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Autore: AsfodeloSpirito17662    15/02/2013    5 recensioni
"Oh Merlino, Paciock...”
“Ho toccato il fondo Draco, sono alla deriva”
“Eh, me ne sono accorto”
“Vaffanculo”
“Senti, di certo tutto mi aspettavo tranne che Paciock. Ovvio, sempre meglio di Sfregiato. Credo che in quel caso ti avrei sbattuto fuori di qui a calci nel culo”
[...]
Uno sbuffo di risata, che durò troppo poco perché fosse reale. Incrociò le braccia al petto e si voltò verso il divano. Ora Blaise era in piedi e lo osservava con un’espressione comprensiva. Stava ancora condividendo il suo dolore, non aveva mai smesso di farlo.
“Te ne sei innamorato?”
“Credo che sia un termine azzardato”
“Ti consiglio di capirlo più in fretta che puoi Blaise, perché anche se lo pensiamo, non abbiamo tutto il tempo del mondo a nostra disposizione. Non chiederti perché proprio adesso. Sii grato che sia successo abbastanza presto”
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altro personaggio, Blaise Zabini, Neville Paciock, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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QUINDICESIMO CAPITOLO


Where do we go from here?

Where do we go from here?

I threw some rocks up at your window

I broke some rocks right through your window

(Rocks, Imagine Dragons)


La vigilia di Natale era finalmente giunta. Appena una settimana prima, Blaise si era catapultato a casa di Draco con il casino nel cervello. La matassa non era ancora stata sciolta ma durante i giorni successivi, Blaise aveva riflettuto molto ed aveva visto la presenza di Neville da un altro punto di vista.

Da quando il dettaglio dei due piatti nel lavello aveva fatto scattare nel suo animo Merlino solo sapeva cosa, faceva consapevolmente caso a molte più cose ed ogni volta si stupiva di come, invece, non le avesse notate prima.

Sì, aveva sempre avuto la consapevolezza di accorgersi, ad esempio, come le lentiggini sul volto del Grifondoro aumentassero non appena venivano accarezzate anche solo da un’ora di sole. Ma non aveva mai fatto caso a quante diavolo di volte si soffermasse a pensarlo.

Adesso lo faceva.

E la cosa lo atterriva: erano dannatamente troppe.

Si sentiva una donnicciola in preda ad una crisi ormonale e questo lo rendeva irrimediabilmente nervoso.

Neville ogni tanto gli lanciava delle occhiate sospettose, apprensive, perché a lungo andare aveva percepito che qualcosa non andava, nel Serpeverde; di fatti Blaise non era l’unico a prestare attenzione a certe cose e se questi, solo, avesse saputo... se solo avesse saputo cosa si era celato nella mente del Grifondoro, sin dall’inizio, probabilmente avrebbe negato la fattibilità della cosa anche davanti l’evidenza. Ma non è il caso di divagare, c’è ancora tanto da raccontare.

Blaise sognava Neville più spesso, non necessariamente in scenari altamente compromettenti. Certe volte lo sognava così, in maniera semplice... lo vedeva concentrato, nel suo camice bianco, le mani coperte dai guanti, a studiare le sue piante... mentre lui lo guardava dal divano, fingendo di leggere un libro, ma più rapito dall’espressione del suo volto che dalle parole sulle pagine ruvide.

Sognava di raggiungerlo fisicamente e mentalmente.

Era chiaro cosa il suo subconscio stesse tentando di suggerirgli: Neville, in un modo che a lui era ancora sconosciuto, lo attirava tutto. Il modo in cui si mostrava accondiscendente con qualsiasi persona esistente sul pianeta, il sorriso e le fossette delle guance, lo sguardo esuberante ma attento, i capelli scompigliati e dall’aria soffice, la sua tendenza a risolvere i problemi degli altri con spirito di immedesimazione, come schiudeva le labbra e corrugava la fronte quando era concentrato... non c’era una cosa, in lui, che non fosse fonte di attrazione.

Blaise soffriva molto per queste novità. Non aveva mai provato seriamente dell’interesse per qualcuno e gli sembrava d’essere regredito, di essere tornato un ragazzino alle prime armi, in grado di affrontare solamente situazioni la cui complice era una libidine adducibile esclusivamente ad una considerevole dose di alcool. A venticinque anni si rifiutava di darsi all’alcool per fronteggiare una cosa simile; non ne aveva più quindici, anche se la cosa gli avrebbe fatto comodo in quei momenti.

Quando incrociava lo sguardo indagatore del Grifondoro, lo sosteneva. Distogliere l’attenzione da lui sarebbe passata come una tacita ammissione che qualcosa, in effetti, stava vorticando in quel frullatore che era il suo cervello. Ma volendo dar a vedere che non aveva niente da nascondere, Blaise sosteneva il suo sguardo sino a quando l’altro non lo abbassava, forse colto da un velo di imbarazzo a giudicare dalle chiazze rosate che puntualmente facevano comparsa sulle sue guance.

Non avevano mai affrontato realmente l’argomento ed il francese non aveva davvero intenzione di farlo, almeno sino a quando non fosse riuscito ad ottenere la sicurezza di poter avere il controllo su quella... cosa.

Non c’era neanche lontanamente vicino, però.

Ne sarebbe dovuta passare di acqua sotto i ponti, per controllare l’emozione più forte che una persona possa mai avere la (s)fortuna di provare.

Ma Blaise non lo sapeva. Non ancora.

I giorni precedenti la vigilia erano passati in una calma che sapeva di ozio. La tranquillità di quello strambo trio non era stata disturbata da nessuno ed a tratti era sembrato di vivere in un mondo parallelo, quando erano loro tre da soli. Il destino a volte poteva essere beffardo, nel decidere di voler connettere tra loro persone in maniera del tutto inaspettata. Aveva ripensato più volte alle parole che Draco gli aveva detto ed in certi momenti gli si stringeva il cuore, perché l’amico aveva deciso di condannarsi da solo ad una vita che non poteva essere tale e lui non poteva fare niente per fermarlo, solo stargli vicino e cercare di attenuare il suo dolore (almeno un po’).

Per quel particolare giorno, gli adulti avevano deciso (o meglio, Neville aveva imposto) che sarebbero andati tutti alle giostre. Il primo Natale senza i suoi genitori si avvicinava per Mathias e Blaise comprendeva perfettamente il desiderio dell’altro di voler distrarre, anche solo per cinque minuti, l’animo del bambino da quel pensiero. Tuttavia al francese non sembrava che Mathias fosse molto turbato da quell’avvento. In realtà non l’aveva visto sconvolto neanche una volta, durante quelle settimane, per non parlare delle lacrime. Forse piangeva quando non poteva essere visto, da solo, chiuso nella sua stanza? Il pensiero lo infastidì, causandogli una strana fitta contro il costato.

Avvertì l’incessante bisogno di focalizzare la sua attenzione su qualcos’altro, prima che il senso di colpa si rivelasse come tale alla sua comprensione ed iniziasse a divorarlo senza sosta dall’interno. Perché diavolo avrebbe dovuto sentirsi in colpa, li aveva uccisi per caso lui, i suoi genitori? Ne aveva tante di grane a cui pensare, quelle bastavano da sole a tenerlo occupato per mesi e grazie tante.

Mentre si avvicinavano all’ingresso del parco divertimenti, Blaise osservò il nanetto di sottecchi. Teneva per mano Neville, camminava di fianco a lui docilmente, gli occhietti scuri ed il volto inespressivo puntati verso la gigantesca ruota panoramica visibile addirittura dall’esterno delle mura di cinta.

I capelli bruni, lisci come spaghetti ma un po’ spettinati, incorniciavano un visetto pallido dai lineamenti dolci. Le piccole labbra rosse, erano chiuse e piegate un po’ verso il basso e sotto gli occhi capeggiavano leggere un paio di occhiaie che, da come poteva ricordare Blaise, c’erano sempre state. Erano forse quelle il segno di ciò che la sua coscienza gli aveva fatto poc'anzi sospettare? Strinse le mani in un pugno, all’interno delle tasche del giaccone nero, rifiutando di ritornare su quell’argomento. Mathias si comportava sempre come se non fosse realmente presente. Come stesse semplicemente osservando il mondo, senza farne davvero parte. Era il suo modo di mostrare sofferenza? Blaise abbassò un po’ le palpebre sugli occhi, lo sguardo divenne inevitabilmente più assorto insieme all’espressione. Se ne stava lì con il suo cappottino verde, i pantaloni marroni di quel tessuto simile al velluto ed un paio di scarpe un po’ antiquate. Mathias voleva scegliere da solo i suoi vestiti. E puntualmente, somigliavano tutti a quelli che aveva il giorno in cui l’aveva prelevato dal ministero.

Blaise non aveva mai commentato, per svariate ragioni. La prima era che non voleva discutere con lui se non era necessario; la seconda era che non credeva di avere il diritto di mettere bocca laddove il desiderio di Mathias celava motivazioni ben più profonde di quanto lui potesse comprendere. Come terzo punto avrebbe voluto sottolineare che non gliene importava niente, ma sarebbe stato un bugiardo.

L’aveva notato e, semplicemente, aveva preteso di non averlo fatto.

Cercò di immaginare cosa gli passasse per la mente, in quei momenti. E cosa c’era passato durante tutto il periodo che avevano trascorso insieme, ma non riuscì a venire a capo di niente. Era troppo strano, troppo indecifrabile, troppo non-bambino. Ma Paciock... Paciock, ancora una volta, sembrava saperci fare.


Sai ho sempre avuto un po’ paura delle altezze, Mathias” commentò il Grifondoro, notando che lo sguardo del bambino era diretto verso la ruota panoramica. Il piccoletto distolse gli occhi dalla giostra per studiare il volto di Neville con una muta domanda dipinta negli occhi scuri. L’erbologo rise, con una mano stuzzicò imbarazzato la base del collo, sotto l’attaccatura dei capelli.


Durante il mio primo anno ad Hogwarts fui vittima di uno scherzo veramente tremendo nella mia prima lezione di volo. Non sto ad entrare nei dettagli, ma ho perso il controllo della scopa e sono rimasto impigliato in una specie di grata. Era talmente alto che, quando il tessuto del mantello ha ceduto e sono caduto giù, mi sono rotto il polso”


Neville alzò la mano che stringeva quella di Mathias, mostrandola agli occhi del bambino con un sorriso gentile sulle labbra.


L’infermiera è stata talmente brava che non m’è rimasto neanche un segno sulla pelle. Quello che non è riuscita a curare è stata la paura che iniziai a provare per i posti alti. Anche affacciarmi dalla finestra della Torre di Grifondoro mi costava una certa dose di coraggio che spesso non avevo”


Rise con un tono di voce che Blaise definì soffice. Ricordava perfettamente come erano andate le cose quel giorno e ricordava anche come poi, Potter, s’era rivalso su Draco. Provò una certa nostalgia per quelle giornate, quando ancora erano bambini con la coscienza pulita.


Tu di cosa hai paura, Math? Sai, è normale averne. Tutti ne hanno almeno una e non deve essere necessariamente qualcosa di materiale, come avrai capito”


Nel frattempo, si misero in coda per fare il biglietto; avevano davanti soltanto un paio di famiglie. Blaise avvertì del calore sul proprio volto e per l’ennesima volta, benedì Merlino per averlo fatto nascere con la pelle scura.

Erano andati in un posto per famiglie.

Ci erano andati sul serio.

Salazar eremita.

Spostò l’attenzione su Mathias, in un certo qual modo incuriosito dalla risposta che avrebbe potuto dare. Il bambino fissava con assenza le persone davanti a loro. Il papà teneva tra le braccia una bimba di circa tre anni, tutta infagottata con le guance rosse per il freddo ma gli occhietti lucidi di gioia per essere stata portata alle giostre. La mamma invece teneva le mani poggiate sulle spalle del figlio più grande, all’incirca dell’età di Mathias, anno più, anno meno. Parlavano tra di loro, sorridevano e progettavano il percorso che avrebbero fatto tutti insieme una volta entrati nel parco.


Non lo so” rispose, dopo un po’, quando ebbero tra le mani i biglietti per l’ingresso al parco. “Non ho mai provato la paura”


*


Mathias era assente, Neville se ne accorse. L’avevano portato su parecchie giostre, ma il suo sguardo intelligente era puntato sempre altrove. Gli costava ammetterlo, ma l’erbologo aveva paura per lui. Se avesse continuato a restare bloccato in quell’incapacità di parlare, a lungo andare avrebbe causato dei danni. Anche se adesso Mathias non se ne rendeva conto, si stava distruggendo. Lo stava facendo e sembrava non avere intenzione di smettere.

Neville le aveva provate davvero tutte durante le settimane che aveva trascorso con lui e con Blaise, si era scervellato nella maniera più assoluta per cercare di incrinare quella corazza di intangibilità nella quale il bambino si era chiuso. Ma tutti i suoi sforzi, tutti i suoi tentativi sembravano essere valsi a nulla.

All’inizio aveva pensato di potercela fare, perché Mathias sembrava accettare di buon grado la sua presenza, più di quella di Blaise. Non che ci sarebbe voluta una scienza a capirne il perché, il francese per la maggior parte del tempo era intrattabile; era pur vero che Merlino aveva fornito Neville di una buona dose di sacrosanta pazienza e non avrebbe permesso, proprio al Serpeverde, di fargliela esaurire tutta, di mandarla alle ortiche. La sua pazienza era leggendaria e anche dopo la sua maledetta morte, la gente avrebbe dovuto ricordarlo come quello che aveva la sacrosanta pazienza.

Ma il problema non era Blaise; almeno, non quello principale.

Il problema era Mathias.

Con un cipiglio che la diceva lunga su cosa stava pensando, Neville aveva cercato di comprendere cos’era esattamente che il bambino fissasse con tanta insistenza. Ma non aveva visto niente. Ed aveva visto tutto.

Mathias osservava gli altri. Osservava le famiglie, i bambini con i loro genitori e Neville si sentì davvero una merda insulsa.

Nel disperato tentativo di aiutarlo, di farlo reagire o di allietarlo almeno un po’, l’aveva buttato nella fossa dei leoni con una grazia ed un savoir faire che avrebbe attributo solo ad uno stronzo come Draco Malfoy (Blaise pretendeva di essere stronzo come stronzo lo era Draco Malfoy, ma Blaise era meno stronzo di Draco Malfoy, anche se più machiavellico).

Restò in silenzio, camminando accanto a loro con aria meditabonda, diretti verso la ruota panoramica, quella che sarebbe dovuta essere la loro ultima tappa. Le braccia incrociate contro il petto, lo sguardo che vagava in giro senza reale interesse, la coscienza che gli stava calpestando amabilmente le budella ballando la hola al ritmo di musica hawaiana. Non era quasi mai stato peggio di così.


Devo andare in bagno”


Si voltò, notando che Mathias si era fermato pochi passi dietro di lui, insieme a Blaise. Il francese si guardò attorno, vedendo la struttura della toilette poco distante.


D’accordo, vuoi essere accompagnato?” chiese il ragazzo, abbassando lo sguardo su di lui.

Penso di sapere da un po’ come si va al bagno” replicò il bambino, sagace come al solito.

Allora vacci da solo” il suo tono sferzò l'aria seccamente.


Neville si schiaffò una mano sulla fronte, domandandosi perché, perché Blaise doveva essere sempre, ogni dannata volta, così Blaise? Osservò Mathias allontanarsi verso il bagno e quando fu abbastanza lontano, scavò la faccia del francese con gli occhi. Intendeva far comprendere all’altro cos’era appena successo solo con la forza del suo sguardo e, diamine, ci sarebbe riuscito! Blaise lo osservò di rimando come accadeva da un po’ di tempo a quella parte, in un modo che come al solito gli causava un familiare senso di nausea bloccato nella gola. Ma non avrebbe distolto lo sguardo, non quella volta, perché c’era una cosa che doveva far comprendere al Serpeverde una volta per tutte ed intendeva mettere il punto alla faccenda quel giorno stesso.


Pensavo avessimo superato da un po’ la fase delle risposte acide” esclamò, allargando le braccia con un'eloquenza che enfatizzò le sue parole.

Perché, la sua com’è stata?” sibilò Blaise, irrigidendosi visibilmente.

Dimentichi che c’è una differenza”

Sono certo che stai per rimediare a questa mia mancanza” stese le labbra in un sorrisetto sarcastico che tuttavia non arrivò fino agli occhi. Non era molto in vena di ironizzare troppo.

Lui ha otto anni, tu ne hai venticinque. Non credi che debba significare qualcosa?” Neville corrugò la fronte, fingendosi confuso.

Questo gli dà il diritto di comportarsi da maleducato?”

No, ma ha delle buone motivazioni se ogni tanto dimentica di essere carino e coccoloso con chiunque gli capiti a tiro!” il tono della sua voce risultò un po' infastidito, forse dall'indifferenza che Blaise stava mostrando per i sentimenti di Mathias.

Disse quello che era stato sempre trattato con carineria e coccolosità. E’ inutile che fai quella faccia scandalizzata, prova a negarlo!”

Non ti è mai passato per l’anticamera del cervello che forse Mathias con me è più gentile perché non lo tratto come fosse un peso od un capro espiatorio?” non ci fu sarcasmo in quelle parole. Neville lo chiese per davvero, perché voleva capire quali strani meccanismi muovessero la mente del Serpeverde.

Non sono solito comprare vestiti, cibo e quant’altro ai miei capri espiatori” ribatté quello, asciutto, schioccando la lingua contro il palato.

Allora cos’è Mathias per te? Cosa è diventato?”


Blaise tacque, indurendo il profilo della mascella. Scrutò il volto di Neville con un’intensità che fece temere al Grifondoro di aver appena detto qualcosa di sbagliato. Se ne stava immobile, davanti a lui ed onestamente Neville pensò che avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, perché era talmente indecifrabile la sua espressione che l’erbologo non avrebbe potuto prevedere nulla. Blaise inspirò profondamente, prima di parlare, il tono di voce più calmo ma non per questo meno tagliente. Non tagliente in senso di cattivo, tagliente per la capacità di spiazzarti ogni volta che decideva di aprire bocca.


Forse non sono l’unico qui che dovrebbe assumersi delle responsabilità” fece rotolare con lentezza le parole sulla lingua.

Cosa vuoi dire?”

Credi forse che io sia stupido, Paciock? Ho notato anche io quello che hai notato tu. Non credo sia stata una brillante idea portare Mathias in un posto per famiglie. Lui non ce l’ha più e di certo noi non siamo la sua”


Neville allargò gli occhi per la sorpresa, trattenendo per qualche attimo il respiro. Quello era un colpo basso.

Non se lo aspettava, non da Blaise. O forse, invece, sapeva che sarebbe successo ma semplicemente non aveva voluto ammetterlo?

Quelle parole gli fecero male, perché in un modo o nell’altro si era affezionato all’idea del loro strambo trio. Ma sua nonna gliel'aveva sempre detto: affezionarsi con facilità alle persone era sempre stato uno dei suoi più grandi difetti. Strinse le labbra tra loro, distogliendo lo sguardo dal volto di Blaise.

Zabini se ne accorse. Se ne accorse di averlo ferito per quell’ombra che era calata sui suoi occhi, ma semplicemente non era stato in grado di tenere a freno la lingua. Si era sentito attaccato, si era sentito in colpa e le sue difese come al solito erano scattate in automatico.


Da quando abbiamo iniziato a vederci ho sempre e solo cercato di aiutarlo, di alleviare il suo dolore, perché so che cosa vuol dire avere dei genitori che ti sono stati portati via da un branco di maledetti fanatici imbecilli, ma queste non sono cose che devo stare a spiegare a te” sibilò Neville, facendo dei respiri profondi, per non perdere la sua stoica calma. Non gli avrebbe dato anche quella soddisfazione. Blaise incassò il colpo senza fiatare, mentre alla mente riaffiorava anche quel dettaglio. Da che aveva sentito dire da Draco, i genitori di Neville erano rinchiusi al San Mungo da minimo vent’anni.


Persone come me e Mathias non hanno bisogno dell’appoggio e della compassione di nessuno, hanno solo bisogno di riuscire ad andare avanti. C’è sempre stata mia nonna accanto a me, pronta ad insegnarmi come fare, ma lui non ha nessuno Blaise. E di certo tu non gli sei stato di aiuto, non ci hai neanche provato a capirlo! Speravi solo che le cose filassero lisce, attendendo il momento che questo peso ti fosse tolto dai piedi! Hai mai pensato a come possa essersi sentito, per un attimo? Non è stupido, l’hai visto anche tu, credi che non abbia capito di essere di impiccio per te? Del resto non ci sarebbe voluto di certo un genio, glielo hai fatto chiaramente capire quel giorno che me lo sono ritrovato davanti la porta di casa mia. L’hai ferito talmente tanto da spingerlo a rivolgersi ad un altro sconosciuto. Anche se ci tratta in maniere differenti, io sono uno sconosciuto per lui tanto quanto lo sei tu, lo vuoi capire una buona volta? E’ un bambino come gli altri Blaise, è spaventato ed ha solo bisogno di non sentirsi solo!”


Interrompendo all’improvviso il fiume di parole che aveva sempre voluto dirgli, il Grifondoro voltò le spalle all'altro, passando entrambe le mani sulla faccia, nel tentativo di scacciare il magone che gli stava stringendo la gola ed i ricordi dei suoi genitori che gli avevano offuscato la ragione. Continuò a respirare ad intervalli irregolari, strofinò gli occhi lucidi e cercò di riprendere il controllo su se stesso; i volti di Alicia e Frank Paciock iniziarono lentamente a sfumare via dalla sua testa.

Pazienza Neville, te la ricordi? Quella sacrosanta.

C’erano tante altre cose che avrebbe voluto dire a quello zuccone ma non era sicuro di esserne in grado. Non si sentiva tranquillo e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era che Blaise si accorgesse di quanto fosse facilmente provocabile. Era un sentimentale, prendeva quasi tutto a cuore, e allora? Se il Serpeverde aveva intenzione di ridere di lui poteva anche accomodarsi.

Acquisita la certezza che per lo meno non sarebbe scoppiato a piangere come una donnicciola per colpa del nervoso, si voltò di nuovo, con lentezza. E sobbalzò.

Neville non si aspettava certo di ritrovarsi a fissare, da una distanza irrisoria, i bottoni del cappotto di Blaise. Un profumo pungente lo mandò in confusione.

Alzò gli occhi in alto, quel tanto che bastò ad incontrare quelli di Blaise che lo scrutavano. Anche se le labbra del francese erano chiuse, Neville aveva come la sensazione che il Serpeverde gli stesse dicendo un sacco di cose. Quella vicinanza, l’odore così tipicamente suo… lo stomaco del Grifondoro ebbe un’altra dolorosa contrazione. Non si allontanò quando le mani agili e forti di Blaise lo afferrarono gentilmente per la stoffa delle maniche, non credeva comunque che l’avrebbe fatto, anche se ne avesse avuto la forza.

Blaise inclinò con lentezza la testa in avanti, fino ad arrivare a sfiorare con la punta del naso, quello di Neville.

L'erbologo lasciò che gli occhi del pozionista studiassero i dettagli del proprio volto... le pieghe, le sfumature, i difetti ed i pregi. Gli permise di indagare, di guardarlo come poche volte era stato veramente guardato e non poté impedirsi di provare imbarazzo per quello. Blaise fu in grado quindi di osservare, anche, come le guance di Neville potevano prendere facilmente colore quando si trovava a disagio. Non si lasciò sfuggire nulla.


Ti sentivi solo?”


La voce calda del moro accarezzò soffice la pelle del suo volto. Neville smise di respirare, ma non se ne accorse. Sentiva le ginocchia stranamente molli e le mani che sudavano, come quando andava a scuola ed era costretto ad asciugarle sulla stoffa dei pantaloni. Si stava scoprendo, la sua risposta avrebbe potuto mettere a nudo una parte di sé che aveva sempre celato, a volte anche a se stesso.

Ma era Blaise, quello che lo stava stringendo sulle braccia.

Era Blaise e, dannazione, era una vita che desiderava di essere vicino a lui così, in quel modo.


Sì”


Ecco, l’aveva detto. E, Merlino, com’era stato liberatorio farlo. Sì, dannazione, sì, si era sentito maledettamente, irrimediabilmente solo, abbandonato dai suoi stessi genitori che avevano deciso di fare gli eroi invece di pensare ad occuparsi di lui!


Ed ora?”


Questa non se l’aspettava, non se l’aspettava proprio. Ed il respiro di Blaise che gli solleticava le labbra lo stava mandando al manicomio. Da quella distanza poteva vedere quanto scuri effettivamente fossero i suoi occhi, tanto che la pupilla era a malapena distinguibile. Il contorno delle labbra piene e morbide, la punta un po’ fredda del naso che toccava quella del suo in maniera così intima e confidenziale. Oh Godric, gli stava per venire un infarto, lo sentiva, ne era certo.

Anche se addosso aveva freddo, avvertiva il volto bollente.


I-io…”


Fu un attimo.

Neville si ritrovò a sfarfallare le ciglia con confusione, il volto di Blaise più distante di quanto in realtà avesse voluto in quel momento. Il francese, con la fronte corrugata, osservava l’entrata del bagno, l’espressione assorta.


Dove diavolo è finito Mathias?”


*


Misero piede nella toilette con una certa apprensione. Controllarono ogni cubicolo, ogni anfratto; con sfacciataggine, entrarono anche nel bagno delle donne, ma di Mathias nemmeno l’ombra.

Nell’improvvisa tachicardia dovuta all’ansia, Neville si insultò pesantemente. Lo fece sul serio, perché era innervosito dal fatto che Blaise si fosse allontanato, impensierito dal ritardo del bambino. Fino a quel giorno sembrava non gliene fosse mai importato nulla e nel momento più catartico che avevano avuto da sempre, si era distratto.

Il pensiero di Mathias che ancora non tornava dal bagno l’aveva distratto.

Neville, invece di congratularsi con se stesso per quel successo fatto raggiungere al Serpeverde (perché, diavolo, di certo era anche suo maledettissimo merito se era riuscito a far infiltrare Mathias tra i primi pensieri del ragazzo), si ritrovò ad imprecare contro i contrattempi del destino. Era ovviamente preoccupato per Mathias, una preoccupazione che lo stava facendo velocemente agitare, ma non mancò di chiedersi perché proprio oggi.

Scambiò uno sguardo breve con Blaise, il quale alzò con accortezza le mani in aria come a volerlo bloccare.


Datti una calmata. Se mi inizi ad iperventilare adesso, non mi sarai di nessun aiuto”


Neville annuì meccanicamente, passando i palmi delle mani sul cappotto.

Blaise lo vide osservare il parco giochi senza sapere da che parte iniziare e sospirò, volendo ottenere una calma che, dannazione, non aveva anche lui.

Mathias era sparito.

Da sotto il suo naso.

L’aveva mandato al bagno ed ora non era più al bagno.

Che si fosse solo allontanato senza dire niente? L’avevano rapito? Era scappato? Il francese cercò di analizzare la situazione con mente fredda, la pelle del volto che già aveva dimenticato il calore rubato alla vicinanza del Grifondoro. Non aveva tempo per quello, ora. Doveva trovare Mathias e… e niente.

Doveva trovarlo e basta.


Non credo si sia allontanato per andare su qualche altra giostra. Non aveva motivo di farlo, lo sa che siamo qui e che l’avremmo visto” cercò di ragionare, massaggiando le tempie con due dita, come riuscisse così a concentrarsi meglio sulla situazione.

E’ stato rapito!” disse immediatamente Neville, pensando subito al peggio, l'ansia che arrivava alle stelle.

Non credo neanche questo, in bagno c’è sempre qualche genitore con prole al seguito, inoltre Mathias non si lascerebbe rapire con tanta facilità…”

Allora è scappato!” il Grifondoro si schiaffò le mani sulla faccia, già gli sembrava di vedere Mathias tutto solo camminare per i pericolosi quartieri di Londra. Inghiottì a vuoto.

E’ l’ipotesi più accreditata” si trovò concorde Blaise, lasciando scivolare le dita dalle tempie sino al mento, in un gesto lento ma non calcolato.

Perché avrebbe dovuto farlo?” l'erbologo guadagnò uno sguardo assorto da parte del Serpeverde con quella domanda, che sembrava trapassarlo da parte a parte.

L’hai detto tu, Neville. Forse si sente solo ed è spaventato”


I due ragazzi si guardarono in silenzio, nelle orecchie del Grifondoro la voce di Blaise che per la prima volta lo chiamava per nome. Schiuse le labbra come per dire qualcosa, poi sembrò ripensarci qualche secondo. Ci riprovò solo quando l’indecisione decise di provare a soffocarlo.


Credo di sapere dove potremmo trovarlo…”

Dove?”


Blaise lo scrutò con aria guardinga e Neville gli rivolse un sorriso mesto.


*


Nubi pesanti coprirono il cielo di Londra, donandogli una tonalità violetta che non prometteva nulla di buono. L’aria fredda sferzava la pelle scoperta in folate di vento che erano aumentate d’intensità, ma faceva troppo freddo per nevicare, la temperatura era sotto lo zero, probabilmente di un bel po’.

Correvano fianco a fianco, il respiro pesante che si condensava in piccole nuvolette. Stavano costeggiando il cancello da un po’, ma bisognava fare un bel giro per accedere alla parte magica del cimitero. Non avevano potuto smaterializzarsi perché nessuno dei due ricordava l’ubicazione perfetta del posto ed avevano deciso di non rischiare l’amputazione di qualche parte del corpo, nella troppa fretta di arrivare a destinazione.

La zona era illuminata regolarmente da lampioni che lanciavano chiazze di luce sull’asfalto, circondate da un buio pesante, quello tipico dell’inverno. Le fronde degli alberi scuri a volte invadevano quelle pozze lucenti, ma irregolarmente, a causa del vento che le scuoteva.

Blaise fu il primo a raggiungere l’ingresso, seguito da un Neville ansante e con la faccia rossa più dal freddo che dalla fatica. Senza aspettare che nessuno dei due avesse il tempo di riprendersi dall’ansia e dallo sforzo, il francese a passo di marcia entrò nel cimitero, puntando con determinazione i suoi passi verso un vecchio mausoleo, tramite il quale si poteva accedere alla parte magica di quel luogo consacrato.


Guarda, la porta è socchiusa!”


Neville annuì velocemente, seguendolo senza fare il minimo fiato.

Per raggiungere il cimitero avevano preso il Nottetempo e grazie alla guida incosciente del vecchio autista, si erano risparmiati un sacco di traffico. Neville benedì quell’autobus con tutte le sue forze, ma sapeva anche che era l'unico mezzo di spostamento tramite il quale Mathias aveva potuto raggiungere quel posto. Come l'aveva intuito? Il fatto che la sua bacchetta fosse misteriosamente scomparsa dalla tasca del suo cappotto gli aveva dato un vago suggerimento (ma, per degli attimi, aveva seriamente pensato di averla persa, ipotesi più che probabile conoscendo fin troppo bene la propria sbadataggine). Fortuna che c'era stata quella di Blaise! Quando erano saliti sul Nottetempo, avevano domandato ad un certo Stan se per caso gli era capitato di dare un passaggio ad un qualche bambino. La risposta affermativa del bigliettaio aveva cancellato ogni loro dubbio.

Quando entrarono nel mausoleo, magicamente di fronte a loro si rivelò la vista di un prato immenso; c'erano lapidi piantate lungo il terreno in maniera abbastanza disordinata, ma permeate di un fascino che solo un luogo magico avrebbe potuto donare ad uno di morte. Alcune lanterne svolazzanti, galleggiavano attraverso le file, illuminando saltuariamente questa o quella effige.

Blaise scese i gradini, affondando le scarpe nella terra umida. Strizzò le palpebre colto alla sprovvista, quando una goccia di pioggia gli precipitò sul naso.

Avrebbe voluto urlare il suo nome, trovarlo immediatamente e portarlo via di lì prima che iniziasse seriamente a venire giù il diluvio, ma qualcosa gli suggerì che sarebbe stato meglio comportarsi con tranquillità. Urlare probabilmente sarebbe stato poco rispettoso verso i sentimenti che avevano condotto Mathias in quel luogo. Ù

Si voltò, cercando Neville con gli occhi. Era lì, ad un paio di passi da lui e lo guardava con una luce di consapevolezza. Annuì un paio di volte e si diresse silenziosamente verso il lato ovest, mentre qualche secondo dopo Blaise iniziò a perlustrare quello est. Si trovavano in uno dei maggiori cimiteri magici di Londra. Di anime, lì, ne avevano sepolte davvero tante.

Estrasse la bacchetta dalla tasca e la puntò davanti a sé.


Lumos


Un lieve fascio di luce iniziò ad illuminare i suoi passi. Le lanterne vaganti non erano abbastanza e lui non voleva rischiare di lasciarsi sfuggire qualche ombra che poteva essere Mathias. Non era andato al funerale dei genitori, il Ministero aveva accompagnato il bambino, quindi non aveva idea di dove potessero trovarsi le lapidi; ma lo avrebbero trovato.

Nel momento in cui aveva messo piede lì, era stato certo che vi avrebbe trovato Mathias.

Mentre camminava tra le effigi e ne leggeva i nomi distrattamente, realizzò che non era molto pratico di cimiteri a dire la verità; non c’era mai andato, non aveva avuto l’occasione e sperò che si presentasse il più tardi possibile.

Il silenzio che permeava quel posto lo metteva in un certo qual modo a disagio, perché sapeva bene che anche se una persona moriva, non lasciava mai definitivamente la terra. I fantasmi erano solo un blando esempio di tutte le cose che un’anima poteva diventare.

Anche se era solo, si sentì osservato, scrutato da occhi invisibili, dai quali non poteva ripararsi. Il freddo sembrò farsi più pungente e si strinse nel cappotto, sperando di trovare presto Mathias. Gettò un’occhiata alle proprie spalle, individuando un puntino luminoso in movimento alla parte opposta dalla quale si trovava lui; Neville doveva aver acchiappato una delle lanterne svolazzanti in mancanza della bacchetta.

Con un sospiro lento, venne improvvisamente colpito da qualcosa. Anzi, più di una.


Merde*”


Dal cielo iniziarono a cadere giù pesanti gocce di pioggia, con una frequenza che andava via via crescendo. Voltandosi nuovamente per guardare avanti, cercò di velocizzare la sua ricerca, mettendosi a camminare celermente tra le effigi.


MATHIAS!”


Adesso trovarlo era diventata una vera necessità e anche se forse non avrebbe dovuto farlo, iniziò a chiamarlo a voce alta.


MATHIAS!”


Gli pareva di girare a vuoto; anche se i nomi erano diversi, le lapidi sembravano tutte uguali e nella fretta di cercare il bambino, Blaise aveva smesso di seguire uno schema, con il risultato che gli sembrava di passare sempre davanti gli stessi pezzi di pietra. Imprecò infastidito, oramai la pioggia veniva giù che una bellezza.

Passarono dei minuti, durante i quali alcune gocce si infiltrarono nello scollo del giacchetto, scendendo lungo la sua schiena. Rabbrividì infreddolito ed in preda al nervosismo, fece per dare un calcio ad un albero spoglio e rinsecchito, quando lo vide.

Era inginocchiato davanti a due lapidi, la fronte poggiata contro una di queste, le mani affondate nella terra ch’era diventata fanghiglia. Se ne stava lì, a farsi sommergere dalla pioggia, immobile come fosse incosciente.

Il cuore di Blaise perse un battito. Si era fatto male?


Mathias!” chiamò di nuovo, stavolta con convinzione, letteralmente correndo verso di lui “Mathias stai bene?”


Si lasciò cadere in ginocchio accanto al bambino, fregandosene altamente di star inzaccherandosi di terra. Era già fradicio fino alle mutande, non poteva davvero preoccuparsi anche per quello a quel punto.

Dato che non rispondeva, Blaise allungò le mani verso di lui ma non appena toccò la sua spalla, Mathias scattò come fosse stato scottato e allontanò malamente il braccio del francese, inchiodandolo con uno sguardo pieno di ira, di rancore e rassegnazione.


VATTENE!” gridò, con tutto il fiato che aveva. Nonostante fosse fradicio anche lui, gli occhi rossi denotavano quanto avesse pianto. Il tono di voce ringhiante, denotava quanto ancora lo stesse facendo. La pioggia poteva nascondere solo alcune tracce, tra cui non erano presenti le spalle che a singhiozzi gli tremavano.

Blaise rimase accanto a lui, osservandolo con un’espressione indecifrabile. Indurì il profilo della mascella e restò a guardarlo, in attesa che il resto uscisse fuori. Oh, perché c’era dell’altro, lo vedeva chiaramente.


VATTENE HO DETTO! PERCHÉ SEI VENUTO? LO SO CHE NON TI IMPORTA!”


Avvertì dei passi veloci alle sue spalle, rallentare gradualmente. Forse le grida di Mathias avevano attirato l’attenzione di Neville. Anzi, era certo fosse andata così. Ma ora il Grifondoro se ne stava in disparte, osservando entrambi con uno sguardo così cupo ed addolorato che spiegava da solo quanto comprendesse i sentimenti di Mathias.

Quanto fosse stato come lui.

Zuppo come uno straccio, lasciò ciondolare le braccia lungo i fianchi, senza intervenire.

Blaise apprezzò la sua discrezione, perché voleva che Mathias, una volta per tutte, gli dicesse tutto quello che gli passava per la testa. Solo così avrebbe capito cosa fare.


Non importa a nessuno che loro non ci sono più! Tutti continuano a fare quel che diavolo vogliono, si svegliano ogni mattina come hanno sempre fatto, come se non fosse successo niente! Sono morti, i miei genitori sono morti e tutto quello che hanno ottenuto è stato uno stupido funerale dove erano presenti persone che neanche li conoscevano!”


Prese un respiro profondo, perché urlare gli costava fatica. Il volto si era fatto rosso per lo sforzo, oltre che per il freddo ed una volta dato il via alle parole, anche i singhiozzi erano aumentati. Affondò ancora di più le mani nel fango, battendo i pugni sul terreno con rabbia.


Mi hanno lasciato da solo! A che serve essere salvati se poi devi vivere da solo?! Ho solo otto anni, se avevano pensato che me la sarei cavata, sbagliavano di grosso! Dovrei anche ringraziarli?” si voltò verso le lapidi, urlando a pieni polmoni la sua sofferenza “Grazie mamma per essertene fregata di cosa sarebbe stato di me! Grazie papà per non aver pensato a cosa sarebbe potuto succedermi dopo!” si voltò nuovamente verso Blaise, la rabbia che invece di diminuire, aumentava ad ogni sillaba “Sai cosa ti dico? Avevi ragione! Avrei voluto anche io fosse andata come volevi tu! Vorrei essere morto quel giorno, avrei risparmiato un sacco di problemi a me, a te ed a quelli del Ministero che ogni volta mi sorridono come gli facessi pena o come se fossi un povero stupido che non può di capire! Non si tratta di te che vuoi una rivincita o di loro che vogliono arrestarti ad ogni costo, qui si tratta di me! Di me! Non sono qualcosa da usare, sono una persona ed i miei genitori sono morti! Non ci sono più, ed io sono solo e non so che cosa fare…”


Mathias emise un lamento profondo, prima di piegare la schiena in avanti, raggomitolato su se stesso; piangere tanto da respirare male gli sembrava l’unica cosa logica da fare.

A gran voce e con un’intensità dolorosa, piangeva per essere udito. Per essere aiutato.

Neville distolse lo sguardo, chiudendo gli occhi. Ringraziò la pioggia, perché non aveva saputo trattenersi ed aveva iniziato a piangere a sua volta. Condivideva la sofferenza di Mathias, la condivideva come fosse sua.

Perché lo era stata.

E lo era ancora, con la differenza che aveva imparato a controllarla.


Non so che cosa fare… loro non ci sono più… non ci sono più…” aveva iniziato a ripeterlo come una litania, perché non riusciva a dire altro.

Blaise inghiottì, con una certa difficoltà. Era stato un idiota. Sin dal principio.

Uno stupido, borioso, idiota.

Ma se c’era una cosa che sapeva, era che si poteva smettere di essere idioti quando si ammettevano certe colpe.

Si poteva rimediare; avrebbe quindi cercato di farlo.

Si sporse in avanti e senza incontrare resistenze, stavolta riuscì ad attirarlo contro di sé. Circondò la schiena del bambino con un braccio, lasciò affondare l’altra mano nei suoi capelli bagnati e se lo premette addosso, poggiando una guancia sulla sua testa.

Un inerme Mathias continuò a disperarsi tanto da far male al cuore, ma Blaise lo tenne stretto. Lo abbracciò per quelle che sembrarono ore e forse lo furono per davvero. Vaffanculo la pioggia, vaffanculo tutto. Non si sarebbe mosso di lì.

In una maniera che gli sembrò ironica, ebbe la sensazione di star abbracciando una versione passata di Neville. La similitudine tra i due, per quanto riguardava gli eventi cui avevano dovuto far fronte, glielo ricordava.

Cercò il Grifondoro con lo sguardo, che trovò quasi subito.

Neville aveva un’aria mesta, era completamente zuppo, la punta del naso rossa come le guance e gli occhi lucidi. Era tenero.

Mentre stringeva Mathias con tutta la convinzione che poteva dargli, pensò di star consolando anche Neville. Sentiva il bisogno di farlo. Lo guardava e cercava di farglielo capire. Ti sto abbracciando, non sei da solo.


"Non avere paura Mathias, non avere paura"


Poco dopo, smise di piovere.







* In francese nel testo








NOTE DELL'AUTORE: Eccoci qui con il quindicesimo capitolo, sudato, partorito, revisionato e di nuovo partorito. Questo capitolo è pieno di ANGST. Dopo averlo letto dovrete guardare qualcosa di divertente per riprendervi adeguatamente, credo XD ed ecco che Mathias diventa umano! COLPO DI SCENA :P Il suo atteggiarsi a ragazzino robotico, sempre sul chi va là, era una difesa per cercare di non provare più emozioni (perché ogni volta che lo faceva, si sentiva sopraffatto dalla sofferenza). La sua mania di osservare gli altri con attenzione quasi scientifica, era una sorta di difesa naturale contro il mondo che non conosce: un bambino non sa come funzionano le cose, non sa come funziona la vita. I genitori ci guidano in questo passaggio, ma lui non li ha più. Quindi diciamo che il suo istinto ha prevalso in una sorta di autoconservazione ed il mondo circostante per lui è diventato di vitale importanza perché analizzare ogni minimo dettaglio gli dava la parvenza di riuscire a proteggersi da tutto e da tutti. È da dire che sin da piccolo ha sempre avuto una spiccata intelligenza ma la paura folle che prova in questo periodo della sua vita acutizza tutte le sue capacità, sia quelle negative che positive. Più che l'istinto di sopravvivenza fisica, in lui è scattato quello della sopravvivenza mentale. Originariamente questo capitolo doveva essere diviso in due, ma... non ce l'ho fatta a farvi questa cattiveria. Non ce l'ho fatta proprio, ma solo perché siete tutti troppo fantastici ed io vi adoro. Mancano esattamente 8 capitoli alla fine, siamo a più di metà dell'opera. È davvero emozionante per me! Un abbraccio grandissimo a tutto voi! <3

   
 
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