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Autore: Ely79    03/02/2013    2 recensioni
Kyle William Anderson è lo scapolo più desiderato della città. Affascinante, colto, gentile, con un lavoro rispettabile. Nessuno, eccetto la sua famiglia, sa che ha trascorso diciassette anni all'Inferno. Ora però una donna occupa i pensieri del mago, scatenando dubbi e agitando i conflitti irrisolti tra lui e il fratello minore: Timmi.
[Ispirata alla serie "Sangue di Demone" di Shade Owl]
Genere: Commedia, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I - Tutti contro uno
NdA. Leggo le storie di Shade Owl da un anno e mezzo, appuntamento pressoché immancabile delle mie giornate. Ci confrontiamo spesso, scambiandoci pareri, correzioni, ipotesi, colonne sonore,... Questa storia è una sorta di tributo alla sua saga Sangue di demone che raccoglie al suo interno una serie di personaggi che adoro e che Shade Owl mi ha concesso di impiegare per i prossimi otto capitoli, offrendomi anche supporto in termini di chiarimenti, specifiche e correzioni. In cima alla lista, per motivi che non starò a spiegarvi, c'è Kyle Anderson, fratello maggiore del protagonista della serie. Se non conoscete le vicende che lo coinvolgono, potete comunque leggere la storia (magari saltellando sulle storie originali da cui sono partita), ma vi consiglierei di andare a dar loro un'occhiata. Vi conquisteranno.
E con questo, buona lettura!


I – Tutti contro uno

Sprofondò nella poltrona, inspirando con calma.

«Non ci provare» la ammonì, mascherando con un sorriso il proprio disagio per la curiosità smodata che stava sfoderando.
La ragazza era sul divano di fronte, con il volto tra le mani e i gomiti sulle ginocchia, sfoggiando un sorriso agghiacciante mentre aspettava una risposta. Come se non bastasse, da un po’ aveva cominciato a modificare l’abituale chioma ispida e verde con un composto caschetto biondo, che la faceva somigliare moltissimo alla madre, oltre che a una di quelle inquietanti agenti del fisco. Segno che, in capo a due anni e mezzo, sua nipote aveva imparato con discreta disinvoltura a utilizzare le proprie capacità di mutazione. In un altro momento ne sarebbe stato entusiasta.
«Dico sul serio, Skadi. Non ci provare. E lo stesso vale per te» insisté pacato, additando la donna che stava seduta sullo schienale del divano, esattamente alle spalle dell’altra, e come questa si sporgeva in avanti con un’aria trasognata e terrificante.
«Andiamo, zietto… parla» lo stuzzicò la prima.
Kyle avrebbe fatto carte false per riavere la capacità di proiettarsi altrove. Invece, tra i poteri superstiti era l’unico degno di nota a mancare all’appello. Si raddrizzò sulla poltrona e aggiustò gli occhiali sul naso, tentando di mantenere un tono freddo e distaccato. Tuttavia, le sue antagoniste non avevano intenzione di cedere e continuavano a parlottare sottovoce, dandosi di gomito e ridacchiando al suo indirizzo.
«Ho detto di smetterla a tutte e due! E comunque, non ho niente da dirvi» protestò, guardando altrove e maledicendo suo fratello e la cognata per averlo gettato nelle grinfie delle migliori inquisitrici che il Sommo Concilio avesse a disposizione in quel momento.
Giurò a se stesso che gliel’avrebbe tornata, in un modo o nell’altro.
«Non dovresti pensare di far certe cose a Timmi, visto che non puoi più metterle in pratica. E poi, lui te ne ha fatte e te ne farebbe di peggiori. Però sei colmo di dolcezza e caramelline rosa, che forse potrei non dirgli nulla» cantilenò Ariel, dondolandosi in maniera piuttosto pericolosa sul bordo del divano.
In quel momento, Kyle comprese come dovesse sentirsi un prosciutto sull’affettatrice, smembrato una fetta dopo l’altra senza possibilità d’opposizione. Con quella sorella adottiva che si era ritrovato dall’oggi al domani c’era ben poco da fare per nascondere quello che gli stava capitando: i suoi poteri empatici oltrepassavano qualunque barriera fisica o magica; in quel momento stavano reagendo al subbuglio che gli stringeva lo stomaco e il cuore, era inevitabile che finisse per dire stupidaggini di quel genere.
E dire che nei primi mesi fuori dall’Oltretomba era stata di enorme aiuto: ogni qualvolta la realtà gli era parsa troppo difficile da accettare o il peso dei propri trascorsi si era fatto insopportabile, erano bastate poche - e spesso sconclusionate - parole di Ariel a risollevarlo.
«Hai pensato di nuovo di ammazzare papà? Ma non impari mai…» ridacchiò Skadi, affatto sorpresa.
«Smettetela di farlo impazzire» intervenne Nadine dalla cucina, dando a Kyle la fuggevole illusione di avere un sostegno. «Non ha bisogno che gli stiate addosso in questo modo. Il suo povero cuoricino potrebbe non reggere tutto quest’amore!» sghignazzò.
«Grazie per l’aiuto» mugugnò esasperato, nascondendo il volto dietro ad un cuscino.
Si diede dello stupido per aver accettato l’invito a pranzo: sapeva perfettamente che suo fratello disapprovava frequentasse assiduamente casa sua, e dall’invito precedente era passata a malapena una settimana. C’erano state avvisaglie e indizi grandi come grattacieli, eppure era stato così sciocco da cascarci.
«Ti piace un bel po’ questa tizia, eh? Sono già andati al sodo o sono ancora in fase esplorativa?» chiese senza voltarsi alla zia, la quale sfoderò un gran sorriso mentre si stiracchiava in bilico sul bracciolo.
«Skadi, falla finita. Non sono fatti tuoi. E tu non rispondere per favore».
Tuttavia l’agitazione nella voce e la sua faccia sortirono effetti peggiori di qualsiasi ammissione. Tre paia d’occhi spalancati lo avvisarono che sarebbe rimasto inchiodato alla poltrona fino a quando non avesse vuotato il sacco “spontaneamente” e che l’abituale reticenza sul suo privato sarebbe stata fatta a pezzi quesito dopo quesito.
«Non dirò una sola parola oltre a queste» annunciò, nel tentativo di farle desistere. «State invadendo la mia privacy e sapete che non lo tollero. Sapete già più del dovuto».
«Oh… siete ancora fuori dalla casa base… sei un signore, zio! Un vero lord! Mai portarsi a letto la donna che ti interessa alla prima occasione, soprattutto se hai intenzioni serie. A noi piace essere corteggiate, riempite di attenzioni, trattate con rispetto. Ma… non è che per caso sei digiuno di educazione sessuale? Non mi dirai che uno come te è ancora vergine? Con tutto quello che hai combinato prima di finire all'Inferno? Alla tua età?!» lo stuzzicò.
Kyle sbiancò. Avrebbe voluto proprio sapere da chi aveva ereditato quella faccia tosta. Di certo non dal ramo Anderson: né lui né tantomeno suo fratello erano propensi a parlare di argomenti del genere con tanta libertà.
«Per l’amor del cielo, Skadi!» gemette, infrangendo il proposito di poco prima.
«Oh, tranquilla. Lui sa. Sa cosa vuole da lei. E lo sa molto bene. Accidenti se lo sa» insinuò cantilenando Ariel. «A quanto pare hai gironzolato parecchio nel girone dei Lussuriosi mentre eri là sotto. Una volta non saresti stato tanto focoso ed esplicito, Signor Anderson».
Di nuovo sentì le lenti scivolare verso la punta del naso. Com’era possibile che avesse trionfato in scontri con esseri mostruosi e sanguinari, uscendo invece sconfitto su tutta la linea da una coppia di pettegole improvvisate?
«Ahi, ahi, zietto, qui scopriamo gli altarini. Stai su un Kamasutra classico oppure opti per qualche perversione particolare? Che ne so, bondage? Sadomaso? Giochi di ruolo? Dopo tutto, hanno qualche richiamo al tuo passato da Divoratore…» ammiccò la ragazza.
Ormai Kyle non sentiva più la mascella: gli era impossibile chiudere la bocca di fronte alla valanga di assurdità che stava sentendo sul suo conto. Una volta poteva essere stato uno degli esseri più violenti, sanguinari e pericolosi del creato, ma di certo come uomo non era mai stato un pervertito. Cosa che Ariel si premurò di sottolineare. A sproposito.
«No, piccolina, sei fuori strada. Il nostro redivivo è una persona a modo sia sopra sia sotto le lenzuola: è appassionato e pieno di tenerezze, un romantico principe azzurro con un abbondante tocco di scarlatto, che non permetterebbe mai che la sua donna…»
«Adesso basta!» urlò lui scattando in piedi e uscendo in tutta fretta dal cottage.
Sentendo la porta sbattere e un vetro andare in frantumi, Nadine tornò ad affacciarsi. Accanto alla porta d’ingresso giaceva in pezzi il prezioso vaso veneziano che proprio Kyle le aveva regalato a Natale. Guardò Skadi e Ariel, che si limitarono a fare spallucce con innocenza.
«Complimenti per essere riuscite nella titanica impresa di farlo arrabbiare. Sbaglio o avevamo stabilito di spillargli solo qualche informazione sulla sua situazione sentimentale, senza esagerare?» commentò lanciando un incantesimo di ricomposizione, che rimise in sesto il contenitore.
Rassegnata, la signora Anderson spiò dalla finestra il cognato che tornava a piedi verso la città seguito dal loro cane.
«È in momenti come questi che si vede che lui e Timmi sono fratelli: stesse reazioni quando gli si tocca qualcosa cui tengono. E tu,» fece voltandosi e additando la ragazza che ancora ridacchiava, «si riconosce lontano un miglio di chi sei figlia: identica delicatezza da rullo compressore di tuo padre!».

***


La galleria d’arte “Antiqui Mundi” si trovava in pieno centro, in una zona molto frequentata e in prossimità della fontana dove anni addietro era sbucata Ariel. La struttura espositiva occupava due piani più l’interrato dell’edificio e attraverso alcune grandi vetrate consentiva a passanti e occasionali curiosi di contemplare gli oggetti esposti. Si trattava principalmente di sculture e suppellettili molto antiche, provenienti da collezioni private di tutto il mondo, ma anche di gioielli e curiosità delle epoche più remote della storia che era possibile acquistare a patto di avere un cospicuo conto in banca o sufficienti nozioni di magia. In pochi erano a conoscenza del fatto che, tra le vestigia del passato, si celassero particolari manufatti dai poteri più disparati. Diversi maghi si servivano di quel nuovo spazio per procurarsi ciò che occorreva alle loro necessità, senza dover necessariamente ricorrere a contrabbandieri e mercati in altri universi. Il tutto assolutamente legale e con la benedizione del Sommo Concilio.

E “Antiqui Mundi” era il nuovo regno di Kyle William Anderson.
«Però… è carina» commentò Xander, aggiustando gli occhiali da sole con aria distratta.
All’interno del locale, una donna dai lunghi capelli corvini conversava animatamente con un paio di vecchiette grinzose e piuttosto loquaci. Senza dubbio streghe della vecchia guardia. Aveva un fisico snello e sinuoso, aggraziato, che tuttavia tradiva una certa forza: muscoli scattanti e tonici facevano bella mostra di sé attraverso gli abiti succinti dai colori pastello. Indossava un paio di scarpe con tacchi vertiginosi, che donavano alla sua andatura un che d’irreale e la rendevano più alta di quanto già non fosse.
«Carina? Beh, sì, anche se non ha le braccia…» obbiettò Trys, additando la grande scultura che torreggiava al centro al salone espositivo.
Darth e Xander si scambiarono un’occhiata eloquente, decidendo di non dargli corda.
«Posso sapere cosa ci facciamo qui?» chiese il primo.
«Diamo un’occhiata. Alla galleria d’arte» soggiunse il Vicesceriffo, quando l’altro lo squadrò dubbioso.
«Ora si dice così? Dare un’occhiata? E Alis cosa pensa di questo “dare un’occhiata”?»
«Tu dai un’occhiata, noi due» s’intromise il folletto, indicando la benda sul volto di Darth e ricevendo di conseguenza una ginocchiata nel fondoschiena che per poco non lo mandò a sbattere contro il muro.
Ricordare al Cavaliere Templare della menomazione riportata nella battaglia contro l’Anticristo non era mai una buona idea. Tuttavia, negli anni Xander era arrivato alla conclusione che le risposte brusche di Darth alle fesserie dell’amico fossero un modo alternativo di manifestare quanto anche lui le trovasse divertenti. In caso contrario, il folletto avrebbe dovuto essere morto da un pezzo.
«Passa alla domanda di riserva, Darth» suggerì a denti stretti, rispondendo con un cenno del capo alcuni passanti che l’avevano appena salutato.
Il solo citare il nome della moglie gli aveva fatto venire i sudori freddi. Si conoscevano da sempre e insieme erano diventati parte della squadra e soprattutto della famiglia di Timmi. Solo in seguito ne avevano creata una loro, che entro pochi mesi si sarebbe allargata con l’arrivo del piccolo Ray.
«Alis non lo sa?»
«Sto eseguendo un ordine» sviò, ma il Templare era tutt’altro che incline a lasciar cadere l’argomento.
«Timmi ti ha chiesto di controllare le frequentazioni di suo fratello? Da quando in qua abusa della sua carica per queste scemenze? Pensavo facesse pesare i gradi solo per infastidire Kyle, non altre persone».
«Veramente… l’ordine è… di Alis» confessò, incassando la testa tra le spalle. «Un paio di settimane fa Kyle le ha ordinato dei fiori per la mostra che hanno aperto al piano di sopra e… quando è stata qui, ha scoperto che Jo aveva visto giusto. Noi pensavamo straparlasse come sempre, l’ha tirata avanti per mesi che Kyle si era trovato una donna, ma chi gli crede, con tutte le stupidaggini che racconta? Invece… insomma, c’è una caterva di zitelle che smania per Kyle. Invece c’era davvero una donna che lavorava per lui e sembravano… beh, per dirla come Alis, “molto intimi”. Io sto… solo… approfondendo… chiarendo dettagli di poco conto. È anche per Nadine e Skadi… volevano sapere… sai, per star tranquille. Noi calamitiamo guai, da sempre. Meglio prevenire. Se serve» si affrettò ad aggiungere.
Darth lo fissò a lungo, scettico. Era chiaro come il sole che gli stesse propinando una versione malamente preconfezionata di una giustificazione. Doveva essere stato tormentato allo sfinimento da moglie e amiche.
«La prossima volta che qualcuno obbietta al fatto che non mi sia risposato, Donovan, tu sarai il mio esempio principe» dichiarò, posandogli pesantemente una mano sulla spalla. «Se Alis stesse a casa piuttosto che lavorare nelle sue condizioni, noi non staremmo facendo la figura di tre babbei impalati davanti a una vetrina che espone reperti indubbiamente interessati, ma per i quali non abbiamo il minimo interesse» sottolineò.
«Prova a convincerla tu, se riesci a sopportare il suo sguardo di ghiaccio e la sua logica inappuntabile. Io mi sono arreso da un pezzo. Che dici, mediorientale?» propose Xander, chiudendo la parentesi familiare per tornare alle indagini.
Con suo grande sollievo, Darth lo assecondò.
«Credo di sì. I tratti somatici e la carnagione corrispondono. Il bracciale che indossa ha una lavorazione tipica di alcune zone dell’Iran» disse additando il curioso ornamento che le avvolgeva quasi per intero la mano sinistra in un guanto dorato tempestato di gemme colorate.
«Qualcosa non ti convince?»
«Gli occhi. Hanno poco dell’umano».
Da quella distanza era difficile scorgerli, ma con un paio d’incantesimi ad hoc, il vigilante fece in modo che le lenti gli mostrassero un primo piano dell’assistente. L’amico aveva ragione: le iridi della donna erano di un grigio-verde talmente pallido da sembrare trasparenti come vetro e spiccavano in maniera pressoché dolorosa sulla carnagione olivastra.
«Secondo voi hanno del gelato? Voglio liquirizia e basilico, con sopra gli zuccherini fondenti. Mi sa che qui però rischio che mi tirano fuori roba scaduta da chissà quanto» saltò su Trys.
«No» sbottò Darth, mordendo una mano per trattenersi.
«“No, non hanno il gelato” o “no, non hanno gli zuccherini fondenti”?»
«No e basta! E ora chiudi il becco!» ruggì.
A quelle parole, Trys sbiancò e s’irrigidì, avvicinandosi alla vetrina con occhi sbarrati. Qualcosa aveva attirato la sua attenzione con tanta prepotenza da mozzargli il respiro. Xander e Darth si prepararono a un eventuale combattimento, benché non scorgessero alcun pericolo.
«Mentos…» soffiò il folletto, dando una testata nel vetro. «Ha le Mentos!»
Cominciò a battere i palmi sulla vetrata come un forsennato, additando la perla che brillava sull’ombelico della donna. Udendo i tonfi e le urla ovattate, lei si girò a guardarli. Superata l’iniziale sorpresa, sembrò piuttosto infastidita dalla loro presenza e si diresse spedita alla porta.
«Smettila Trys, vieni via!»
«Le Mentos! Ha le Mentos!» continuò a sbraitare mentre lo trascinavano via di peso.
Xander avrebbe voluto nascondersi: a quell’ora la strada era piena di gente e lui era un volto noto.
«Timmi mi ammazzerà. Non ce la farò mai a manipolare i ricordi di tutta questa gente…» piagnucolò balzando sulla volante e avviando in tutta fretta il motore.

***

Nonostante la casa non fosse più in vista da un pezzo, poteva sentire dietro di sé le risa sguaiate della nipote e quella lingua lunga della sirena che ancora sciorinava le sue percezioni alla cognata. Dran, il bislacco incrocio di Segugio Infernale e Mangialbero che tutti prendevano per il cane degli Anderson, l’aveva seguito per un buon tratto di strada, trotterellandogli accanto con la lingua penzoloni.

«A quanto pare, sei il solo che non abbia niente da ridire» commentò sarcastico guardandolo darsi una vigorosa grattata.
Era sconfortante trovare conforto nella presenza di una bestia demoniaca, piuttosto che nelle persone.
Quella discussione aveva preso una piega che non avrebbe mai potuto immaginare nemmeno nel suo incubo peggiore. Anzi, quella conversazione non sarebbe mai dovuta avvenire. Sospettò che dietro a tutto l’interesse per la sua vita sentimentale ci fosse Jo. Lo aveva visto sbirciare dalla vetrina mentre parlava con lei, ma stupidamente non aveva dato peso alla cosa, convinto com’era che avrebbe dimenticato tutto alla vista della libreria, due isolati più in là. Era incredibile come un adulto fatto e finito avesse conservato lo stesso amore viscerale per i fumetti di quando era ragazzo.
Probabilmente era bastato un accenno che, unito alla visita di Alis poco tempo prima, era servito a scatenare lo scompiglio tra i suoi familiari e i vari conoscenti.
Continuando in direzione della città incrociò proprio il furgone del vivaio, diretto senz’ombra di dubbio a casa Anderson. Al volante c’era Alis, che lo salutò sillabando da dietro il finestrino: “Ciao, Romeo”.
«Avrei dovuto sapere che sarebbe finita così» sospirò abbattuto.
Rivedeva gli sguardi e i volti dei pochi parenti e conoscenti passargli davanti, intenti o pronti a schernirlo. Certo, vista dall’altra parte della barricata doveva essere una situazione veramente spassosa, degna di una commedia cinematografica. Tuttavia sapeva fin troppo bene che si trattava di una facciata: dietro gli atteggiamenti di pacata sopportazione, quasi di benevolenza, covava un’ostilità profonda nei suoi confronti. Nonostante fossero trascorsi due anni dal suo ritorno sulla Terra, pareva impossibile convincere chi gli stava intorno che del vecchio Kyle Anderson, il Divoratore di Anime, non fosse rimasta la minima traccia.
Le uniche a fidarsi senza remore sin dal principio erano state Skadi e Ariel. Aveva ribadito più volte a se stesso che gli sarebbe bastato il loro affetto per sopportare ogni malanimo, ciononostante la frustrazione del sentirsi costantemente in giudizio servì solo a farlo infuriare una seconda volta. Soprattutto perché ora c’era lei nella sua vita. Lasciarsi coinvolgere in infantili rappresaglie o permettere grossolane indagini dirette a ficcare il naso nel loro rapporto non era il modo giusto di ripagarla della serenità che gli stava donando.
Tentò di calmarsi, riprendendo a camminare per un tempo che gli parve infinto. Alzò lo sguardo solo quando la testa cominciò a girargli per aver fissato troppo a lungo il terreno scorrere sotto le scarpe di vernice, ormai ridotte in uno stato pietoso. Si accorse d’aver imboccato uno dei tanti sentieri che dalla via principale s’inoltravano nel bosco.
Proseguì fra gli alberi, lo sguardo che guizzava fra tronchi e ombre. Sapeva che difficilmente avrebbe incontrato qualcuno, eppure una sciocca fantasia continuava a solleticargli la mente: la immaginava correre ridendo, zigzagando nel sottobosco, voltandosi a guardarlo per invitarlo a seguirla.
Scosse la testa, cercando di ritrovare la lucidità.
«Rifletti, Kyle. Rifletti con calma» mormorò. «Cerca di pensare razionalmente».
Uno dei laghi che costellavano quella zona della foresta si stendeva di fronte a lui, placido e silenzioso. Tanta quiete contrastava con l’agitazione che si portava dentro in modo quasi doloroso.
«Focoso ed esplicito… focoso ed esplicito un corno!» gridò lanciando una pietra nell’acqua.
Se solo ci pensava, si sentiva rimescolare come un adolescente alla prima cotta; quell’adolescente che, per un motivo o per un altro, non aveva potuto o voluto essere. A volte pensava che il Divoratore l’avesse fatto invecchiare precocemente: nei collegi e nelle università che aveva frequentato si era sempre sentito fuori posto, troppo superiore e maturo per le torme di studenti che lo circondavano.
Purtroppo, doveva ammettere che Skadi aveva ragione: lui era vergine. Non dal punto di vista fisico, in quanto le frequentazioni altolocate di Ducan avevano significato servirsi delle prestazioni di alcune “accompagnatrici”; senza contare che spinto dalle pulsioni del Divoratore sarebbe stato impossibile evitarle, anche se avesse voluto. Era illibato sentimentalmente parlando. Ottenebrato dalla volontà di Adar Molok, non aveva mai provato interesse nel coltivare rapporti affettivi e ora scopriva la gravità di quella mancanza. Si consolò pensando che nei legami familiari stava ricevendo un minimo d’aiuto da Skadi, Ariel e Nadine. Per il resto, poteva solo sperare che quella piccola speranza di felicità non si seccasse tra le sue mani o peggio, mutasse in un osceno abominio.
   
 
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