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Autore: Zeepbels    05/02/2013    5 recensioni
Fanfiction momentaneamente sospesa!
Sessantanovesimi Hunger Games.
Rose Halley viene dal Distretto 9.
Quando, il giorno del suo tredicesimo compleanno, si avvia in piazza per assistere alla mietitura, non sa che tra mille e più biglietti quello estratto sarà proprio quello con il suo nome.
Ma sa che in quell'Arena non ammazza solo il corpo, ma ti toglie anche quel poco di spirito che Capitol City ti permette di tenere.
*Dal capitolo 8*
Ecco perché esistono gli Hunger Games, per lasciare ai Distretti la speranza che i loro ragazzi possano tornare, e ai Tributi il compito di farne fuori il più possibile per riabbracciare la propria famiglia.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 6 – I Giochi della Fame
 
Sessanta.
Mi guardo intorno, sono su una piattaforma di metallo circolare, a circa tre metri da quelle dei Tributi che mi stanno accanto. Davanti a me c’è una montagna ricoperta di alberi. Alla mia sinistra, invece, vedo una valle ricoperta da un bosco, che si dirada verso destra, dove il paesaggio si trasforma in una steppa, nel mezzo della quale scintilla un fiumiciattolo che parte dal monte. Mi volto leggermente, giusto per vedere cosa c’è dietro: un pendio roccioso, che si estende verso sinistra fino a dove i miei occhi possono arrivare.
Cinquanta.
La Cornucopia brilla alla luce del sole, nel centro esatto della grande radura in cui ci troviamo. Al suo interno sono ammucchiate armi e provviste. Gli occhi mi brillano a questa vista: medicinali, armi, coperte, cibo! Se potessi, una volta suonato il gong mi fionderei verso quel ben di Dio. Ma non posso, non  ne uscirei viva.
Quaranta.
Devo cercare qualcosa più alla mia portata. Vedo uno zaino verde scuro a una ventina di metri alla mia sinistra. Ecco, quello sarà il mio obiettivo. Devo essere veloce, penso.
Vorrei anche un’arma, ma sono tutte troppo vicine alla Cornucopia.
Trenta.
Tutti gli altri Tributi sono pronti per lo scatto. Ma io no. Io non voglio che questi maledetti Giochi comincino!
A tutti noi rimane meno di mezzo minuto di vita assicurata, a meno che qualcuno non sia così stupido da suicidarsi prima, gettandosi sulle mine.
Venti.
Guardo il terreno. E’ ricoperto di una tenera erbetta verde. Manca poco prima che si macchi di rosso.
Dieci.
Alzo gli occhi al cielo. Mamma, papà, Seth … vi voglio bene. Una lacrima mi scivola lungo la guancia.
Cinque.
Mi metto in posizione. Sto tremando per la tensione e il cuore mi batte a mille. Batti, piccolo cuore, penso, potrebbe essere l’ultima volta.
Zero.
Tutti i Tributi scattano dalle loro piattaforme, me compresa. Afferro una scatolina accanto a me e corro verso lo zaino. Prima ancora che lo raggiunga, i Favoriti sono già alla Cornucopia. Sento urlare, sento il clangore delle armi, sento i corpi cadere.
Afferro lo zaino e me lo metto in spalla. Sto correndo verso il bosco, quando vedo qualcosa che mi costringe a fermarmi. Il ragazzo del 5 è a terra, a una quindicina di metri da me, con un coltello nella schiena. Senza pensarci, vado più veloce che posso verso di lui, mi inginocchio e glielo strappo via. Lo sento gemere, quindi era ancora vivo. Con le mani bagnate del suo sangue mi rialzo, ma troppo in fretta, per cui avverto una dolorosa contrazione alla coscia. Ignorandola, riprendo la mia corsa per il bosco, in direzione della montagna.
Mancano pochi metri. Ai limiti del mio campo visivo, vedo la ragazza dell’1 che, con un arco e un grosso zaino in spalla, si fa strada tra i Tributi. In quel momento, molto, troppo vicino a me, una ragazza cade a terra, trafitta da una lancia. Mi volto, terrorizzata, continuando a correre. E’ stato Flinn a lanciare quell’asta, e il suo prossimo bersaglio sono io.
Aumento la velocità, l’adrenalina mi scorre a fiumi per il corpo. Sono quasi arrivata agli alberi. La lancia del Tributo dell’8 non mi colpisce, si conficca in un tronco. E io posso proseguire la mia corsa.
Una corsa pazza, però, forsennata. Una corsa tra cespugli che mi fanno inciampare, una corsa tra ramoscelli che mi sferzano violentemente il viso, una corsa di chi ha paura di essere raggiunto.
Quando alle fitte alla gamba si aggiungono anche quelle al fianco, sono costretta a rallentare. Respiro profondamente, cercando di calmare anche il fiatone. Penso di essere abbastanza lontana dalla Cornucopia, perciò mi concedo per qualche minuto quest’andatura lenta. Vado verso l’altura, sperando di trovare l’inizio del fiume che ho visto scintillare nella pianura.
Quando sto un po’ meglio riesco a tenere per un bel po’ una certa velocità, senza mai fermarmi nemmeno per controllare il contenuto del mio zaino. Continuo a stringere convulsamente nelle mani il coltello, ancora sporco di sangue.
Dopo un paio d’ore, non posso fare a meno di chiedermi cosa ne sia stato degli altri Tributi. Il ragazzo del 5 è morto di sicuro. Ma gli altri? Martin? Cosa ne è stato di lui? Un pensiero orribile mi attraversa la mente, ma lo scaccio a forza dalla mia testa. Probabilmente sarà andato verso la montagna o verso le rovine che si trovano in mezzo alla steppa. Infatti, avevo visto più ragazzi correre verso quella direzione. Verso il fiume, penso.
Cavolo! Il fiume! E se non avesse la fonte nel bosco? Dopotutto gli Strateghi avrebbero potuto fare in modo che il fiume nascesse in pianura, per attirarci tutti nello stesso punto. E per fare in modo che il bosco fosse una vera trappola, in quanto l’acqua si troverebbe troppo sotto la superficie.
Dopo un’altra ora inizio davvero a spaventarmi. Sto camminando da un sacco di tempo, e ancora non c’è traccia di acqua. Né di animali. E io ho sete. Tanta sete. Se non trovo il fiume entro stasera, farò dietrofront e andrò verso la steppa. Deciso. Altrimenti, penso, non durerei molto.
Dopo un po’ mi fermo e raccolgo qualche radice, sto morendo di fame. Fanno un poco schifo, e faccio una bella fatica sia a masticarle che a non farle risalire. Il mio corpo non è abituato a questo tipo di cibo, specialmente dopo il soggiorno a Capitol City. Ma un rumore improvviso interrompe il corso dei miei pensieri. E’ un colpo di cannone. I combattimenti alla Cornucopia devono essere finalmente terminati.
Uno. Due. Tre. E così via. Fino a dieci. Dieci Tributi morti nelle prime cinque ore. Dieci vite spezzate. Ma per sapere di chi sono dovrò aspettare stasera, quando proietteranno i volti dei caduti nel cielo.
Ad un tratto sento un suono. Un suono che mi fa drizzare le orecchie. Uno scroscio. Acqua!
Comincio a correre verso la fonte del rumore, spostando i rami che mi bloccano il passaggio. Alle pendici della montagna, scorre un piccolo torrente. E’ la parte iniziale del fiume. Quindi sono stata fortunata, penso soddisfatta. Dopo aver controllato di avere la via libera, mi siedo sulla ghiaia della sponda, riparata da alcuni cespugli. Mi tolgo lo zaino dalle spalle e inizio a tirarne fuori il contenuto.
Borraccia, vuota ovviamente, e tintura di iodio per disinfettarla. La riempio subito e ne verso dentro la giusta quantità di disinfettante. Mentre aspetto la mezz’ora che serve per purificare l’acqua, continuo a controllare le provviste.
Un pacchetto di gallette e uno di carne essiccata. Una coperta impermeabile, adatta a trattenere il calore, che probabilmente sarà la mia salvezza. Un laccio per costruire trappole. Nella scatola che avevo raccolto, invece, ci sono tantissimi fiammiferi.
Avrei sperato anche di trovare degli occhiali per la visione notturna, ma no ho avuto fortuna. Comunque sono contenta; prima di accamparmi piazzerò delle trappole, e, almeno spero, avrò qualcosa da mangiare. Sempre se non mi prendono prima.
Lavo via il sangue dal coltello, che è lungo quasi quanto il mio avambraccio,  e dalle mie mani, poi mi sciacquo il viso e, finalmente, bevo. L’acqua fresca mi riempie piacevolmente la bocca, e, nel’ora successiva, ne bevo circa due litri. Ma ad un tratto vedo qualcosa che mi inorridisce.
Una delle spalline dello zaino, che per sbaglio era poggiata nell’acqua, si sta lentamente sciogliendo. Riesco a tirarla fuori appena prima che possa essere danneggiata irreparabilmente. Ci infilo frettolosamente dentro tutte le mie cose, eccetto l’arma, me lo metto in spalla, poi mi avvicino per osservare meglio cosa effettivamente sia successo.
Prendo un legnetto e lo immergo, in modo che la punta tocchi i ciottoli che formano il fondale del torrente. Faccio bene attenzione che i miei piedi non tocchino la parte di suolo coperta dall’acqua. Intanto, il legno si sta letteralmente disfacendo. Lo lancio via istintivamente, cercando di non mettermi a urlare di fronte alla micidiale e macabra trappola che ho davanti. Se ti immergi nel fiume, fondi vivo. A meno che non si sia sassi.
Terrorizzata, decido di allontanarmi il più possibile da questo posto maledetto. Però mi serve avere l’acqua a portata di mano, penso. Vorrei procedere lungo questa sponda, ma la vegetazione troppo fitta me lo impedisce. Di tornare indietro non se ne parla nemmeno. Devo attraversare il torrente.
Salgo su un sasso piatto e sporgente. Poi salto su un altro, simile. Sono quasi arrivata alla fine, quando perdo l’equilibrio. Istintivamente, afferro un ramo che pende verso di me, e riesco a non cadere. Poi, finalmente, i miei piedi toccano terra.
Sta facendo buio, perciò devo assolutamente trovare un riparo. I Favoriti non perderanno certo l’occasione di una bella caccia notturna. E nemmeno i predatori di altro genere. Come gli ibridi. Rabbrividisco al solo pensiero.
Sto camminando lungo la riva, in un punto un po’ sopraelevato, quando il terreno sotto di me frana improvvisamente. Mi aggrappo a un grosso tronco, lanciando un grido, che cerco subito di soffocare. Quando il mio respiro riprende il suo ritmo normale, mi accorgo che la frana ha lasciata scoperta una grotta. E’ piccola, ma una persona ci dovrebbe stare comodamente. Ci entro. E’ un posticino asciutto, nonostante la vicinanza all’acqua. Quindi, decido di passare la notte qui.
Prima, però, piazzo delle trappole a una ventina di metri dal nascondiglio. Sono dei semplici lacci a scatto, ma sono quelli che all’addestramento sapevo fare meglio. Poi ritorno nella grotticella, cercando di mimetizzarne meglio che posso l’entrata. Mangio alcune radici, stendo la coperta e mi ci avvolgo dentro.
Poi, lo sento. L’Inno, il tanto atteso inno.
Mi affaccio nervosamente all’entrata. Il sigillo della capitale brilla fluttuando nel cielo. Cielo? Mi correggo, nella cupola creata dagli Strateghi. E poi, i Tributi caduti in questo primo giorno dei Giochi della Fame.
La ragazza del 3, sì l’ha uccisa Flinn. Il ragazzo biondo del 5, quello a cui ho tolto il coltello, e la sua compagna. La ragazza del 6. Quella del 7. Quella dell’8; non è stato il gemello a ucciderla, ne sono sicura: per quanto possa essere smanioso di vittoria, non farebbe mai una cosa del genere. Poi, il mio cuore perde un battito: Martin. No. Non lui. Non il piccolo, dolce e malinconico ragazzo del Distretto 9, che non aveva alcuna colpa, se non quella, forse, di essere venuto al mondo in questo stramaledetto Paese.
Oltre a lui, i Tributi maschi del 10, dell' 11 e del 12. Riappare il sigillo, poi il silenzio.
Mi accuccio nella mia coperta, anche se so che stanotte non chiuderò occhio. E piango anche. Eh si, verso lacrime amare per Martin, per la sua morte ingiusta, per la nostalgia di casa …
Perciò, per consolarmi, inizio a cantare. Perché è l’unica cosa che non mi faccia pensare a dove mi trovo e a cosa mi aspetta domani.
 
Remember, you aren’t alone over this road …
 

Bacheca dell'autrice!!
Giuovani ecco a voi il capitolo 6!!! Ta-daaaa :) Spero tanto che vi soddisfi :D
Ringrazio di cuore chi recensisce e mi motiva a continuare ( vi voglio bene <3 ) e chi segue o preferisce le mie storie :D
Ciauz :*
  
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