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Autore: Maricuz_M    08/02/2013    6 recensioni
Dopo una delusione amorosa, c’è chi dice “Si chiude una porta, si apre un portone” oppure chi afferma “Meglio soli che male accompagnati”.
Ebbene, Eleonora fa parte di quest’ultimo gruppo di persone.
Le sue giornate, però, la porteranno in situazioni che la convinceranno a cambiare idea e, cosa non meno importante, a non fidarsi delle docce, dei marciapiedi e degli ascensori. O anche di alcuni suoi amici che si divertono a mixare il suo nome con quello dei suoi conoscenti, giusto per suddividersi in team e supportare coppie diverse in cui lei, ovviamente, rappresenta la parte femminile.
Dal secondo capitolo:
“Elle, guardati le spalle.”
“Ci manca pure che la sfiga mi attacchi da dietro.”
“La sfiga attacca dove vuole lei, mica dove vuoi tu.”
“Sennò come ti coglie impreparata? Vuoi una telefonata a casa, la prossima volta?”
Genere: Comico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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XXVIII Capitolo


Monotony doesn’t exist
Qualcuno  mi spieghi perché ho detto di sì.
Persino lui c’è quasi rimasto male! Appena ho accettato ha schiuso la bocca senza emettere suono e ha cominciato a guardarmi con occhi stralunati, cosa che non ha mai fatto, perlomeno con me. Quando ha realizzato, ha fatto un sorrisetto e ha tirato fuori le chiavi dalla tasca destra del cappotto.
Adesso, stiamo salendo le scale. Non so perché è diventato improvvisamente così silenzioso, e preferisco non chiedermelo. Preferisco anche non pensare al motivo per cui mi ha invitata a salire a casa sua, per cui apprezzo molto l’esclusione dell’ascensore. So come tenermi occupata.
Si ferma di fronte ad una porta, cerca la chiave giusta e la infila nella toppa. Nel frattempo, guardo la sua schiena e cerco di non fissarmi sul fatto che sto per giocare in casa avversaria. Deglutisco, giusto un secondo prima che si volti e faccia un piccolo inchino per invitarmi ad entrare. Abbozzo un sorriso e faccio i miei primi passi nel suo appartamento. La porta si chiude, mi giro lentamente e lo vedo appoggiato ad essa e con le braccia incrociate.
“Perché hai accettato?” chiede, inclinando la testa. Sta tutto in quel gesto, maledizione. Il torcicollo è la sua criptonite.
“Avrei dovuto rifiutare?” domando io, piuttosto incerta. Magari la sua era solo una prova..
“No, certo che no. Non c’era niente che avresti dovuto fare, dovevi semplicemente dirmi se volevi salire o no. Ti ho chiesto perché hai accettato. Volevi davvero farlo o ti dispiaceva dirmi di no?” indaga, mantenendo la sua aria indifferente. Se riuscissi a capire qualcosa dal suo tono di voce o dalla sua espressione sarebbe tutto più facile.
“Beh, non vedevo un reale motivo per rifiutare.”
“Non hai risposto.” Sospira.
“Sì, volevo salire. Non c’ho pensato molto.” Ammetto, allargando le braccia e alzando le spalle.
“Non hai pensato male? Ormai in queste situazioni, quando si chiede all’altro se ha voglia di salire, è inevitabile pensare a qualcosa collegato al sesso.” Afferma tranquillo, sbottonandosi il cappotto. Sospiro imbarazzata e faccio la stessa cosa.
“Ho preferito non pormi il problema.”
“Quindi ti sei fidata di me.”
“Quando non l’ho fatto?”
“Touché. Beh, posso sostenere l’idea che la faccenda non è tragica come pensavamo.” Appende i nostri cappotti all’attaccapanni e torna a guardarmi, avvicinandosi “L’interesse c’è, un po’ di fiducia sicuramente.. Il problema è che mi vedi ancora come una persona troppo estranea.” Aggrotto la fronte e lo ascolto: ho come la sensazione che mi dirà qualcosa di rivelatore “Scusa se tiro fuori sempre lui, ma è il mio esempio perfetto: Simon. Al suo compleanno, quando gli hai fatto gli auguri, l’hai abbracciato come se non ci fosse stato un domani. So che lo conosci da tempo, ormai c’è un rapporto che non ti permette di farti sorgere determinati problemi. Con me sarebbe una cosa totalmente opposta, e per più di un motivo. Uno di questi, è sicuramente la scarsa confidenza. Tu ne hai un immenso bisogno, però. Tu, anche solo per questo..” Adesso che la stringe, mi accorgo che la sua mano era a pochi centimetri dalla mia. Mi irrigidisco e abbasso lo sguardo impulsivamente, mentre lui finisce la sua frase “Ti intimidisci.”
“Beh..” deglutisco di nuovo “Come si risolve?”
“Non lo so, andiamo per tentativi.” Senza lasciarmi, mi trascina per il corridoio “Ti faccio vedere la mia camera, così vedi se mi rispecchia.”
“Camera?” mormoro incerta. Prima mi dice che andrà con calma, poi che ho bisogno di confidenza e adesso mi porta in camera? C’è un letto, lì dentro. Vuole farmi morire?!
“Non ti violento, Elle. So che lo sai.”
“Lo so, lo so..” Ma tu vuoi sedurmi e fare in modo che sia io a volerlo! Entriamo in una stanza piuttosto buia. Comincio a guardarmi intorno, mentre lui separa la sua mano dalla mia e si avvicina alla finestra.
“Allora non farti film mentali.” Dice, aprendo le persiane. La luce aumenta e mi permette di vedere meglio l’enorme libreria piena zeppa di libri. Spalanco la bocca, da persona piena di autocontrollo quale sono.
“Ma quanto leggi?”
“Tanto. Forse troppo. I libri in fondo però sono di scuola o dell’università, quindi non valgono.”
“Incredibile.”
“Grazie.”
“Non era riferito a te.” Rido, voltandomi verso di lui, adesso seduto sul letto. Sorride e alza le spalle “I miei libri sono io.”
“Sei fatto di carta?” chiedo, camminando per la stanza. La scrivania, su cui è posto un tomo enorme di chissà cosa, è cosparsa di fogli, sia bianchi che scritti. Ciò che attira maggiormente la mia attenzione, però, è un paio di occhiali in un angolino della superficie. Aggrotto la fronte.
“No, no. Sono fatto di carne, però posso ugualmente avere tante storie dentro di me.”
“Questo è affascinante..” affermo, tornando a guardarlo “Porti gli occhiali?”
“Solo quando studio, leggo o scrivo. O al computer.”
“Mi fai vedere come ci stai?”
“Sembro uno sfigato. Secchione, per giunta.”
Pf, non penso proprio.” Scuoto la testa, prendo gli occhiali e mi siedo accanto a lui, porgendoglieli “Dai, dieci secondi!” insisto.
“Solo perché sei tu.” Sospira, afferrandoli arrendevole. Mi mordo il labbro inferiore curiosa, mentre se li mette. Si volta verso di me e si mostra. Ridacchio soddisfatta, pensando dentro di me vari aggettivi più che positivi sul suo aspetto.
“Non sembri né uno sfigato, né un secchione.” Dico solamente.
“Cosa, allora? Un fallito?”
“No! Un.. Bel ragazzo con un paio di occhiali, sembri. Ti rendono molto.. Intellettuale.”
“Se ti piaccio di più così, me li metto più spesso.”
“Non ho detto questo.”
“Allora faccio schifo.” Conclude, ed io scuoto la testa.
“Se vuoi che ti faccia qualche complimento puoi dirlo immediatamente.” Il mio invito è più che lecito. Fa una smorfia stupida, che conferma la mia ipotesi, poi si toglie gli occhiali, iniziando ad osservarli e a rigirarseli tra le mani.
“Di solito non me li fai mai, ne approfitto.”
“Oh, povero cucciolo..” bisbiglio istintivamente. Inclina il capo quel che basta per inquadrarmi con la coda dell’occhio.
“Mi prendi anche in giro, adesso?”
“Mi sembra di averlo fatto, sì.”
“Beh..” sorride “Potrei prenderla come una cosa positiva.” Così dicendo, si alza e posa gli occhiali sulla scrivania, esattamente dove erano prima “Anche se mi ritengo offeso.”
“Non è vero!” esclamo, incrociando le braccia.
“Chi te lo garantisce?” domanda, appoggiandosi alla superficie di legno. Mi tiro su e mi posiziono davanti a lui, tranquilla “Tu.”
“Come?”
“Anche io ho imparato qualcosa di te. Non ti offenderesti per una cavolata del genere, ne sono sicura. In realtà non so proprio se lo faresti mai. Con la tua mente sforneresti una giustificazione o una ragione per ogni azione o frase fatta anche solo per caso, e sei tutto tranne che suscettibile. No, non sei il tipo che mette il muso.” Asserisco, convinta come poche volte. Lui mi guarda in modo strano, quasi come se fosse orgoglioso di me. Alzo un sopracciglio, allora sorride apertamente.
“Ho una brutta influenza su di te.”
“Solo perché mi fai venir voglia di usare un po’ meglio il mio cervello?”
“Nessuno ha mai detto che il modo in cui uso il cervello sia migliore di quello altrui.” Dice, senza nascondere la curiosità di sapere la mia prossima risposta. Faccio spallucce.
“Per me lo è, quindi non considero la tua come brutta influenza.”
“Se va bene a te, va bene anche a me.” Dice, tornando a non mostrare emozioni e pensieri. Abbozzo un sorriso e sospiro, senza un motivo. Non so cosa dire, e Filippo non mi sta aiutando. Si limita a fissarmi, ma pare stia pensando a qualcos’altro. Io ricambio il suo sguardo e non mi muovo, come se un mio spostamento possa disturbare il suo ragionamento. Non pensare di essere così importante, Elle.
“Devo farti una domanda.” Comincia, interrompendo fin da subito la mia conversazione con me stessa “Non è una domanda che si fa, solitamente, ma devo capire una cosa.”
“Dimmi.”
“Hai mai sentito il bisogno di.. toccarmi?”
“..Che razza di domanda è?” Sbotto, arrossendo all’istante. La mia reazione sembra turbare anche lui. Si raddrizza staccandosi dal tavolo e alza le mani come per farmi calmare. Gli occhi ben aperti mi suggeriscono che, sì, è agitato.
“No! Non in quel senso! Pensi davvero che ti farei una domanda del genere? Intendevo abbracciarmi, sfiorarmi una mano, un braccio, una spalla, il volto o qualsiasi altra parte innocua di un corpo umano o.. baciarmi, tipo.”
“Rimane comunque una domanda imbarazzante.” Borbotto, distogliendo lo sguardo “A cosa ti serve la risposta?”
“Ehm..” Si schiarisce la voce, buttando giù le braccia e provando a tornare imparziale “Ho.. Ho notato che tendi a volermi vicino, probabilmente senza rendertene conto. Quando prima mi sono seduto sul letto, tu mi hai seguito e ti sei seduta vicino a me. Quando mi sono alzato per venire qui, mi hai seguito di nuovo e ti sei messa davanti a me. Così ho pensato che, forse, è un’inconscia ricerca di contatto. Ti ho fatto quella domanda per capire meglio.” Può anche trovarsi in difficoltà, ma appena inizia a parlare del mio cervello bacato recupera tutte le sue capacità, il bastardo. Annuisco mestamente poi lo scruto con qualche occhiata.
“E dovrei rispondere, adesso?”
Sospira, guardandomi intensamente, poi scuote il capo “No, non importa. Non voglio che tu veda te stessa come un robot preprogrammato, non lo sei. Non dovrei farti queste domande del cazzo, ti blocco ulteriormente e basta. Scusa..”
“Perché me lo hai detto?” chiedo, studiandolo. Ha abbassato la testa, sembra che si senta davvero in colpa.
“Perché.. Vorrei che ti rendessi conto di quello che fai, che il tuo cervello non ha problemi come pensi che abbia. Funziona bene, se non riflettessi troppo sulle situazioni saresti la tranquillità in persona. Se non riflettessi troppo, se fossi sempre naturale e spontanea, potresti fare quello che realmente vorresti fare senza porti problemi.” Spiega, tornando a puntare gli occhi nei miei.
“Tempo fa mi hai detto che quando uso l’istinto non valuto le cose appropriatamente..” mormoro, cercando di capire.
“Non sto parlando di istintività, ma di spontaneità.”
“Non sono spontanea?”
“Sì che lo sei, ma solo quando sei a tuo agio.” Spiega, alzando una mano e posandomela sulla guancia. Dio, questi gesti improvvisi. Deglutisco e lo fisso, mentre lui fa la stessa cosa e continua a parlare “Nel momento in cui ti rendi conto che stai superando i limiti che ti imponi, ti chiudi a riccio e la naturalezza sfuma, per questo ti freni quando affrontiamo qualche discorso un po’ più serio. Sono io a mostrarti quello che fai, ecco il motivo per cui io dovrei tenere la bocca chiusa, ogni tanto.”
“Tu dovresti dire quello che vorresti dire, non ciò che non mi causa problemi. Non puoi incolparti di questo, non è giusto..”
“Se io parlassi con te come fanno tutti, Elle..” mi prende delicatamente il viso con entrambe le mani, aggrottando la fronte “Come fanno Simon, Marco, Roberto, Samuele, Jonathan.. Tu non ti bloccheresti, non ti rifiuteresti di vedere la realtà, di ammettere quello che provo per te. Se anche io fossi spontaneo, Eleonora, e non estremamente calcolatore come sono, con me sarebbe tutto più facile. Non ti sentiresti a disagio, e tutto sarebbe naturale, come te e come me..”
Scuoto la testa decisa, presa da qualcosa simile all’adrenalina “Sei tu mi parlassi come Simon, Marco, Roberto, Samuele, Jonathan, il papa o Barack Obama, se tu fossi come non sei.. Tu non mi piaceresti, e neanche sorgerebbe la questione. Smettila di incolparti per cose che non sono causate da te, non andare per forza alla ricerca di ciò che giustifica tutto questo, perché alcune domande non hanno risposta.” Wow, sorriderei per la soddisfazione, ma non posso farlo proprio adesso. Poso le mani sul suo petto, le porto fino alle spalle e mi aggrappo “E sì, ho sentito il bisogno di toccarti. Sin dal primo momento. Ti sei mai visto allo specchio? Hai un volto e un fisico che fanno invidia. Aggiungiamo anche la capacità quasi inquietante di capire le persone. E il modo in cui parli? I tuoi gesti?”
“Elle..” mormora, come per fermarmi. Ha l’aria totalmente spiazzata.
“No. Solo io posso screditarmi, tu no. Tu sei perfetto così.” Vorrebbe non farlo, ma un sorrisino spunta sulle sue labbra. Quelle labbra carnose, quegli occhi brillanti.. Stringo la sua felpa tra le dita e prendo un respiro profondo “Sono io l’idiota tra i due, capito?”
“Sì.” Sussurra.
“Bene.” Deglutisco e allento la presa, lasciando cadere le braccia, come se la forza di poco fa si fosse esaurita all’improvviso. Toglie le mani dal viso in quel momento, solo per posarle sopra le mie e bloccarle dove sono. Le osservo, ammiro ogni millimetro quadrato dell’immagine che ho davanti agli occhi: le sue nocche bianche per la stretta, le vene leggermente visibili, le pieghe della felpa.. Alzo con lentezza estenuante lo sguardo, fino a posarlo sul suo volto, e non so esattamente cosa vi trovo che mi spinge ad alzarmi sulla punta dei piedi e baciarlo. Forse il sorriso ancora presente sulle labbra, forse il modo in cui mi guardava prima di chiudere gli occhi, forse tutto ciò che ha dentro e che ha voluto mostrarmi, o forse perché ero semplicemente stanca di resistere come solo un’idiota come me potrebbe fare.
E improvvisamente non mi importa più del futuro e della paura che avevo. Non mi importa più delle certezze e della sicurezza che mi procurava la monotonia. La monotonia non esiste.
 
 


*Alleluja time*
*Consapevolezza della fine time*
*Malinconia time*

Oh, guys. 
Ce l'hanno fatta. Ce l'ha fatta. Eleonora ha agito, finalmente. Ma è l'ultimo capitolo, quindi non ce li godremo quanto vorremmo, purtroppo.
Rimane solo l'epilogo, ormai, che ancora deve essere iniziato (ops). So per certo che si svolgerà a tre mesi circa da questo capitolo. La maggioranza ha votato per il non far passare troppo tempo, allora opto per questa soluzione. :) Spero di riuscire a dare almeno un po' di spazio a tutti i personaggi. TwT

Non ringrazio nessuno. Cioè, ringrazio tutti, ma non farò nessun discorso strappalacrime (ancora).
Per quello c'è tempo la prossima settimana, Venerdì: giorno in cui spero di riuscire a pubblicare. Giuro, mi impegno affinché io riesca a pubblicare il 15 Febbraio! ..Che poi, è una cosa dolcissima. L'epilogo verrà pubblicato il giorno in cui Filippo è andato a casa di Eleonora per farla uscire con lui. :')
Ok, basta. Il diabete time non era previsto.

Basta, vi saluto.
Sapete dove trovarmi, tanto. Sono sempre i soliti siti/link. :3

Alla prossima, belli!

Maricuz

   
 
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