Ashes &Wine
Epilogo- parte 2: Until the end starts.
“You’ve been on
my mind,
I grow fonder every day,
Lose myself in time,
Just thinking of your face,
God only knows why it’s taken me so long
to let my doubts
go,
You’re the only one that I want”.
Il
piano non stava funzionando. Stava proprio andando a
rotoli.
Sapeva
di non essere la persona preferita di Bonnie in quel
momento; sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi a fondo per
riconquistarla. Non
pensava, però, di aver compromesso la situazione fino a quel
punto.
Era
rimasto scioccato dalle parole che la rossa gli aveva
gettato in faccia. Prima di partire le aveva chiesto di dimenticarlo,
di
rifarsi una vita. Lei lo aveva preso alla lettera.
Damon
imprecò sottovoce: quella ragazzina lo aveva sfidato,
provocato per mesi interi, gli aveva disubbidito ogni volta che ne
aveva avuto
l’occasione e sceglieva proprio quel punto per trovarsi
d’accordo con lui?
In
poco meno di un anno era diventata molto più forte, era
cresciuta; tanto da sconvolgere il vampiro e far traballare le sue
certezze.
Sebbene
Bonnie fosse sempre stata tremendamente testarda,
alla fine non era immune al suo fascino. In qualche maniera diventava
più
malleabile, più accondiscendente o almeno era disposta ad
ascoltarlo senza
pregiudizi.
Non
che Damon fosse del tutto innocente; se l’era cercata.
Negli anni passati più di una volta aveva provato ad
allontanarla; a volte per
rabbia, altre per egoismo, altre ancora per il semplice desiderio di
tenerla al
sicuro. Ma qualcosa in lui gli suggeriva che non sarebbe stato niente
di
definitivo, che avrebbe potuto rimediare. Ora era tutto diverso.
Quel
cambiamento giocava pesantemente a suo svantaggio, ma
ne era anche estremamente orgoglioso. Per la prima volta,
l’aveva vista mettere
se stessa prima degli altri, puntare i piedi per il suo benessere. Era
una
sensazione dolceamara, scatenava in lui emozioni contrastanti:
compiacimento e
dolore insieme.
Faceva
male, faceva molto male.
Bonnie
era andata avanti; Damon era rimasto indietro, sicuro
di non poter avanzare nemmeno di un passo.
Sarebbe
rimasto sempre bloccato nello stesso punto, in
attesa; perché senza la sua Sissi sentiva di aver perso da
tempo il senso
dell’orientamento.
Era
stato uno sciocco e un illuso a credere nelle sue stesse
decisioni: lasciarla era stata una pessima idea e totalmente
irresponsabile da
parte sua; e se avesse avuto un minimo di buon senso, non sarebbe
neanche
tornato.
Le
sue capacità di previsione si erano rivelate fuorvianti,
dannatamente sbagliate: se n’era andato con la convinzione di
poter gestire la
separazione, se n’era andato perché si fidava
della propria forza di volontà,
perché contava che la paura di ferirla ancora sarebbe
prevalsa sulla voglia di
riprendersela. Se solo fosse stato un po’ più
saldo nelle sue decisioni o se
avesse ponderato bene sull’ipotesi di lasciarla, forse le
avrebbe permesso di
vivere un’esistenza tranquilla con o senza di lui, forse le
avrebbe risparmiato
tante pene.
Sembrava,
però, che Bonnie fosse riuscita a ritrovare il suo
equilibrio, senza di lui. Damon
realizzò di non essere più indispensabile e fu
come ricevere un pugno nello
stomaco.
Ora
gli si presentavano due strade davanti: seguire il
suggerimento della ragazza e sparire questa volta per sempre, oppure
rimanere e
combattere, rientrare nel suo mondo, dimostrarle che la sua non era una
messinscena, né un capriccio.
Si
era mai sentito che Damon Salvatore gettasse la spugna al
primo fallimento?
Non
voleva riconquistarla spinto da un impulso, non si era
fatto prendere da un momento di nostalgia. Aveva ragionato, valutato
tutte le
soluzioni; aveva speso mesi e mesi ad osservarla da lontano senza
rivelare la
sua presenza, rimuginando e tormentandosi. Adesso poteva dirsi sicuro
al cento
per cento.
Era
tornato per restare.
Dall’altro
lato della sala, Gabby se lo stava mangiando con
gli occhi. Damon rispose con un sorrisino tirato. Aveva accettato di
accompagnarla
più per pietà che per vero interesse. Era bella,
sì, ma era anche un po’
saccente e fastidiosa. E lo aveva praticamente pregato di farle da
cavaliere. Il
vecchio Damon l’avrebbe
mandata a quel paese, il nuovo Damon ci era andato vicino. Poi aveva
pensato di
poter trarre dei vantaggi: dopotutto, grazie a Gabby avrebbe potuto
partecipare
a quella festa e tenere Bonnie sotto controllo tutto il tempo e magari
l’avrebbe pure ingelosita; senza contare l’asta
degli scapoli. Per quanto la
rossa fosse arrabbiata, non avrebbe mai permesso a
qualcun’altra di vincere un
appuntamento con lui.
Quel
piano gli era apparso geniale fino a qualche minuto
prima. Adesso aveva combinato un altro casino con Zander,
compromettendo forse
per sempre non solo la possibilità di passare del tempo con
Bonnie in privato,
ma anche la speranza di rimediare.
Non
si era nemmeno sprecato a giustificarsi, la strega non
lo avrebbe ascoltato comunque e lui non poteva biasimarla. In passato
le aveva
dato tante di quelle prove del suo egoismo e della sua
impulsività distruttiva
che qualunque spiegazione sarebbe parsa ridicola. Il buono in Damon
sembrava
una condizione provvisoria, pronta a cedere il passo alla perfidia.
C’era
ancora qualcuno disposto ad affermare il contrario?
Forse
no, ma non era il momento di abbattersi. Per secoli
aveva vestito senza problemi i panni del cattivo. Era un ruolo che gli
calzava
a pennello, gli si addiceva. Ora si era stufato. Non si riteneva buono,
non
voleva ridursi ad una figura monodimensionale; nessuno poteva essere solo buono, ogni anima era divisa tra
bene e male e ognuno aveva la possibilità di scegliere quale
seguire.
Damon
finalmente cominciava a credere di aver del buono
in sé. Bonnie era stata la prima a
vederlo; le doveva tutto e le avrebbe dato tutto.
“Sei
il mio cavaliere e non mi hai ancora invitato a
ballare” osservò Gabby facendosi più
vicina.
Il
vampiro alzò le spalle, annoiato e cercò in
fretta una
scusa “Non vorrei che le altre ragazze
s’ingelosissero. In fondo, io sono lo
scapolo d’oro”.
“Vorrà
dire che dovrò fare un’offerta migliore delle
altre”.
“Ti
avverto: la cifra potrebbe essere molto alta. Non sono
uno che si accontenta di poco” mormorò, tentando
di nascondere il suo tono
infastidito.
“Nemmeno
io” replicò Gabby, implicando
un’allusione più
maliziosa.
Tesoro,
non mi avrai per
tutto l’oro del mondo. Pensò
Damon.
Fu
lì per soggiogarla. Si piegò sul suo viso e
notò il
rossore sulle sue guance. Quella povera illusa pensava che le stesse
per
baciare. Il vampiro risvegliò il suo Potere e
alzò per un secondo gli occhi
oltre le spalle della bionda: Bonnie lo fissava con cipiglio.
Si
allontanò subito, scontentando le aspettative di Gabby.
Voleva ipnotizzarla, voleva disfarsene ma la strega non avrebbe
approvato.
L’altra ragazza si riprese in fretta dalla delusione e lo
prese sottobraccio.
“E’
arrivato il momento dell’asta” gli
annunciò conducendolo
verso il palco “Tu sarai l’ultimo, ti vendiamo come
pezzo forte”.
Damon
annuì senza ascoltarla sul serio. La sua attenzione
era da tutt’altra parte e si scoprì ansioso,
sorprendendo anche se stesso.
Si
stava mettendo in gioco per davvero, si stava abbassando
a fare quello che in condizione normali avrebbe evitato come la peste.
Tutti in
quella sala non se n’erano neppure accorti, lo consideravano
alla stregua degli
altri. Bonnie, invece, sapeva che tutto quello era solo per lei. Damon
si sentì
quasi ridicolo.
Presentarsi
su quel palco significava mettersi a nudo e
mentre le altre ragazze avrebbero fatto a gara per accaparrarselo, una
sola
sarebbe stata l’unica e vera destinataria di un messaggio
ignoto al resto dei
presenti: sono qui, scegli me, punta su
di me.
Bonnie
assistette un po’ annoiata alla carrellata di ragazzi
che le passarono davanti. Quasi non li vedeva nemmeno da tanto era
distratta.
Era
ancora sconvolta dalla presunzione che aveva mostrato
Damon. Non avrebbe dovuto permettergli di partecipare alla festa.
Gli
aveva dato quella possibilità perché nonostante
tutto
credeva nelle sue buone intenzioni; aveva sempre creduto che potesse
essere di
più.
Era
stata smentita come tante altre volte e ora sentiva
stupida come non mai.
Caroline
aveva ragione: stava per ricadere nella sua
trappola di seduzione e neanche se n’era accorta.
Si
era lasciata abbindolare. Si era lasciata commuovere dal
discorso sull’orfanotrofio. Ma Damon Salvatore non faceva mai
niente per
niente.
Non
era andato lì per aiutarla, voleva solo intimidire
Zander affinché le stesse lontano.
Le
aveva detto di amarla ma probabilmente non era vero, non
fino in fondo. Aveva agito solo per gelosia e possessione; era sempre
la solita
storia.
Sembrava
quasi che si rifiutasse di liberarla. Non la voleva
vicino, non la voleva lontano. Non voleva che stesse con lui e con
nessun
altro.
Si
era infastidito e aveva deciso di presentarsi con Gabby
Lawrence solo per ripicca. Tipico di lui.
Bonnie
si abbandonò pesantemente su una sedia e si
concentrò
finalmente sull’asta. Zander era appena salito sul palco.
La
rossa non sapeva come comportarsi; aveva accettato il suo
invito e sarebbe stato carino fare un’offerta;
d’altra parte preferiva non
illuderlo. Dargli false speranza non era nelle sue intenzioni.
Una
ragazza poco distante da lei venne in suo soccorso; alzò
la paletta e offrì una cifra bella alta, battendo tutte le
altre.
Bonnie
ringraziò di aver scampato l’impiccio. Con il
procedere dell’asta, iniziò ad agitarsi di nuovo.
In pochi minuti sarebbe
giunto il turno di Damon e sebbene lei si fosse riproposta di non
cedere,
qualche sicurezza traballò.
Come
aveva detto a Caroline, i sentimenti erano ancora lì. E
quei sentimenti le stavano urlando di prepararsi ad alzare quella
dannata
paletta.
Lei
si era innamorata di quel Damon; del vampiro egoista,
impulsivo, contorto e poco incline alle manifestazioni di affetto. Non
aveva
mai voluto cambiarlo; le sarebbe bastato non essere abbandonata.
Grazie
a quell’anno passato da sola, aveva scoperto di non
aver bisogno di lui per vivere serena; ma forse non era del tutto
pronta a
tagliare definitivamente i ponti, perché quei sentimenti
potevano essere
ignorati o repressi, di certo non cancellati.
Mentre
la sua parte più razionale le diceva di chiudere la
questione una volta per tutte, quella più emotiva la
spingeva a tergiversare, a
prendersi un po’ più di tempo.
Damon
salì sul palco e le mani di Bonnie iniziarono a sudare
e a stringere istericamente la paletta; tremavano combattute tra due
impulsi:
alzarsi o restare appoggiate al tavolo.
La
strega si accorse vagamente del tumulto che era scoppiato
accanto a lei. Gli occhi speranzosi del vampiro la catturarono. Damon
odiava
quel genere di feste, odiava la socialità, odiava mischiarsi
con l’ordinario.
Adorava mettersi al centro dell’attenzione ma in circostanze
diverse. Posare su
un palco come trofeo non costituiva il massimo del suo ideale, anzi
rappresentava quasi un’umiliazione; eppure era lì.
Se
ne stava in piedi, quasi indifferente al putiferio che
aveva scatenato, totalmente sordo ai complimenti che una volta
avrebbero
lusingato il suo già gonfissimo ego.
Bonnie
non riuscì a frenare un certo intenerimento. Alzare
quella paletta non significava dargliela vinta subito; segnalava
semplicemente
una tregua, la sua disponibilità a rivalutare la situazione,
seppur con la
dovuta calma.
Lasciarla
sul tavolo, invece, avrebbe compromesso, forse per
sempre, una qualsiasi conciliazione. Voleva correre quel rischio?
Gabby
Lawrence fece un’offerta molto alta e alcune ragazze
rinunciarono dato che non erano in grado di competere.
Bonnie
avrebbe potuto facilmente superarla e metterla poi in
conto allo stesso Damon. Quando fu il momento di agire, la sua mano non
si
mosse.
La
rossa sospirò e lasciò del tutto la paletta. Gli
occhi di
Damon si coprirono di un velo di sconforto; lei ricambiò
mortificata ma non se
ne pentì.
Il
vampiro era tornato con un intento: riconquistarla. Aveva
detto di amarla, si era dimostrato pentito al limite del supplichevole
(almeno
per i suoi standard), voleva riparare ai suoi errori.
Se
le sue parole erano sincere, se il sentimento era vero,
allora Damon avrebbe continuato a combattere, non si sarebbe arreso.
Erano
destinati a stare insieme? Doveva provarglielo.
Gabby
si aggiudicò senza sorprese la vittoria. Saltellò
sul
palco tutta contenta, accanto a lui. Bonnie si sforzò di non
ridere all’espressione
esasperata del vampiro. Poteva considerarla come una sorta di punizione.
Gli
occhi di Damon si posarono nuovamente su di lei.
“Non
hai fatto un’offerta” sembravano dire.
Ma
qualcuno lo disse per davvero e lo ripeté.
“Non
hai fatto un’offerta”.
La
ragazza girò il volto verso sinistra: Zander
l’aveva
raggiunta silenziosamente e la fissava con impazienza.
Non
hai fatto un’offerta.
“Zander,
mi dispiace. Non volevo …”.
“Tranquilla”
sospirò quello “E’ colpa mia; ci ho
sperato
fino all’ultimo” e sorrise un po’
imbarazzato “Dovrò rassegnarmi ad essere tuo
amico”.
“E’
una prospettiva così brutta?”.
“No,
niente affatto” le assicurò lui
“Però un amico può
chiedere ad un’amica da ballare, giusto?”.
“Sì,
direi che è permesso” scherzò Bonnie.
Insieme
si inoltrarono tra la folla sulla pista da ballo e
iniziarono a muoversi dolcemente al ritmo della musica lenta.
“C’è
un’altra cosa per cui dovrei scusarmi …”
lo informò
lei.
Zander
attese curioso.
“Mi
dispiace per quello che è successo stasera. Damon non
avrebbe dovuto aggredirti in quel modo. Tu non c’entri niente
e …”.
“Di
che stai parlando, Bon?” le chiese il ragazzo
“Damon non
mi ha aggredito”.
“Non
devi difenderlo per forza. Non si permetterà di farti
ancora qualcosa”.
“Ma
non mi ha fatto niente nemmeno prima; te lo assicuro”
insistette.
Bonnie
corrugò la fronte “Quando vi ho visti, tu eri per
terra
e lui ti sovrastava”.
“Stavamo
parlando e un ragazzo parecchio ubriaco mi è venuto
addosso. Ho perso l’equilibrio e sono caduto. Damon mi stava
aiutando ad
alzarmi” spiegò.
La
strega sbiancò. Non era possibile; sicuramente mancavano
dei pezzi nella storia, sicuramente il vampiro era colpevole di
qualcosa. Lui
faceva sempre qualche cazzata.
“In
realtà anche se mi avesse aggredito, me lo sarei
meritato” ammise Zander.
“Perché?”.
“Ho
fatto delle insinuazioni poco carine” raccontò
“Tu mi
avevi detto che Stefan era tuo cugino ma non hai mai specificato il
grado.
Credevo fosse di primo. Damon è fratello di Stefan per cui
ho fatto lo stesso
ragionamento. Stasera l’ho tenuto d’occhio: ho
visto come ti fissava, come
flirtava con te e … beh, un cugino non dovrebbe guardare una
cugina così. Poi
ho notato che tu eri agitata e sono saltato alle conclusioni”
se ne vergognò
“L’ho affrontato; gli ho chiesto di smetterla
perché ti stava mettendo a
disagio e non era appropriato”.
“Cosa
ti ha risposto?”.
“Te
l’ho detto: avrebbe dovuto tirarmi un pungo. Mi ha
spiegato che siete parenti alla lontana e che la vostra storia
è piuttosto
complicata. Ero geloso e irritato e … beh praticamente
l’ho accusato d’incesto,
l’ho provocato; peccato che fosse tutto falso. Tra i due sono
io quello che si
è comportato male” confessò.
Bonnie
rimase a bocca asciutta. Chi normalmente è abituato a
trattare gentilmente gli altri, accusa, insulta e incolpa solo per un
valido
motivo. Se la ragione viene a mancare, resta solo una sensazione di
schifo.
“E’
per lui?” domandò Zander “Non hai voluto
nessun altro
durante tutto l’anno per lui?”.
La
strega appoggiò una guancia sulla sua spalle “In
parte”
rispose “Non perché continuassi a pensarci, ma
perché avevo finalmente
raggiunto un po’ d’indipendenza”.
“Sembra
un bravo ragazzo” osservò Zander.
“E’
uno stupido” borbottò Bonnie.
Poco
distante, Damon si girò verso di loro, infastidito
dall’ultimo commento. La situazione non poteva rivelarsi
peggiore: era stato
bruscamente rifiutato, Gabby Lawrence gli stava attaccata pronta a
riscuotere,
era costretto a stare a guardare mentre un altro ragazzo ballava con la
sua
Sissi, e veniva pure insultato.
Si
era immaginato una serata diversa. Distolse lo sguardo
dalla coppia; quel tipo, Zander, si era comportato sorprendentemente
bene.
Invece di mentire e approfittarsi della situazione, aveva raccontato i
fatti
per com’erano andati, senza gettare ulteriore fango su Damon.
Il
vampiro si complimentò con se stesso per non aver perso
la pazienza durante tutta la festa. La tentazione di picchiare a sangue
Zander
lo avevo stuzzicato parecchio ma si era trattenuto perché
Bonnie non avrebbe
apprezzato. Ora almeno i suoi sforzi erano stati ripagati; quasi, quasi
passava
anche per il bravo ragazzo.
Ma
che bravo ragazzo! Si
disse sarcastico. Aveva goduto
quando Zander era finito lungo e disteso per terra per colpa della
spinta. Ma
dopotutto, lo stava aiutando con Bonnie, per cui decise di non
accanirsi.
Damon
aveva capito non di essere desiderato. La streghetta
era stata fin troppo chiara. Forse avrebbe fatto meglio a lasciarla in
pace e
sparire veramente. Ma come poteva rinunciare a lei senza nemmeno
tentare
un’altra volta?
Aveva
compiuto un bel passo avanti confessandole il suo
amore, pregandola di tornare insieme. L’aveva guardata e
protetta da lontano
per mesi; con quella rivelazione l’aveva decisamente stupita,
o innervosita
ancora di più. Aveva comunque provocato una reazione.
Rimaneva
ancora un ultimo step.
Congedò
Gabby e abbandonò la festa. Si appostò vicino
alla
confraternita di Bonnie e l’aspettò.
Passarono
altre due ore prima che la rossa ritornasse
insieme a Zander. Si salutarono come due amici, senza imbarazzo, senza
baci
equivoci e Damon ne fu sollevato. Appena il ragazzo sparì
dalla vista, il
vampiro uscì allo scoperto. Lei lo fulminò
“Che vuoi ancora?”.
“Mi
sono accorto di non averti detto una cosa”.
“Damon
sono stanca e stufa. Voglio solo andare a dormire. E
probabilmente ti aspetti solo le mie scuse per averti trattato in quel
modo …
so che hai ascoltato la conversazione” fece per muoversi
verso la porta.
“In
realtà sono qui per quello che mi hai detto tu”
specificò “Sei davvero diventata più
forte” constatò “E ne sono felice. Ma io
non sono così, non so come si fa a vivere senza di te. Ci ho
provato ed è stato
uno schifo. Non hai motivo di credermi ma sono tornato
perché non riuscivo più
a starti lontano, perché so che adesso non ti farei mai
più soffrire. Voglio
renderti felice. Credo di essere diventato dipendente da te, Sissi, e
ho decisamente bisogno di
te”.
Bonnie
lo guardava con occhi indecifrabili, appoggiata alla
porta.
“Sai
che sono testardo: non ti lascerò in pace tanto
facilmente” e piegò le labbra
all’insù “Ho tutta
l’eternità per aspettarti”.
In
un batter d’occhio scomparve. Solo in quel momento Bonnie
si accorse che la sua bocca era aperta in un sorriso.
“If I’ve been
on your mind,
You hang on every word I say,
Lose yourself in time,
At the mention of my name,
Will I ever know how it feels to hold you close,
And have you tell me whichever road I choose, you’ll
go?”.
“Ti
rendi conto che razza di faccia tosta!” inveì
Bonnie
portandosi il telefono più vicino all’orecchio
“Deve sempre fare queste uscite
d’effetto, come se pensasse di stupirmi”.
“Beh
un po’ ti deve aver stupita; è da venti minuti che
me
ne parli” considerò Meredith dall’altra
parte della cornetta.
“No,
no invece!” negò categoricamente “Sono
allibita, non
stupita! Dice che ha bisogno di me; perché non ci ha pensato
un anno fa?!”.
“Perché
è Damon Salvatore alias il cazzone per
professione”.
“Non
è una giustificazione” replicò
l’altra “Per di più non
riesco a capirlo. È una contraddizione unica. Sono due
giorni che non si fa
vedere e ho paura a pensare alla prossima volta che
comparirà”.
“Caroline
che dice?”.
“E’
partita questa mattina con Matt. Sono rimasta qui al
campus da sola”.
“Perché
non torni al Pensionato?”.
“Perché
qui almeno ci sono ancora delle mie compagne; il
Pensionato è vuoto. Poi voglio aspettare che escano i
risultati”.
“Bonnie”
la richiamò Meredith “La tua
voce si è alzata”.
“In
che senso?”.
“Nel
senso che è più acuta” notò
la
mora “Stai mentendo. Tu rimani al campus perché
c’è Damon”.
La
giovane strega smise di sistemare la
sua scrivania e meditò sulle parole dell’amica.
Che il suo subconscio le stesse
suggerendo qualcosa? Era davvero restata al college per quel motivo
senza
nemmeno esserne consapevole?
“Tu
e Caroline dovreste fare le psicologhe; dico sul serio”
commentò “Perché non mi stai
sgridando?”.
“Dovrei?”.
“Secondo
il tuo ragionamento, sto per ricascare nella reta
di Damon e tu dovresti sconsigliarmelo caldamente”.
“Sei
maggiorenne, puoi fare quelli che vuoi” rispose
Meredith “E se proprio devo dirla tutta, sono contenta che
Damon sia tornato.
Sarà pure irresponsabile e immaturo ma ti tiene anche al
sicuro ed è stato il
primo a capire quanto sei speciale. Fa fatica a dimostrartelo ma non
credo che
nessuno riuscirà ad amarti quanto lui”.
“Ti
ha corrotto in qualche modo? Ti ricatta?” insinuò
dato
che stentava a credere alle sue orecchie.
“Santo
Cielo, no! Sono la fidanzata di Alaric, vedo le cose
anche dal suo punto di vista. Un po’ lo capisco”.
“Alaric!”
ripeté Bonnie “Ho un paio di cose da dire anche a
lui” sbottò infastidita.
“Posso
essere brutalmente sincera?” chiese Meredith “Penso
che Damon abbia imparato molte più cose in
quest’ultimo anno che in cinque
secoli; e penso che faresti un grosso errore se lo escludessi dalla tua
vita”.
“Gli
ho dato una possibilità: gli ho permesso di venire alla
festa e mi ha rovinato la serata”
s’imbronciò la rossa.
“In
realtà te la sei rovinata da sola. Lui si è
comportato
bene, sei stata tu a farti trascinare dai pregiudizi” le
ricordò.
“Visti
i precedenti …”.
“Certo
che è triste se ci rifletti bene” la interruppe
Meredith “Una volta non ti sarebbe nemmeno venuto in mente di
incolparlo così,
ti fidavi ciecamente; avresti creduto solo alle sue parole”.
Improvvisamente
Bonnie s’infervorò “Hai ragione, Mere!
E’
riuscito a rovinare la cosa più bella del nostro rapporto.
Io non sono il tipo
da saltare alle conclusioni così! Dimmi dove si
nasconde!” ordinò.
“Come?”.
“Non
fare la finta tonta Meredith Sulez” le intimò
“So che
Alaric ti racconta tutto. Dove diamine si è
nascosto?”.
Meredith
sbuffò divertita. Teoricamente era un segreto ma
non aveva nessun problema a rivelarlo se fosse servito a farli
riavvicinare.
“Nell’appartamento
di Stefan. Non c’è bisogno dell’invito
per entrarci; gli è bastato scassinare la porta
…”.
La
linea s’interruppe ancor prima che riuscisse a finire la
frase.
Bonnie
marciò come una furia verso la fermata
dell’autobus.
Doveva togliersi quel peso, doveva affrontarlo. Perché in
fondo non era completamente colpa
sua.
Non
era una ragazza particolarmente aggressiva, men che meno
violenta, eppure si accanì contro la porta
dell’appartamento picchiando il
pugno con insistenza.
Quando
Damon aprì, venne malamente spintonato indietro
mentre Bonnie si faceva spazio per entrare.
Girò
in tondo per il salotto che ormai conosceva molto bene.
Ci mise un po’ per trovare le parole giuste; si era preparata
durante il
tragitto ma ora si era dimenticata tutto. L’idea era di
cominciare con calma,
non perdere la pazienza. Il piano fallì in pieno e Bonnie
proruppe come un
fiume in piena.
“Sono
oltremodo arrabbiata con te. So perfettamente cosa è
successo, Zander mi ha spiegato tutto. Tu non hai fatto niente di male
ma io ti
ho accusato lo stesso” riassunse quasi sentisse il bisogno di
tirare le fila “Sai
perché? Perché mi hai abituata ad aspettarmi
sempre il peggio da te. Io ero
quello che vedeva solo il tuo lato buono e adesso vedo solo quello
brutto e lo
odio! Quindi è tutta colpa tua se ti sono saltata in testa e
non pretendere le
mie scuse”.
Damon
si limitò a pronunciare uno stupido “Non le
pretendo”.
“Bene,
perché non le avrai” ribadì Bonnie
“Fa’ qualcosa,
Damon, risolvi la situazione perché non voglio
più sbagliarmi su di te”
dopodiché alzò il naso con fare stizzito, come se
volesse ricomporre un po’ di
contegno, e si avviò fuori dall’appartamento. Era
stata chiara e diretta, era
soddisfatta.
Damon
fissò per qualche secondo la porta ancora aperta
dietro cui era sparita la ragazza. Scoppiò a ridere: quella
era una delle scene
più comiche cui avesse mai assistito. Tra la miriade di
parole sparate a
raffica e la gesticolazione accentuata per dare forza, era riuscito a
distinguere un filo logico.
Bonnie
non voleva cedere terreno, non voleva
chiedere apertamente scusa. Aveva cercato di
scaricare la colpa delle sue azioni su di lui e nella confusione aveva
praticamente affermato il contrario di quello che avrebbe desiderato.
In
un modo contorto e tutto suo, aveva giustificato il suo
comportamento.
Scuse
accettate. Pensò
Damon, buttandosi sul letto.
Le
cose cominciavano infine ad andare al loro posto, ma la
situazione aveva bisogno di una spintarella.
Bonnie
aveva ragione: era colpa del vampiro se la fiducia in
lui era venuta meno; e sarebbe stato compito suo rimediare.
Rotolò
su un fianco e i suoi occhi si posarono sull’immagine
di Elena incorniciata sul tavolino.
Non
era per niente pentito della sua scelta. Dopo più di
anno riconosceva senza problemi che quella per Elena era stata
un’ossessione,
una vendetta scambiata forzatamente per amore.
L’amore
tende ad elevare l’anima di una persona; loro due si
sarebbero trascinati a vicenda verso il fondo.
La
prima volta che l’aveva vista, aveva pensato che aveva
tutte le caratteristiche per diventare la perfetta compagna, la
perfetta
principessa delle tenebre.
Già
dal soprannome avrebbe dovuto capire che non si sarebbe
risolto in nulla di buono.
Per
quanto potesse risultare banale, Bonnie era la sua unica
e ultima possibilità di raggiungere la luce, una ventata di
allegria e
innocenza, stati sconosciuti a Damon fino a qualche mese prima.
Doveva
assolutamente riprendersela. Doveva convincerla a
lasciare andare il passato. Lei era sua. Era stata creata per liberarlo
dalla
trappola che il vampiro stesso si era costruito. Ora bisognava
solo farglielo capire.
“I don’t know
why I’m scared,
I’ve been here before,
Every feeling, every word,
I’ve imagined it all,
You’ll never know if you never try,
To forgive your past and simply be mine”.
La
sua mamma era la più
bella di tutte.
Ogni
bambina lo pensava,
ma Bonnie sapeva di aver ragione: la sua mamma batteva le altre.
Molleggiò
sul letto e
continuò ad osserva Monica che stava finendo di prepararsi
per una cena con suo
marito.
Indossava
un bell’abito
turchese, lungo fino alle caviglie, sbracciato, dalla figura morbida.
Molto
adatto alla corporatura della donna e che si abbinava perfettamente con
il
capelli color mogano che ricadevano in riccioli.
“Non
hai freddo?” chiese
Bonnie con una vocina sottile.
“Metterò
un cappotto,
tesoro” le rispose la madre indicando il soprabito appoggiato
sulla poltrona.
“Dove
andate tu e papà?”
continuò.
“E’
una sorpresa” spiegò
Monica “E’ un’idea di tuo
padre”.
“Da
grande voglio farlo
anche io!” esclamò la piccola saltando
giù dal letto per attaccarsi alla gonna
della madre “Voglio un vestito così e una
grossissima sorpresa” sognò.
“Ti
servirà anche
qualcuno che ti faccia la sorpresa” appuntò Monica.
“Me
la potete fare tu e
papà, vero?”.
Monica
sorrise. Si piegò
e prese in braccio la figlia “Certo che te la possiamo fare
io e papà” le
assicurò “Ma non preferiresti essere sorpresa da
un ragazzo?”.
“Un
principe azzurro?”.
“Beh
… tipo” disse la
donna “Ma non quello della ‘Bella addormentata nel
bosco’. Non ti fidare degli
uomini che dicono di averti incontrata in un sogno”.
“Lo
so, mamma, non devo
parlare con gli sconosciuti”.
“Brava
bambina” si
complimentò dandole un bacio sulla fronte. La
adagiò nuovamente sul letto.
“Mamma”
la richiamò “Ma
se non posso fidarmi del principe azzurro, di chi mi fido?”.
Aveva solo cinque
anni ma non era certo stupida.
“Di
un uomo che ti vuole
bene. E tu devi voler bene a lui, ovviamente”.
“E
come faccio a saperlo.
Sono cose che si chiedono?”.
“Sono
cose che si
sentono”.
“Tu
lo senti?”.
“Vediamo
cosa ha combinato
tuo padre per stasera” scherzò.
Bonnie
rimase in silenzio
a rimuginare su quelle nuove informazioni; poi ne venne fuori con una
conclusione “Mamma”.
“Dimmi,
tesoro”.
“Preferisco
che la
sorpresa me la fate tu e papà. È un
problema?” azzardò stringendo il lembo del
suo pigiamino.
Monica
l’abbracciò forte
“Assolutamente no” la confortò
“Vuoi dormire nel lettone finché non
torniamo?”.
Bonnie
strinse il suo cuscino. Si morse il labbro. Un paio
di lacrime erano già scese ma non voleva scoppiare in
singhiozzi. Non piangeva
da quando Damon era partito, perché doveva ricominciare ora?
Erano
molti anni che non ripensava più alla sua mamma.
All’inizio,
quando la perdita bruciava come una ferita aperta, Bonnie aveva avuto
serie
difficoltà ad elaborare il lutto; lentamente si era ripresa.
Aveva capito che
concentrare l’attenzione su altro era l’unica
maniera per superare il dolore.
Ad un certo punto aveva funzionato.
Crescere
senza genitori era diventato normale per lei. In un
modo o nell’altro aveva imparato a vivere senza e ad
accettarlo. Questo non
significava che in alcuni momenti non li avrebbe voluti vicini. Spesso
ne aveva
sentito non solo la mancanza, ma anche il bisogno.
Zach
era un fratello e non un padre. Le sue amiche e sua
nonna erano sì figure femminili su cui poteva contare, ma
non avrebbero mai
sostituito sua madre.
Il
destino era stata beffardo con lei: le aveva concesso la
possibilità di avere due madri e gliele aveva tolte entrambe.
Alzò
gli occhi sulla finestra e guardò fuori: era ancora
notte fonda. Dopo quel sogno-ricordo, dopo quei pensieri tristi, non
sarebbe
più riuscita ad addormentarsi.
Chissà
che altri brutti scherzi le avrebbe tirato la sua
mente. Forse le avrebbe riproposto lo sterminio della sua famiglia; non
ci
teneva a riviverlo, le era bastata una volta.
Bonnie.
Quella
voce le arrivò soffusa e dolce e quasi la cullò
fino
al sonno.
Posso
entrare?
In
condizioni normali lo avrebbe mandato a quel paese, ma in
quel momento … aveva bisogno di lui e non lo voleva negare.
“Sì”
sussurrò e agitò lievemente la mano sotto le
coperte.
La finestra si spalancò; dopo pochi attimi un corvo
volò nella stanza.
Damon
riprese la sua forma umana. Osservò Bonnie,
rannicchiata nel suo lenzuolo, con gli occhi lucidi.
“Stai
bene?” le chiese.
“No”
rispose semplicemente lei e si spostò per fargli
spazio.
Damon
le si stese accanto ma non l’abbracciò, non mosse
un
muscolo. Non era ancora sicuro delle intenzioni della rossa e preferiva
non
irritarla.
Bonnie
nascose il viso sul suo petto. Non aveva voglia di stupidi
giochetti o d’inutili prese di posizioni per quella sera. Le
serviva qualcuno
che la stringesse, qualcuno che le facesse passare la paura
dell’abbandono.
“Non
voglio più perdere nessuno” gli
confessò chiudendo gli
occhi.
“Ci
sono io, Sissi” le mormorò “Te
l’ho già detto che non
sei sola”.
La
ragazza annuì “Puoi assicurarti che non faccia
altri
brutti sogni”.
Damon
annuì “Non ti spaventeranno
più”.
“Non
sono spaventata, sono triste” obiettò lei
“Sono stufa
di essere triste”.
“Se
ti promettessi che non lo sarai mai più, tu mi
crederesti?”.
“Posso
risponderti domani mattina?” bisbigliò Bonnie
mentre
lentamente scivolava nel sonno.
“Dormi,
Sissi” e continuò ad accarezzarle i capelli fino a
che non sprofondò anche lui nell’incoscienza.
La
mattina dopo il sole entrava prepotentemente nella stanza
abbagliando i due poveri addormentati. Bonnie si raggomitolò
contro il torace
del vampiro, nel vano tentativo di scappare dalla luce.
Strofinò il naso contro
la sua maglietta e trovò per poco un po’ di pace.
Qualcuno
la stava cullando, il che era davvero piacevole.
Nonostante il caldo estivo, sarebbe rimasta per sempre in quella
posizione.
C’era un qualcosa di sicuro in quel calore, di protettivo in
quell’abbraccio.
Perché mai avrebbe dovuto abbandonare un posto dove si stava
così bene?
Stava
sperimentando un tipo di tranquillità che non riusciva
più a provare da molti mesi e che le era mancata. Ne
ricordava il tocco, la
sensazione ma, per quanto si fosse sforzata, non le era stato possibile
ricrearla. Almeno fino a quel momento.
Lentamente
si rese conto che qualcun altro stava occupando
il suo letto.
“Damon?”
chiamò, confusa.
Il
vampiro mugugnò qualcosa e aumentò la stretta.
“Sei
rimasto” constatò lei aprendo gli occhi per
ulteriore
conferma.
“Non
sapevo cosa fare” ammise Damon “Avevo paura di
farti
arrabbiare in entrambi i casi: credevo che mi avresti bruciato il
sedere se me
ne fossi andato; poi ho pensato che me l’avresti bruciato se
fossi rimasto.
Dato che la prospettiva era sempre un po’ di pelle
abbrustolita, ho preferito
approfittarmene un po’. Ti dispiace?”
tentennò.
“Ti
avrei bruciato anche gli occhi se mi avessi lasciato
sola, di nuovo” lo minacciò Bonnie “Ma
ora te ne devi andare”.
Damon
alzò leggermente la testa e la guardò stranito.
Perché
i ragionamenti di quella ragazza dovevano per forza procedere per
contraddizioni?
“Mi
stai cacciando dal tuo letto, sul serio?”.
Non gli era mai capitato prima.
“Devo
cambiarmi, devo uscire. Oggi escono i risultati dei
miei ultimi esami” spiegò Bonnie scostando il
lenzuolo che li copriva.
“Beh…
se vuoi cambiarti ora, non mi offenderò di certo”
ghignò lui mettendo le mani dietro alla nuca.
“Damon
…” lo avvisò.
“Va
bene, va bene” cedette infine. Abbandonò il letto
e si
diresse alla finestra “Se hai bisogno … io sono
qui in giro” disse prima di
volare via.
La
rossa andò a chiudere le tende della finestra.
Probabilmente l’aveva spiata per tutti quei mesi, ora che ne
era al corrente voleva
mantenere un minimo di privacy.
Dopo
essersi lavata e vestita, incontrò alcune sue compagne
in cucina per la colazione; insieme si diressero verso l’aula
magna per
controllare la bacheca degli esami.
Rimase
esterrefatta davanti agli esiti. Controllò più
volte
che nome, numero di matricola e voto fossero sulla stessa linea e che
non se li
stesse confondendo con quelli sotto o sopra.
Aveva
preso il massimo in due esami; il terzo era comunque
un buon risultato, di certo superiore alla media che aveva ottenuto in
quell’anno.
Non
avrebbe mai pensato di poter andare così bene; tra
Damon, la preparazione della festa, si sarebbe anche accontentata di
passarli e
basta.
Forse
la sua rabbia e il nervoso si erano trasformati in una
forte determinazione; forse, per l’ennesima volta, aveva
voluto dimostrare di
potercela fare da sola. E ci era riuscita, senza combinare casino.
Decisamente
un passo avanti.
Le
sue amiche rimasero a scambiarsi i complimenti, lei
preferì tornare alla confraternita. Voleva cominciare a
radunare un po’ delle
sue cose per fare le valigie; non c’era motivo di trattenersi
oltre al campus.
“I
complimenti sono dovuti, credo” si congratulò una
voce
alle sue spalle.
Bonnie
sventolò la mano in segno di ringraziamento ma
continuò a camminare.
“Non
sei rimasta a festeggiare con le tue amiche” notò
Damon
affiancandola.
“Questo
fine settimana parto. Devo sistemare le mie cose”.
“Torniamo
al Pensionato?”.
“Io torno al
Pensionato” precisò la ragazza.
“Peccato,
cominciava a piacermi qui” osservò Damon, come se
non l’avesse nemmeno ascoltata “Dobbiamo rendere
gli ultimi giorni indimenticabili”.
“N-
non …” provò ad obiettare Bonnie.
“Mi
dispiace, scricciolo. Oggi decido io!” la interruppe il
vampiro “Ti porto fuori a cena” le propose.
“Cosa?
NO!”.
“Dobbiamo
festeggiare i tuoi esami. Hai preso degli ottimi
voti; chissà quando ti ricapita” la prese in giro.
“Neanche
per sogno” s’imputò Bonnie affrettando
il passo.
“Ma
dai, Sissi” insistette Damon “Sappiamo come
divertirci
insieme. Ricordi la nostra piccola gita a Greensboro?”.
“Intendi
quella in cui per poco ci rimango secca per colpa
di quei vampiri che ti odiavano? Vago e pessimo ricordo”.
“Dopo
ci siamo divertiti, però” premette il vampiro
“Tu ti sei divertita.
Avrei dovuto fare
un filmato di quello striptease …”.
“Non
era uno striptease!” lo corresse indignata.
“Allora
te lo ricordi!”.
Bonnie
si fermò esasperata e sospirò rumorosamente
“Se
accetto il tuo invito, poi mi lascerai in pace?”.
“I know it
ain’t easy giving up your heart,
I know it ain’t easy giving up your heart.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s perfect.
Trust me I’ve learned it.
Nobody’s
perfect”.
Si
sentiva come un ragazzino al suo primo appuntamento. No,
si sentiva come un ragazzino sfigato ad un appuntamento con la bella
della
scuola, il che era anche peggio.
Per
mesi aveva sognato di avere quell’opportunità;
l’aveva
ottenuta e se la stava facendo addosso. Secoli di esperienza non
servivano a
nulla in quella particolare circostanza. Bonnie lo conosceva troppo
bene,
conosceva i suoi trucchetti, le sue bugie, le sue maschere. La sua
straordinaria
abilità di seduttore non lo avrebbe aiutato a
riconquistarla, le sue battute
ambigue l’avrebbero solo fatta arrabbiare.
Camminava
davvero sul filo di un burrone. Un passo falso e
ogni sua speranza si sarebbe frantumata al suolo, irrimediabilmente e
per sempre.
Quella
sera, però, nonostante l’agitazione, si sentiva
piuttosto ottimista. Le sue intenzioni era state chiare fin dal
principio: la
rivoleva tutta per sé senza riserve, senza compromessi;
soprattutto era ben
deciso a non fermarsi finché non avesse raggiunto il suo
intento e Bonnie lo
sapeva bene.
C’era
solo un modo per allontanarlo: ipnotizzarlo a
dimenticarla; lei aveva quel Potere ma non lo aveva mai usato. Damon ne
era sollevato.
Parcheggiò
la macchina vicino alla confraternita e uscì con
un nuovo spirito. Era vicino al traguardo, ce la poteva fare.
Le
sue certezze iniziarono a traballare quando scorse la
piccola figura della ragazza accovacciata sugli scalini della grande
villa,
vestita in tenuta da casa: calzoncini da ginnastica, magliettina bianca
e
anonima, i capelli legati in una coda un po’ sfatta.
Era
bellissima comunque, ma trovarla così dismessa gli
trasmise una certa inquietudine.
Lei
sollevò la testa e lo salutò con la mano. Damon
non si
avvicinò neppure.
“Stai
bene?” le chiese. Magari era malata.
“Sì”
confermò la rossa “Stasera però
preferisco non uscire”.
“Hai
cambiato idea” intese Damon. Le diede le spalle, deciso
ad andarsene, mortificato da quel rifiuto improvviso e inaspettato.
“No!”
esclamò Bonnie con forza. Si lanciò
giù dai gradini e
lo bloccò prendendolo per una mano. Il vampiro si
girò stupito.
“Seguimi”
lo incitò la strega guidandolo verso il giardino
“Dobbiamo parlare di tante cose; non avevo voglia di aver
gente intorno. Ho
pensato che qui saremmo stati più tranquilli”
spiegò indicando il parco che
circondava la confraternita.
I
timori di Damon si calmarono in un istante.
Continuarono
a camminare per allontanarsi il più possibile
dalla villa e da occhi indiscreti. Damon osservò quasi
incantato le loro mani
che ancora si stringevano: era il primo contatto che condividevano da
quando
lui era tornato.
“Non
hai fame?” le chiese; era ora di cena.
“Ho
già mangiato” rispose tranquillamente lei
“Qui può
andare bene” e si sedette sul prato.
“E’
un gran bella villa” constatò Damon “Sei
fortuna a
vivere qui”.
“Mi
ricorda un po’ il Pensionato” disse Bonnie
“Non ci
credevo quando mi hanno chiesto di far parte della confraternita. Hanno
accettato prima me, sai? Prima di Caroline ed Elena”
raccontò con un moto di
orgoglio “Le cose hanno cominciato ad andare a posto da quel
momento”.
“Ti
hanno scelta per prima”.
“Già”.
Quello
che non hai fatto
tu, pirla. S’insultò
da solo.
“Perché
ci hai messo così tanto?” domandò
Bonnie a
bruciapelo “Hai detto che sono mesi che mi tieni
d’occhio; perché non sei
venuto subito da me?”.
“La
prima volta che sono tornato, volevo solo controllare
che andasse tutto bene. Dovevo partire la mattina dopo ma non ci sono
riuscito,
non potevo staccarmi. Non sono venuto subito da te perché
non ne ho avuto il
coraggio”.
“E
poi, cos’è cambiato?”.
“Quante
volte ti ho deluso, ferito o umiliato? Non sono
proprio il ragazzo modello; ne ho fatte di cazzate, per me è
normale. Un anno
fa ti ho lasciato perché pensavo di proteggerti. Ero davvero
convinto di fare
la giusta, di fare il tuo bene. Dovevo sistemare delle cose nella mia
vita, non
volevo sconvolgerti ancora. Non potevo tornare e sparire
un’altra volta”.
“Damon,
perché sei qui?”.
“Lo
sai perché”.
“Voglio
sentirtelo dire lo stesso”.
“Ti
amo”.
“Ed
era così difficile da accettare anche prima?”.
“No,
ma …” aveva un’idea ben precisa in testa
“Nella mia
vita ho conosciuto solo l’ossessione. Katherine ed Elena sono
state amori a
metà, non erano veramente mie. Non mi sono mai impegnato a
cambiare la mia
situazione perché pensavo di meritarmelo. L’ho
accettato. Mi sono accontentato.
Non pretendevo di più perché non credevo di
esserne degno. Ci ho messo un po’ a
capire che potevo finalmente cercare l’amore che volevo. Tu
sei l’amore che
voglio”.
“Non
so se è un buon punto di partenza”
ragionò Bonnie “Ci
hai impiegato un anno per accorgertene e durante questo anno mi sei
stato
lontano. E se fosse solo un capriccio, Damon? Se ti stufassi ancora?
Non ero un
motivo sufficiente per convincenti a restare, non ero abbastanza.
Magari non lo
sono ancora”.
“Eri
troppo” la corresse lui “Eri travolgente e
… sì, lo
ammetto: non sapevo come gestirti. Non ero adatto a te, alla tua
sensibilità
…”.
“Ora
lo sei?” lo incalzò la strega.
“Probabilmente
no” ghignò Damon “Ma sinceramente non me
ne
frega più niente.
Mi
vuoi? Per me conta solo quello”.
“Te
ne sei andato perché pensavi di non essere quello giusto
e ritorni con la stessa idea? Che c’è di
diverso?”.
“Non
sono quello adatto,
Bonnie, ma so per certo di essere quello giusto.
Tra noi due è sempre stato così …
giusto, ricordi? Non ho molte
giustificazioni, anzi non ne ho nessuna. Vuoi sapere che cosa
c’è di diverso?
Ho imparato a non rovinare ciò che c’è
di bello nella mia vita”.
Bonnie
distolse lo sguardo ma annuì. Iniziava a vedere
chiaro in quel discorso “Hai finalmente capito che
c’è un lieto fine anche per
te” asserì.
“Me
ne sono reso conto da poco. Mi dispiace di averci messo
così tanto”.
“E
Gabby?” saltò su la ragazza.
“Gabby?”.
“Sì,
Gabby!” ripeté indispettita “Era la tua
accompagnatrice
alla festa, ha vinto un appuntamento con te …”.
“Santo
Cielo, streghetta, frena la fantasia” la interruppe
“Volevo venire alla festa e vedere
te,
per quello ho accettato il suo invito. Non c’è mai
stato nessun appuntamento;
l’ho soggiogata perché se ne dimenticasse. Non
provo alcun interesse verso di
lei e non posso credere che tu stia facendo una scenata di
gelosia” concluse
ridacchiando.
“Non
hai nemmeno bevuto il suo sangue?” premette sospettosa.
“Sono
un vampiro, ho bisogno di sangue fresco. Quindi sì, in
questi mesi mi sono nutrito di alcune ragazze, senza spingermi oltre.
Sono
ancora tutte in vita comunque. Ma no, non ho usato Gabby neanche per
sangue. E
se te lo stai chiedendo, tu sei l’ultima che ho toccato in quel senso”.
Bonnie
si stese sull’erba e fissò il cielo in silenzio.
La
sua testa era in una gran confusione. Gli voleva parlare di molte cose,
c’erano
dei punti oscuri che dovevano essere chiariti; improvvisamente tutto
era
passato in secondo piano. Da quanto Damon era ricomparso, lei era stata
piuttosto
brava a tenere a bada i suoi sentimenti. Le era mancato, ma non aveva
sentito
il bisogno impellente di buttarsi tra le sue braccia. Qualcosa nella
sua
fermezza, ora, cominciava ad incrinarsi.
“Cosa
hai sognato ieri notte?” le domandò il vampiro
“Un altro
incubo?”.
“Non
hai frugato nella mia testa per controllare?”
replicò
Bonnie forse un po’ troppo acidamente.
“Non
mi sembrava carino” considerò Damon “So
che era
qualcosa di brutto. Tremavi quando ti ho visto”.
“Era
bello, invece” precisò lei “Ho sognato
mia mamma,
Monica. Non mi capitava da tanto tempo e mi hai lasciata un
po’ scossa”.
“Mi
hai detto di non voler più perdere nessuno” le
ripeté
“Includi anche me nella lista?” aggiunse con un
mezzo sorriso.
“Non
ti ho mai voluto perdere” ribatté la rossa
“La prima
volta è stato mio fratello a mandarmi via e la seconda te ne
sei andato. Tra
noi due, sei tu la mina vagante” gli fece notare.
Allungò una mano fino a
sfiorargli un ciuffo e glielo spostò delicatamente dagli
occhi. Damon sussultò
sorpreso dal gesto.
“C’è
qualcosa di nuovo in te” sostenne Bonnie “Mi ostino
ad
ignorarlo ma è qui davanti a me. Credi davvero in tutto
quello che mi hai detto
e mi hai quasi convinto però … come faccio a
sapere che non scoppierai di
nuovo?” lasciò cadere la mano lungo il suo fianco
e ritornò a guardare il
cielo.
“Suppongo
che mi dovrai concedere un po’ di fiducia; le cose
si sistemeranno con il tempo. So che non è molto”
abbassò il capo quasi a
scusarsi “Te lo ripeto: non sarei mai tornato se non fossi
stato sicuro che questo
è il mio posto. Solo qui
posso
trovare la mia pace, la mia felicità”.
Bonnie
si sarebbe aspettata che almeno una piccola parte del
suo corpo le urlasse di mollarlo lì, di tagliarlo fuori
dalla sua vita per
sempre; invece ogni singola fibra era concentrata su un grandissimo
‘sì’.
Adesso c’era solo da trovare il coraggio di pronunciarlo.
“Penso
che prima tu debba sapere a cosa vai incontro,
però” puntualizzò
Damon.
“Che
altro c’è?” chiese Bonnie preoccupata.
“Ricordi
l’ultima notte che abbiamo passato insieme prima
che tu scappassi per consegnarti a Klaus?” nel suo tono
persisteva ancora una
traccia evidente di rimprovero “Ti avevo proposto di
scambiare il sangue.
Nemmeno io so cosa ci sia dentro di me; sto cercando di capirlo, a
fatica, ma
non potrei dare una risposta certa. Probabilmente ci sono parti di me
che non
ti piacerebbero. Vorrei che le vedessi con i tuoi occhi”.
“Devo
bere il tuo sangue?” domandò Bonnie un
po’ incerta.
“Non
ora” la tranquillizzò Damon
“E’ qualcosa su cui devi
riflettere bene. Sono sempre io, Sissi, sono sempre un gran casinista.
Non ti
biasimerei se rifiutassi di affrontare tutto il marcio che
c’è in me”.
“Adesso”
decise lei “Voglio farlo adesso. Hai ragione:
dobbiamo partire con il piede giusto questa volta; niente segreti,
totale
sincerità”.
Magari
riuscirò anche a
dimostrarti che non c’è niente che non va in te. Pensò.
Damon
acconsentì. La prese per la vita e se la portò
sulle
ginocchia “Ti devo avvisare che sarà una cosa
molto intima: avrai libero
accesso alla mia mente e io alla tua e … beh, ci
sarà del contatto fisico. Se
non vuoi …”.
“Non
m’importa” protestò Bonnie. In
realtà, l’idea di
condividere un momento molto intimo con lui non la disturbava affatto.
I
canini di Damon si allungarono e andarono a tagliare la
pelle del suo polso.
“Piccoli
sorsi, okay? Non t’ingozzare” scherzò.
La
ragazza si portò lentamente la ferita alla bocca; dopo
averla osservata con un’espressione poco convita, premette le
labbra sul
sangue.
Non
era il suo sapore preferito ma c’era di peggio al mondo.
Deglutì con delicatezza, quasi per paura di fargli male.
Passato qualche
secondo, iniziò ad imbronciarsi: non sentiva praticamente
nulla, nessun
piacere, nessun tipo di connessione.
I
sensi del vampiro erano, al contrario, completamente
all’erta. Si trattava di un appagamento che non poteva essere
percepito da un
umano, non senza un aiuto. Damon le accarezzò i capelli fino
a spostarglieli di
lato, scoprendo la pelle del collo. La vezzeggiò prima con
la punta del naso
poi con dei lievi baci, infine la morse, mentre le sue braccia la
intrappolavano contro al suo corpo.
Una
scarica di brividi fece tremare la piccola rossa. Era
giunto anche per lei il momento di provare qualcosa. Si
dimenticò di tutta la
premura che aveva usato qualche momento prima e si avventò
sul taglio aperto,
colta da un’improvvisa assuefazione. Ne voleva di
più, molto di più.
I
suoni di apprezzamento che percorrevano la gola di Damon
non facevano altro che mandarla ancor più su di giri.
Di
colpo venne investita da una luce bianca, fortissima.
Chiuse gli occhi s’istinto. Quando li riaprì, si
trovò sola. Era finita in un
luogo che non riusciva a riconoscere. Per un attimo il panico
s’impossessò di
lei.
Poi
una voce alle sue spalle parlò.
“Ti
conosco?”.
Bonnie
si girò trovandosi di fronte un bambino: pallido,
occhi neri, capelli scuri. Le ricordava qualcuno. Ma
chi?
I
suoi polsi erano incatenati.
“Chi
ti ha fatto questo?” si affannò inginocchiandosi
davanti al piccolo.
“Lui” rispose
quello “Non vuole che me ne vada in giro”.
“Lui
chi è?”.
“Tu
chi sei?” le girò la domanda.
“Mi
chiamo Bonnie”.
Il
volto del bambino s’illuminò di un sorriso
“Lui parla
spesso di te, anche se non se ne rende conto. Lui è felice
con te”.
Bonnie
diventava ad ogni minuto sempre più confusa.
“Grazie
per avergli dato una seconda possibilità”
proseguì
il bambino “Da quando ti conosce, l’atmosfera
quaggiù è più allegra. Le catene
si sono quasi rotte del tutto. Tra poco sarò libero di
volare via”.
A
quel punto Bonnie comprese. Gli prese il volto tra le dita
“Damon?”.
“Mi
chiamavano così una volta” confermò
l’altro “Occupati di
lui, va bene?” la pregò “Anche se non
è facile, occupati di lui. Ti vuole
bene”.
La
rossa annuì con forza e si asciugò gli occhi
“Lo farò”.
Avvertì
qualcosa tirarla via da quel mondo praticamente
inesplorato e venne riportata di colpo alla realtà. Si
staccò bruscamente dal
polso del vampiro.
Damon
abbandonò la presa sul suo collo e si tirò
indietro
allarmato. Tolse le mani dai suoi fianchi per non turbarla.
“E’
così brutto?” sussurrò mortificato e
intimorito da ciò
che Bonnie poteva aver visto. Si era giocato con le sue mani
l’ultima chance si
riaverla?
La
rossa portò l’attenzione su di lui
“No” mormorò scuotendo
la testa; posò le sue mani sulle guance del vampiro
così come aveva fatto con
il bambino “No” ripeté con voce un pelo
più alta.
Le
loro fronti si toccarono. Bonnie sorrideva mentre le sue
mani scendevano ad accarezzargli le spalle.
Damon
era impietrito. Credeva che si fosse trovata faccia a
faccia con il suo lato malvagio e sadico, per questo non capiva il suo
comportamento affettuoso e comprensivo. Lei invece aveva scoperto la
sua parte
più ingenua e innocente, la parte che racchiudeva i suoi
buoni sentimenti e la
sua purezza. Non aveva bisogno di ulteriori prove sulla sua
sincerità.
“Mi
sei mancato” disse spingendosi verso di lui con tutto il
corpo. Il bacio che seguì fu dei uno più naturali
e agognati che avessero mai
condiviso.
Si
strinsero talmente tanto da farsi male ma non vi
badarono. Bonnie strisciò sul suo torace, premendo sulle sue
spalle e per poco
non caddero sul prato.
“Ti
amo” sospirò tra un bacio e l’altro
Damon.
“Ripetilo”
lo supplicò la strega.
“Ti
amo”.
“Ancora”.
“Ti
amo” questo venne accompagnato da un ansito di desiderio
scosse entrambi. Si divisero, a malincuore, per evitare di mettere in
scena un
sexy show nel giardino della confraternita.
“Portami
a casa, Damon” fu l’ultima richiesta di Bonnie.
Rientrarono
al Pensionato la sera successiva. L’ambiente era
buio e freddo, chiaramente disabitato da tempo. La ragazza non ci aveva
messo
più piede da quando era partita per il college.
“Qualcuno
si è occupato di questo posto?” sbottò
Damon
posando a terra le valigie.
“Stefan
è tornato qualche volta per dare una controllata”.
“Spero
vivamente che funzioni l’acqua calda” e con un
balzo
raggiunse la scala.
Tipico
di Damon: spariva per un anno e pretendeva che fosse
tutto pronto e in ordine per il suo ritorno.
Bonnie
lo seguì più lentamente trascinandosi dietro il
suo
borsone. Si fermò al primo piano davanti alla sua stanza.
Accese
la luce e tirò le tende aprendo la finestra almeno
per cambiare l’aria. Vedere la sua cameretta così
dismessa e trascurata le
provocò un moto di tristezza. I mobili erano leggermente
impolverati e spogli.
Erano rimasti solo i suoi giochi da bambina e alcuni vestiti che non
aveva
portato al campus.
Bisognava
trovare una soluzione per gli anni seguenti. Non
poteva lasciare che il Pensionato perdesse tutta la sua bellezza solo
perché
lei non aveva trovato il tempo di passare almeno un weekend nella
villa. Quella
era casa sua, dopotutto.
“Qual
è il verdetto? La caldaia funziona ancora?” chiese
avviandosi in camera di Damon. Si stese sul letto e osservò
il vampiro
controllare il rubinetto del suo enorme bagno.
“Sembra
di sì” confermò lui “Il che
mi fa venire in mente
che sarebbe ora di una bella doccia; vuoi unirti?”.
“Potremmo
lavarci …” suppose Bonnie “O potremmo
usare
questo” propose indicando il materasso su cui era stesa.
“Forse
è più comodo” concordò Damon.
La
rossa si tirò leggermente indietro e aprì le
gambe per
fargli spazio. Nel giro di un giorno le sue prospettive erano
decisamente
cambiate, in meglio. Qualcuno forse l’avrebbe considerata
debole e sciocca per
esserci ricascata così in fretta, ma Bonnie non sentiva di
aver fatto la cosa
sbagliata. Non c’era un momento giusto per cedere; avrebbe
potuto impuntarsi,
ottenendo l’unico risultato di allontanarlo. Avevano
già perso un’infinità di
tempo ed entrambi sapevano che sarebbero finiti di nuovo insieme;
perché
temporeggiare?
“Aspetta
… aspetta” boccheggiò Damon
interrompendo il loro
bacio “C’è un’ultima cosa che
ti devo dire riguardo sai … a quella questione
sulla fiducia”.
“Damon,
io …” provò ad interromperlo la strega
senza
successo.
“Sì,
lo so, lo so! La metafora del bambino come simbolo dei
miei sentimenti è molto poetica, ma non basta. Hai bisogno
di una prova più
concreta”.
Non
le serviva nessuna conferma, invece. Bonnie lo aveva
visto; aveva visto cosa c’era dentro di lui. Il piccolo Damon
le aveva dato il
suo cuore, senza esitazione, le aveva chiesto di prendersene cura. E
sebbene si
trattasse di un gesto bellissimo e nel contempo rischioso, lei aveva
scelto di
donargli il suo in cambio.
C’era
altro da aggiungere?
“Ho
pensato ad un patto di sangue” annunciò il
vampiro. Fu
come sganciare una bomba.
Bonnie
saltò indietro e lo guardò sbalordita
“Ma sei
impazzito?” lo sgridò “Lo sai che
succede se si rompe un patto di sangue?”.
“E’
proprio quello il punto!”.
“Io
non ti voglio morto!” si oppose Bonnie “Devi
rimanere
con me perché lo vuoi e non per paura di morire”.
“Non
ho paura di morire” specificò Damon “Ho
paura di perdere
te. Lo sto facendo per dimostrarti che sono sicuro delle mia scelta.
Non voglio
che tu stia sempre in ansia, non voglio darti insicurezze.
Capiterà che
litigheremo e capiterà che me ne andrò per
sbollire la rabbia, non voglio che
tu stia a tormentarti nel terrore che io non torni più
indietro”.
“E’
una cosa vincolante. Non posso legarti a me in questo
modo, non posso toglierti la possibilità di decidere della
tua vita. Credo in
quello che mi hai detto, credo nella tua sincerità. So che
non mi abbandonerai
ancora; ma anche se dovesse accadere, anche se ti dovessi innamorare di
qualcun’altra, non potrei mai condannarti a rimanere con me
per colpa di un
patto”.
“Tornerò
sempre da te, Bonnie, con o senza patto” affermò
il
vampiro “Non dubitare mai che i miei sentimenti possano
essere influenzati da
qualcosa che non sia il mio cuore. Non voglio ferirti mai
più”.
“Mi
basta questo” s’intestardì la giovane
“Ho parlato con la
tua parte più nascosta, so che non mi faresti del male di
proposito”.
“Se
mi credi, allora, fidati di me ancora una volta” la
pregò “Non mi stai costringendo a fare niente;
è una mia decisione. Ti
appartengo e questa ne è la dimostrazione”.
Prese
la mano di Bonnie e se la portò alla bocca;
graffiò
gentilmente la sua pelle in modo che uscisse qualche goccia di sangue.
Poi
ripeté la stessa operazione con la sua.
“Stringi
la mia mano” le ordinò dolcemente. Intrecciarono
le
dita e il loro sangue si fuse pronto a compiere la magia.
“Damon”
cercò di fermarlo un’ultima volta la ragazza.
“Non
ti farò più soffrire, Sissi, e soprattutto non ti
lascerò mai. Sono tuo e questa è una cosa che non
cambierà mai”.
“Damon”.
“Lo
giuro”. Ora non poteva più tirarsi indietro. Se
mai
avesse violato i termini, sarebbe morto ma il vampiro nemmeno la
considerava
come un’opzione. Era certo delle sue parole, delle sue
intenzioni.
Fece
per ritirare la mano ma Bonnie aumentò la presa e
glielo impedì.
“Anche
io sono tua” aggiunse “E mi riservo la clausola di
rompere il patto qualora non ci siano più le condizioni per
ritenerlo valido”
sentenziò. Sciolse le loro mani e guardò il
vampiro dritto negli occhi “Mi hai
appena offerto la tua vita” gli disse “Questo patto
non deve incombere su di
noi come una condanna; preferirei vederlo come una promessa”.
“Io
non rompo mai le mie promesse”.
“Lo
so; ti credo” gli sorrise “Sappi comunque che per
te c’è
una via d’uscita; dobbiamo essere liberi di scegliere ogni
giorno se rimanere
insieme o no”.
“Sei
la donna più testarda che io abbia mai conosciuto”
sbuffò giocherellando con una ciocca dei suoi capelli
infuocati “Mi lascerai
mai fare qualcosa di carino per te senza ricambiare il
favore?” chiese
sarcastico.
Bonnie
si morse un labbro “Avrei un paio d’idee in
effetti”.
Damon
sogghignò “Se implicano i nostri corpi nudi, sono
a
tua disposizione”.
Ritornarono
a baciarsi, affamati e sognanti, desiderosi di
sentirsi uniti dopo tanto tempo passati separati.
La
maglia del vampiro fu il primo degli indumenti ad essere
sacrificato, seguito subito dalla canotta di Bonnie.
Damon
scese a lambirle il collo e la pelle attorno al
reggiseno e ancora giù per tutto il suo ventre fino
all’ombelico. La rossa
stiracchiò le braccia sopra la testa e chiuse gli occhi. Le
mani di lui le
slacciarono il bottone dei pantaloni e toccarono la zip.
“Bonnie,
sono a casa!” urlò una voce dal piano di sotto.
I
due sul letto gelarono. Damon alzò malvolentieri la testa
abbandonando il calore del corpo della sua streghetta e
guardò incredulo la
porta.
“Dimmi
che era un’allucinazione” sperò.
“Temo
di no”.
“Che
cazzo ci fa qui?” sbraitò incredulo.
“Gli
avevo detto che sarei tornata nel weekend. Forse non
voleva lasciarmi a casa da sola” ipotizzò Bonnie.
“Non
l’hai avvertito che c’ero anche io?”.
“No”
confessò lei colpevole “Non volevo che tornasse
prima
del tempo e ti prendesse a calci”.
“Gran
bel piano, Sissi” borbottò Damon “Sei
riuscita a farlo
tornare comunque prima del
tempo”.
“Bonnie,
ci sei?” la chiamò una seconda voce.
“O
mio Dio, c’è pure la sua dolce
metà” piagnucolò il
vampiro “E’ una congiura?”.
“Dovremo
scendere a salutarli” suggerì Bonnie.
“Oppure
potresti lanciare un incantesimo su quella porta e
sigillarla per tre giorni” fu l’alternativa
più allentate di Damon.
“Non
vedi tuo fratello da un anno” gli ricordò lei
“Io e te
abbiamo aspettato fino adesso; un paio d’ore in
più non ci uccideranno. Hai
detto che avevi un’eternità per
aspettarmi”.
Damon
allargò le braccia sconfitto e si lasciò cadere
pesantemente sul materasso “Sapevo che prima o poi questa
storia
dell’immortalità mi si sarebbe rivoltata
contro” si lamentò.
“Non
essere così tragico” scherzò Bonnie
“Un saluto veloce,
al massimo una cena insieme. Poi possiamo spendere tutta la notte a
parlare.
Abbiamo parlato tanto in queste ultime settimana; mi piace come
cosa” lo
stuzzicò solleticandogli una spalla. Lo avrebbe mandato
fuori di matto.
Damon
sbiancò “Avrà mai un termine
quest’astinenza?” soffiò
esasperato.
Bonnie
gli tirò un leggero schiaffo sul braccio e rotolò
fino ad appoggiare la testa sul suo petto. Il vampiro la
cullò dolcemente. Si
ritrovò a sorridere come un ebete, felice e appagato.
Completo e amato. Avrebbe
lottato con le unghie e con i denti per difendere quella magnifica
sensazione.
La
streghetta poggiò il mento sul suo sterno e si
soffermò
sul suo profilo. Rimasero a lungo in quella posizione: gli sguardi
incatenati e
le dita intrecciate.
Finalmente
erano a casa, insieme.
“I dare you to
let me be your one and only,
Promise I’m worth it,
To hold in your arms,
So come on and give me a chance
To prove I am the one who can walk that mile,
Until the end starts”.
Il
mio spazio:
Ed
eccoci alla fine.
Pensavo
che sarei stata contenta una volta conclusa questa
storia e invece mi ritrovo triste.
Il
primo capitolo è stato pubblicato più di due anni
fa e
ammetto che non avrei mai immaginato di riuscire a completarla.
Sul
mio profilo ci sono un paio di storie incomplete, sul
mio computer ce ne sono molte altre. È assurdo che io sia
riuscita ad arrivare
fin qui.
Questa
storia mi ha lasciato tanto e mi ha insegnato tanto.
Non scrivo solo per piacere ma anche per sfogo e qui mi sono sfogata
parecchio;
mi fa davvero strano aver messo la parola fine.
Sono
affezionata ad Ashes&Wine e ne sono anche orgogliosa.
Mi sono resa conto di poter portare avanti un progetto lungo, cosa di
cui non
mi credevo capace fino a qualche tempo fa. Ero convinta di essere
affetta da un
inevitabile e cronico calo dell’ispirazione; ora sono
più sicura.
E’
innegabile il contributo che mi avete dato anche tutte
voi; il numero delle letture, dei preferiti, seguiti e ricordati e i
vostri
commenti mi hanno davvero aiutato ad impegnarmi; il merito è
anche vostro.
Vi
ringrazio di cuore. Il vostro supporto è stato toccante e
prezioso.
Questa
storia quindi si è conclusa con il lieto fine (dopo
42 capitoli mi sembrava il minimo); spero che siate soddisfatte
dell’epilogo.
Non ne avevo mai scritto uno e mi sono accorto che è
veramente difficile
elaborare un finale.
Ho
volutamente sorvolato sulla questione “vampirismo”.
Bonnie ha solo diciannove anni, è giovanissima. Lei e Damon
avranno tutto il
tempo del mondo per parlare di un’eventuale trasformazione.
A
me Bonnie piace umana, perciò, per quanto mi riguarda, in
futuro riuscirà a trovare un incantesimo che la mantenga
giovane e bella per
l’eternità. Ognuna di voi può scegliere
la soluzione che preferisce. Questo
punto è totalmente aperto.
Comunque
non vi libererete di me: ci vediamo settimana
prossima con il quinto capitolo di Crazy Little Thing Called Love!.
Ora
i ringraziamenti speciali:
- Bumbuni
per aver creato il bellissimo banner
che vedete all’inizio del capitolo.
-
meiousetsuna
per avermi sempre incitato e
supportato, per tutto l’incoraggiamento!
La
canzone s’intitola “One and only” ed
è di Adele.
Grazie
ancora di cuore! Spero che sia stata una lettura
piacevole per tutti.
Un
bacio,
Fran;)