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Autore: JoeyCe    03/09/2007    3 recensioni
Marlene non si accorse di quanto il sabato fosse diventato importante finché tutto cambiò.
Seguito di "Fiducia".
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton, Tassorosso
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Different ways'
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NUOVE POSSIBILITA'

PREMESSA: seguito di "Fiducia", a sua volta seguito de "Il bivio", a sua volta seguito de "L'alleanza", il tutto prequel di "Broken road".
Ehm, non spaventatevi...seguire il filo cronologico è più semplice di quello che sembra!


Marlene non si accorse di quanto il sabato fosse diventato importante finché tutto cambiò. E come sempre accade, solo in quel momento capì che, ormai da più di un mese, le settimane per lei significavano solamente un susseguirsi di giorni che la avvicinavano al sabato.
Non si era accorta di essere malinconica il lunedì, svogliata il martedì, insofferente il mercoledì, agitata il giovedì ed eccitata il venerdì, in una sequenza ormai passata dalla fase empirica a quella di teorema scientifico.
Si era accorta invece che a cena voltava la testa verso il tavolo di Serpeverde cercando di incrociare lo sguardo di Severus, e che, le rare volte in cui ci riusciva, gli indirizzava un timido sorriso cercando conferma del fatto che i momenti passati insieme, i discorsi interminabili, le pergamene studiate con le teste chine l’una accanto all’altro non fossero solamente frutto della sua immaginazione.
A volte, Severus sorrideva per primo.
Per questo quando quel sabato non lo trovò in biblioteca, né nel parco sotto la betulla che la aspettava fingendo indifferenza, Marlene non capì cosa potesse essere accaduto.

Come ogni sabato ormai da più di un mese, Severus preparò le pergamene e si apprestò ad uscire dalla sala comune per andare in biblioteca. Marlene forse lo stava già aspettando.
Il fatto che il sabato fosse diventato così diverso da tutti gli altri giorni gli piaceva.
Gli piaceva passare la settimana frequentando le lezioni e studiando, cercando in biblioteca libri che non aveva ancora letto e sperimentando incantesimi e pozioni per tentare di raggiungere un livello di conoscenza che forse prima o poi lo avrebbe soddisfatto.
Ma il sabato era differente.
Il sabato non era solo.
Si accorse che Avery e Wilkes lo stavano fissando da qualche minuto. A dire il vero era già un paio di giorni che questo accadeva. Severus si era limitato ad aspettare che si decidessero una buona volta a dirgli quello che volevano da lui. Prima di allora non si erano certo fatti degli scrupoli nel chiedergli se potevano copiare i temi e gli esercizi per le lezioni del giorno dopo e lui non si era mai tirato indietro. Tutt’altro. Poteva tranquillamente affermare che quello era l’unico legame che aveva con i suoi compagni di casa.
Severus era un secchione. Severus passava i compiti a chi li chiedeva.
Severus voleva essere notato. Severus voleva essere il migliore.
Severus sapeva che quella era l’unica maniera per essere qualcuno.
Quel giorno sembrava quasi che i due Serpeverde non sapessero come cominciare il discorso con lui.
Comunque fosse, Piton non aveva certo intenzione di dare loro alcun incoraggiamento.
Avery e Wilkes per decidersi a parlare, attesero giusto giusto l’attimo in cui lui attraversò il portone.
“Ehi, Piton”
Severus aspettò qualche istante prima di voltarsi verso di loro.
“Il tema di erbologia è sul mio comodino. Prendetevelo.” Rispose squadrandoli con aria seccata.
“Ehm, grazie…” fece Wilkes visibilmente imbarazzato.
Avery guardò l’amico con sdegno e lo scansò bruscamente piazzandosi a pochi centimetri dal volto di Severus.
Piton sostenne lo sguardo.
Fu Avery il primo a parlare: “Dove stai andando?”
“Non credo siano affari tuoi” rispose Severus, gli occhi socchiusi e la voce risoluta.
“La tua punizione è finita, giusto?”
Piton aspettò il resto.
“Lucius Malfoy ti aspetta ai Tre manici di scopa.” Concluse Avery senza preoccuparsi di nascondere nemmeno per un secondo quanto trovasse fastidioso il ruolo di ambasciatore.
Senza aspettare la risposta i due Serpeverde si voltarono e se ne andarono.
Severus rimase solo a considerare la cosa.
Lucius Malfoy lo aspettava ad Hogsmeade.
Il sabato era decisamente un giorno differente dagli altri
. Si sistemò la tracolla della borsa sulla spalla e si avviò a grandi passi verso l’uscita del sotterraneo.
Aveva dimenticato che Marlene forse a quell'ora lo stava già aspettando sotto la betulla.

Dopo averlo cercato per tutto il castello un paio di volte, Marlene si sedette in sala grande.
Qualche sparuto gruppo di ragazzini dei primi anni chiacchierava attorno ai tavoli, la maggior parte degli studenti più grandi era già ad Hogsmeade, e chi preferiva restare al castello era in giro per il parco o nelle sale comuni.
Marlene si guardò attorno per l’ultima volta.
Non c’era.
Dov’era?
Forse gli era successo qualcosa, pensò all’improvviso contorcendo le mani.
Ma che vai a pensare, siamo ad Hogwarts, cosa può succedere.
La sagoma trasparente del Barone Sanguinante le volò accanto.
Era davvero arrivata al limite se stava per fare questo, pensò.
Ma lo fece.
“Barone…” chiese esitante.
Il fantasma si voltò con un fruscio impercettibile e restò a fluttuare a mezz’aria davanti a lei.
Ormai è fatta, arriva fino in fondo.
“Barone…" ripeté con una vocina impacciata. "Non so, mi chiedevo, per caso avete incontrato Piton…?”
Il fantasma la guardò con un’espressione talmente sdegnata che Marlene ringraziò il cielo che fosse incorporeo e quindi non potesse toccarla.
“Per chi mi avete preso, sciocca Tassorosso? Con chi credete di parlare, con quella pettegola della Signora Grassa?” esclamò fulminandola con lo sguardo, per quanto gli era ancora possibile.
“Scusatemi…io…non intendevo offendervi…” rispose la ragazzina abbassando la testa, la voce ormai diventata un sussurro.
Il Barone fluttuò via altezzosamente, ma, mentre si allontanava, Marlene lo udì esclamare: “E’ andato ad Hogsmeade, come tutti, cosa credevi?”
Marlene si sentì sprofondare.

***

Marlene aveva appena raggiunto le sue compagne ad Villaggio magico. Al diavolo, si era detta. Non abbiamo mai avuto nessun vero appuntamento, nessun vero impegno. Eppure c’era qualcosa dentro di lei che le diceva che quello che avevano era molto di più.
Era una promessa.
E Severus non l’aveva mantenuta.
Era decisa a non pensarci, erano passate parecchie settimane dall’ultima volta che era stata ad Hogsmeade e voleva divertirsi e goderselo e smetterla di spostare lo sguardo da una parte e dall’altra aspettandosi di vederlo comparire accanto a lei.
Le sue amiche chiacchieravano e si fermavano a guardare le vetrine dei negozi, ridacchiavano e si raccontavano del ragazzo che speravano le invitasse a fare una passeggiata.
Marlene rideva con loro ma non le ascoltava.
Si aspettava di vedere Severus da un momento all’altro.
Immaginava di vederlo arrivare trafelato in fondo alla strada, lui l’avrebbe scorta da lontano e con la mano le avrebbe fatto cenno di aspettarlo. Lei avrebbe fatto finta di non accorgersi di lui per un attimo, un attimo solo, poi si sarebbe fermata.
Severus la raggiungeva e le chiedeva scusa per essere andato al Villaggio, aveva solo bisogno di comprare qualcosa e non si era accorto che fosse così tardi.
Era andato in biblioteca e lei non c’era. Allora aveva corso fino ad Hogsmeade per raggiungerla.
E lei lo avrebbe perdonato, naturalmente.
Eva Abbott si fermò ad osservare incuriosita il sorrisetto sul volto di Marlene, che aveva l’aria di trovarsi su un altro pianeta, poi sbuffando la prese per un braccio e la spinse dentro ai Tre manici di scopa dove le altre ragazze le avevano già precedute.
Luce, confusione, odore di legno e di dolci.
Volti, occhi, profumo di cannella.
La cera delle candele.
Marlene voltò la testa e lo vide.
Severus.
Non era trafelato, né la stava cercando.
Era seduto ad un tavolo, insieme ad un gruppetto di Serpeverde. Quello coi capelli chiari doveva essere Lucius Malfoy, Marlene ricordava vagamente che era dello stesso anno di sua sorella. Severus gli sedeva accanto, serio, ascoltando quello che il ragazzo più grande stava dicendo. Ad un certo punto Malfoy si voltò verso Piton, anche da lontano Marlene capì che gli stava domandando qualcosa. Vide Severus rispondere, lo vide discutere muovendo leggermente le mani, come se stesse simulando un incantesimo, vide tutti i Serpeverde seduti al tavolo che lo fissavano senza parlare, che ascoltavano.
Malfoy, il dorso appoggiato alla sedia e il braccio piegato sullo schienale, lo scrutava con occhi penetranti.
Marlene vide Severus terminare di parlare e appoggiare i palmi delle mani sul tavolo di legno trattenendo il fiato per un istante.
Vide Malfoy avvicinarsi a lui e sussurargli qualcosa all’orecchio.
Vide Severus prendere il boccale che gli stava davanti e bere un sorso di burrobirra.
Lo vide sorridere.
Tutto quello che avevano era una promessa. Severus non l’aveva mantenuta.
E Marlene non poteva dirgli nulla. Non più, ora.
Lo aveva visto sorridere.
Seguì Eva che si dirigeva con passo sicuro verso un tavolo libero, e girò il viso dalla parte opposta mentre passava accanto al gruppo di Serpeverde.
Sperò che Severus non la vedesse.
Non era comunque pronta a sorridergli e salutarlo come se niente fosse.
“Marlene!”
La voce di Severus la raggiunse quando già credeva di aver scampato il pericolo.
Incespicò e le ci volle qualche istante per recuperare l’equilibrio.
Eva si girò in direzione del tavolo dei Serpeverde prima di lei e con sguardo interrogativo spostò il volto un paio di volte da Severus a Marlene e viceversa.
“Beh?” esclamò la ragazza dopo aver valutato l’insieme ed essere giunta alla conclusione che le serviva una spiegazione da Marlene per capire che cosa stesse succedendo.
Ma l’amica stava farfugliando un saluto in direzione di Piton, mentre le guance le si imporporavano, e l’istante dopo era già schizzata via.
“Beh?” ripeté Eva quando la raggiunse al tavolo.
“Beh cosa?” fece Marlene faticando a sostenerne lo sguardo inquisitorio.
“Beh nel senso di Ma da quando Piton ti saluta?” spiegò con calma Eva.
“Ci siamo visti un paio di volte in biblioteca, mi saluta per questo, tutto qua.”
Avevamo una promessa.
“Tutto qua?" incalzò la ragazza. "Oppure vi conoscete bene e tu non me ne hai nemmeno parlato?” Gli occhi azzurri di Eva luccicavano maliziosi mentre parlava. Un pettegolezzo nuovo di zecca era quello che ci voleva per risollevare un sabato pomeriggio non degno di nota.
“No, non ci conosciamo bene per niente!” rispose Marlene convinta.
Credevo di conoscerlo. Ma sbagliavo. Non ha affatto bisogno di passare un pomeriggio con me per sorridere. Credevo fosse così, ma sbagliavo. E' colpa mia, non sua.
“Ah si?" continuò Eva spostando lo sguardo al di sopra delle spalle di Marlene. "E allora perché in questo preciso momento sta venendo verso di te?”
“Che cosa?!” Marlene si voltò di scatto all'indietro e altrettanto velocemente si rigirò.
Eva aveva ragione. Severus si stava davvero dirigendo verso il suo tavolo.
Sentì le guance che diventavano di fuoco.
Sperò che l’amica non se ne accorgesse ma sapeva che era chiedere troppo.
Strofinò alcune volte i palmi delle mani sulla gonna poi si strinse le braccia sullo stomaco ed emise un lungo sospiro.
Infine puntò i piedi a terra e si alzò decisa, sentendo su di sé lo sguardo incuriosito di Eva che non la mollava.
Severus era in piedi in mezzo ai tavoli, a pochi metri da lei, con le mani nelle tasche della giacca e le gambe leggermente divaricate, e la stava fissando con espressione indecifrabile. Tipico.
Marlene gli si avvicinò lentamente cercando di mantenere un contegno più dignitoso possibile mentre si faceva strada tra le sedie.
“Ciao," riuscì a dire, tenendo lo sguardo fisso sullo stemma di Serpeverde ricamato sul taschino della giacca di lui. "Anche tu qui, eh?”
Ma che stai dicendo? Non hai trovato niente di più intelligente?
“Vieni con me.”
Marlene alzò il volto verso di lui.
Severus la stava guardando fisso e le parve di notare una strana mescolanza di calore e comprensione nei suoi occhi scuri.
Senza replicare lo seguì fuori dal locale.
“Mi dispiace, Marlene, hai ragione ad essere arrabbiata, avrei dovuto avvertirti” disse Piton calmo, una volta in strada.
Lei non sapeva cosa rispondere. Ce l’aveva con lui, l’aveva lasciata come una stupida e lei lo aveva cercato per ore. Ma non avevano nessun vero impegno. Lui era libero di passare il sabato pomeriggio come meglio credeva. E non poteva certo biasimarlo se aveva preferito trascorrerlo con i suoi compagni invece che con lei.
“Non fa niente” rispose con distacco.
“Mi hai davvero aspettato così tanto?” chiese Severus, con sguardo dolce.
Come lo sapeva?
Come sapeva sempre tutto?
“Ma va, figurati, sono venuta subito qua anche io, davvero," rispose Marlene, piccata. "La punizione è finita, non siamo più obbligati a vederci. Non che prima lo fossimo…cioè…va beh, è tutto a posto, ciao, ci si vede in giro,” concluse, pronta a girare sui tacchi per andarsene con quel minimo di dignità che ancora le restava.
Ma lo sguardo di Severus la inchiodò dov’era, in mezzo alla strada.
La stava osservando in silenzio, la testa leggermente inclinata da un lato e un’espressione nuova negli occhi socchiusi.
Accidenti a lui, cos’era quello sguardo che sembrava abbracciarla? Perché continuava a farla sentire così stupida e inerme, mentre lui poteva permettersi di starsene tranquillo e padrone di sé, a gambe divaricate in mezzo alla strada?
In quel preciso istante avrebbe voluto colpirlo, guardarlo cadere a terra davanti a lei e rimanere ad osservarlo senza fare nulla.
“Sfogati. Avanti, ne hai tutti i diritti. Arrabbiati. Colpiscimi se ti farà sentire meglio, non ti fermerò.”
Marlene fece per ribattere ma si interruppe e rimase immobile, la bocca aperta e il respiro a metà.
Lui continuava a guardarla, come un gatto che attende la preda.
E infine, Marlene lasciò che la rabbia rompesse gli argini che aveva costruito dentro di sé e si riversasse libera a renderle giustizia, per le promesse non mantenute, le illusioni infrante, per i paragoni con i fratelli e la consapevolezza di non valere abbastanza, per i voti scarsi che aveva preso, le interrogazioni andate male, le prese in giro e gli scoraggiamenti subiti.
Le spalle di Severus erano forti e lui stava in piedi davanti a lei, unico bersaglio disponibile e pronto a prendersene carico.
Marlene alzò le braccia e lo spinse con tale impeto da mandarlo quasi a sbattere contro il muro.
Lui la lasciò fare, come le aveva promesso.
La ragazza lo colpì ancora e ancora, finché Severus, ormai contro la parete, le bloccò i polsi e la costrinse ad abbassare le braccia, attirandola leggermente verso di sé.
Marlene si fermò a pochi centimetri dal suo volto, lo sguardo acceso, il respiro veloce e le guance rosse dove le lentiggini risaltavano più del solito.
Non si era mai sentita così se stessa.
Severus la fissò per qualche istante, con occhi penetranti la guardava come se la vedesse per la prima volta.
“Scusami – le disse a bassa voce – per averti fatto aspettare”
“Grazie” si sentì rispondere.
Le lasciò i polsi e Marlene fece un passo indietro, guardando in basso mentre si sistemava la coda di cavallo.
Sollevò il volto e gli sorrise, calma.
“Non preoccuparti più per oggi pomeriggio. Non sei obbligato a stare con me, questo lo so bene.”
“La vuoi piantare con questa storia? – rispose Severus – So benissimo di non essere obbligato, ma se ho voglia di passare un pomeriggio con te è sufficiente che te lo dica oppure devo chiedere a Silente di darmi un’altra punizione?!” concluse sorridendole.
“Non devi farlo per me…” Marlene fece per ricominciare, ma si interruppe subito vedendo la smorfia di esasperazione dipinta sul volto di Severus.
“D’accordo. E’ sufficiente che tu me lo dica.” disse infine tendendogli la mano.
Piton gliela strinse, per un tempo che le parve, forse, un istante più lungo del normale, poi rientrò ai Tre manici di scopa con un’espressione divertita sul volto.
Marlene rimase qualche minuto in strada, facendosi aria e toccandosi con il dorso delle mani le guance ancora calde per evitare che il rossore inducesse Eva a farle più domande di quelle a cui avrebbe potuto rispondere. Poi rientrò decisa nel locale.
Questa volta, passando accanto al tavolo presso cui era seduto Severus, non poté fare a meno di sorridergli mentre lo salutava con la mano. Severus ricambiò il sorriso e la salutò con un cenno del capo.
Si accorse che Malfoy la stava guardando con espressione divertita e maliziosa, così si allontanò rapidamente.
Eva la stava aspettando.
“Allora?” esclamò facendole spazio sulla panca. "Che avete fatto tutto questo tempo là fuori?”
“Niente, Eva, cosa vuoi che abbiamo fatto?” disse Marlene fingendo contegno.
“Ok, ho capito, fai la sostenuta. Va beh, non importa, dopotutto un pettegolezzo su Piton non è così interessante” rispose voltandosi verso le altre ragazze sedute al tavolo con loro.
Marlene ridacchiò. ”Questa specie di psicologia inversa non funziona, Eva, te l’hanno mai detto? Comunque non c’è nessun pettegolezzo di cui tu non sia al corrente, rilassati!” le disse affettuosamente.
“Si, ok, non fatico a crederci," concluse Eva. "Comunque, ho sentito dire che è solito fare i compiti dei suoi compagni. Dovesse farlo anche con te non essere egoista e fammi avere tutto, ok?”
“Eva!” esclamò Marlene sdegnata, sgranando gli occhi.

  
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