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Autore: Valery_Ivanov    08/09/2007    11 recensioni
Ciao a tutti, questa è la mia prima fanfiction! E' una mia versione alternativa del finale di Beyblade, parte dal momento in cui i Bladebreakers arrivano in Russia!
Dal Terzo Capitolo:
«Fata Bianca! A… aiutami… ti prego…» un bambino di circa cinque anni la stava guardando con occhi imploranti attraverso le inflessibili sbarre della sua prigione. La fata scivolò dentro la cella come prima e i suoi contorni divennero sfocati per pochi istanti, finchè lei non si sedette silenziosamente a terra e poggiò la testa del bambino sulla sua gonna morbida. «Non riesco… a dormire…» singhiozzò il piccolo, aggrappandosi a lei con tutte le sue forze. La creatura schiuse le labbra e parlò per la prima volta, e la sua voce sembrava un soffio di brezza mattutina, fresca e leggera.
«Non preoccuparti…» sussurrò. Kai continuava ad osservare la scena alcuni metri più indietro.
«Grazie Fata Bianca…»
Lei gli accarezzò dolcemente la testa. «Non sono una Fata Bianca…» mormorò, mentre il respiro del bambino si faceva regolare e rilassato. «Puoi chiamarmi… Regina delle Nevi» concluse in un sussurro appena percettibile.
Un istante dopo la porta si spalancò e dei passi si affrettarono verso di loro. Kai fissò spaventato la fata e questa fece lo stesso; dalle profondità del cappuccio due iridi scure brillarono illuminate dal riflesso della luna. Kai si sentì afferrare e trascinare via; oppose resistenza, ma l’altro era più forte – no, gli altri; c’erano tante, troppe mani su di lui. Alzò nuovamente la testa, disperato, e vide la ragazza sillabare una parola. Poi qualcosa lo colpì, e lui perse i sensi.
«Cercami»
REVISIONATA e prossima alla fine!
Genere: Avventura, Mistero, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Yuri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO REVISIONATO IL 6/01/12

 

Salve a tutti, questa è la mia prima fanfiction! Ho deciso di revisionarla visto che mancano due capitoli alla fine e vorrei completarla per bene, lasciandola corretta e disponibile per chiunque volesse leggerla in un secondo momento! Ho anche cancellato tutte le note precedenti a inizio e fine capitolo (lasciando però le risposte alle recensioni) perché a rileggerle mi sembravo parecchio idiota… detto questo, buona lettura^^

 

 

 

 

 

Molti di voi conoscono la storia dei Bladebreakers e delle squadre contro cui hanno combattuto e stretto importanti legami d’amicizia; ma la storia che viene raccontata non rispecchia la realtà di quel che è avvenuto. Un particolare è stato tralasciato nel diffondere il racconto, o meglio: una persona particolare. Ed è giusto invece che la storia la comprenda; anche perché, senza di lei, non ci sarebbe stato un seguito. Ma lasciatemi andare con ordine: per conoscerla dobbiamo tornare molto indietro con la nostra storia, esattamente alla finale del primo Torneo Mondiale vinto dai Bladebreakers, quando la squadra vide il Monastero di Vorkov per la prima volta. Quando Kai li tradì. Quando il ragazzo conobbe i cinque ragazzi che componevano i Demolition Boys. Eh, sì, cinque, non quattro. Perché è proprio nella squadra nemica che si trovava questa persona molto speciale…

 

Capitolo I – Il monastero

 

I Bladebreakers varcarono la soglia dell’imponente monastero, guardandosi attorno con stupore. La struttura era immensa, un intricato labirinto di corridoi bui e porte chiuse, con monaci piuttosto inquietanti che sorvegliavano tutto camminando avanti e indietro come soldati.

Il gruppo raggiunse una vastissima sala in cui numerosi ragazzi si stavano allenando con il beyblade. Quando Vorkov entrò, tutte le attività cessarono. Ognuno strinse in mano il proprio bey e si dispose sull’attenti. Takao li guardò attentamente e notò sulle loro facce rabbia, odio, violenza e crudeltà. Stupito, si voltò verso i suoi compagni, a cui non erano certo sfuggite le espressioni ostili degli altri ragazzi. Rei gli si avvicinò lentamente.

«Sembra che ci odino senza averci mai visti» mormorò il cinese.

«Già…»

In quel momento Vorkov, che finora aveva parlato con un ragazzetto della loro età, li chiamò a gran voce affinché si avvicinassero.

«Allora» esordì. «Chi di voi vuole sfidare uno dei miei allievi? Sarà un incontro amichevole, naturalmente»

«Io!» esclamò subito Takao, desideroso di far luce su quello che per lui era un mistero immenso: come poteva qualcuno avere una simile faccia se non faceva altro che giocare a beyblade?

Si misero in posizione. Uno dei monaci si fece avanti per ricoprire il ruolo di arbitro e alzò quindi una mano sopra il Beyblade Stadium.

«Tre, due, uno… pronti… l…»

Improvvisamente la porta si spalancò e una ragazza comparve sulla soglia. A Takao cadde il lanciatore dalle mani e la bocca gli arrivò quasi a terra. Era la ragazza più bella che avesse mai visto. Ma non era solo quello: era in reggiseno e mutandine!!! Per alcuni istanti nulla si mosse. La ragazza sembrava di ghiaccio, ma da qualcosa nell’aria intorno a lei si intuiva chiaramente che era furibonda. Lentamente, con lo sguardo fisso su Vorkov, attraversò la stanza, scostando i ragazzi che si trovava davanti a lei con delle poderose spinte delle braccia. All’inizio tutti si erano bloccati per la sua bellezza, ma la ragazza trasmetteva una tale sensazione di gelo e timore che era quello, ormai, a tenere tutti inchiodati ai propri posti.

Takao continuava a fissarla, ammaliato. Dopo solo pochi istanti già sentiva di adorare tutto di lei; i capelli corvini, così strani per una russa, erano raccolti in ordinati boccoli che le ricadevano dolcemente sulle spalle, con la riga da un lato, in modo che l’occhio destro era quasi invisibile sotto quella matassa nera. Il corpo non poteva, umanamente, essere criticato: spalle larghe, ma non troppo, schiena dritta che le conferiva uno strano portamento regale, gambe lunghe, affusolate e scattanti, fianchi esili e seno ben sviluppato, mani… le mani erano semplicemente stupende, con le dita sottili, le unghie, tenute appositamente corte, pulite e ben limate. Il colore della sua pelle era rosa pallido, ma acceso, non malaticcio come gli altri russi che avevano visto finora.

L’unica cosa che stonava nel suo aspetto, altrimenti perfetto, erano gli occhi. Non perché fossero brutti, no; al contrario, erano due limpide acquemarine dal taglio preciso e le ciglia lunghe. No, davvero, esteriormente erano stupendi. Ma dentro più gelidi del ghiaccio. Non riuscivi a guardarli, ti mettevano soggezione, paura, disagio, e alla fine desideravi solo di non essere l’oggetto del loro sguardo.

La misteriosa ragazza si fermò davanti a Vorkov e piantò le mani sui fianchi, alzando il mento in modo che fossero visibili entrambi gli occhi.

«Vladimir» sibilò a denti stretti. «Sono stufa di questa storia» la sua voce era gelida e sicura; il suo tono basso e rabbioso. «Trova un altro modo di effettuare le tue prove, perché questo sta diventando pericoloso»

Vorkov sorrise impercettibilmente. «Per te?»

«Per i tuoi ragazzi» ribatté lei sempre più fredda, fissandolo negli occhi. «Ne ho dovuti tramortire otto, prima di riuscire a liberarmi»

Il sorriso dell’uomo si allargò ancora di più. «Non vedo il problema. E’ giusto che i deboli vengano puniti, e se sei tu a farlo tanto meglio»

«Ma non bendata» la voce era un sussurro, sembrava quasi uno spiffero di vento gelido entrato da una finestra socchiusa. «Così rischio di ammazzare qualcuno… soprattutto dopo due ore di quella tortura»

 Vorkov non batté ciglio, anche se Kai ebbe l’impressione che stesse ricorrendo a tutto il suo autocontrollo per non indietreggiare. Effettivamente, quella ragazza era molto strana: per essere una terribilmente arrabbiata non stava urlando, né si dimenava come una forsennata, né aveva afferrato Vorkov per il colletto; insomma, non stava facendo niente di ciò che una persona normale avrebbe fatto in preda all’ira. Lei era semplicemente fredda. Immobile, con la voce ridotta ad un sussurro gelido e gli occhi di ghiaccio. Occhi che non mandavano fulmini, non cercavano di incenerire la persona che avevano davanti. Freddi. Impassibili. Come se, anche nella rabbia, tutta quella situazione non li riguardasse. Come se fossero stati certi che chiunque gli si trovava davanti doveva portare loro rispetto, doveva temerli e sottomettersi, perché nessuno poteva tenergli testa.

La ragazza era rimasta in silenzio, dopo quell’ultima frase, ma Kai lesse tutto questo nei suoi occhi e gli sembrò quasi di ascoltare un lunghissimo discorso. E ne rimase colpito. Molto colpito. Perché lui conosceva quegli occhi, troppo uguali a quelli di Vorkov, troppo uguali ai suoi. Gli occhi di chi è solo, di chi vuole farsi rispettare, almeno per dimostrare a se stesso di non avere bisogno degli altri. Una fitta alla testa lo costrinse a interrompere il filo dei suoi pensieri.

Anche Takao stava osservando la ragazza, ma era decisamente più preso dai lineamenti del suo viso freddo e bellissimo, simile ad una statua di marmo. Max era incantato da quei capelli che sembravano possedere una vita propria, da quella gambe alte e slanciate, da quel portamento da regina. Rei, invece, stava fissando Vorkov. Era l’unico dei Bladebreakers che non si era perso in contemplazione di quella ragazza, perché anche il Prof. Kappa la stava fissando con occhi spalancati; Rei aveva lasciato pochi mesi prima Mao, e il suo ricordo era ancora vivo nella sua mente, troppo vivo per lasciarsi distrarre così fortemente da un’altra. L’espressione di Vorkov lo aveva incuriosito alquanto: sorrideva sotto i baffi, come se fosse stato a conoscenza di un segreto importantissimo per la ragazza, ma al tempo stesso sembrava temerla e si vedeva chiaramente che stava facendo uno sforzo immane per non distogliere gli occhi.

Mentre tutti formulavano questi pensieri la situazione non cambiò di un millimetro. Vorkov stava cercando di prendere una decisione, ma era piuttosto difficile con quelle lame di ghiaccio piantate negli occhi. Alla fine, dopo un’estenuante lotta con se stesso, fu costretto ad abbassarli.

«Molto bene. Fai come meglio credi» l’espressione della ragazza non cambiò; rimase una statua immobile in mezzo alla stanza. «Prima, però, ho bisogno della squadra al completo. Il qui presente capitano dei Bladebreakers» e, sorridendo appena, indicò Takao. «Sfiderà uno dei miei allievi in un incontro amichevole di Bey… e la vostra presenza è necessariamente richiesta»

La ragazza annuì impercettibilmente. Poi si voltò, sempre in silenzio e si diresse verso la porta. Sulla soglia, però, si fermò, voltando leggermente la testa verso il monaco. «Tre braccia rotte, cinque rotule fratturate e un trauma cranico… li ho spediti in ospedale. E… solo due hanno superato la prova»

Vorkov assentì impercettibilmente e la ragazza lasciò la sala.

 

Lo scontro si concluse con la vittoria di Takao, che esultò platealmente davanti a tutti, mentre i suoi compagni di squadra lo maledicevano mentalmente. Sembrava stesse andando tutto bene dopo la comparsa della strana ragazza. Lei era tornata qualche minuto dopo, vestita, e con i suoi compagni di squadra, nessuno dei quali aveva aperto bocca per tutta la durata dell’incontro. Non sembravano una squadra molto affiatata, visto che si erano guardati gelidamente e solo di sfuggita; la ragazza aveva ignorato completamente gli altri, sedendosi a terra lontano da loro.

Fin qui, però, il comportamento degli abitanti del monastero poteva anche passare. I problemi cominciarono quando Vorkov fece trascinare via il ragazzo sconfitto da Takao, mentre questi urlava disperatamente aiuto. Tutti i Bladebreakers scattarono in avanti per impedire quella crudeltà, ma i monaci li bloccarono ad un ordine di Vorkov, che li gelò con lo sguardo.

«Le regole qui al monastero sono molto… dure»

I ragazzi rimasero a fissarlo senza parole.

«Venite» li chiamò la voce gelida della ragazza misteriosa. «Vi accompagno all’uscita»

I Bladebreakers la seguirono senza fiatare, finché Kai, arrivati quasi al portone, decise di esporre la domanda che si teneva dentro da quando erano entrati.

«Che cos’è questo posto?» chiese. «E come mai la squadra russa lavora per quel tale di nome Vorkov? Non è un monaco?»

Max gli lanciò uno sguardo perplesso: non erano un po’ troppe parole, per uno come Kai? La ragazza camminava dritta come un fuso, a passo svelto, e rispose con il solito tono dopo alcuni secondi.

«Noi non “lavoriamo” per nessuno… e voi dovreste essere meno impiccioni»

Rei si chiese come faceva a parlare senza mostrare alcuna emozione, né sul viso né nella voce.

«Hai ragione, scusa» ribatté Kai, sarcastico. «E’ normalissimo trovare dentro un monastero centinaia di ragazzini che si allenano a Beyblade e guardano degli estranei come se avessero voglia di saltargli al collo… chissà perché ci siamo insospettiti»

«Non è affar vostro quello che succede qui dentro. Vorkov non è propriamente quello che si dice un uomo indulgente… l’avrete notato, no?»

«Dai, lascia stare Kai… è chiaro che non riusciremo a scoprire niente da lei… anche se devo ammettere che anch’io sono curioso di scoprire cosa c’è dietro tutto questo» intervenne Rei. L’altro scrollò le spalle e rimase in silenzio.

La ragazza sgranò gli occhi per un istante così veloce che Kai pensò di esserselo immaginato.

«Tu… ti chiami Kai?»

«Sì, perché?»

«Niente»

Erano arrivati al portone.

«Vorrei sapere perché ti interess…» la ragazza lo bloccò con un cenno imperioso della mano.

«Lascia stare, non ti dirò di più. Vorrei solo darvi un consiglio: non entrate più nel monastero. Per nessuna ragione. E, soprattutto, non da soli» mentre diceva quest’ultima frase, fissò Kai dritto negli occhi. Il ragazzo si sentì gelare da quello sguardo, ma al tempo stesso una piacevole sensazione di sicurezza invase tutto il suo corpo. I due sentimenti contrastanti sembrarono lottare, ma alla fine il gelo ebbe la meglio e il ragazzo, per la prima volta, fu costretto ad abbassare i suoi duri occhi ametista che avevano piegato tante altre persone. I suoi compagni lo fissarono stupiti, e la ragazza ne approfittò per chiudere il pesante portone.

«Aspetta!» Takao cercò invano di riaprirlo. «Dimmi il tuo nome!»

Da dietro non giunse alcuna risposta.

  
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