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Autore: reb    19/02/2013    3 recensioni
Prima non ci aveva fatto caso per via del buio, ma era carina. Con quella pelle chiara e le lentiggini sul naso. Poi occhi così non ne aveva mai visti.
-Perché non togli il cappello?- chiese curioso il bambino – Hai le orecchie a punta? O magari come un gatto?-
-Hai i capelli rossi!-
[... ...]
Perché quella bambina conosciuta tanti anni prima, che per i primi mesi si era aggirata curiosa per il castello con la sola compagnia di Mocciosus, adesso era diventata non solo bellissima, ma anche popolare. E tutti, tutti dannazione, non facevano che girarle intorno.
Eppure avrebbero dovuto saperlo che Lily Evans era territorio proibito!
-Eeevaans?- esclamò ancora vicino alla carrozza.
-Esci con me, Evans?-
Era talmente presa dai suoi pensieri che nemmeno l’aveva visto avvicinarsi. -Quante volte devo dirti di no, Potter, prima di farti capire la mia risposta?-
-Tante quante io ne impiegherò per convincerti a darmi una possibilità.- rispose serio lui.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, I Malandrini, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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Nove giorni dopo…

 


 
 
 


 
 
 
 
 
 
 
 
Sirius si svegliò, in quel gelido mattino di metà dicembre con la testa pesante e un braccio completamente atrofizzato. Impiegò non più di pochi secondi a individuare la causa di tutto quanto, non appena puntò lo sguardo perennemente distratto sul corpo caldo della ragazza che ancora gli dormiva accanto.
Con una delicata agilità dettata soltanto dalla pratica districò il proprio arto dalla bionda e che, probabilmente, le aveva fatto da cuscino per tutta la notte. O almeno per quel paio di ore in cui avevano dormito effettivamente, senza distrarsi in altri intrattenimenti che, per quanto piacevoli lo avevano privato delle sue sette ore di sonno quotidiane causandogli anche il fastidioso mal di testa che lo affliggeva.
Il ragazzo si mise a sedere sul letto ruotando tranquillo la spalla sinistra, nella speranza di riattivare la circolazione nel minor tempo possibile e far sparire così quel sordo indolenzimento che gli pesava sui muscoli. Nel frattempo occhieggiò disinteressato la camera in cui si trovava, a conti fatti non poi così diversa da quella in cui dormiva abitualmente da sette anni a quella parte. Cambiavano i colori delle cortine del letto e della cravatta ordinatamente disposta insieme al resto della divisa sul coperchio del baule ai piedi del letto, sulla scrivania sotto la finestra mancavano gli ultimi numeri delle riviste di Quidditch cui lui e James erano abbonati, ma al loro posto si poteva osservare una fila di prodotti femminili di dubbia entità. Cosa se ne facesse una ragazza così giovane di così tante creme e cosmetici per lui era un mistero, uno di quelli però che non era interessato a risolvere. Era sempre stato così, non aveva ancora incontrato una ragazza capace di fargli desiderare di svelare i suoi piccoli misteri e scoprirne le mille manie quotidiane. Come James gli ripeteva sempre non aveva ancora incontrato la “sua Evans”, anche se non era poi così sicuro di volerla incontrare, una ragazza di quel genere.
A Sirius andava più che bene intrattenersi con ragazze come quella che ancora gli dormiva vicina. Una ragazza bionda apparentemente simile a tutte le altre che l’avevano preceduta e i cui lineamenti sarebbero ben presto stati smussati dal ricordo, così come tutta l’avvenenza che l’aveva caratterizzata la sera prima stava svanendo alla luce lanuginosa dell’alba. Una ragazza come Evans sarebbe stata un impegno troppo grande per come si sentiva al momento, e per come si sentiva da sempre. Quando avesse capito cosa davvero si aspettasse dalla vita che si era scelto, nonostante lo scotto pagato per farlo, forse avrebbe avuto anche la testa per una ragazza come Evans. Una ragazza con carattere e psicosi evidenti, con piani per il futuro e idee personali in cui credeva al punto da litigare per difenderle. Fino  a quel momento Betty, la ragazza di quella notte, o Diana, la moretta di due sere prima, andavano più che bene perché coscienti di quello che sarebbe accaduto. Pronte a tenergli compagnia e svanire alle prime luci del giorno, lasciandosi alle spalle soltanto un ricordo, esattamente come avrebbe fatto lui con le loro vite. Erano veramente poche quelle che poi si fossero rivelate, a distanza di tempo, più interessanti di altre tanto da uscire dalla categoria di “compagne di una notte” per entrare in quella di “piacevoli conoscenze”.
Nessuna di loro era mai arrivata a conquistarsi, ai suoi occhi, il titolo di amiche, ma questo non per qualche loro mancanza. Sirius infatti aveva tante, tantissime, “piacevoli conoscenze” e non necessariamente dovevano essere passate prima per il suo letto, anzi forse il contrario, perché le ragazze che potevano vantarsi di tanto erano eccezionali perfino ai suoi occhi cauti, Julie ne era l’esempio più lampante, ma veramente pochi amici. Il ragazzo concedeva quel titolo con la stessa parsimonia con cui un profumiere miscela gli oli nel creare nuove essenze, preferiva evitare di coinvolgersi troppo per non finire poi ferito. La sua famiglia gli aveva insegnato bene quella sensazione di tradimento, dopotutto. E continuava a farlo anche a distanza di anni, visto il dolore sordo che lo accompagnava da una decina di giorni a quella parte, da quando il vago sospetto che suo fratello stesse seguendo le nefaste orme di Bellatrix si era impiantato nella sua mente, senza accennare a volersene andare.
Regulus un mangiamorte.
Marchiato a vita da un pazzo pronto a distruggere il mondo per la sua sete di potere, seguendo un’idea malsana di uguaglianza e supremazia.
Con uno scatto rabbioso si alzò in piedi e iniziò a raccogliere i vestiti da terra, facilmente individuabili perché unico elemento di disordine in una stanza altrimenti impeccabile, prima di varcare la porta e andarsene, per una volta senza curarsi di chi lasciava indietro.
Non era abituato a farlo, di solito aspettava che la ragazza di turno si svegliasse per darle almeno il buongiorno e accomiatarsi da lei con qualche gentilezza, assicurandosi che sebbene conoscesse fin dal principio la natura più che effimera della loro relazione non si sentisse usata, senza sparire nel nulla come il peggiore dei cafoni, ma quella mattina non poteva curarsi anche di lei. Doveva trovare suo fratello.
Doveva trovarlo da giorni, ma non poteva affrontarlo a caldo, come invece il suo animo Grifondoro gli avrebbe suggerito.
Non era di Jamie che stava parlando, con lui non doveva mai preoccuparsi di quello che esattamente gli uscisse di bocca perché l’amico aveva la sua stessa testa calda ed erano soliti parlarsi senza prima pensare ben sapendo che alla fine l’altro avrebbe capito comunque.
Non era Remus, che compensava i suoi scatti irati con la propria pacata e irritante razionalità riuscendo così a riportarlo a più miti consigli nonostante l’impellente voglia di strozzarsi a vicenda che li coglieva ogni volta.
E non era nemmeno Peter, che semplicemente non rispondeva alle sue provocazioni per mancanza di argomentazioni o per paura di essere escluso dal gruppo. A pensarci bene, probabilmente, con Peter non c’era nemmeno mai stato una vera lite, per il semplice motivo che non sarebbe riuscito a opporsi a lui e rischiare di metterselo veramente contro.
Era di Regulus che stava parlando. Parlare con quel ragazzo era sempre stato complicato, vuoi per l’arguta intelligenza che l’aveva caratterizzato fin da bambino, vuoi per le differenze caratteriali che li avevano sempre contraddistinti. Ma prima, prima di essersene andato di casa, prima di essere cancellato dall’albero genealogico come il peggiore dei criminali, prima che tutti i contatti tra loro venissero recisi all’osso se non troncati del tutto, beh prima almeno c’era stato l’affetto a compensare tutto quanto. A perdonare le incomprensioni, a far dimenticare le liti e le risse che li avevano sempre visti protagonisti e gli strilli isterici che ora l’uno ora l’altro si beccavano dall’adorabile madre che condividevano ed era intervenuta a dividerli.
Adesso invece quanto i due fratelli si incontravano un vago cenno di riconoscimento era il massimo che l’uno si aspettava dall’altro, e per la prima volta Sirius si sentì totalmente in difetto nei confronti del Serpeverde.
Aveva sempre dato la colpa ai suoi genitori e alla loro educazione razzista, se fino ad allora i loro rapporti erano stati tesi. Black non si era mai fermato a pensare che andandosene da casa non significava necessariamente rompere ogni legame con il fratello. Quello era venuto come inevitabile conseguenza, ma solo in seguito. Quando i tentativi di Regulus di riportarlo indietro erano stati ignorati con arrogante indifferenza, quando le richieste di Sirius di smettere di seguire le direttive materne erano state disattese. Tutti e due si erano arroccati nelle loro posizioni, portando i rapporti a quello che erano in quel momento. Cioè quasi niente.
Ma di fronte alla possibilità di vedere il fratello marchiato e asservito a vita, tutto finiva in secondo piano. Perché se Regulus si era fatto influenzare dagli ideali razzisti della famiglia, dai desideri malati della cugina e dalle cattive compagnie, era anche colpa sua. Aveva accordato al fratello la sua stessa forza, dimenticando quanta di quella forza fosse da imputare a lui e quanta agli amici che lo circondavano e che l’avevano accettato fin dal primo momento, che l’avevano sostenuto sempre e comunque e che, infine, gli avevano offerto ospitalità prima che suo zio gli lasciasse l’eredità con cui continuava a mantenersi e la casa in cui abitava quando non stava dai Potter. Aveva ignorato ciò che circondava il fratello, la casa Serpeverde con il suo credo e la sua cultura del sangue, con i suoi modi bigotti e i sussurri maligni, quando invece avrebbe dovuto rimanergli al fianco nonostante tutto.
Sperava soltanto di essere ancora in tempo per rimediare. Avrebbero chiesto aiuto a Silente per nascondere il fratello e, così, tenerlo al sicuro. Avrebbe fatto lui stesso da parafulmine per la rabbia ossessiva che si sarebbe sicuramente scatenata in Bellatrix con la sua mente malata. Se necessario avrebbe implorato Voldermort in persona, ma il tempo di stare con le mani in mano era finito.
 
 
 
 
 
 
 
 
 





 
 
 

***

 
 







 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Come quasi due settimane fossero potute passare così in fretta era un dubbio che coglieva spesso e volentieri gli increduli studenti di ogni scuola nel mondo, ma a maggior ragione quelli appartenenti al settimo anno di Hogwarts.
Era sabato e questo significava infatti non più la fine di un’altra settimana di scuola, le vacanze di Natale sempre più prossime visto che presto dicembre avrebbe lasciato il posto al nuovo anno, e nemmeno le gite a Hogsmade. Era passata un’altra settimana, che molti di loro avevano sprecato perdendo tempo in intrattenimenti inderogabili quando una partita a goggobiblie, a scacchi magici o una rissa nel cortile durante la pausa di metà mattina, e questo significava sette giorni in mano ai maledetti M.A.G.O. che li attendevano a giugno, l’incubo che li assillava ogni notte con grande soddisfazione dei professori che ogni anno facevano di tutto per mettere in soggezione gli studenti, nella speranza di vederli arrivare preparati alla prima prova d’esame.
Alcune categorie di persone erano completamente escluse da questo vago senso di panico che si scatenava generalmente negli studenti almeno una volta nella vita di fronte all’esame che avrebbe potuto condizionarne il futuro. Un sentimento che, con gran scorno di ogni convinto purosangue del mondo, accumunava babbani e maghi in egual misura.
Tra questi fortunati che per grazia divina erano stati assolti dallo stress pre-esami, e che quindi non dovevano temere un attacco di panico nei momenti meno opportuni, si annoveravano Lily Evans, talmente in pari con il programma didattico da potersi perfino permettere di dormire sogni tranquilli e dare ripetizioni ai ragazzi più piccoli bisognosi di aiuto extra, Remus Lupin, che aveva iniziato già da settembre un ripasso magnum degli anni passati e che sarebbe continuato perfino la notte prima degli esami, Sirius Black, notoriamente refrattario allo studio inutile e che avrebbe recuperato tutto il programma insieme all’amico un paio di mesi prima dei M.A.G.O. senza mostrarsene particolarmente provato e attualmente con ben altri problemi per la testa e, infine, James Potter, completamente sulla stessa linea di Black.
Anche se in quei giorni, a occhi inesperti, non si sarebbe detto. Preoccupato per il suo migliore amico e tuttora indeciso su dove portare Evans per il loro primo appuntamento, oltre che occupato a schiantare un numero sempre maggiore di idioti che chiedevano di uscire alla sua bella, aveva raggiunto livelli di stress che nemmeno durante il quinto anno, quando non sapevano più dove battere la testa per trasformarsi in Animaghi. Ma se ce l’avevano fatta allora, con l’aiuto soltanto delle loro belle teste e del loro più che arguto ingegno, era ben deciso a non farsi mettere al tappeto nemmeno quella volta.
Tuttavia il problema rimaneva. Dove portare Lily Evans in occasione del loro primo appuntamento?
Quando aveva proposto i Tre manici di Scopa, sua scelta iniziale, Frank Paciock l’aveva guardato come si guarderebbe un idiota senza speranza e gli aveva raccontato di quando, durante il suo primo appuntamento con Alice, aveva portato la ragazza da Madama PiediBurro e di come quell’apparentemente insignificante scelta li avesse portati al punto in cui si trovavano al momento. Ovvero felicemente innamorati e pronti a considerare anche una vita insieme una volta fuori Hogwarts.
Quando perciò aveva preso in considerazione Madama PiediBurro, un nuovo localino per fidanzati che aveva aperto l’anno prima in occasione di San Valentino e che, si diceva, avesse fatto il tutto esaurito nel giro di un paio d’ore, perfino Sirius si era degnato di abbandonare i suoi ben più pressanti grattacapi per rifilargli un’occhiata piena di biasimo, senza però commentare in alcun modo. Conoscendo quel perfido animo Serpeverde che ogni tanto tirava fuori l’amico, James ci avrebbe scommesso, aveva taciuto solo nella speranza che scegliesse comunque quel locale e si facesse affatturare da Lily fin dal primo appuntamento. Ne aveva avuto la certezza quando Peter, che diavolo ne sapesse poi Peter era un mistero vista la sua non-proprio-fortuna con il sesso opposto, gli aveva raccontato come fosse quella sala da the. A Potter era venuto il diabete solo a pensarci, e non osava nemmeno immaginare cosa gli avrebbe fatto Evans, una Evans inviperita, per vendicarsi di averla portata in un posto simile.
-La Testa di Porco?- chiese allora esitante James, ritrovandosi ormai a corto di locali nella ristretta area di Hogsmade.
Il ragazzo si sentì piovere addosso una nuova ondata di biasimo, stavolta mista a incredulità, visto l’idiozia della proposta appena fatta, evidente perfino ai suoi occhi disperati.
-La Testa di Porco?- gli chiese infatti incredulo Remus, con un evidente sguardo di disgusto negli occhi.
La locanda, infatti, non aveva la migliore delle reputazioni e gli studenti generalmente tendevano a evitarla come la peste. Oltrepassarne la soglia avrebbe potuto significare ritrovarsi seduti vicini a fattucchiere o stregoni, millantatori della peggior specie, non che questo avesse mai costituito un grosso problema per i Malandrini che, a volte, il venerdì sera sgattaiolavano fuori dalla scuola proprio per recarvisi. Il venerdì, infatti, era la sera del poker magico e Sirius non disdegnava mai una buona partita a carte con gente al suo livello, non importava se non fossero compagnie esattamente raccomandabili, e James trovava spassoso osservare le carte esplodere nelle mani dei giocatori quando un loro bluff veniva scoperto.
-Beh, sono un po’ a corto di locande, al momento. E tutto grazie a voi!- sbuffò il ragazzo, riepilogando mentalmente le scelte che aveva.
-Ma non puoi portare Lily in quella..quella bettola!- si indignò Frank.
-Basterebbe portarsi dei bicchieri puliti, no?- chiese Peter piano, non volendo contrariare l’amico.
Remus sbuffò, prima di ridere sarcastico –Sarebbe divertente vedere Aberforth e la sua capra studiare Lily come una rarità. Probabilmente una ragazza per bene non è mai entrata in quel posto, nemmeno per sbaglio!-
Pensando ad Aberforth, il proprietario della bettola e perfino della capra, che ormai aveva più le dimensioni di un ippopotamo viste tutte le attenzioni che le riservava, James si ritrovò a concordare.
Anche se sarebbe stato divertente vedere Evans la prefetta-perfetta in un posto del genere, magari prima o poi ce l’avrebbe portata davvero. Un prima o poi in un futuro non esattamente prossimo, però. Era sempre meglio non scherzare con il destino, soprattutto se si rischia di perdere quello che si è desiderato per anni.
-Dov’è Sirius, comunque?- chiese curioso Frank, notando in quel momento la prolungata assenza del ragazzo. Non si vedeva in giro fin dalla sera prima, in effetti.
James scambiò uno sguardo serio con Remus, entrambi consapevoli di dove l’amico avrebbe potuto essere visto che aspettavano quel momento da tutta la settimana, senza però una sola parola.
-Non è tornato a dormire stanotte, e nemmeno quella prima e quella prima ancora. Non l’hai notato, Frank?- chiese James con il suo miglior sorriso ammiccante in direzione dell’altro ragazzo con cui dividevano la stanza.
-No, io non ci avevo fatto..oh, Oh! Una ragazza?- chiese divertito.
-Più di una, direi.- ammiccò malizioso ancora una volta James e, avvertendo intorno a sé il tipico cameratismo maschile che si instaurava ogni volta che lui o Sirius parlavano di una loro nuova conquista, capì che c’era riuscito ancora una volta.
La maschera era al suo posto e reggeva.
Non aveva destato sospetti, su cosa affliggesse al momento Black.
La maschera reggeva. Lo spettacolo doveva continuare.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





***

 





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
-Quindi oggi pomeriggio uscite insieme.- ridacchiò Alice, soddisfatta come solo una mamma del suo bambino prodigio poteva essere. E Lily non sapeva se esserne solo offesa o mortalmente offesa visto che la bambina in questione era lei, una matura diciassettenne.
-E’ tutta la settimana che lo ripeti, Alice! Cosa c’è di così spettacolare in un appuntamento?- chiese irritata la non-ancora-di-nuovo-rossa non distogliendo lo sguardo dal suo armadio, lo sapeva benissimo anche lei cosa ci fosse di così spettacolare.
Un appuntamento.
Un appuntamento con Potter.
Un appuntamento con Potter a Hogsmade.
Lily Evans aveva finalmente reso le armi e accettato di uscire con Potter, dopo anni di inviti bellamente ignorati o criticati, richieste imploranti del ragazzo e scatti d’ira di lei.
Lily Evans aveva reso le armi e aveva ceduto al fascino di James Potter.
La ragazza incrociò lo sguardo sarcastico di Julie nello specchio appeso all’anta del mobile e con uno scatto distolse il suo, tornando a osservare i vestiti che le si presentavano davanti e cercando di ignorare i commenti divertiti delle amiche al gran completo. Emm si era intrufolata nella torre Grifondoro di nuovo e impunita.
-Lily non fare l’acida! Stai per uscire con James Potter, lasciaci gongolare un po’!- gorgheggiò la Corvonero con la testa infilata nel baule di Julie da cui continuava a estrarre una scarpa dietro l’altra alla ricerca della calzatura perfetta. Quel giorno non era l’unica ad avere un appuntamento, pensò.
-Non sono l’unica ad avere un appuntamento, accidenti!- appunto.
-Si, ma io sto solo uscendo con un compagno di casa carino e divertente. Non con il ragazzo che mi implora di uscire da anni e che, un paio di volte, è stato anche schiantato per la sua insistenza.- rise di nuovo Emmaline.
-Devo ricordarti che aveva incantato dei putti di marmo perché mi lanciassero frecce rischiando di accecarmi?- suo malgrado Lily si ritrovò a sorridere a quel ricordo, nonostante sul momento avesse voluto davvero ucciderlo.
Era successo al quarto anno, dopo una stramba lezione della professoressa di Astrologia sulla mitologia babbana e sulle sue costellazioni. Lily riusciva ancora a ricordare le risatine divertite dei ragazzi, che a quattordici anni sono ancora più stupidi di quanto non fossero normalmente, quando la donna aveva citato Eros, tra una divinità e l’altra. Il nome era parso incredibilmente divertente e malizioso ai ragazzi, che infatti avevano iniziato a farsi di gomito l’un l’altro e iniziare a fare battutacce goliardiche. Quando poi era venuto fuori che fosse rappresentato come un bambino cicciottello, con ali sulle spalle e frecce in grado di far innamorare chi ne veniva colpito, la malefica mente di Potter era entrata in azione e nel giro di un paio d’ore la ragazza si era ritrovata inseguita ovunque, perfino in bagno, da quella statua-stalker che le tendeva agguati dietro ogni angolo scagliandole addosso frecce rocciose e potenzialmente mortali e non ci aveva più visto. Infatti non appena si era trovata faccia a faccia con il cretino che aveva avuto quella brillante idea e aveva chiesto spiegazioni vedendosi liquidata con un “Ti sei innamorata di me, Evans?!” aveva messo fine alla calma apparente che ancora fingeva di possedere e l’aveva schiantato, bollando la sua infelice uscita come l’ennesima prova che quel arrogante ragazzino credeva di avere tutto il mondo ai suoi piedi, lei compresa.
Nonostante avesse messo fuori gioco il creatore, il suo Cupido personale e quanto mai malvisto non si era dato per vinto e aveva continuato a tallonarla come un’ombra particolarmente resistente alle fonti di luce. Aveva poi capito il senso della frase che Potter le aveva rivolto un attimo prima di svenire solo quando era riuscita a schivare l’ennesima freccia con uno scatto ginnico che non credeva possibile, vista la sua refrattarietà agli sport, la quale si era andava a scontrare, letteralmente, su una povera Tassorosso del secondo anno. La ragazzina, alta quasi la metà di Evans, si era piegata sotto il peso del dardo rischiando di finire tra l’altro a tappeto se un ragazzo che le passava accanto in quel momento non avesse avuto i riflessi abbastanza veloci da prenderla al volo. La piccoletta, però, appena l’aria era tornata ad albergare nei suoi polmoni non aveva minimamente calcolato il suo salvatore e l’unica cosa che era uscita dalla sua bocca era stato “Amo James Potter” con un tono estatico che aveva quasi fatto vomitare Lily, e si era lanciata alla ricerca della sua nuova ragione di vita.
Chiunque può quindi immaginare che Lily Evans fosse partita con la stessa intenzione e, una volta scovato il maledetto già assediato dalla Tassorosso, non si era fatta scrupoli a maledirlo nuovamente sbraitando i peggiori insulti che una quattordicenne potesse conoscere, urlandogli contro il suo sdegno perché “solo un completo imbecille avrebbe immerso delle frecce di marmo in Amorentia” e andandosene mollandolo alle amorevoli cure dell’altra ragazza.
-E pensa a cosa direbbero tutti se sapessero che sei stata tu a chiedergli di uscire!- continuò a prenderla in giro Julie, seduta sul suo letto insieme a Virginia, che aveva Gardfield sulle gambe nonostante le proteste della proprietaria del letto.
-Diranno “Lily Evans ha reso le armi e ceduto al fascino di James Potter”, ecco cosa diranno.- borbottò Lily, ripensando a quello che poco prima lei stessa aveva pensato, sebbene con un animo diverso.
-E inizieranno a girare nuove scommesse su vuoi due, come a esempio il nome del vostro primo figlio, se avrete gemelli o meno. Oppure se…- iniziò a blaterare Alice, calandosi perfettamente nel suo ruolo preferito,  quello di gossip girl.
-Nella famiglia Potter non ci sono mai stati casi di parti gemellari, nella tua dolcezza?- chiese Emmaline, con finto piglio accademico.
-Oh, ma state un po’ zitte!- rise divertita la futura mamma.
-Ma ve li immaginate due piccoli Potter?- chiese estatica Alice, probabilmente già immaginando i lineamenti dei due fantomatici bambini in questione.
-La domanda giusta sarebbe stata ma vi immaginate Lily a occuparsi di tre bambini. Perché dobbiamo contare anche James, nel numero.- commentò ironica Julie, non a torto.
-Quattro, allora. Dobbiamo considerare anche Sirius.- disse distratta Lily, intenta a scegliere tra una lunga gonna colorata e un paio di pantaloni a zampa azzurri, un paio tra i suoi preferiti.
Un silenzio di tomba seguì quelle parole, facendola voltare sconvolta verso le sue amiche.
-Non intendevo dire quello che pensate!- quasi urlò isterica, come un cervo braccato.
-Oh tesoro, non preoccuparti. È normale pensare al futuro quando si sta insieme a qualcuno che ci piace davvero!- tentò di tranquillizzarla Alice, mentre la avvolgeva in un abbraccio veloce.
-Cosa?- alitò ancora più sconvolta la ragazza.
Un conto era farsi prendere in giro dalle ragazze e giocare con loro su un argomento che fino a pochi mesi prima era considerato tabù.
Un conto era uscire con Potter, quando aveva giurato che non l’avrebbe fatto mai.
Tutt’altra cosa era sentirsi tranquillizzare perché “oh, tesoro!, è normale pensare al futuro quando stai insieme a un ragazzo che ti piace!”
Era tutt’altra cosa. E rischiava un collasso.
-Lily scherzavamo. Lo sappiamo che state insieme da poco ed è presto per certe cose.- anche Virginia cercò di consolarla, tra una carezza e l’altra al gatto-anguria.
-No! Noi non…- Lily non riuscì nemmeno a finire la frase, le mancavano le parole.
-Perché voi state insieme, no?- chiese Julie, perfettamente consapevole di quale fosse il punto centrale di tutta la discussione e il vero motivo per cui la ragazza fosse così sotto shock, e godendo a buttare sale sulla ferita.
-Co-cosa? No!- esclamò Evans.
-E allora cosa siete?- chiese Emmaline con lo stesso tono con cui il piccolo principe si rivolse per la prima volta alla volpe, nella speranza di non spaventarla e farla scappare.
-Non tentare nemmeno di rifilarci la balla che siete sempre Potter ed Evans perché è ovvio che non sia così ormai da un po’.- infierì perfino Alice.
-Ma noi non..non stiamo insieme!- esclamò la ragazza cercando di venire a capo della situazione.
Perché adesso stavano analizzando la sua situazione con Potter? Era ovvio che non stessero insieme. Lo avrebbe saputo se James fosse stato il suo ragazzo, no? Dopotutto sarebbe stato il suoragazzo, e non quello di Emm o Alice, lei era la diretta interessata, sarebbe stata la prima a saperlo.
-E allora cosa siete?- chiese esitante Virginia, non capendo perché l’amica fosse così in tilt di fronte alla possibilità.
Lily non aveva mai detto loro niente del genere, ma le ragazze si erano sentite autorizzate a pensarlo quando li avevano visti baciarsi la settimana prima, dopo aver lasciato il bagno di Mirtilla Malcontenta. E ne avevano avuta la silente conferma quando aveva raccontato loro che sarebbe uscita con il ragazzo e che, tra i due, fosse stata proprio lei e chiederlo.
La forse fidanzata in questione, invece, non capiva più niente. E non era una situazione cui era abituata, lei era Lily Evans, per la miseria, non la prima ignorante incontrata per strada!
E allora cosa siete?
La domanda di Virginia continuava a vorticarle in mente.
Cosa erano? Fino a quel momento non si era mai posta il problema. Aveva semplicemente vissuto il momento, vivendo per la prima volta quel “carpe diem” di cui la letteratura babbana era piena e che fino ad allora non aveva mai compreso davvero.
Per la prima volta aveva messo a tacere il cervello. Va bene forse a tacere proprio no, era pur sempre di lei che si stava parlando, ma certamente aveva messo un blocco alle sue seghe mentali non indifferente. Aveva smesso di chiedersi perché stesse improvvisamente così bene tra le braccia del ragazzo. Perché sentirlo vantarsi non la irritasse più così tanto o perché il suo profumo fosse diventato sinonimo di casa.
Si era goduta i baci e gli abbracci, le loro conversazioni sempre uguali eppure così diverse. Si era goduta Potter eppure non si era mai posta, nemmeno per un momento, quella domanda.
E allora che cosa siete?
Per la prima volta si ritrovò davanti a quella domanda che aveva abilmente evitato fino al momento.
Stavano insieme?
No, non potevano stare insieme. Non ne avevano mai parlato e non erano mai nemmeno usciti prima di allora. Le loro passeggiate per Londra non contavano, perché erano state solo un’inevitabile conseguenza della loro coabitazione forzata, ma mai programmate. Quel sabato sarebbe stato il loro primo appuntamento.
Erano solo amici un po’ speciali? No, gli amici non si baciavano. E anche nel caso lo facessero, e Lily non voleva esattamente sviscerare l’argomento amici con benefici, il loro non era quel genere di rapporto. Lei non era fatta per una relazione del genere.
E allora che cosa siete?
A guardarli dall’esterno più che una coppia o amici un po’ speciali sembravano una vecchia coppia di coniugi che ha vissuto così tanti anni insieme da non sopportarsi più, eppure che ancora si vuole bene nonostante i litigi e i punzecchiamenti giornalieri. Ma loro avevano diciassette anni e non ottanta e, a essere onesta, Lily sperava di non ritrovarsi a ottant’anni a maledire o schiantare un marito troppo stupido per essere risparmiato da quella fine.
Altre volte sembravano amici, quando abbassavano entrambi la guardia e Lily ammetteva di trovare divertente il ragazzo che veniva fuori, una volta allontanata la boria che era solito tirar fuori davanti a un pubblico.
E allora che cosa siete?
-Sai Lily dovresti mettere questi. James ti salterebbe addosso in un momento.- il tono stranamente dolce di Julie la riportò al presente, nella sua stanza a Grifondoro circondata dalle amiche.
Vide le ragazze sorriderle incoraggianti, probabilmente impaurite dall’eventualità che si buttasse dalla finestra per la disperazione, mentre Julie cercava di distrarla cambiando discorso, mentre le indicava un paio di shorts che Lily non sapeva nemmeno come fossero finiti nel suo baule.
-Ma tu sei pazza! Morirei di freddo con quelli!- argomentò poco convinta, apprezzando il tentativo delle ragazze e cercando di riprendersi e fingendo di ignorare il commento di Julie e le sue implicazioni, ma non sembrava disposta a dirsi sconfitta.
-Oh, non preoccuparti di questo, avresti troppo da fare per sentire freddo. E comunque morirebbe prima qualcun altro!- profetizzò divertita la bionda avvicinandosi e lasciandole una caretta sul capelli ancora del suo stesso colore e iniziando poi a frugare nell’armadio dell’amica alla ricerca di una maglia da abbinare ai pantaloncini di jeans.
Lily guardò ancora più in difficoltà Alice, cercando silenziosamente il suo consiglio. Perché adesso tiravano fuori perfino l’argomento sesso? Loro si baciavano, si baciavano e basta!
Anche se in un paio di occasioni c’era stato decisamente qualcosa di più in quei baci. Come quel giorno a casa Potter, o la settimana prima fuori dai bagni. E poteva affermare con certezza, che almeno nell’ultima delle occasioni non fosse stata l’unica a sentire quel qualcosa senza nome.
Lily arrossì al solo pensiero di quello che aveva sentito in quell’abbraccio. Julie avrebbe detto, se lei fosse stata così stupida da confessarglielo, che avesse fatto una prima conoscenza con il piccolo Potter. Il suo amico laggiù, l’aveva chiamato divertito lui.
Arrossì al ricordo, facendo intenerire le amiche.
-Goditi la giornata, tesoro. Affronterete l’argomento quando arriverà il momento.- la rassicurò con un sorriso Alice.
Ma Lily che conosceva le ragazze come pochi altri al mondo sapeva leggere dietro quelle raccomandazioni.
“Non pensare troppo a quello che abbiamo detto, Lily. Ne parlerete quando ti sentirai pronta. Di entrambi gli argomenti.”
E allora che cosa siete?
Lily sentiva la spiacevole sensazione di essere rimasta indietro. Indietro non solo con le definizioni, ma perfino con la sua vita.
Emm le profetizzava un futuro cui non aveva ancora pensato.
Alice le mostrava la sua relazione sotto una nuova luce.
Virginia le poneva la prima domanda cui non sapeva rispondere.
Julie le ricordava che James era un uomo e le prospettava uno scenario in cui non sentiva il freddo, ma soltanto il ragazzo che aveva tra le braccia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 





Come quel giorno sul pavimento. E come quel giorno sul pavimento Lily si ritrovò a concedergli tutto, cercando qualcosa che sembrava avvicinarsi senza tuttavia mai arrivare. Si alzò sulle punte per avvicinarsi ancora di più a lui senza staccarsi dalle sue braccia e sentì qualcosa che prima non c’era mai stata. O che almeno lei non aveva mai notato.
-Sei un porco Potter.- gli disse incredula allontanandosi istantaneamente di un passo da lui senza però allentare la presa che ancora aveva sulla sua mano e lanciando un’occhiata altrettanto incredula al cavallo dei pantaloni del ragazzo, lievemente più gonfio del normale.
-Sei tu che mi mandi in bianco da anni.- ribatté lui con quel tono da arrogante pavone che nonostante tutto continuava a irritarla. Non si sarebbe stupida se un giorno o l’altro si fosse messo a fare la coda.
-Io ti…? Ma…ma sei fuori di testa! Io…- gli urlò contro e avrebbe continuato se lui non so fosse abbassato di nuovo sulle sue labbra divertito, fermandosi solo a pochi centimetri da esse–Se vuoi essere baciata non occorre che ti metti a urlare, basta chiedere.-  ridacchiò.
-Stupido arrogante idiota!- sbottò lei cercando di sciogliere il loro abbraccio dimenandosi e con i capelli biondi che volavano da tutte le parti.
Lui per tutta risposta si limitò a stringere di più il suo fianco per non farsela sfuggire e continuò a osservare con un sorriso gli inutili sforzi della ragazza per liberarsi. Certo che se lei avesse continuato a strusciarglisi così addosso quel piccolo particolare che prima l’aveva fatta allontanare non sarebbe rimasto “piccolo” per molto. Meglio staccarsi, anche se averla tra le braccia era così piacevole.
Le lasciò un lieve bacio sulle labbra –Sei bella anche bionda, Evans. Saresti bella in ogni modo ai miei occhi.-
Lei si rilassò improvvisamente con un sorriso lieve prima di scuotere la testa, per niente convinta mentre lui spostò appena il viso per lasciarle un altro bacio, stavolta sulla punta del naso. –Ma trova una soluzione perché il mio amico laggiù ti preferisce rossa.- le disse ridendo usando la sua presa sulla vita per avvicinarsela di nuovo ai fianchi e l’altra mano per pararsi dai colpi che lei tentava di dargli.

 
 
 
 
 
 



 
E allora che cosa siete?
 
 
 
 
 
 






 
 
 
ANGOLO AUTRICE.
Aggiorno dopo la bellezza di mesi. Di nuovo. E non posso che chiedere scusa, ovviamente a chi ancora è li, dall’altra parte dello schermo, ad aspettare di sapere come finisce l’epopea dei miei due mentecatti preferiti.
Posso solo scusarmi dicendovi, per l’ennesima volta, che il tirocinio in ospedale mi uccide e che, una volta tornata a casa riesco solo a dormire. Non è poi così un caso, infatti, che sia anche un po’ indietro con gli esami. Già mi viene da piangere a pensare alla sessione di aprile, che mi farà venire un esaurimento nervoso.
Spero però che con questo capitolo mi perdonerete. Non succedere molto, potete vederlo da sole, ma ci stiamo avvicinando al punto di svolta. Quella vera, però!
Non sto a farvi la lista delle citazioni più o meno volute, questa volta per la vostra gioia, anche perché sono piuttosto evidenti. Posso solo sperare che Freddy mi perdonerà per aver la blasfema citazione di una delle sue più famose canzoni, applicata a una personcina fuori di testa del calibro di James e la sua tendenza a fingere che tutto vada bene anche quando non è così.
Che altro posso dirvi? Trovo Sirius e James di una tenerezza incredibile, in questo capitolo, nonostante i diversi perché dei loro tormenti, e credo che abbiano detto tutto loro, senza bisogno di note aggiuntive. Come sempre le risposte alle recensioni arriveranno in giornata, le leggo sempre con gli occhi che brillano perché io sono peggio di un gambero, che cammina all’indietro, e voi invece aspettate ancora.
Ah volevo solo dirvi che l’espressione “essere in ritardo sulla propria vita”, purtroppo non è farina del mio sacco, ma di quel pezzo d’uomo che è Johnny Depp, in una vecchia intervista a Vanity Fair e che mi è sempre rimasta nel cuore. Ci tenevo a farvelo sapere.
Quindi, grazie a chi recensisce e anche solo a chi legge perché se ancora non ho abbandonato la storia, nonostante possa sembrarlo, è merito vostro.
Tantissimi baci e abbracci.
Rebecca.
 
Ah! E per quello che vale..godetevi il Carnevale! Non voletemene, ma abitando in Versilia il Carnevale è praticamente un’ossessione collettiva che quasi si respira e non potevo non augurarvi un buon divertimento!!
 





 
Al primo papiro ne aggiungo un pezzettino. Stavo rileggendo questo capitolo mentre finivi di scrivere l’alto, come al solito, e mi sono accorta che era pieno di errori di battitura e, perfino, uno sbaglio temporale di quasi un mese. Non siamo a novembre, ma nella seconda settimana di dicembre. Ho anche controllato gli appunti per esserne sicura e, per quanto a voi non cambi un accidenti, per me si. Date la colpa alla mia pignoleria e tutto il resto!
Conto entro la prossima settimana di aggiornare, finalmente! Non datevi per vinte, voi che ancora ci siete! C’è l’ho quasi fatta! J
 
 
Rebecca.




   
 
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