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Autore: SylviaGreen    27/01/2013    4 recensioni
Si possono dire tante cose su Sylvia Green: dormigliona, golosa, chiacchierona, irriverente, pigra, incontrollabile. Ma su due cose si può andare sul sicuro: non è una strega e non ha ricevuto la sua lettera per Hogwarts.
Eppure, per una strana successione di eventi, Sylvia Green si ritrova a bordo dell'Hogwarts Express, a chiacchierare tranquillamente con Harry e Ron. L'autrice si sarà bevuta il cervello? Probabile.
Ma allora, cara Sylvia Green, che cosa sei?
«Una wimag», risposi automaticamente. «Cioè qualcosa di strano, complicato e ignoto».
STORIA INTERROTTA
Genere: Commedia, Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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*Miniangolino autrice per salutarvi*
Eccomi di nuovo! :) Non vedevate l'ora, eh?
Non è vero, so benissimo che non ve ne fregava niente, ma io ho pubblicato il settimo capitolo ugualmente :P
Se avete voglia e non sprecate tempo, leggete pure.
E recensite alla fine! Ho bisogno dei vostri pareri! 
Se per esempio vi spaventa la lunghezza del capitolo e quindi lo mollate a priori, ditemelo, vi prego! :) Così magari li faccio un po' più corti ;)
Scusate per il ritardo - sempre che abbiate notato che sono in ritardo - e buona lettura!



 

Hogwarts, arrivo!





Al suono di un vocione rassicurante che annunciava: «Primo anno! Primo anno! Dai, scendete, non siate timidi!», saltai giù, seguita da Harry e Ron. Il leggero vento gelido che soffiava mi sferzò il viso, e annusando l'aria umida capii subito di trovarmi vicino a un lago. Il delicato scrosciare delle onde, però, era impossibile da udire, in quanto intorno a me si era subito acceso un vocio assordante che solo quell'annuncio poteva sovrastare.
O forse anche un campanellino d'allarme sarebbe stato in grado di farlo; in particolare uno che avvisasse che una babbana stava poggiando i piedi su quella piattaforma di pietra. Il pensiero mi fece bruciare il cuore.
Fortunatamente le mie erano solo fantasie, così mi confusi al resto del gruppo, tanto da perdere ovviamente il senso dell'orientamento dopo cinque minuti. Mi affrettai quindi ad accodarmi a Harry, e a Ron poco dietro di lui, che era già il mio punto di riferimento fisso. Lui era corso subito nella direzione da cui proveniva l'annuncio, e doveva averne individuata la fonte: stava infatti guardando con gli occhi scintillanti un omone enorme, che sembrava semplicemente troppo grosso per essere vero. [i]
Era alto circa due metri e venti, e largo almeno una volta di più, con una lunga barba nera, cespugliosa e disordinata che gli dava un aspetto terribilmente selvaggio. [ii] Reggeva una grossa lampada accesa grazie alla forza di un braccio enorme, che avrebbe potuto stritolare un uomo con la facilità con cui questo stringe una pallina di polistirolo. Nonostante quelle dimensioni, però, aveva un'aria simpatica e uno sguardo bonario e tenero: a guardarlo, si sarebbe detto con assoluta certezza che non avrebbe fatto male ad una mosca, e assai probabilmente era vero.
All’esterno dei raggi di luce che emetteva la sua lampada, il buio più profondo gravava nei dintorni: le stelle che trapuntavano il cielo non servivano a illuminarli. In ogni caso, perciò, avremmo dovuto fidarci di quel gigante.

Il quale vide il mio amico e, riconoscendolo, si accese in un sorriso. «Ciao Harry», salutò amichevole, come se si conoscessero da sempre, e gli diede una pacca sulla spalla che lo fece tossire.
«Ciao Hagrid», rispose lui.



Quindi era lui, quell'Hagrid: ora ero assolutamente sicura su di lui, e più che pronta a fidarmi.
Quando tutto il gruppo di ragazzi del primo anno si fu finalmente radunato intorno a lui, non senza un po' di timore, Hagrid prese a camminare lungo la piattaforma, reggendo salda la lampada. Lo seguii quasi in trance, ringraziando Harry mentalmente che mi stesse stringendo la mano: altrimenti non avrei saputo dove mettere i piedi e avrei vagato nel nulla come una scema. Il solo motivo per cui non esponessi i miei ringraziamenti a voce era che la mia gola si era improvvisamente annodata stretta e non c’era verso nemmeno di deglutire.
La causa era abbastanza facile da comprendere: temevo che uno qualunque degli adulti che abitasse o che lavorasse a Hogwarts riconoscesse in me qualche distintivo che indicava che fossi una babbana, che lo sarei sempre stata fino alla morte e che c'entravo come i cavoli a merenda in una scuola per maghi. Fortunatamente però il nostro viaggio che costeggiava il binario non pareva avesse in programma di incontrare adulti a parte Hagrid, beninteso, e lui, dato che non aveva cacciato strani urli o esclamato improperi, non sembrava avvezzo a riconoscere i maghi dai babbani. Perciò per il momento ero salva.
Per il momento, ovvio.
Lanciando alla buon'ora uno sguardo su dove stessi mettendo i piedi, mi resi conto che il binario che seguivamo stava lentamente sotterrandosi nel terreno, come se a mano a mano che proseguivamo si stesse progressivamente scavando un rifugio, lasciando il posto ad uno spiazzo vuoto di legno che sembrava proprio …
… un molo a cui erano saldamente legate un centinaio di barchette a forma di piccole e schiacciate gondole di legno con quattro posti ciascuna. Hagrid, dando l’esempio agli altri studenti, prese posto in una di esse, ed Harry lo seguì con decisione, sedendosi accanto a lui.
Io, facendo un lungo respiro, mi accomodai di fianco a Harry, stringendo la sua mano e badando bene di non stringere troppo per non incidere sulla sensibilità delle sue dita, e Ron si mise alla mia destra. A giudicare dal suo tremore, era spaventato quanto me.
Lentamente e non senza qualche gridolino isterico, tutti i ragazzi lo imitarono. Avevano tutti o quasi una fifa nera. C'era chi aveva paura dell'acqua, chi temeva di cadere, chi di avere il mal di mare - ops, di lago … ogni paura possibile e immaginabile si stava presentando in tutti loro, e questo mi confortò un po': non ero l'unica terrorizzata di entrare a Hogwarts, anche se contemporaneamente non vedevo l'ora di farlo.
Quando tutti si furono seduti sulle loro barche, quattro remi (due su ogni lato) presero a muoversi da soli con forza, formando grossi cerchi per avanzare.
Esatto, avevo capito bene: da soli. Ne tastai uno per assicurarmi della mia lucidità mentale, ma purtroppo per me era così.
Con un fruscio leggero, che faticai ad udire a causa del mio cuore che batteva come un tamburo, incominciammo ad avanzare lentamente nell’oscurità più assoluta. Sperai che le barche sapessero dove andare, perché non c'erano punti di riferimento da nessuna parte né fari: senza magia non ce la saremmo cavata.
Come mi suonava strano pensarlo!
A causa dello scuro opprimente, si riusciva soltanto ad intravedere - e pure a malapena - l’interno della goletta (grazie alla lampada che Hagrid ancora stringeva in mano) e forse pochi centimetri quadrati dell’acqua circostante (a causa di un faretto posto sulla prua della gondola e sulle altre). Solo quelle luci gialline che rischiaravano debolmente i dintorni indicavano che gli altri studenti ci stessero seguendo: non c’era un filo di vento, e le onde che sbattevano dolcemente contro le imbarcazioni non si udivano nemmeno. L’acqua, ovviamente nera come l’inchiostro, sussurrava impercettibilmente al tocco dei remi e assecondava il loro movimento.
Ero tanto stordita che udivo a fatica i sussurri che Harry stava rivolgendo all’amico gigante; erano sicuramente amici.
«A proposito, Hagrid», disse d'un tratto con voce un po' più alta, «lei è Sylvia e lui Ron».
«Ciao», mormorò Ron con un fil di voce.
Io feci un cenno di saluto e un sorriso. Non per sembrare sgarbata, ma ero troppo rincitrullita per emettere qualcosa di sensato. Però a Hagrid bastò: ci strinse la mano e prese a parlarci subito dei professori.
Probabilmente la sua intenzione era rassicurarci, se solo io fossi stata in grado di riconoscere appieno che cosa mi stesse dicendo e di ricordarmelo in seguito. Provai a riassumere il lungo discorso, ma fu difficile, specialmente per l’abbondanza di termini nuovi da tenere a mente: le cose si chiamavano Grifocoso, Cosorosso, Corvocoso e Cosoverde, come avevo già accertato con Ron, però i nomi ancora non mi entravano in testa. Una di loro, almeno a sentire ciò che si bisbigliava, era una fogna di maghi malvagi, un’altra era famosa per avere gli studenti più mollaccioni della scuola, mentre un’altra ancora era la migliore, aveva sfornato i maghi di prim’ordine più famosi della storia della magia, anche se non vinceva a Quicoso da sette anni.
Ogni cosa aveva un professore che la dirigeva: la McCosaera direttrice di Grifocoso, mentre il prof Coso era quello di Cosoverde (i nomi erano tutti concordi!). Tra le due case esisteva una profonda rivalità, specialmente perché Cosoverde strappava a Grifocoso sia la coppa di Quicoso sia la Coppa Cosada sette anni, da quando, cioè, Coso Weacoso (Weasley! Mi venne in mente all’improvviso. Sì, sì, era proprio quella parola … Coso Weasley) aveva lasciato la scuola. Quanti fratelli aveva Ron? Probabilmente non lo avrei mai saputo: ogni volta ne spuntava uno nuovo!
Il professor Silente era il miglior preside che la scuola avesse mai avuto, anche perché aveva permesso a Hagrid di non andarsene dopo la sua cacciata e di rimanere come guardiacaccia e come custode. Perciò forse avrei avuto qualche possibilità.
Le lezioni erano in generale difficili, Difesa contro le Arti Oscure la più interessante, Cosa (mi stavo chiedendo quando sarebbero ricominciati i nomi!) la più complessa, Pozioni la più stressante e Incantesimi la più divertente (che sfortuna che avevo), anche se, a detta di tutti, il prof Coso favoriva la sua casa, Cosoverde, sia per l’indulgenza con le infrazioni delle regole, sia per i punti per la Coppa Cosa che assegnava senza motivo.
La McCosa, invece, non ci pensava nemmeno per un minuto a barare, anche se sarebbe stato molto utile, dato che molto spesso i Grifocoso erano inclini a fregarsene altamente delle regole, e anche le partite di Quicoso non aiutavano di certo ad accaparrarsi la Coppa Cosa, dato che venivano perse in continuazione. E …
La voce di Hagrid non diceva niente che riuscissi a riconoscere, ma era rilassante e interessante: sarei andata avanti ad ascoltarlo per ore intere senza interromperlo per un attimo, se non avesse improvvisamente gridato anche agli altri studenti: «Ecco! Una perfetta vista di Hogwarts proprio adesso».
Al suo urlo, una nuvola si spostò (neanche a farlo apposta) e rivelò la meraviglia di scuola che stavamo per raggiungere.
Un coro di «Oooh» si levò tutto intorno a noi.
Ah, se tutti i college di Londra fossero stati come quello!
Quella vista mi valeva da sola il viaggio in treno, senza contare la compagnia di tre nuovi amici.
Non era un parallelepipedo sporco e scrostato come tutte le altre scuole, con un tetto piatto e tante aule con una logica ben precisa disposte una di fianco all'altra, con pochi spazi dove fare l'intervallo, e non aveva neanche un giardino dall'erba smunta e ingiallita. Non era proprio niente di tutto questo.
Era un castello.
Un maniero enorme, mastodontico, titanico, che sembrava appena uscito da un libro di fiabe.
Probabilmente la dimora della matrigna di Biancaneve o della Bella Addormentata sarebbe stata molto simile.
Dalla mia posizione sulla goletta, potevo vedere decine di torri con tetti appuntiti, centinaia di pareti esterne, perfettamente lisce e delimitate nella parte anteriore da centinaia di merletti squadrati che delimitavano le mura. Migliaia di piccole finestre bislunghe arrotondate splendevano nella notte, illuminate dall’interno.
Era impossibile calcolare il numero di sale: probabilmente ci sarebbero state milioni di stanze e milioni di scale e corridoi, con centinaia di milioni di letti, sedie, tavoli, banchi, lavagne.
Era una scuola.
Una scuola per maghi.
E io, babbana, avevo il permesso di vederla.
Io, babbana, mi ci stavo avvicinando.
E stavo perfino per entrare lì dentro.
Era un’idea straordinaria.
Hagrid tese una manona grossa come un piatto e la puntò dritta contro il castello. «Questa, ragazzi miei», annunciò a gran voce, «è Hogwarts. La più famosa Scuola di Magia e Stregoneria del mondo».



Pensare che in un posto come quello si studiasse faceva venire solo al pensiero una gran voglia di tuffarsi nei libri.
Anche se, in una tale abbondanza di spazi, avrebbero trovato sicuramente posto bidelli, custodi, medici, infermieri, veterinari … insegnanti … vicepresidi … presidi …
… adulti.
Adulti maghi.
Adulti che mi avrebbero riconosciuto.
Il nodo in gola si strinse, quasi soffocandomi.
Stavo per entrare in un posto riservato ai maghi, e probabilmente con ingresso severamente vietato ai babbani.
E altrettanto severe sarebbero state le punizioni a me riservate se avessi trasgredito questo obbligo.
Non avevo minimamente idea di cosa aspettarmi, e non era un bel pensiero. Per niente.
Potevo andare incontro ad un'epica figuraccia (se ero proprio fortunata), ad un'eliminazione della memoria (se mi andava così così) o alla mia uccisione (se proprio mi andava male), e non lo sapevo in precedenza.
Nello stesso tempo, però, non avevo per niente voglia di chiedere a Ron o a Hagrid (con assoluto disinteresse, eh! Solo per curiosità!) che cosa potesse succedere ad un babbano che vedesse il segreto dei maghi e giurasse di non dirlo a nessuno, perché non volevo certo esibirmi in preghiere del tipo ma se non lo dice veramente a nessuno, se promette solennementecon tutto se stesso di non farlo, se davvero si porterà il segreto fino alla tomba e non lo rivelerà ad anima viva, se non berrà mai e non si ubriacherà mai per mantenere la parola data, se giurerà sulla sua stessa vita e su tutto ciò che ha di più caro … non lo uccidereste, vero? Vero? Ditemi che è vero …
E avrei finito con un piagnisteo disperato che avrebbe di certo destato sospetti. No, non era proprio il caso.
Finalmente le barche approdarono e Hagrid saltò giù facendoci quasi ribaltare. «Oh, scusate», mormorò imbarazzato. «Sono sempre felice quando mi avvicino alla scuola. È sempre come fosse la prima volta».
«Ti manca tanto, eh?», mormorai io, mentre arrancavo con fatica fuori della barca, facendo attenzione a non essere sbalzata fuori da un momento all’altro dai movimenti su e giù. Poi aiutai i miei amici a venirne fuori.
Quando l’intero gruppo fu giunto a riva (senza venir disarcionato dalle barche a causa di un gigante a bordo saltato giù con troppa foga), Hagrid fece un fischio acuto e assordante, ficcandosi due dita in bocca - quanto avrei voluto impararlo - e le golette tornarono indietro da sole.
Poi il gigante ci condusse fino ad un enorme portone di legno aperto, progettato per far entrare esseri molto più alti di lui (ed era tutto dire) e si fermò.
«Io non posso accompagnarvi più di così», bisbigliò. «Ci vediamo al banchetto». Non ne sarei tanto sicura, Hagrid … «Voi andate avanti da soli: troverete delle scale. Salitele fino a quando non incontrerete una prof», cioè fino a quando non si sentirà l’urlo “una babbana a Hogwarts!”. «Dovrebbe essere la McCosa. Buona fortuna», ci augurò poi, stringendoci la mano, e se ne andò.
«Ne avrò proprio bisogno», sussurrai a voce talmente bassa che solo Harry e Ron, a neanche un passo da me, mi sentirono: Hagrid, fortunatamente, non udì una sillaba: non si trattava proprio del momento opportuno per svelargli il segreto.
In compenso, però, mentre avanzavamo, entrambi i miei amici mi tirarono contemporaneamente una gomitata che avrebbe potuto benissimo dissimulare [iii] un pugno: una a sinistra e l’altra a destra. Le incassai con uno sbuffo e continuammo a camminare.
«Grazie, eh», bisbigliai loro. «Mi avete fatto pure male».
«Così la prossima volta ci pensi dieci volte prima di essere pessimista», rispose Harry. Poi mi tese di nuovo la mano, e io la afferrai.
Grazie al sostegno, indispensabile per rispondere alla mia stanchezza inesorabile, raggiunsi insieme a loro una scalinata enorme in pietra, e la salimmo tremanti - io più di loro. Dietro di me, gli altri studenti spingevano per andare più veloci, ma io non mi affrettai più di tanto: se stavo correndo incontro alla mia morte, preferivo farlo con calma.
Una balconata di due scale più in alto, una severa ma accogliente voce ci guidava. «Prego, ragazzi, venite!», esclamava ad intervalli regolari, permettendoci di raggiungerla. Era rassicurante, anche se decisa, e mi diede subito una buona impressione.
Arrivammo infine davanti ad una signora di circa cinquant’anni vestita con una lunga uniforme verde smeraldo e con un cappello a punta nero identico a quello che io avevo in tasca. Ai piedi portava scarpe a punta che mi sarei facilmente immaginata ai piedi di un mago, e i capelli corvini erano raccolti in uno chignon. Sotto di essi un paio di scintillanti occhi di imprecisato colore ci scrutavano interessati. Il suo corpo snello ci sbarrava il cammino fino ad un’altra porta nera di legno verniciato poco più bassa rispetto a quella dell’ingresso.

«Buonasera, ragazzi. Benvenuti a Hogwarts», ci salutò con un sorriso. «Io sono la professoressa McGranitt». Ok, un nome era a posto: McCosa era McGranitt. «Sono la vicepreside della scuola, e sono molto contenta di vedervi». I suoi occhi dardeggiavano su ognuno di noi, come volesse scrutarci nell’anima: io mi rannicchiai il più possibile tra Harry e Ron, sperando che le loro aure di mago potessero distrarla. Di una cosa ero assolutamente certa: quella era una donna che non bisognava contraddire. E quindi mi impegnai più che mai a memorizzare i nomi che pronunciava.
Accidenti, proprio la vicepreside dovevamo incontrare …



«Tra pochi minuti varcherete questa soglia», e indicò la porta alle sue spalle, «e vi unirete ai vostri compagni; ma prima che prendiate posto verrete smistati nelle vostre case». Finalmente riuscivo a comprendere frammenti del discorso di Hagrid: tutti i miei coso e cosa stavano assumendo un significato più vario. «Sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde».  
Grifocoso, Cosorosso, Corvocoso e Cosoverde: beh, non ero andata poi tanto distante dalla realtà.
«Per il tempo che starete qui, la vostra casa sarà la vostra famiglia», spiegò poi la McGranitt. «I trionfi che otterrete vi faranno guadagnare punti, mentre ogni infrazione delle regole ne farà perdere; alla fine dell’anno, verrà assegnata la Coppa delle Case» (la cosiddetta Coppa Cosa).
La vicepreside si interruppe per un momento e alternò il suo cipiglio severo prima su un rospo marroncino beatamente posato sullo scorrimano della scala, che sembrava ricambiarle lo sguardo con spavento …
… e poi su un ragazzino tondo e infantile, dai capelli castani e il naso a patata, di cui si sentì il grido sollevato: «Oscar!».
Qualcuno di voi ha visto un rospo? Un ragazzino di nome Neville l’ha perso …
Il bambino che doveva essere Neville raccolse tutto gongolante il suo animaletto e se lo coccolò animato: mentre festeggiava a voce bassa si sentirono flebili le parole evitato, sgridata e nonna; solo in seguito si accorse di aver interrotto la professoressa.
«Mi scusi», mormorò delicato, e indietreggiò tornando al suo posto.
La McGranittsospirò, probabilmente avendo già capito di che pasta fosse fatto quel mago, e poi si congedò: «La cerimonia dello smistamento avverrà tra pochissimo». Chinò dolcemente il capo e poi entrò nel salone, chiudendosi subito dopo la porta alle spalle e impedendomi di scorgere che cosa si nascondesse dietro.
Non facemmo in tempo ad iniziare il brusio spaventato che segue sempre una dichiarazione ufficiale come quella che, al posto della McGranitt, si sistemò un pallido ragazzino biondo, con gli occhi grigi e l’aria arrogante. Era uno di quei tipi sempre perfetti, tutti pettinati e zuppi di gel, che a volte si vedevano anche nei college di Londra.
Dava le spalle al portone, e fissava con interesse nella mia direzione. Con lo sguardo lucente, additava al mio amico.

«È vero allora quello che dicevano sul treno», esordì con una parlata altezzosa di chi è abituato a comandare. «Harry Potter è venuto a Hogwarts».
Dopo le sue parole, che avevano evidentemente fatto effetto, il silenzio più assoluto calò per mezzo secondo netto.
Poi, tantissimi bisbigli curiosi e meravigliati partirono, fissando il mio amico.
Non c’era uno studente che non lo stesse indicando o non stesse pronunciando il suo nome, con gli occhi puntati sulla sua cicatrice e non sugli occhi azzurri, per esempio - molto più interessanti, peraltro, a mio parere.
Il biondino si avvicinò ancora di più e lo fissò con occhi bramosi. A differenza degli altri, i cui sussurri erano solo stupefatti, il modo in cui lui aveva detto Harry Potter lasciava intendere che avrebbe fatto di tutto per avere anche un briciolo della sua notorietà, perfino diventare il suo migliore amico, il che sembrava veramente costagli molto sforzo.
E ciò non mi andava bene neanche un po'.
Aveva una faccia talmente pulita e dei capelli così pettinati da mettermi voglia di tirargli uno schiaffo per disordinarlo un po’. Certo, lo avrei schiaffeggiato anche per un altro motivo: era il primo ragazzo che incontravo che identificavo come un antipatico senza nemmeno conoscerlo.
Non poteva essere più diverso da Harry, il quale aveva una faccia simpatica che mi aveva messo subito a mio agio e un modo di parlare tranquillo e modesto, nonostante il suo passato.
«Loro sono Tiger e Goyle», mormorò il ragazzo, e indicò due mastodontici giovani della mia età, uno più grosso dell'altro, uno dalla faccia più scema dell’altro. Certamente servivano a parargli le chiappe. «E io sono Malfoy». Si avvicinò affinché Harry potesse udire meglio il suo nome. «Draco Malfoy».
Dopo quell'esibizione, mi fu veramente difficile non trattenere; però non era il caso di insultare un ragazzino così arrogante, presuntuoso e pieno di sé proprio davanti al suo naso il primo giorno di scuola, specialmente da una babbana che stava per essere espulsa o addirittura uccisa. L'autocontrollo di Ron, però, non fu sufficiente da fargli trattenere uno sghignazzo.
Sembrava che l’ego di Malfoy ne avesse risentito pesantemente, perché si rivolse a Ron con un tono sarcastico perfetto per una provocazione. «Il mio nome ti fa ridere, eh?». Lo osservò per un secondo, poi parlò con un tono di sufficienza che avrebbe potuto usare benissimo per discorrere di una mosca. «Non c’è bisogno che ti chieda il tuo: capelli rossi … una vecchia toga di seconda mano … devi essere un Weasley».
Quasi mi uscì sangue dal labbro, perché l’avevo appena morso con tanta furia da quasi mozzarlo.
La rabbia contro quel ragazzino che aveva offeso un mio amico davanti a me senza nemmeno conoscerlo era salita direttamente dal cuore: con fatica la bloccai in gola, sperando che rimanesse lì, e conficcai le unghie nel palmo per trattenerle.
Avevo sperato che Draco avesse finito il suo discorsetto perché non sarei più stata in grado di sopportarlo oltre, ma purtroppo non potevo avere tutto, perché lui continuava guardando Harry, beatamente incurante della rabbia che stava scatenando.
«Scoprirai che alcune famiglie sono migliori di altre, Potter: non vorrai fare amicizia con le persone sbagliate». Lanciò un’occhiata sprezzante a Ron. «Posso aiutarti io …», e gli tese sicuro una mano.
Odioso, odioso, odioso.
Tremavo tanto di rabbia che Harry dovette tenermi ferma con entrambe le mani per impedire che esplodessi, ma almeno lo tenevo occupato a non stringere quella di Malfoy.
Infatti poco dopo gli rispose: «Credo di saper riconoscere da solo le persone giuste, grazie».
Finalmente potei respirare e cacciai un silenziosissimo sospiro di sollievo che fu udito da tutto il gruppo.
Draco, indispettito, si voltò a guardarmi aprendo la bocca, ma improvvisamente le parole gli vennero meno. Il luccichio arrogante nei suoi occhi si spense come se avesse premuto un invisibile interruttore. La sua parlantina da avvocato con me non funzionava.
Rimase lì stupidamente a guardarmi e io non riuscii a resistere alla tentazione di tingergli di indignazione quel suo bel faccino.
Gli feci una linguaccia.



Il viso di Ron s’illuminò come un nuovo sole appena sorto, nonostante fossero le undici di sera, e quasi si dissanguò le mani per non applaudirmi. Harry mi guardò, sorpreso e compiaciuto, e attese poi la risposta di Malfoy.
Già mi aspettavo i suoi commentini sprezzanti: Oh, Potter… guarda qui chi c’è con te … una babbana … vedo che sei veramente abile a scegliere le persone!
Invece, nessuna delle facce che i miei amici fecero fu ugualmente appagante come quella di Malfoy.
Il ragazzo, con gran stupore di tutto il gruppo, primi fra tutti Tiger e Goyle … arrossì.
E non solo: si morse un labbro per non parlare, abbassò repentinamente lo sguardo, lesse nelle pupille di un vicino l’arrivo imminente della McGranitt e si scansò all’istante per rifugiarsi tra i suoi due seguaci, come se stesse pensando che fosse quello il suo posto ed era lì che sarebbe dovuto rimanere per sempre.
Era inutile dire che avevo totalmente rinunciato a credere ai miei occhi.
«W-o-w», scandì Ron con un sussurro al mio orecchio. «Se dopo una cosa del genere ti cacciano, protesto. Lo giuro solennemente».
La professoressa riapparve davanti a noi. «Siamo pronti per ricevervi», annunciò, totalmente ignara dell'accaduto. «Seguitemi, prego».
Poi si voltò un’altra volta, aprendo le braccia all'improvviso, e le porte della sala si spalancarono lentamente, mostrando prima un leggero spiraglio della visuale.
Noi ci accodammo in fretta al suo mantello svolazzante, che ci copriva la visuale sulla stanza in cui stavamo per entrare.
Mentre varcavamo la soglia, con la coda dell'occhio, vidi gli occhi grigi di Draco Malfoy fissarmi la schiena.
Perché? Perché un ragazzo così arrogante con me diventava timido? Perché?
I miei pensieri su Draco si dissolsero tutti in un istante quando entrai in quella camera.
O forse dovrei dire: in quel salone.
 

 
 
[i]J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, capitolo uno.
[ii]J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, capitolo uno.
[iii]J. K. Rowling, Harry Potter e la pietra filosofale, capitolo sei.





*Angolino autrice un po' più grande per salutarvi di nuovo - sono assillante :P*
Scusate tanto per il ritardo - mi ripeto - ed ccomi di nuovo con il capitolo! Finalmente la nostra ragazzuola entra a Hogwarts ... che cosa succederà? Verrà ammessa?
Che domande! Direi di sì, altrimenti su cosa la costruisco la storia? :D Però voi fate finta di niente e continuate ad arrovellarvi su questo punto, e scoprirete tutto al prossimo capitolo :)
Come avete visto, ci sono in questo capitolo alcune citazioni della Rowling. Non so se dovevo metterle, perché non sono così famose, però io me le ricordavo a memoria, e le ho scritte proprio pensando a quelle, quindi mi è sembrato giusto inserire il riferimento.
Sto rileggendo tutto il primo libro con calma, aiutandomi anche con l'audiolibro, così posso ricordarmi bene le scene, fare il confronto con il film e scriverle al meglio - se non avete letto l'avvertimento e non lo avete notato da soli, questa storia è movieverse cioè racconta la versione dell'adattamento cinematografico riadattata dalla sottoscritta - ma uff... che fatica fermarsi ad ogni capitolo del libro della Rowling! Vorrei andare avanti fino alla fine in un giorno solo!
Però poi non mi sarebbe utile per la scrittura di questa storia, e così cerco di contenermi ._. E' difficile, ve lo assicuro.
Mi raccomando, recensite, non limitatevi a leggere, perchè mi servono i vostri pareri! - mi ripeto.
Se vi siete fermati alla prima riga perché la lunghezza del testo vi spaventava, ditemelo, e farò capitoli più corti! - mi ripeto di nuovo :D
Ok, vi ho rotto le palle anche troppo.

Piccola parte dedicata ai ringraziamenti e alla pubblicità: passa oltre se non vuoi leggere, è una palla assurda ;).
Ringrazio Jinny_2000 per avermi letto e recensito come sempre - ma come farò a ringraziarti come si deve? :) - e alle 32 visualizzazioni del capitolo precedente. Un enorme grazie anche a chi ha messo questa storia tra i preferiti (Chibime88DiaIlovemylifeJinny_2000), a chi la ricorda ( __Estella__) e a chi la segue (
darkmagic31dubhealex__Estella__). Grazie, grazie, grazie! Mi avete reso immensamente felice! :) E dato che ieri ho combinato un pasticcio della miseria con i miei, tanto che mia madre mi ha dato della cretina - vi assicuro, non è una bella cosa - un po' di felicità fa sempre bene :D
E infine un enorme grazie anche per le 206 visualizzazioni di una piccola one-shot con una dramione a modo mio: è la storia più visualizzata tra tutte! Grazie! :)
(forse molte visualizzazioni sono mie... shhh, tralasciamo questo particolare :D )
Fine della parte dedicata ai ringraziamenti e alla pubblicità.

Ora l'ultimo - per numero, ma non per importanza - va a voi, che mi avete sopportato fin qui!
Grazie per avermi letto e buona giornata!
   
 
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