e poi
cominciare a
ricadere giù.
Si chinò in avanti e puntò il manico della scopa
verso il basso: un istante
dopo, stava acquistando velocità in una picchiata
precipitosa, alla rincorsa
della palla, con il vento che gli fischiava nelle orecchie,
confondendosi con
le grida degli astanti. Allungò la mano e a pochi metri da
terra la afferrò,
appena in tempo per raddrizzare la scopa, poi atterrò
dolcemente sull'erba
stringendo in mano la Ricordella sana e salva. Poco dopo scesero a
terra anche
Gideon e Metis.
«POTTER! BLACK!»
La professoressa McGranitt avanzava a passo di corsa verso di loro.
«Mai...
da quando sono a Hogwarts...»
La McGranitt era quasi senza parole per l'indignazione e gli occhiali
le
lampeggiavano furiosamente.
«Avreste potuto rompervi l'osso del collo...»
«Non è stata colpa sua, professoressa...»
«Taci, signorina Patil...»
«Ma Malfoy...»
«Basta così, Weasley. Voi due Potter e Black,
seguitemi immediatamente.»
A Harry, Gideon e Metis non sfuggirono le facce trionfanti di Malfoy,
Tiger,
Goyle e Parkinson mentre si allontanavano come inebetiti dietro alla
professoressa McGranitt, in direzione del castello.
I tre si scambiarono un’occhiata preoccupata pur rimanendo in
silenzio.
La professoressa McGranitt procedeva a passo veloce senza neanche
degnarli di
uno sguardo. Su per le scale esterne, su per la scala di marmo, e la
professoressa McGranitt non gli aveva ancora detto una parola.
Spalancava le porte con violenza e correva per i corridoi, con loro che
le
trotterellavano dietro, poi si fermò davanti a un'aula,
aprì la porta e mise
dentro la testa.
«Mi scusi, professor Vitious, mi presta Baston per un
attimo?»
Harry, Gideon e Metis si scambiarono un’ occhiata perplessa:
chi diamine era
Baston?
Come scoprirono ben presto, Baston un ragazzo corpulento del quinto
anno, che
uscì esitante dall'aula.
«Potter,
Black, questo è Oliver Baston. Baston...
ti ho trovato un Cercatore e due battitori.»
Da perplesso che era, Baston divenne l'immagine della
felicità.
«Dice sul serio, professoressa?»
«Ci puoi giurare.» rispose lei tutta animata
«I ragazzi hanno un talento
naturale. Non ho mai visto niente di simile. Il signor Black e miss
Potter si
sono lanciati come schegge all’inseguimento di quella palla e
sono riusciti a
direzionarla esattamente dove volevano. Il signor Potter, invece, ha
afferrato
la palla con una mano sola, dopo una picchiata di venti
metri.» disse la
professoressa McGranitt a Baston «E non si è fatto
neanche un graffio. Neanche
Charlie Weasley ci sarebbe riuscito.»
Ora Baston aveva decisamente l'aria di uno che vede d'un tratto
realizzarsi i
suoi sogni.
«Avete mai assistito a una partita di Quidditch?»
chiese tutto euforico.
«Baston è il capitano della squadra dei
Grifondoro.» spiegò la McGranitt.
«Dovremo procurare loro una scopa decente, professoressa...
una Nimbus Duemila
o una Tornado Sette, direi.»
«Parlerò con il professor Silente e vedremo di
fare un'eccezione alla regola
che esclude quelli del primo anno. Sa il cielo se abbiamo bisogno di
una
squadra migliore di quella dell'anno scorso. I Serpeverde ci hanno
stracciato
nell'ultima partita... Per settimane non ho avuto il coraggio di
guardare in
faccia Severus Piton...»
La professoressa McGranitt scrutò i tre ragazzi da sopra gli
occhiali con
sguardo severo.
«Voglio vedervici sudare in questi allenamenti, altrimenti
potrei cambiare idea
sul fatto di non punirvi.»
Poi, d'un tratto, sorrise.
«I vostri genitori sarebbero stati orgogliosi.»
disse «Anche loro erano ottimi
giocatori di Quidditch.»
«State scherzando?»
Era l'ora di cena, ed Harry e Gideon avevano appena finito di
raccontare a Ron
quello che era accaduto quando avevano lasciato il campo di allenamento
con la
professoressa McGranitt.
Ron
era rimasto con un boccone di pasticcio di
carne a mezz'aria, dimenticando di metterselo in bocca.
«Cercatore e Battitori? Mai quelli del primo anno... Voi
dovete essere i più
giovani giocatori del dormitorio da...»
«Da un secolo.» disse Metis, arrivando proprio in
quel momento e sedendosi
accanto al gemello «Ce l'ha detto Baston.»
Ron era talmente stupefatto, talmente impressionato che non riusciva a
staccare
gli occhi dai tre, e continuava a guardarli a bocca aperta.
«Cominciamo l'allenamento la settimana prossima.»
disse Gideon «Solo, non dirlo
a nessuno. Baston vuole mantenere segreta la cosa.»
Fred e George Weasley entrarono in quel momento nella sala, scorsero i
due
Potter e Gideon e si avvicinarono in fretta.
«Complimenti.» disse George a bassa voce
«Ce l'ha detto Baston. Anche noi siamo
nella squadra... Cacciatori.»
«Ve lo dico io, quest'anno la coppa la vinciamo
noi.» disse Fred « È da quando
Charlie se n'è andato che non vinciamo più, ma
quest'anno la squadra promette
bene. Dovete essere proprio bravi! Baston stava praticamente saltando
di gioia
quando ce l'ha detto.»
Il resto della giornata trascorse velocemente e, tra scherzi e lezioni,
si era
già fatto sera.
Tutti gli studenti erano rientrati nei loro dormitori e, probabilmente,
si
stavano rilassando nei loro letti. Tutti tranne tre ragazzi e una
ragazza che,
troppo euforici per gli ultimi avvenimenti, non riuscendo a prendere
sonno, si
erano avventurati nei corridoi bui del castello facendo una passeggiata
notturna.
Ad
un tratto sentirono una voce.
«Annusa qua dentro, ciccina, qualche studente può
essere in qualche aula.»
Era Gazza che parlava con la gatta, Mrs Purr.
Inorridito,
Harry agitò all'impazzata la
bacchetta, facendo segno agli altri tre di seguirlo più in
fretta possibile.
Svelti svelti, senza far rumore si diressero verso la porta opposta al
punto da
cui proveniva la voce di Gazza. L'ultimo lembo degli abiti di Ron era
appena
sparito dietro l'angolo, quando udirono Gazza entrare nella sala dei
trofei.
«Sono qui, da qualche parte.» lo udirono borbottare
«Probabilmente nascosti.»
In preda al terrore, cominciarono a sgattaiolare lungo la galleria che
rigurgitava di armature. Sentivano avvicinarsi Gazza. D'un tratto, Ron
lanciò
un gridolino di terrore, incespicò, afferrò Metis
per la vita e franarono
entrambi sopra un'armatura.
Il baccano e lo strepito furono tali da svegliare l'intero castello.
«CORRETE!» gridò Gideon, e tutti e
quattro si misero a correre per la galleria,
senza guardarsi indietro per vedere se Gazza li stesse seguendo.
Girarono
dietro lo stipite di una porta, percorsero un corridoio, e poi un
altro, Harry
in testa, senza la minima idea di dove si trovassero o di dove stessero
andando. Passarono attraverso un arazzo, lacerandolo, e si ritrovarono
in un
passaggio nascosto, lo percorsero a precipizio e sbucarono in un vicolo
ceco
che finiva con una porta chiusa a chiave.
Si
fermarono tutti per riprendere fiato, mentre
il custode si faceva sempre più vicino.
«Vi decidete a fare qualcosa?» sbottò
Metis.
Afferrò
la sua bacchetta, colpì il lucchetto e
sussurrò: «Alohomora!»
Il lucchetto scattò e la porta si spalancò
davanti a loro: la oltrepassarono
spintonandosi, la richiusero velocemente e vi pigiarono contro
l'orecchio,
rimanendo in ascolto.
Sentirono Gazza allontanarsi con la sua gatta, furente per non aver
trovato
nessuno.
«Crede che questa porta sia chiusa a chiave.»
bisbigliò Harry.
«Perché era chiusa.»
disse Gideon ghignando per essere
riuscito a farla franca.
«E per un buon motivo.» disse Metis seria,
voltandosi verso l’interno della
stanza.
Anche gli altri si voltarono... e videro chiaramente che cosa c'era.
Non si trovavano in una stanza, come avevano creduto. Erano in un
corridoio. Il
corridoio proibito del terzo piano. E ora, capivano perché
fosse proibito.
Stavano fissando dritto negli occhi un cane mostruoso, un bestione che
riempiva
tutto lo spazio tra il soffitto e il pavimento. Aveva tre teste. Tre
paia di
occhi roteanti, dallo sguardo folle, tre nasi che si contraevano e
vibravano
nella loro direzione, tre bocche sbavanti, con la saliva che pendeva
come tante
funi viscide dalle zanne giallastre.
Era lì, perfettamente immobile, con tutti e sei gli occhi
fissi su di loro.
Harry brancicò in cerca del pomello della porta: tra Gazza e
la morte
sicuramente preferiva Gazza.
Caddero tutti all'indietro... Gideon richiuse la porta sbattendola e
ripresero
a correre, anzi quasi a volare, lungo il corridoio. Gazza doveva essere
andato
a cercarli in qualche altra direzione perché non lo videro
da nessuna parte, ma
di quello non si preoccuparono affatto. L'unica cosa che volevano fare
era
mettere quanta più distanza possibile tra loro e quel
mostro, e non smisero di
correre fino a che non ebbero raggiunto il ritratto della Signora
Grassa, al
settimo piano.
«Ma dove diavolo eravate, tutti quanti?» chiese
lei, guardando le vestaglie che
gli pendevano dalle spalle e i volti congestionati e madidi di sudore.
«Non importa... grugno di porco, grugno di porco.»
ansimò Gideon, e il ritratto
scivolò.
Si
inerpicarono su per il passaggio e raggiunsero
la sala di ritrovo; qui si lasciarono cadere, tremanti, sulle poltrone.
Passò del tempo prima che qualcuno parlasse.
«Che cosa lo tengono a fare, un mostro come quello, chiuso a
chiave in una
scuola?» disse infine Ron.
«Non avete visto dove poggiava le zampe?»
domandò Metis «Stavano sopra una
botola. Evidentemente fa la guardia a qualcosa.» poi si
alzò, con i capelli che
cambiavano colore dal rosso, al rosso scuro al nero, come succedeva
sempre
quando era concentrata o arrabbiata.
«Scusate ragazzi ma ora sono stanca, troppe emozioni in un
giorno solo. Buona
notte.»
E si avviò verso il dormitorio femminile, incurante di aver
dato a Harry
qualcos'altro cui pensare, mentre si infilava a letto.
Il
cane faceva la guardia a qualcosa... Che cosa
aveva detto Hagrid? La Gringott era il posto più sicuro al
mondo, se si voleva
nascondere qualcosa... eccetto forse Hogwarts.
Prima di cedere al sonno ebbe un’illuminazione: aveva appena
scoperto dove si
trovava pacchetto preso dalla camera di sicurezza numero
settecentotredici.