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Autore: _Jiyu_    02/02/2013    0 recensioni
Immaginate di entrare nel vostro più grande sogno, ce la fate? Ecco, ora pensate a come sarebbe entrarvici... Riuscite a vedervelo? Bene, questo è quello che succederà a quattro ragazze, che, di ritorno da scuola si ritroveranno immerse fino alla punta dei capelli in altri universi... tra avventure, amori, e casini si compirà il loro destino!
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Akatsuki, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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POV Alex...BECAUSE THIS IS MY NINJA WAY

Ventisei, per essere precisi. Ventisei mostri impazziti che ci venivano incontro. Non volevo usare la moltiplicazione del corpo, non in quel momento. Volevo sfogarmi e distrarmi. Avrei fatto ricorso alle mie sole forze.

Feci cenno a Kakashi di non aiutarmi; nonostante fosse titubante, acconsentì e rimase indietro, nascosto dietro a un tronco.

Mancavano pochi metri prima che iniziassi a sentire il loro odore acre e ripugnante, pima che i loro occhi sadici incontrassero i miei, prima che li riducessi a nien'altro che carcasse.

Estrassi una decina di shuriken, attivai il chidori e li inondai di energia statica; dopo averli lanciati, mirando agli zetsu che si trovavano sulla destra, mi scansai nascondendomi nella boscaglia.

Sette corpi colpiti, sette corpi che precipitavano a terra, sette cadaveri.

La potenza delle mie tecniche aumentava ogni giorno di più. Sentivo il chakra implorarmi affinchè continuassi a combattere.

Appollaiata su di un ramo, applicai quattro carte bomba alla corteccia sotto di me e poi scossi l'albero in modo da attirare l'attenzione di quegli esseri; mi allontanai, saltando su un altra pianta, appena in tempo per vedere la loro reazione. Cinque di loro si lanciarono meccanicamente sopra il ramo e caddero nella mia trappola. Fuoco, scintille, sangue e altri cinque cadaveri.

I rimanenti scoprirono la mia posizione; uno ,che aveva previsto le mie mosse, si era nascosto nel tronco a cui ero appoggiata. Mi afferrò da dietro, premendomi una mano sulla bocca, in modo che non potessi chiedere aiuto al maestro.

Mentre mi teneva stretta e io mi dimenavo, cominciò a colpirmi violentemente e ripetutamente al fianco sinistro; sentivo il dolore crescere, le costole scricchiolare, gli occhi gonfiarsi di lacrime. Mentre il gusto amaro e aspro di quell'essere mi impregnava le labbra, mi ripresi. Lo morsi, più forte che potevo, serrai la mascella, stringendo fino a quasi sentire i denti sgretolarsi.

Quando lo zetsu non ne potè più, mi calciò via, colpendomi da dietro con i piedi uniti. Atterrai sui rami fuori dalla boscaglia. Mi accorsi di avere ancora la bocca serrata, e sentii qualcosa di ruvido a contatto con le labbra. Sputai. Un dito rotolò sul ramo di fianco a me, per poi cadere a terra. Sputai ancora, per liberarmi di quel gusto orribile.

Lo zetsu mutilato sbucò fuori dalle foglie e si avventò su di me, fissandomi in cerca di vendetta. Sfilai il kunai dal fodero. Il mostro mi cadde addosso, sopra la punta affilata dell'arma, che lo trapassò. Emise un rantolo di dolore. Sentii il sangue colare lungo il manico, fino a raggiungere la mia mano. Gli sfilai l'arma dal petto e con un calcio feci precipitare il cadavere al suolo. Ancora tredici esseri mi separavano dal mio destino. Non ero ancora pronta per affrontare la guerra. Ancora tredici morti, solo tredici.

Quattro nemici mi circondarono, tentando di colpirmi alle tempie e alle gambe. Saltai, evitando i colpi, e usai la faccia di uno dei mostri bianchi come trampolino. Feci un nuovo balzo a piedi uniti all'indietro, mentre colpivo lo zetsu inebetito con tre shuriken: uno in mezzo agli occhi, uno alla gola e uno dritto al diaframma. Un altro cadavere precipitava al suolo.

Atterrai appena dietro i due nemici, inconsapevoli di ciò che li attendeva. Afferrai due kunai e colpii entrambi i mostri, trapassando le loro gole da dietro. Vertebre che si rompevano, membrane che si squarciavano, altro sangue che iniziava a correre lungo le loro schienee, che mi macchiava le mani.

Estrassi le armi e spinsi giù i corpi tremanti di quei due. Sedici zetsu morti, in totale.

Ne rimanevano dieci. Li individuai: quattro dritti davanti a me che si avvicinavano lentamente facendo smorfie simili a sorrisi; uno alla mia destra e uno dalla parte opposta; altri quattro si erano spostati alle mie spalle passando sotto gli alberi.

Appena quelli che si trovavano di fianco a me provarono a fermarmi le braccia, io li colpii con due rasengan, all'altezza dello stomaco. Vennero sbalzati via e, dopo aver distrutto alcuni rami, caddero a terra, pesantemente.

Mentre preparavo un rasen shuriken, diretto ai quattro di fronte, quelli dietro iniziarono a correre, nella mia direzione, per mettermi in difficoltà. Mi voltai di scatto, sorprendendoli. Lanciai lo shuriken e li presi, tutti. Vennero tranciati in due, in prossimità della vita. Il rasen shuriken si diresse verso l'alto, fino a dissolversi. Caddero a terra tutti e quattro, uno dopo l'altro.

Mi girai appena in tempo per trovarmi davanti alla faccia i quattro che erano rimasti a fissarmi da lontano. Ora non erano più così lontano, anzi erano decisamente troppo vicini.

Sferrai un calcio orizzontale diretto alla mascella dello zetsu proprio davanti a me.

Mi voltai e in una frazione di secondo lo colpii nuovamente con l'altra gamba, dritto al torace. Indietreggiò tossendo, ma non si arrese, anzi iniziò a sorridere in senso di sfida. Dopo aver parato i colpi degli altri tre, ritornai al mio nemico. Ero infuriata, non avrebbe dovuto provocarmi. Impiegando tutta la forza che avevo, gli distrussi il cranio con un pugno carico di chakra. Il rumore di ossa frantumate venne ben presto sostituito da un grido sommesso. Lo calciai in pieno petto per farlo precipitare al suolo. Gli altri tre non rimasero in disparte, ma per ucciderli decisi di provare ad usare il veleno, che avevo imparato a creare durante le ore di studio insieme a Konohamaru. Cosparsi degli shuriken con un po' di quella sostanza e li scagliai, in direzione dei tre rimasti. Sperai soltanto di non aver sbagliato le dosi e di aver creato un veleno letale.

Dopo essere stati colpiti, estrassero le stelle ninja conficcate nella loro carne e fecero qualche passo verso di me, con l'intenzione di colpirmi. Quando già iniziavo ad auto insultarmi per non aver studiato abbastanza, una schiuma bianca iniziò a colare dalle loro bocche, gli occhi diventarono rossi e gonfi, il respiro affannoso, cominciarono a barcollare e con uno spintone li feci precipitare. Li vidi agonizzare al suolo, prima di irriggidirsi.

Ventisei cadaveri. Il tempo della guerra era giunto.

Ero pronta, consapevole della mia forza, stanca di stare in disparte. Ora dovevamo andare.

Kakashi tornò di nuovo vicino a me: “Temevo non ce l'avresti fatta e stavo quasi per intervenire, ma ho fatto bene a fidarmi.”

Dopo quelle parole, e dopo essermi curata l'ematoma al fianco, riprendemmo il cammino.

Il paesaggio era cambiato, più arido e secco di prima. Gli alberi erano ormai pochissimi, quindi fummo costretti e proseguire a piedi.

Ripensai alle parole degli zetsu che avevano provato ad attaccare Konoha e avevano visto il mio simbolo: “....stesso simbolo della prescelta. Non è possibile che ce ne siano due...”

Ero ormai certa che non ero l'unica prescelta, quasi confortata dal fatto che non ero la sola a provenire da un altro mondo. Pensai come si dovesse sentire l'altra ragazza in quel momento: era spaventata? Preoccupata? O confusa? Cosa avrebbe fatto quando mi avrebbe vista? Sapeva della mia esistenza?

Nonostante non sapessi minimamente chi fosse l'altra prescelta, ero angosciata dall'idea che soffrisse, che qualcuno potesse farle del male. La sentivo come un'amica.....in realtà non pensai subito che quella ragazza poteva essere una delle mie amiche, quelle che non vedevo da un'eternità e che mi mancavano, molto. Era solo una settimana che non avevo loro notizie, ma non saperle al sicuro mi distruggeva, mi rendeva nervosa e distratta. Le mie preoccupazioni vennero interrotte

Fitta al cervello. Dolore. Buio

 

Devi stare calma! Non farà così male come pensi! E' per il tuo bene!” una ragazza terrorizzata e immobile, sdraiata su un lettino, mi stava stringendo il braccio, anzi me lo stava stritolando.

Farà malissimo, lo so. Andiamocene!” era tesa, il respiro quasi insesistente e gli occhi fissi sull'infermiera che stava preparando l'ago lo confermavano.

Le presi una mano e la guardai, sorridente: “Non ti devi preoccupare. Continua a guardare me, e vedrai che andrà tutto bene. Altrimenti perchè mi chiamerei Jishin? Fidati! Eheh!”

Sembrava essersi leggermente tranquillizzata. Sentii il sangue smettere di circolare all'interno del mio braccio. No, non si era tranquillizzata.

Non è vero. Quando mi farà il prelievo, sbaglierà e mi squarterà il braccio. Non avrei mai dovuto venire.”

Facciamo così: se riesco a farti ridere, restiamo; altrimenti ti accompagno a casa, ok?”

Mi fissava, serissima e impassibile. Gli occhi erano l'unica parte del viso che non riuscivo a vedere, perchè sfuocata e indefinita.

Tanto non riuscirai a farmi ridere.”

Scommetto che appena inizierò a raccontarti qualcosa sul tapputo e sull'emo scoppierai a ridere. Anzi, quando inizierò a parlare dei parenti di Pinocchio, cadrai dal lettino!”

Più seria di prima: “Non ci riuscirai. Non rido, in questo momento niente mi farebbe ridere.”

Io scommetto di sì...”

Ti ho detto di no!”

E io dico di sì...”

no!”

sì...”

NO!”

SI'...”

NOOOOO!!!”

Fregata: “Bene, abbiamo finito. Sei stata bravissima. Le analisi saranno pronte tra qualche giorno. Arrivederci.”

La ragazza, che solo in quel momento era ritornata a guardare l'infermiera, rimase sconvolta: “Come? Abbiamo già finito?!”

Certo.”

Sorrisi, trionfante: “Te l'avevo detto che non avresti sentito niente. Ecco, tatuati questo:devo fidarmi di Jishin, SEMPRE!”

Anche il punto esclamativo?”

Anche il punto esclamativo!” la ragazza scoppiò a ridere, tornando alla sua solità tranquillità

Le sorrisi: “E sono anche riuscita a farti ridere!”

Uscimmo dalla sala, tra le risate.

 

“Jishin” quel nome...mi ricordavo di quel nome, affibiatomi da una delle mie migliori amiche. Jiyu, sì, era così che la chiamavo. Parte della mia memoria si risvegliò in quegli istanti.

Capelli ricci, voluminosi, color cioccolato. Un sorriso indescrivibile, che diffondeva serenità. Il resto era ancora un ammasso indefinito e grigiastro.

Il terreno si era trasformato in sabbia e gli alberi in dune. Eravamo nel deserto.

Mentre continuavo a rimuginare sul mio passato, arrivammo, finalmente, all'accampamento.

Shinobi, un'infinità di shinobi. Sparpagliati e irrequieti, tra le tende disposte in file ordinate. Kakashi mi faceva strada. Quando i ninja lo riconobbero, si scostarono. Quella scena mi ricordò molto Mosè.

Io non ottenni così tanto rispetto, anzi.

I ninja dovevano aver saputo del mio arrivo insieme a Kakashi e forse si aspettavano un uomo grande e grosso, pieno di muscoli, dallo sguardo pietrficante. Invece si erano visti arrivare una ragazza, con molti meno muscoli e occhi che non avrebbero intimorito neanche un lombrico. Ogni mio passo era accompagnato da un brusio fastidioso, che mi fece innervosire non poco: “Quella deve essere la prescelta....ma è una ragazzina?...E questa qui dovrebbe aiutarci a vincere la guerra? Ma dove?!....Sembra debole, guarda che braccine....Il grande Kakashi dello Sharingan è arrivato più tardi degli altri comandanti per addestrare quella nullità. Che gran perdita di tempo!... Quella fallita non riuscirebbe a battere mia nonna, figuriamoci Madara Uchiha!”

A quelle parole, il sensei si fermò di colpo. Alzò lo sguardo e lo puntò su un gruppetto di uomini di fianco a noi. Aveva attivato lo Sharingan: “Avete qualcosa da dire? Sono tutt'orecchie.”

I ninja impauriti indietreggiarono, abbassando la testa. Proseguimmo, mentre facevo la linguaccia quegli sbruffoni. Mi guardarono storto così ritornai seria.

Il mormorio e gli insulti continuarono ad accoglierci, ma non ci feci più caso. Avrei dimostrato a tutti quanto valevo e soprattutto che avrebbero potuto contare su di me.

Giungemmo ad una tenda più grande delle altre, l'ultima della fila. Oltre l'accampamento vi era un enorme spiazzo, limitato da una muraglia di roccia rossa; molti shinobi si stavano allenando in attesa della battaglia.

Entrammo. L'ambiente era abbastanza buio, rispetto al sole bollente che brillava fuori.

“Come è andato il viaggio? Ho mandato delle squadre in modo che si liberassero degli zetsu di pattuglia.” una voce profonda e tetra riempì la tenda.

Kakashi si scostò, permettendomi di vedere di chi fosse quella voce, anche se avevo già intuito l'identità del nostro interlocutore.

“Finalmente ti conosco. Tu devi essere la prescelta; il mio nome è Gaara, Comandante Supremo delle Forze Armate.”

Senza aspettare che mi venisse chiesto, mi presentai: “E' un onore incontrarti! Io sono Alex, piacere!” mi avvicinai per stringergli la mano, ma lui indietreggiò, impassibile.

“Nessun contatto fisico. Questioni di sicurezza.”

Questioni di sicurezza? Non ero mica una bomba pronta ad esplodere al primo contatto. I ninja più strambi me li beccavo tutti io...

No, in realtà ero felicissima di essere davanti a Gaara del Deserto, in carne ed ossa.

Non era più un disegno, era una persona. E mi stava fissando, in attesa di una mia reazione.

O almeno pensai fosse così. Ci fu una pausa occupata solo da un silenzio abbastanza imbarazzante.

Finalmente, Gaara riprese a parlare: “Domani verrai in battaglia con me. Per stasera puoi riposarti, non ti assegno compiti. Prima di congedarti, però, voglio presentarti all'esercito della Quarta Divisione. Lascia pure qui lo zaino e seguimi.”

Senza neanche darmi la possibilità di rispondere, uscì spedito dalla tenda.

Lasciai lo zaino vicino ad un tavolo e mi voltai verso il maestro prima di seguire il comandante: “Io mi metterò in contatto con i Kage per avvisarli del tuo arrivo, poi partirò per raggiungere l'accampamento della mia divisione. Probabilmente ci vedremo tra qualche giorno. Ci vediamo.” e se ne andò.

Appena giunta fuori, notai che i ninja si erano radunati ai piedi della muraglia di roccia. Nel tempo in cui ero rimasta dentro alla tenda, il sole aveva già iniziato a tramontare, colorando di arancione e giallo il cielo.

Sforzai gli occhi e in cima alla muraglia vidi un ragazzo, era Gaara, che mi fissava?! Primo minuto come soldato ed ero già in ritardo.

Corsi verso quella specie di muraglione e utilizzando il chakra fui sulla sommità in un batter d'occhio.

Mi avvicinai a Gaara: “Cerca di essere puntuale d'ora in poi.”

Dopo essere stata ripresa per la prima volta da un comandante, abbassai la testa.

Figura di emmenthal. La mia specialità.

Il kazekage iniziò a parlare, a voce molto alta, in modo che tutti lo sentissero: “Questa che vedete di fianco a me è colei che abbiamo sempre chiamato prescelta ma che d'ora in poi verrà conosciuta come Alex, ninja dell'Alleanza Shinobi. Lei è la nostra arma segreta, il nostro asso nella manica. Ci porta in vantaggio rispetto ai nostri avversari. Voi non conoscete ancora la sua forza, potete solo fidarvi delle mie parole. Se mai avrete bisogno di aiuto, consideratela come uno dei vostri compagni, un'alleata.”

Il mormorio che mi aveva riempito le orecchie appena arrivata al campo, era diventato uno schiamazzo; gente che urlava, altri che chiedevano come avrebbero potuto fidarsi di una perfetta sconosciuta, altri ancora che intonavano “BUUUUH!” a tutto spiano. Però, seri questi soldati.

“Silenzio! So che per voi è difficile fidarvi di una persona che ancora non conoscete ma l'unica cosa che posso dirvi e di fidarvi delle mie parole e della sua presenza. Ha accettato di combattere al vostro fianco per proteggervi e aiutarvi, nonostante i rischi che correrà nel farlo. Potrà essere ferita e anche morire, ma è comunque qui, davanti a voi, aspettando soltanto che voi l'accettiate per quella che è: una ninja.”

Aveva riassunto e espresso a parole tutti i dubbi e le emozioni che mi avevano inondato la mente in quei giorni. In pochi minuti lui, che non mi aveva mai parlato né visto, era riuscito a capire che cavolo mi passasse nella testa, cosa che io, che mi conoscevo abbastanza bene, non ero riuscita a fare in ben SETTE giorni.

Si rivolse a me, dopo aver congedato i soldati: “Ora puoi andare.”

Mi oltrepassò e scese dall'enorme formazione rocciosa, per poi recarsi alla sua tenda, senza nemmeno guardarmi. Rimasi lì, sola e sconfortata.

Decisi di scendere solo dopo essermi goduta il silenzio di quella sera

Appena mi addentrai nell'insieme di tende, in quella massa disordinata di soldati armati che si godevano un momento di relax, venni travolta per l'ennesima volta da quel dannato brusio di pregiudizi e sfiducia. Camminai, camminai continuai a camminare mentre frasi come “Tornatene a casa!” o “Il Kazekage si sbaglia a fidarti della tua forza! Faresti meglio a non darti tante arie!” mi circondavano. Ad ogni passo, una nuova critica. Ad ogni metro, una nuova intimidazione. Ad ogni respiro, una nuova provocazione.

Mi fermai. La testa china e i pugni stretti.

Basta, era toppo. Avrei provato la mia forza e il mio valore nell'unico modo che quei soldati avrebbero compreso.

Mi arrampicai sopra un palo a cui era fissata una bandiera. Dalla cima riuscivo a vedere tutti i visi sghignazzanti e provocatori di quei ninja: “Ascoltatemi tutti! Chiunque mi reputi una nullità, una bambinetta inesperta, una fallita incapace di aiutarvi, si faccia avanti e mi affronti, se ne ha il coraggio! Vi dimostrerò che valgo quanto ciascuno di voi! Altrimenti, se nessuno accetterà la mia sfida, sarò certa che il mio aiuto sarebbe stato inutile visto che avete paura di perdere contro una povera fallita come me!”

Ora non vedevo più visi sghignazzanti, bensì visi tranquilli e rilassati, sicuri di potermi battere in qualsiasi momento.

Sentii qualcuno urlare: “Ti farai male continuando a riempirti la bocca di parole senza senso! Ahah!”

Saltai giù e in pochi istanti una fila di circa ottanta soldati si era formata davanti a me, pronta a farmela pagare. Dovevo scegliere: usare la moltiplicazione del corpo ed essere sicura di battere quei palloni gonfiati o combattere da sola e fidarmi delle mie forze?

Se avessi scelto la prima opzione, non avrei impressionato i soldati al punto di convincerli a considerarmi loro pari, ma almeno ero sicura di dar loro una lezione.

La seconda opzione implicava un rischio, ovvero il rischio di non riuscire a batterli e quindi fallire nella mia impresa.

Se mi chiamavo Jishin doveva esserci un motivo. Avrei riposto fiducia nelle mie capacità; o tutto o niente.

Cercai di sorprenderli: “Non avete capito: io intendevo battermi contro tutti voi messi insieme, non uno scontro alla volta. Così non mi diverto neanche...”

Con quella frase riuscii a farli innervosire; in un istante venni circondata da ottanta shinobi incazzati neri. Ops.

E così iniziò lo scontro: mi piombarono addosso, tutti insieme, senza darmi tregua.

I colpi si susseguivano: un pugno alla mascella, un calcio orizzontale alle tempie, una gomitata all'altezza delle vertebre cervicali, un rasengan e un chidori, una ginocchiata sotto il mento, un colpo a piedi uniti in pieno petto, tre shuriken, un altro rasengan, un colpo di taglio al collo, un pugno sotto il naso, qualche colpo con i kunai, un altro chidori, qualche altro shuriken, una spazzata con il piede, due o tre carte bomba, quatttro shuriken, un gancio allo zigomo e ancora e ancora.

Tutto questo intervallato ogni cinque o sei secondi dalle mie parate. Le serie di pugni e calci si susseguivano, come se non dovessero finire mai. I ninja non avevano pietà, ma nonostante questo non stavano avendo la meglio. Ancora una trentina di uomini mi accerchiava.

Il mio respiro iniziava a farsi pesante e veloce, non avevo ferite, né lievi né gravi, solo qualche graffio. Mentre combattevo, sentivo sussuri e mugolii provenienti dagli shinobi già sconfitti.

Si stavano ricredendo o semplicemente continuavano a ritenermi un rifiuto?

Non avevo tempo per riflettere; se avessi abbassato la guardia, la fatica e il numero di soldati mi avrebbero sopraffatto.

Gli ultimi dieci ninja, e avrei vinto. Pugno al mento, calcio orizzontale, salto, spazzata laterale, parata, pugno, passo avanti, colpo alle tempie, respira, ginocchiata allo stomaco, colpo di taglio al collo, parata, gancio, passo indietro, parata, respira.

Mi sembrava di combattere da così tanto che riuscìì a percepire i comandi che il mio cervello stava inviando al mio corpo.

Ancora qualche shuriken, un kunai impregnato di elettricità grazie al chidori, e finalmente, anche l'ultimo shinobi cadde a terra svenuto.

Le gambe mi tremavano e avevo il fiatone ma mi ripresi immediatamente e mi asciugai il sudore sulla fronte con una mano. Mi imposi di assumere un'espressione seria e impassibile.

I ninja che avevo sfidato si rialzarono uno per volta, lentamente.

Iniziarono a fissarmi, guardandomi con occhi diversi. Alcuni avevano la bocca socchiusa per lo stupore, altri non volevano ammettere di aver perso, altri ancora mi sorridevano ma non come prima, questa volta non mi stavano schernendo, avevano lo stesso sorriso che avevo visto sul volto di Konohamaru qualche giorno prima.

Ammirazione...?

Ricambiai ogni singolo sguardo, ma non per sfida o per orgoglio. Ero loro riconosciente per avermi permesso di dimostrarli che non ero una nullità; perchè finalmente avevano riposto la loro fiducia nelle mie capacità.

Una dei ninja mi si avvicinò, una ragazza abbastanza giovane ma più grande di me: “Anche se gli altri non te lo diranno, sono sicura che lo pensano: scusa per aver dubitato di te e della scelta dei Kage di arruolarti. Benvenuta nel nostro esercito.”

Un altro venne verso di me, sorridendo: “Davvero, benvenuta!”

Uno dopo l'altro si scusarono e mi accolsero come loro alleata.

Tra le file di spettatori che avevano assistito allo scontro si levò un esulto colletivo, di approvazione o di liberazione, ancora non l'ho capito. A me sembrò un po' di entrambe.

Mi allontanai dall confusione, più sollevata e...felice.

Raggiunsi la tenda di Gaara, anche perchè non sapevo quale fosse la mia.

“Permesso...” ormai era tardi e non avrei voluto disturbarlo, ma fui costretta.

Non mi andava di dormire sulla sabbia.

Entrai ma dentro non c'era nessuno. Feci per andarmene ma appena mi voltai, vidi Gaara che si era materializzato come un'ombra alle mie spalle.

“AAAARGH!!” urlai con gli occhi sbarrati.

Mi guardava, anzi mi fissava con lo sguardo di chi sta per rimproverarti pesantemente di qualcosa, e le braccia conserte: “Ho visto il tuo spettacolino, là fuori. Non avresti dovuto abbassarti al loro livello, se ti vogliono criticare inutilmente, lasciali fare. Non devi dimostrare la tua forza a nessuno. Ora dimmi perchè sei venuta a cercarmi a quest'ora.”

Tutta la mi allegria si sgretolò e il mio orgoglio, che si era leggermente gonfiato dopo lo scontro, si rimpicciolì, finendomi sotto la suola delle scarpe: “Ehm...Non so quale sia la mia tenda, quindi non sapevo dove andare a dormire.”

Il Kazekage mi fece cenno di seguirlo e mi affrettai a farlo, per non rischiare di ricevere un'altra strigliata. Dopo essere usciti, superammo tre tende e Gaara si fermò proprio davanti alla quarta,.

“Buonanotte.” se ne andò.

Entrai, ormai abituata alle reazioni poco sentimentali del ragazzo.

L'arredamento all'interno era uguale a quello della tende del comandante, solo che nella mia non c'erano mappe, cartine e scartoffie. Un tavolo, due sedie, una lampada, una brandina, un piccolo fornello e nient'altro.

Vidi il mio zaino sopra il letto. Mi sdraiai e solo in quel momento la stanchezza mi fece visita, appesantendomi le palpebre e rendendomi pesanti le braccia. Non avevo voglia né di mangiare né di cambiarmi; avevo solo voglia di dormire. Mi sdraiai su un fianco, con le mani sotto la testa.

Jiyu. Mi venne in mente lei in quell'istante. Se io ero stata richiamata a Konoha, lei dove era finita? Quella ragazza di cui non riconoscevo lo sguardo, da chi era stata richiamata?

Sperai che la risposta non fosse quella che stavo pensando, altrimenti avremmo dovuto combattere l'una contro l'altra. No, non poteva essere la prescelta dell'Akatsuki.

 

 

 

 

 

Mi svegliaia, aprii gli occhi lentamente, per il dolore che mi tormentava.

Mi percuoteva ogni singola cellula del corpo. Lo sentivo nascere dentro alle ossa e propagarsi verso l'esterno, fino alla pelle. Cominciai a ricordare: un arto fratturato, quattro costole incrinate, due rotte, clavicola spezzata, zigomo scheggiato, ematomi sul 60% del corpo, due emorragie interne, sigillo attivato. Anche solo pensare mi provocava dolore.

La mia prima battaglia in guerra ed ero già ridotta così male....

Ritornai con la mente a quello che era successo sul campo: colpi, sangue, armi che sfrecciavano, sapore di sabbia e vento, aria secca e piena di rancore. E un' innumerevole quantità di morti.

Tutto era nitido e chiaro nella mia mente come se fosse successo il giorno stesso, invece erano già passati tre giorni da quando avevo combattuto insieme a Gaara.

“Rimani nelle ultime file e cerca di restare circondata da altri soldati, ti proteggeranno e non rischierai di lasciarci la pelle.” La mia reazione era stata di rabbia pura mista a protesta, ma il comandante non aveva voluto darmi ascolto: “Ma io voglio combattere in prima fila! Al tuo fianco, per proteggerti!! Lasciami combattere, so di esserne in grado!!”.

Non mi aveva nemmeno guardata mentre urlavo per convincerlo. Mi aveva semplicemente detto che lui era il comandante e io avrei dovuto sottostare ai suoi ordini.

Ora vi starete chiedendo perchè ero piena di ferite e lividi se avevo combattuto nelle ultime file, vero? Beh, in realtà ero stata tutto il tempo in seconda fila, attenta a non farmi scoprire da Gaara.

Mi ero presa le stesse mazzate e botte che si era preso lui, avevo disubbidito agli ordini, ma alla fine questo era valso a qualcosa. Dopo aver sigillato quasi tutti i redivivi, Gaara si era voltato per dare il segnale alla divisione di tornare all'accampamento, prima di sigillare gli ultimi nemici.

Era rimasto isolato, senza protezione; gli altri soldati si stavano già radunando, pronti a ritornare al campo. In più aveva abbassato la guardia.

Uno dei risorti, che si pensava fosse completamente immobilizzato e pronto per essere sigillato, aveva colto subito l'occasione e aveva lanciato con la poca forza rimastagli un attacco potentissimo, diretto al comandante. Non riuscivo a capire quale chakra avesse usato, era una tecnica che non conoscevo, ma ero scattata dalla mia posizione e in un istante mi ero ritrovata a una cinquantina di metri da Gaara, troppo lontano per bloccare il colpo che stava per abbattersi su di lui. Avevo sperato che la sabbia lo proteggesse, ma l'immensa quantità di chakra che aveva usato quasi sicuramente aveva indebolito la barriera.

Avevo già usato tutte le alterazioni di chakra, tranne una: quella del vento.

L'unico attacco abbastanza potente, preciso e veloce da fermare la tecnica lanciata dall'avversario, era il rasen shuriken. Potevo scegliere se salvare la vita del ragazzo che mi aveva obbligata a frenare la mia voglia di combattere e che mi reputava una sciocca ragazzina esibizionista ma sopportare un dolore indescrivibile, così forte da farmi desiderare di morire, oppure potevo restare ferma a guardare che il colpo lo centrasse in pieno, sperando che la difesa di sabbia reggesse e lui non morisse. La domanda non riuscì nemmeno a sfiorarmi che io avevo già scagliato il rasen shuriken, pronta ad accogliere il dolore e a sopportarlo.

Mentre mi stringevo il petto e cadevo a terra, mentre il male e le fitte mi offuscavano la mente, mentre rantolavo stringendo i denti, il mio attacco tranciava in due quello del nemico, che aveva così sorpassato Gaara senza arrecargli danno. L'ultima cosa che avevo visto prima di perdere i sensi era stata l'espressione sorpresa e preoccupata del comandante mentre si voltava verso di me.

Poi il buio.

Il flusso di ricordi che occupava i miei pensieri venne interrotto da un bagliore che si era fatto strada attraverso il buio della tenda e mi aveva centrato gli occhi. Fastidio. Mi misi una mano davanti al viso, aspettando che chi era entrato richiudesse il tendone.

Non riconobbi subito il mio visitatore, ma quando vidi il simbolo rosso sulla fronte, mi preparai a una nuova ramanzina.

Gaara mi fissava con le braccia conserte, mentre la sua solita espressione indefinibile gli occupava il volto. L'aria improvvisamente si riempì di tensione, tanto da farmi innervosire, così ruppi il silenzio: “Hai qualcosa da dirm...”

Non riuscii a finire la frase che lui iniziò subito a rimproverarmi:

“Ti avevo detto di restare nelle ultime file. Sai che potrei cacciarti dalla divisione per questo, vero? E poi per quale motivo hai messo a rischio la tua vita per me? Così facendo hai rischiato di mandare a monte i piani dei kage, perchè se fossi morta, ora non ci sarebbe più nessuna arma segreta... Sei stata una sciocca, per la seconda volta.”

Non urlava e il suo sguardo non era accecato dall'ira, come quello di mia mamma quando mi sgridava perchè lasciavo sempre i vestiti nel posto sbagliato.

Poteva sembrare tranquillo, ma il modo in cui diceva quelle cose e la tensione che riusciva a infondere il suo sguardo, erano tali da far pesare quel rimprovero più di qualsiasi altro rimprovero mi avessero mai fatto.

Sorrisi. Ero seduta nel lettino, non lo guardavo, giocherellavo con le coperte. Era lui lo sciocco: “Forse hai ragione, forse mi dovresti cacciare, così almeno non dovrei sottostare ai tuoi stupidi ordini. Magari se non ci fosse nessuno a comandarmi, combatterei di più di quanto non faccia ora!”

Si stava arrabbiando; abbassò le orecchie e alzò la testa, in segno di superiorità.

Stava per ribattere, ma io fui più veloce: “Sei un ottimo comandante, ma per quanto riguarda l'amicizia, non sai un bel niente...”

Mi bloccò: “Io ho un sacco di amici. Ho commesso degli errori in passato, ma ora sono cambiato, e sono diventato Kazekage. Come faccio a non sapere niente di amici? Ti stai dimostrando ancora più ragazzina di quanto pensavo che fossi...”

Io rimasi calma, avrei conquistato la sua fiducia, a qualsiasi costo.

Alzai gli occhi, e lo guardai fino a quando i nostri sguardi non si incontrarono: “Se io non ti avessi salvato, ora i tuoi amici starebbero piangendo sulla tua tomba, e il villaggio della Sabbia non avrebbe più il suo Kazekage. Pensi davvero che la mia vita sia più importante della tua? Anchio ho degli amici, amici veri, e ti assicuro che so cosa vuol dire perderne uno. Il dolore che si prova è superiore a qualsiasi altro tipo di dolore fisico. Non vedo le mie amiche da più di una settimana, e non saperle al sicuro mi sta logorando. Sapere di poter proteggere qualcuno, qui in questo mondo, ma essere obbligata a non farlo, mi fa sentire ancora peggio. Mi dispiace di averti disubbidito, ma non ho avuto altra scelta. Salvarti non era una delle tante alternative, era l'unica. Quindi qualsiasi cosa tu faccia o dica, non riuscirai a farmi cambiare idea. Io continuerò a combattere per difendere te e tutti gli altri. Questo significa essere amici, sciocco.”

La tensione si dissolse, il velo di rabbia che copriva i suoi occhi scomparve.

Aspettavo, aspettavo che sorridesse. Quel sorriso mi avrebbe confermato che avevo la sua fiducia.

Ma lui si ostinò a rinnegare le proprie emozioni: “Questa guerra è nata per proteggere uno dei miei amici più cari. Ma lui è talmente ostinato e zuccone, che non vuole lasciarsi proteggere. Vuole combattere a tutti i costi, per questo è scappato dal suo nascondiglio e ora sta vendendo qui, per lottare al nostro fianco. Perchè per lui, la sua vita vale meno di quella dei suoi amici. Siete entrambi delle teste quadre....”

Continuai a sorridere: “L'importanza della vita di una persona si basa sul numero di legami che essa ha. Quando non si hanno amici, allora la propria vita perde significato. Io continuerò a lottare per difendervi fino a quando avrò respiro...”

Continuava a non sorridere, pensai più per orgoglio che per convinzione: “Non cambierai idea, vero? Kakashi mi aveva detto che eri testarda, ma non pensavo fino a questo punto. Sto perdendo tempo; l'unica cosa che mi rimane da dirti è di smetterla di rischiare la vita inutilmente e soprattutto non comportarti più come una sciocca ragazzina.”

Si stava per voltare ma io aspettavo ancora quel sorriso. Giocai l'ultima carta che mi rimaneva.

Mi lanciai su di lui, allargai le braccia e lo strinsi. Il dolore aumentò, ma valeva la pena sopportare.

Lo abbracciai, ruppi tutte le barriere che si erano create. Lo avvolsi con tutto l'affetto che riuscii a trovare nel mio animo. Sentii le sue braccia afflosciarsi lungo i fianchi; non cercava di liberarsi, buon segno.

Lo strinsi più forte e gli sussurrai: “Sai cosa è veramente da sciocchi? Il fatto che tu ti ostini ancora a non sorridere.”

Finalmente, ricambiò l'abbraccio. Non era abituato a quel genere di cose, quindi abbracciare lui era come abbracciare un albero. Ma io fui più che soddisfatta.

“E le questioni di sicurezza? Te ne sei dimenticata?” disse.

“Al diavolo le tue stupide questioni di sicurezza! E' un abbraccio! Non sono mica una terrorista!”

Decisi di staccarmi, continuando a guardarlo. Per un attimo vidi il suo sorriso, ma accortosi del mio sguardo, si affrettò a sotterarlo sotto la sua solita espressione imperscrutabile: “Tanto ho visto che stavi sorridendo, Gaaruccio caro!!!”

“Come mi hai chiamato?!”

Mi misi a ridere, seguita da lui.

Naturalmente la sua risata era molto simile al rumore di un ramo spezzato, ma sapevo che per lui era già tanto.

Si voltò e si diresse verso l'uscita, ma, mentre scostava il tendone, si fermò e mi guardò con la coda dell'occhio: “A dopo, testa quadra.” disse, accennando una specie di sorriso.

Due volte in meno di tre minuti! Mi sentivo onorata!

Dopo un attimo di euforia, mi controllai le ferite e accelerai il processo di guarigione di quelle più gravi. Non ero in perfetta forma, ma riuscivo benissimo a camminare.

Uscii di corsa dalla tenda, e la forte luce mi impedì di vedere per qualche secondo. Mi strofinai gli occhi, e iniziai a guardarmi attorno. Soldati, tende; tende, soldati e ancora tende.

A un tratto vidi a qualche decina di metri un ciuffo di capelli neri, ritti come se chi li possedesse fosse appena stato fulminato. Mi avvicinai e lo riconobbi.

Iniziai a correre, per essere sicura che fosse lui. Frenai appena in tempo per non schiantarmi contro il ragazzo: “Tu sei Shikamaru Nara, non è vero?”

Si voltò molto lentamente mentre sbadigliava: “Perchè urli?”

Sì, era proprio lui: “Perchè? Boh, forse perchè ho davanti ai miei occhi uno dei ninja più intelligentie famosi di Konoha?”

Lui sorrise, mentre si grattava la testa: “Non sono così intelligente. Faccio solo molta attenzione ai particolari. Tu invece sei...?”

“Alex.”

Mi guardò stupito: “Quella Alex?”

Io misi le mani dietro la schiena e socchiusi gli occhi, mentre sorridevo: “Certo che sì, se con Quella Alex intendi la prescelta che dovrà far vincere la guerra all'Alleanza e blah blah blah...”

Mise le mani in tasca: “Uao, non pensavo fossi così giovane. Comunque è un piacere conoscerti. Ti va di fare una cosa?”

Non sapevo cosa aspettarmi, ma non poteva essere nulla di pericoloso, giusto?: “Sì, che cosa?”

“Ti va di allenarti con me? Voglio testare di persona le tue capacità.”

Ah, voleva combattere. Questo si poteva fare: “Certo che mi va, ma solo se non ti scoccia farti battere da una ragazza, eheh..”

“Pensi davvero che farei lo sforzo di combattere sotto questo sole cocente se stessi considerando l'idea di perdere?”

Simpatico.

Ci dirigemmo verso lo spiazzo dopo le tende.

Era da poco passato mezzogiorno, il sole era alto nel cielo, quindi le ombre non erano abbastanza lunghe perchè lui potesse utilizzare la Tecnica del Controllo dell'Ombra.

Ma Shikamaru non era così prevedibile. Dovevo stare in guardia.

Non perse tempo.

Scattò verso destra e piazzò quattro trappole, pronte a esplodere facendo partire kunai da tutte le parti. Feci due salti all'indietro per allontanarmi e estrassi due kunai, pronta a schivare quelli che stavano per sfiorarmi.

Intanto Shikamaru si era spostato dietro di me, piazzando altre quattro trappole.

Mentre le prime quattro esplodevano, io deviavo i proiettili con i miei kunai.

Anche le seconde quattro esplosero, ma mentre io le stavo evitando, scattando verso destra, il ragazzo mi lanciò sei shuriken. Decisi di saltare per essere sicura di evitare tutte le armi. Errore.

Feci un salto di quasi sei metri, guardai in basso.

Quando notai che la mia ombra era ora ben visibile, capii di essere stata fregata. Vidi che Shikamaru si era fiondato sotto di me, proprio sopra la mia ombra. Catturata.

Precipitai verso il basso e mi schiantai a terra, immobilizzata. I kunai caddero al suolo.

Ero in piedi, come il ragazzo.

Fece un passo indietro e io lo imitai. Ero finita nella trappola.

Mi accorsi che stava estraendo un kunai, ma ero sicura che anche io lo avrei fatto, così quando lui si fosse abbassato per schivare il mio colpo, io lo avrei imitato, evitando anche il suo. Altro errore.

Solo quando sfiorai la cintura, mi resi conto di aver usato i miei due kunai per schivare i proiettili delle bombe precedenti. Shikamaru mi guardava compiaciuto con l'arma in mano: “Mai sottovalutare il tuo nemico e mai farsi cogliere impreparati. Sei la prescelta, giusto? Allora evitalo!”

Scagliò il kunai, vidi la punta affilata avvicinarsi ad una velocità pazzesca fino a quando non mi trafisse il cranio. Venni trapassata dalla lama.

Shikamaru era convinto che avrei evitato il colpo, invece vide il sangue colare dalla ferita, spaventato.

Prima che potesse reagire, il mio corpo si dissolse in una nube bianca. Sbucai dalla sabbia sotto i suoi piedi insieme a una copia, e gli afferrammo le gambe. Fregato.

Evocai una terza copia che sfrecciò contro Shikamaru, pronta a colpirlo con un rasengan. Lo centrò in pieno, scagliandolo a una ventina di metri da noi. Lo vidi rotolare a terra e fermarsi.

Si rialzò a fatica, mentre tossiva.

Mi sorrise e io ricambiai: “Mai sopravvalutare le proprie abilità.” gli urlai.

Mentre lo guardavo avvicinarsi, mi sentii toccare una spalla. Presa dall'impeto dello scontro, mi girai, pensando che Shikamaru avesse evocato una copia alle mie spalle. Senza nemmeno guardare chi fosse il malcapitato, mi girai e lo centrai con un pugno carico di chakra in pieno volto.

Vidi che non era una copia, perchè invece di dissolversi rotolò a terra, mugugnando.

Mi sentii in colpa e iniziai a scusarmi in tutti i modi, ma quando alzai gli occhi riconobbi il sorriso, poi i capelli biondi, gli occhi e infine i baffi: “Na..na...na...NARUTO!!!!”

Mi lanciai su di lui, facendolo sprofondare ancora di più nella sabbia. Lo strinsi talmente forte da farlo smettere di respirare. E piansi. Sì piansi. Perchè ero talmente felice da non riuscire ad esprimere le mie emozioni in nessun altro modo.

Sentii una mano accarezzarmi i capelli, mentre stringevo la sua felpa: “Dove hai messo l'Alex scontrosa-combattiva-mai piagnucolona? Eheh!”

Alzai la testa, rimanendo inginocchiata, e gli tirai un pugno nello stomaco. Non gli feci male, ma almeno mi feci riconoscere: “Aaaah, eccoti! Pensavo fossi diventata una ragazza sensibile, invece mi sbagliavo!”

“Sempre il solito simpaticone, vero? Ahahah!!”

Non riesco a descrivere come mi sentissi in quel momento; mi sembrava di non essermene mai andata, di non averlo mai lasciato. Provai subito un affetto incalcolabile per quel ragazzo, nonostante qualche giorno prima non fossi nemmeno sicura di riconoscerlo come amico.

Mi alzai e lo tirai su, afferrandolo per un braccio: “Ti ho fatto male?” gli chiesi, preoccupata di avergli rotto qualche cosa.

“No, non ti preoccupare. Sono abituato alle mazzate!” sorrise.

Sorrideva sempre; qualsiasi cosa gli accadesse, lui trovava la forza di sorridere.

Perchè lui era fatto così, e proprio per questo lo ammiravo.

Shikamaru ci aveva raggiunto. “I Kage sono arrivati?” si rivolse a Naruto.

“Sì, stanno parlando con Gaara. C'è anche Killer Bee.”

“Li raggiungo. A dopo. Ah e dopo mi devi dare la rivincita, capito Alex? Eheh..”

Naruto mi guardò; sapevo che stava meditando qualcosa, conoscevo troppo bene quello sguardo: “Che ne dici se combattiamo un po'? Ho osservato te e Shikamaru; mi sembri migliorata ma non riuscirai mai a battere il solo e unico Naruto Uzumaki, eheh!!”

Incrociai le braccia e sogghignai: “Mania di protagonismo, eh? Non cambi mai..Fatti sotto se hai il coraggio!”

Non aspettò altro; mi si fiondò addosso mentre evocava un centinaio di copie. Io feci lo stesso.

Avrei riconosciuto l'originale fra altri diecimila, così mentre le copie si scannavano a vicenda, io e lui iniziammo un'infinita serie di colpi.

Schivavo ogni suo pugno, e lui faceva lo stesso con me.

Saltavo ogni suo calcio, e lui faceva lo stesso con me.

Bloccavo ogni suo colpo, e lui faceva lo stesso con me.

Se io estraevo un kunai, lui estraeva tre shuriken; puntualmente me li tirava e io puntualmente li deviavo.

Dopo quasi venti minuti ininterrotti di lotta, nessuno di noi aveva un graffio.

Le nostre copie si stavano dissolvendo una dopo l'altra, ma noi resistevamo.

Combattere contro di lui era come combatter contro me stessa.

Eccitante e divertente allo stesso tempo. Ma soprattutto difficile.

Gli scattai contro, pronta a colpirlo con un rasengan. Lui attivò la stessa tecnica.

Quando ci raggiungemmo, lui mi bloccò il braccio che stava per colpirlo con la mano libera, ma io feci lo stesso.

Rimanemmo bloccati fino a quando le tecniche non si dissolsero.

Balzammo entrambi all'indietro, frenandoci coi piedi.

Mi lanciai di nuovo contro di lui e la serie di colpi ricominciò.

Andammo avanti così per qualche ora, quando venimmo interrotti da Shikamaru, tornato per informare Naruto sui piani dei Kage: “Ehi, Naruto! Vieni, devo parlarti!” urlò.

Il mio avversario ripese fiato, grondante di sudore: “Ora sono leggermente impegnato!”

Non distoglieva gli occhi da me, mentre sorrideva altezzoso.

“Non fare storie! E' importante! Muoviti, non ho voglia di aspettare!”

Sbuffò, asciugandosi la fronte: “Va bene, arrivo. Tu aspettami! Non abbiamo ancora finito!”

“Intanto mi riposo un po'...” risposi mentre mi incamminavo verso una roccia.

Mi sedetti. Ero a circa una decina di metri dai due, ma non riuscivo a capire cosa stessero dicendo.

Mi ripresi. Avevo ancora il fiatone. Aspettavo che finissero di parlare.

Era incredibile. Naruto era il mio migliore amico.

Era vero, in carne ed ossa. Avevo combattuto con lui! Ero ancora euforica.

Non so cosa mi prese, lo cercai con lo sguardo, non per sapere di cosa stesse parlando, ma se nei suoi occhi riuscivo a vedere la stessa felicità che riempiva i miei in quel momento.

La felicità di averlo incontrato, di nuovo.

Lo trovai, fisso su Shikamaru, ma ancora prima di rendermene conto, i nostri sguardi si incontrarono; iniziò a guardarmi, compiaciuto penso.

Io mi affrettai ad abbassare gli occhi, diventando bordeaux.

Sentii le guance infiammarsi per l'imbarazzo, mentre ordinavo a me stessa di non guardarlo più.

Rimasi immobile, con la testa appoggiata alle ginocchia.

Non passarono neanche dieci secondi che li desiderio di guardarlo ritornò, nonostante fossi consapevole di dover affrontare un nuovo momento imbarazzante, non riuscii a resistere.

Alzai gli occhi lentamente, per essere sicura che non mi stesse notando, e quando ne fui certa, rimasi incantata ad osservare i suoi lineamenti, il modo in cui muoveva le labbra, il sorriso sempre luminoso, come la prima volta che lo avevo visto. I miei occhi si persero in quella visione e non mi accorsi che lui aveva nuovamente spostato lo sguardo su di me.

Passai qualche secondo imbambolata prima di darmi uno scossone e riabbassare gli occhi, più imbarazzata di prima.

Perchè? Perchè il mio stupido cervellino mi stava torurando? Non vedevo l'ora di spostare per la terza volta lo sguardo su di lui, solo per sapere se anche lui mi stesse guardando.

Cosa cavolo mi prendeva? Mi sentivo veramente una scema in quel momento.

Iniziai a disegnare sulla sabbia, per distrarmi; ma non riuscii a resistere e spostai ancora una volta lo sguardo su di lui, sui suoi occhi.

Questa volta però, quando mi sembrò che si stesse per accorgere del mio sguardo, spostai l'attenzione su alcuni ninja che si stavano allenando nello spiazzo.

Dopo poco, con la coda dell'occhio, controllai che non mi guardasse e ripresi a osservarlo.

Appena prima che i suoi occhi incontrassero i miei, mi misi una mano davanti al viso, come per ripararmi dal sole, in modo da riuscire a vederlo senza essere notata. Avevo un futuro da spia!

Sentendomi ancora più scema a fare quello che stavo facendo, ripresi a scrivere sulla sabbia.

A un certo punto rialzai gli occhi, per caso, e lo vidi che mi stava guardando, nello stesso modo in cui lo avevo guardato io prima.

Espressione sognante e occhi persi nel vuoto.

Quando si rese conto che mi ero accorta della sua attenzione, ritornò in sé e si voltò verso Shikamaru, mentre le guance gli si coloravano di rosso. Per l'imbarazzo, iniziò a grattarsi la testa, come solo lui sapeva fare.

Sorrisi. Volevo essere certa che stesse osservando proprio me (cosa abbastanza ovvia visto che ero l'unica persona nel raggio di dieci metri, ma in quel momento ero troppo confusa per capirlo).

Alzai nuovamente gli occhi, stessa cosa fece lui, così ci ritrovammo a guardarci, entrambi con aria imbambolata e occhi vacui.

Quando ci accorgemmo di quello che era successo, sui nostri volti si disegnarono due sorrisi, che si trasformarono in risate.

Shikamaru non capiva perchè Naruto fosse scoppiato a ridere, nonostante lui gli stesse parlando della battaglia ormai imminente.

Felice e soddisfatta, ritornai ai miei disegni sulla sabbia.

Appena iniziai sbizzarrirmi, una mano forte e grande mi si posò sulla testa.

Alzai gli occhi di scatto e mi ritrovai davanti lui che mi sorrideva: “Ti va di venire a bere un tè insieme? E' tanto che ci alleniamo, fa bene fare una pausa.”

Sorrisi anche io, sforzandomi di non far trapelare troppo la mia gioia.

Mi aiutò ad alzarmi e ci avviammo verso la mia tenda.

Perchè mi sentivo così felice solo per uno sguardo? La risposta era ovviamente: “Perchè lui ti piace da morire” ma il mio cervello era troppo offuscato dall'allegria per rendersene conto.

E poi per quale assurdo motivo Naruto, il cui hobby era allenarsi, aveva voluto interrompere il nostro scontro per bere un tè?

Non me ne preoccupai, ero troppo impegnata a crogiolarmi nella sensazione di serenità e pace che in quel momento mi avvolgeva.

Aprii il tendone e mi immersi nelle tenebre. Mi avvicinai alla lampada che si trovava sul tavolo e la accessi. Intanto Naruto era andato a prendere l'occorrente per preparare il tè.

Mi sedetti sulla brandina, ancora leggermente inebetita dalle troppe emozioni.

Dopo qualche minuto il ragazzo arrivò di corsa. Mise l'acqua sul fuoco e preparò due piccoli bicchieri sul tavolo. Poi in ognuno mise una bustina di tè.

Aspettò che la teiera fischiasse, infine riempì i bicchieri con l'acqua bollente.

Riuscì anche a scottarsi, ma non disse niente.

Ci sedemmo e appena vidi la mano arrossata per la scottatura, gliela afferrai e iniziai a curarlo: “Ahi!!”

Lo guardai per rimproverarlo: “Mi raccomando, non dire niente se ti fai male! Ora stai fermo...”

Vide la pelle rigenerarsi, l'arrossatura sparire e sentì che il dolore iniziava a diminuire.

Mi guardò stupito: “Da quando conosci le arti mediche?”

Sorrisi, sentendomi importante: “Da quando il maestro Kakashi e Konohamaru mi hanno obbligato a passare una giornata a studiare ferite, traumi, emorragie, medicine, veleni, fratture e cose di quel genere.”

“Tu? A studiare? Ahahah! Ma fammi il piacere!”

Gli stritolai la mano, e lui mugugnò per il fastidio: “Ah-ah-ah, spiritoso! Comunque, sì, ho studiato, se no come farei a curarti adesso?”

Sorrise, mentre il dolore scompariva del tutto: “Pensavo le conoscessi senza aver dovuto studiare, tutto qui. Tu sai fare tutto.”

Io arrossii: “Mi sono dovuta allenare una settimana per saper fare quello che so fare adesso...”

Mi interruppe: “Una settimana è niente rispetto agli anni che ho impiegato io. Ma nonostante questo i nostri livelli di preparazione sono praticamente identici. Tu sei speciale, possiedi la volontà del fuoco anche se provieni da un altro mondo. Io ti ammiro molto per questo...”

Gli lasciai andare la mano, sperando che smettesse di parlarmi in quel modo.

Lui ammirava ME? Come poteva il ninja più forte di Konoha ammirare una nullità come me?

Mentre mi sforzavo a credere il contrario, lui iniziò a bere: “Che fai? Non bevi?”

“Huh? Ah, sì, stavo solo aspettando che si raffreddasse un po'...”

Iniziai a sorseggiare, il più buon tè di tutta la mia vita.

Chiusi gli occhi per assaporarlo meglio; quando riappoggiai il bicchiere e li aprii di nuovo, vidi che Naruto mi stava fissando, sorridente.

“Non lo sai che non si fissano le persone?” sorrisi per sdrammatizzare.

“Senti chi parla! Ma se prima continuavi a guradarmi! Eheh...”

Diventai color peperone e misi il broncio: “Io non stavo guardando te! Guardavo il panorama alle tue spalle...”

Finì di bere e si portò le mani dietro la testa, mettendosi comodo: “E io che mi stavo illudendo che stessi guardando proprio me....peccato.”

Sorrise ancora. Io rimasi leggermente sconvolta da quell'affermazione.

Mi stava provocando. Io cambiai discorso: “Quando partirai per combattere Madara?”

Lui rischiò di cadere dalla sedia quando pronunciai quelle parole: “Che-che-che cosa? Non sono affari tuoi! Non credere che ti lascerò fare quello che pensi! E poi perchè hai cambiato discorso?!”

Io sogghignai: “Allora non mi conosci affatto. Qualunque cosa tu faccia, non riuscirai a fermarmi. Io ti seguirò e combatterò al tuo fianco. Rassegnati, anche con Gaara è andata a finire così.”

Iniziai a sentirmi strana. Le palpebre diventarono improvvisamente pesanti, così come le gambe e le braccia. Avevo sonno alle quattro di pomeriggio?

Appoggiai la testa su un braccio e cercai di rimanere sveglia.

Naruto iniziò a sorridere soddisfatto: “Ti conosco talmente bene che ti ho messo del sonnifero nella bustina di tè, per impedirti di seguirmi. Sogni d'oro, Alex.”

Mi sentii svenire: “Cosa hai fatto?! Io ti ammazz...”

Caddi dalla sedia e l'ultima cosa che riuscii a sentire prima di cadere in un sonno profondo furono le braccia di Naruto che mi afferravano, impedendomi di schiantarmi a terra.

Poi niente. Buio e sonno.

Non sono sicura di quanto dormii, ma fu abbastanza per lasciare a Naruto e Killer Bee il tempo di allontanarsi in cerca di Madara.

Mi svegliai con la testa dolorante. Ero sdraiata nella mia brandina.

Barcollai un po' prima di raggiungere l'uscita. Mi accorsi appena in tempo di due soldati che controllavano la tenda.

Pensavano di fermarmi con così poco?

Prima di tutto dovevo riuscire a scappare, poi dovevo capire se Naruto era già partito e dove fosse andato esattamente.

“Aiuto! Il dolore mi sta uccidendo!! Aiutatemi!!” urlai.

I ninja, come immaginavo, si fiondarono nella tenda, mentre io mi nascondevo nell'oscurità.

Senza lasciar loro il tempo di capire cosa fosse successo, ne colpii uno con un colpo di taglio impreganto di chakra alla nuca, mettendolo K.O.

Afferrai l'altro per la giacca e lo scossi: “Prova a fiatare e farai la stessa fine del tuo compagno. Dimmi dove sono Naruto Uzumaki e Killer Bee! Subito!”

Era più terrorizzato che sorpreso: “Eh-eh-ehmm...io non-n lo so....”

Dovevo costringerlo a parlare; cercai di assumare l'espressione più crudele e arrabbiata che riuscii a trovare: “Se non mi rispondi, userò la tecnica super segreta che mi hanno insegnato i Kage per contrastare Madara. Il cervello ti si scioglierà nel cranio, sentirai gli occhi riempirsi di aghi, le braccia ti cadranno per necrosi, le gambe verranno stritolate dall'interno, il tuo sangue inizierà a ribollirti nelle vene, e prima di morire i tuoi organi dovranno esplodere uno a uno. Il tutto durerà per circa 24 ore o anche di più, fino a quando non perderai la vita per le ferite, o te la toglierai da solo per il dolore. Allora hai intenzione di non dire niente?”

Naturalmente non avevo imparato una tecnica del genere, e anche se l'avessi imparata non l'avrei mai usata contro un povero innocente, ma il modo migliore per costringere qualcuno a parlare è spaventandolo.

Gli occhi sbarrati e la bocca semi aperta confermarono lo stato di puro terrore in cui si trovava: “Ok, ok parlerò! Ma non farmi questo, ti prego!! So solo che Bee e l'Uzumaki sono partiti circa due ore fa, diretti a Est, oltre il passaggio attraverso la muraglia di roccia. Non so nient'altro, lo giuro!! Ti prego, risparmiami!”

Si era già portato le mani davanti al viso, spaventatissimo: “Mi dispiace, se ti lasciassi andare andresti a avvertire subito i Kage della mia fuga.”

Un altro colpo di taglio alla base del collo, e il soldato era bello che svenuto.

Uscii di corsa, dopo aver recuperato kunai, shuriken e qualsiasi altra cosa mi fosse stata utile durante lo scontro.

La luna illuminava l'accampamento e, fortunatamente, in giro non c'era nessuno.

Mi diressi a Est, attraversando il passaggio che divideva la muraglia di roccia.

Corsi più che potevo, sperando che il combattimento non fosse ancora iniziato.

Dopo qualche chilometro, il paesaggio iniziò a cambiare, il deserto lasciò spazio agli alberi e alla vegetazione. Mi ritrovai in un bosco.

Quando mi fermai per riprendere fiato, sentii qualcuno atterrare qualche ramo dietro di me. Mi voltai di scatto appena in tempo per bloccare le mani di Kakashi prima che mi afferrassero: “Che ci fai tu qui?!” sbraitai.

Da dietro il maestro, sbucò un uomo con uno strano taglio di capelli e delle sopracciglia assurde: Gai Maito.

“Ciao giovane guerriera! Siamo qui per riportarti indietro e impedirti di ucciderti!”

Lasciai andare il maestro: “Ma voi sapete che io sono qui per combattere Madara o no?!”

Kakashi mi guardò: “Combatterai quando Madara sarà stato indebolito, non ora che è al massimo della sua forza! Forza, torniamo indietro..”

Mi misi a ridere: “Secondo te ora che sono arrivata fino a qui, sono disposta a tornare indietro? Ahahah!”

Il sensei si fermò, sospirando. Si girò verso Gai: “Non riusciremo a farle cambiare idea, e anche se la riportassimo al campo con la forza, troverebbe il modo per scappare di nuovo.”

Io sorrisi. Finalmente avevano capito: “Allora cosa fate? Tornate indietro o venite con me?”

I due si scambiarono uno sguardo di intesa: “Figurati se ti lasciamo andare da sola!!” esclamò il maestro sopraccigliuto.

“Gai ha ragione. Sei una mia allieva, non ti farei mai andare a combattere contro un mostro come Madara Uchiha da sola. Muoviamoci.”

Io ero già scattata prima che il maestro finisse di parlare.

Sentii Gai parlare con Kakashi: “Coraggiosa la ragazza però. Testarda ma coraggiosa. Mi piace il suo stile!! Viva la gioventù!!”

Ero una calamita per i tipi strani.

Passarono pochi minuti e subito venimmo investiti da un boato inimmaginabile; alcuni rami si spezzarono e noi venimmo sbalzati di qualche metro.

Prima ancora di ricompormi, vidi le chiome degli alberi davanti a noi cadere, e schivai appena in tempo una sfera di chakra lanciata nella nostra direzione.

Quando la nuvola di polvere si diradò, lo vidi, il mio incubo.

Il decacoda era immenso davanti a noi, ancora più grande di quanto non fosse nel mio sogno.

Ma il suo occhio e il suo furore erano gli stessi.

Davanti al decacoda, vi era Kurama. Guardai meglio e sulla sua testa si trovava Naruto, luminoso come un faro in modalità controllo del Kyuubi.

Vidi anche che c'era Killer Bee, già trasformato.

Il combattimento doveva essere iniziato già da un po'.

I maestri mi fecero segno di avvicinarci e giunti ai piedi della volpe, ci arrampicammo sopra di lei.

Appena Naruto mi vide, simulò una decapitazione, indirizzata a me. Se non fossi morta in battaglia, mi avrebbe ammazzato lui dopo.

Mi avvicinai e rimasi ferma di fianco a lui, aspettando che dicesse qualcosa: “Ma ascoltare gli altri ogni tanto, no eh? Vabbè, avrei dovuto immaginarlo...”

Sorrise, tanto per cambiare. Nonostante quello che diceva, era felice di vedermi.

“Ciao Kurama! Io sono Alex!! E' un piacere conoscerti!”

La volpe si rivolse a me, mentre Naruto mi guardava un po' sbigottito: “Alex? Tu sei la famosa Alex di cui Naruto parla sempre! So già tutto su di te!”

Il ragazzo iniziò a ribollire nell'imbarazzo: “Stai zitta! Eheh...”

Accarezzai il pelo dell'animale e poi spostai lo sguardo sull'essere davanti a noi: “Avete finito di chiacchierare, inutili esseri?!” ci urlò Obito sotto mentite spoglie.

Stavo per lanciarmi all'attacco, quando Naruto mi afferrò un braccio: “Aspetta. Lascia combattere i cercoteri prima di rischiare di morire subito, ti prego.”

Era preoccupato per me. Vidi la paura nei suoi occhi, così decisi di fermarmi. Ma non senza aver lanciato almeno un colpo. Saltai per quasi dieci metri verso l'alto e scagliai un rasen shuriken, diretto alla testa del nemico.

Rimasi meravigliata quando il decacoda bloccò il colpo, in un istante.

Il rasen shuriken era l'attacco più veloce che conoscevo, e lui era riuscito a fermarlo.

Eravamo nei guai.

Atterrai sulla testa dell'animale: “Non è cosi facile da battere come credevi, vero?” mi disse Kurama.

L'ottacoda scagliò un colpo potentissimo contro il decacoda, che riuscì ad evitarlo e contraccambiò con un altro colpo. Kurama non si lasciò attendere e si buttò nel combattimento.

Mente i mostri combattevano, controllati dai rispettivi dominatori, io rimasi a osservare ogni singola mossa di Obito e del decacoda, per trovare dei punti deboli. Non sembravano esserci, purtroppo. Sembrava un essere perfetto, creato appositamente per uccidere senza possibilità di essere fermato.

Il decacoda stava per sferrare un altro attacco contro di noi, quando Obito esclamò: “Eccoli qua! Vi presentò la mia arma segreta insieme ai miei seguaci! Ora siete spacciati!”

Guardai verso il basso, e vidi un gruppo di persone vestite di nero, al centro del quale si trovava una ragazza. Guardai meglio e la riconobbi, mentre la volpe ringhiava contro di loro.

Naruto mi guardò: “Lei è l'altra prescelta. La conosci?”

Non risposi, mi fiondai giù dalla testa di Kurama e corsi incontro a quella ragazza, che conoscevo più delle mie tasche. Jiyu, era lei.

La guardai mentre sfrecciavamo l'una contro l'altra. L'aria tagliente, il terreno umido, i passi sempre più veloci.

Finalmente.

Ci girammo appena prima di scontrarci; schiena contro schiena.

Gai e Kakashi mi avevano seguito, pronti a combattere contro i membri dell'Akatsuki.

Naruto stava già caricando un attacco diretto ai nukenin, quando riconobbe fra di loro Sasuke, e rimase pietrficato.

Mi voltai verso i miei alleati e lo stesso fece Jiyu. Le nostre voci parvero una sola: “Fermatevi!”

Quel grido ruppe l'insicurezza e il timore che per troppo tempo mi avevano avvolto. Risuonò nelle orecchie di tutti i presenti. Riempì il campo di battaglia.

In quel momento ero più sicura che mai.

Non mi importava se il decacoda fosse stato l'essere imbattibile, l'arma finale.

Se sconfiggerlo significava proteggere Jiyu, allora lo avrei fatto.

Avrei difeso i miei amici, anche se questo voleva dire perdere la vita.

Perchè questo è il mio credo ninja.

  
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