L'occasione propizia si presentò qualche giorno dopo: aveva pedinato Romilda per ore cercando un momento in cui fosse stata sola – il che era molto difficile, era sempre in compagnia delle sue amiche chiacchierone e un po' oche, a dirla tutta. Erano in un corridoio del quinto piano, e alla fine c'era un'aula vuota che li avrebbe protetti da orecchie indiscrete. Romilda era qualche passo avanti a lei, e forse non si era accorta della sua presenza. “Ciao Romilda” cominciò. Romilda si voltò di scatto, l'orlo della veste si sollevò in una piccola ruota, i suoi occhi enigmatici come sempre. “Ciao Cho” Sorrise, un sorriso bello, su quelle labbra morbide e carnose. “Io, ehm, volevo parlarti un momento, ti dispiace sei, ehm, andiamo in quell'aula laggiù?” e indicò l'aula vuota. Lo sguardo di Romilda si fece sempre più enigmatico, e anche un po' stupito. “Si, certo” Cho la guidò fino alla fine del corridoio, poi le cedette il passo per farla entrare per prima nella stanza. Poi si voltò, chiuse la porta, borbottò “Colloportus” rivolta alla serratura e, puntando la bacchetta verso la porta, “Muffliato!”. Evocò poi una specie di divanetto, sul quale la invitò a sedersi con un gesto. Romilda si sedette, e la guardò, sempre più stupita. Cho si sedette al suo fianco. “Romilda, forse ti chiederai perchè sei qui... È una situazione un po' particolare, e non preoccuparti, non ti farò niente...” “Tranquila, Cho, dimmi pure”. I suoi occhi sorridevano buoni e pieni di stupore, le sue labbra appena dischiuse, le sue mani dalle unghie eternamente mangiucchiate appoggiate sulle ginocchia. “Io, ehm, mi sono presa una cotta per te” Meglio mettere subito le cose in chiaro, pensò Cho. Romilda spalancò la bocca, i suoi occhi scintillarono, il suo viso si inclinò da un lato con un'espressione molto stupita. “Lo so, tu non ricambi i miei sentimenti, e tutta la faccenda ti sembra strana, irreale, ti starai chiedendo che cosa voglio da te, che cosa mi aspetterei... scusa, non avrei dovuto dirtelo, sono stata una sciocca, ti ho spaventata...” Romilda riprese il controllo di sé e sussurrò: “Cho, io non me lo sarei mai aspettato, perchè io non provo questo genere di sentimenti... non ce l'ho con te, stai tranquilla, solo che sono un po' scioccata, e, ehm, come dire... non ricambio la tua condizione. Mi dispiace, non voglio farti soffrire...” Cho aveva gli occhi lucidi, si sentiva in colpa di averle confidato i propri sentimenti... Afferrò la bacchetta, e piangendo gridò, prima che Romilda potesse capire le sue intenzioni: “Oblivion!” Gli occhi di Romilda sfocarono leggermente, poi la ragazza si accasciò sul divanetto, svenuta. Cho puntò nuovamente la bacchetta verso la porta sussurrando “Alohmora”, prese in braccio Romilda -non era difficile sollevarla poiché aveva un fisico minuto-, aprì la porta e, rassicuratasi che il corridoio fosse deserto, uscì. Appoggiò delicatamente la ragazza in terra e prese la bacchetta e disse piano “Innerva!”. Romilda si riprese quasi immediatamente, sbatté le palpebre e si guardò intorno spaventata: “Cho, cosa è successo? Perchè sono sdraiata per terra?” “Stai bene? Sei svenuta in mezzo al corridoio!” disse Cho, fingendo perfettamente un'espressione spaventatissima e preoccupata. “Sì, sì, ogni tanto mi succede... per fortuna che c'eri tu...” E sorrise. Romilda vide che Cho aveva gli occhi lucidi; pensò che erano dovuti allo spavento che le aveva fatto prendere... Cho le tese la mano che Romilda l'afferrò con la sua, piccola e dalle unghie mangiucchiate. Poi corse verso la sala comune di Corvonero, sperando di trovare conforto tra le braccia -e le lenzuola del letto- di Marietta.