Ricordi
Stavo aspettando seduto accanto alla porta della camera di
Carter da almeno mezz’ora, quando la vidi percorrere il corridoio a testa
bassa.
« Finalmente, Carter! » esclamai.
Lei alzò gli occhi da terra e mi guardò stupita. Mi alzai.
« Mi si sono addormentate le gambe a star qui ad
aspettarti! »
« Colonnello » disse avvicinandosi. « Cosa
ci fa qui? Pensavo fosse in infermeria. »
« Sono riuscito a farmi
dimettere. Incredibile, vero? »
In realtà ero evaso. Quasi.
Lei aprì la porta ed entrò.
« Dovrei parlarti » dissi meccanicamente.
Non volevo separarmi da lei ed era vero che dovevo
parlarle. Era il coraggio a vacillare un po’.
Si voltò a guardarmi e facendosi da parte per farmi entrare
disse: « Prego ».
Avanzai nella stanza. Era proprio come me l’immaginavo.
Proprio in stile Carter.
Mi chiese se volevo da bere. Le risposi con un semplice
“no, grazie” e lei mi si avvicinò e mi fece segno di accomodarmi sul divano. Si
sedette di fronte a me su un tavolino di legno.
« Senti, Carter… » cominciai.
Mi guardò.
« Sì? » disse.
Le mani mi sudavano ed ero davvero a disagio. Non perché
mi trovassi male con lei, ma sapere che era lì davanti a me tutta concentrata
per ascoltare me…mi imbarazzava un po’.
« Beh…grazie. Per non aver
perso la speranza di salvarci. Per aver fatto tutto il possibile e anche di più
per riportarci a casa. Per averci dato la speranza di sopravvivere… »
Mi interruppe.
« Signore, ma non è solo merito
mio. Anche voi avete contribuito. E poi Daniel, mio padre, il generale
Hammond…anche i Tok’ra… »
Questa volta la interruppi io.
« Fammi finire » dissi.
Sapevo che se mi avesse
interrotto ancora non avrei avuto la forza di arrivare fino in fondo.
Lei annuì.
« Dopo che Teal’c si è messo a
meditare, ho ripensato a tutto ciò che poteva darmi la forza di tirare avanti
fino all’arrivo dei soccorsi. A sopportare il freddo, la mancanza di ossigeno,
il silenzio radio…L’unica cosa che mi è venuta in mente sono le persone che ho
incontrato in questi ultimi anni. Il generale Hammond, Daniel, Teal’c. E
soprattutto tu. »
Mi guardò a bocca aperta. Io mi
alzai e mi avvicinai. Mi inginocchiai davanti a lei, presi le sue mani tra le
mie e la guardai negli occhi. La vidi arrossire, ma non mi fermai.
« Sei tu che mi hai fatto
resistere fino all’ultimo. Quando ho sentito la tua voce credevo di sognare. E
poi ti ho vista. Non ci credevo, davvero. Eri arrivata fino a lì per salvarci!
Io…pensavo di non avere più alcuna occasione di vederti e invece eccoti lì,
a…quanti metri saranno stati? Dieci, venti? Ah, non importa! Quello che voglio
dire è che pensavo di non avere più la possibilità di dirti quanto ti sono
grato per tutto quello che hai fatto per me. »
Portai lo sguardo sulle sue
mani. Poi lo posai nuovamente su di lei.
« Quando mi sono reso conto di
non avere quasi alcuna possibilità di rivederti, mi sono ripromesso che se
invece ti avrei rincontrato te l’avrei detto, te l’avrei confessato. »
Mi interruppi. Lei mi guardò
preoccupata.
« Detto cosa? Colonnello? »
chiese.
Presi il coraggio a due mani.
Era talmente poco che sarebbe bastato un cucchiaino. Ma dovevo andare avanti.
« Samantha Carter, io ti amo.
Non puoi immaginare nemmeno quanto. E non m’importa se le regole non me lo
permettono! Ti amo e niente e nessuno potrà mai impedirmelo. »
Rimasi in attesa.
Lei era alquanto…scioccata. Si
alzò e si allontanò un po’ da me. Mi alzai anch’io. Mi dava le spalle.
« Ricorda quando ci hanno
modificato la memoria su quel pianeta ghiacciato e ci facevano lavorare in
quella fabbrica? » mi chiese.
« Sì. »
« Ricorda che le avevo detto
che c’erano delle cose di quel posto che mi piacevano? »
« Sì » le risposi.
Non riuscivo a capire dove
volesse andare a parare. Si voltò ma il suo sguardo era rivolto a terra.
« Lei mi disse che ricordava i
sentimenti. Beh, io ricordavo la sensazione di non poterle stare accanto come
avrei voluto. In quel posto potevo appoggiare la testa sulla sua spalla senza
che nessuno mi dicesse niente. »
Il mio sguardo era fisso su di
lei. Aspettavo paziente la fine del suo discorso. Anche perché non capivo cosa
volesse dirmi.
« Colonnello… » disse.
La vidi chiudere gli occhi e
respirare a fondo. Poi alzò lo sguardo fino ad incontrare il mio.
« Jack…anch’io ti amo. »
Il peso che fino a quel momento
rischiava di schiacciarmi il cuore e che mi impediva di respirare si dissolse.
« Non aspettavo altro » dissi.
Avanzai verso di lei, la presi
tra le braccia e la baciai. Lei si abbandonò completamente contro di me, come
l’altra volta.
Oh, cavolo! Dovevo dirglielo.
Quando ci separammo lei colse
l’espressione seria sul mio volto.
« Che c’è? » mi chiese.
La presi per mano e la portai
fino al divano dove la feci sedere. Io presi posto dove prima sedeva lei.
« C’è…c’è un’altra cosa che ti
devo dire. »
« Sentiamo. »
Non sembrava per niente
preoccupata. Ma io lo ero. Cosa avrebbe pensato di me?
« Sai…ecco… » esordii.
Alzai lo sguardo ma incontrare
il suo mi fece nuovamente abbassare il mio. Perché doveva essere così
difficile?
« Ricordi quando siamo stati su
quel pianeta e dopo io e Teal’c abbiamo rivissuto sempre la stessa giornata? »
« Sì, il pianeta era P4X-639. »
« Sì, sì, come diavolo si
chiama. »
Come faceva a ricordarsi ancora
il nome?
« Ma che centra, sign…ehm…Jack?
»
Sorrisi. Era così abituata a
chiamarmi “signore” che si era dimenticata che da cinque minuti mi chiamava
“Jack”.
« Beh, ricordi che mi avete
chiesto se avevo mai fatto qualcosa di assolutamente pazzo? »
« Sì, ma tu non hai mai voluto
risponderci, mi pare. »
Colpito e affondato.
« Beh, ho fatto delle cose
pazze. Ma quella che deve interessarti è una. Forse dopo che mi avrai ascoltato
vorrai prendermi a schiaffi. Libera di farlo, ma prima ascoltami. »
In realtà speravo non
succedesse.
Lei annuì. Così continuai.
« Beh…insomma…ho dato le
dimissioni. »
« Cosa?! » esplose. « Hai
lasciato l’SGC?! Perché?! »
« Volevo fare una cosa » dissi
preoccupato dalla sua reazione.
Se aveva reagito così perché
avevo abbandonato la squadra…
« Cioè? »
« Beh, ho portato le dimissioni
al generale Hammond e tu eri lì vicino. Quando mi avete chiesto il motivo…ti ho
baciata. »
La guardai. Era immobile.
« Sam, tutto bene? » le chiesi
prendendo posto accanto a lei.
Si voltò a guardarmi.
« Hai dato le dimissioni per
baciarmi? »
« Sì » ammisi.
Continuava a guardarmi con
un’espressione indecifrabile.
« Sei arrabbiata? » mi
informai.
« No. Non lo sono affatto.
Anche se dovrei, visto che l’hai fatto solo perché nessuno se lo sarebbe
ricordato a parte te… »
Sorrisi imbarazzato. Ero
sollevato dal fatto che non si fosse arrabbiata.
« Ti amo, Jack. »
La guardai stupito. La vidi
avvicinarsi a me e sentii le sue labbra posarsi sulle mie.
« Ti amo » disse continuando a
baciarmi.
La strinsi tra le braccia e lei
portò le sue dietro il mio collo. Continuavamo a baciarci. Infine le posai le
labbra sulla fronte. Poi la guardai sfiorandole il collo con una mano.
« Anch’io ti amo, Sam » le
sussurrai.
Mi sorrise. Poi si alzò e si
diresse verso una porta.
« Vado a farmi un bagno.
Aspettami qui » disse.
Entrò e socchiuse la porta.
Sentii l’acqua che riempiva la vasca. Mi guardai intorno. Sulla parete di
fronte a me c’era un orologio. Segnava le…
Oddio! Com’era tardi! Dovevo
andare da Hammond!
Mi alzai e mi avvicinai al bagno.
Quando mi affacciai alla porta vidi Sam distesa nella vasca, un tappeto di
bolle che la ricopriva. Teneva la testa appoggiata al bordo, gli occhi chiusi.
Il solo guardarla mi faceva sentire felice. Sorrisi. La sentii sospirare.
« Che c’è, ti sei pentita di
avermi invitato ad entrare? »
Lei si voltò, sorpresa. Mi
avvicinai.
« Da quanto sei qui? »
Mi sedetti sul bordo della
vasca.
« Uhm…un po’. Ma non
preoccuparti, non ho visto niente. Purtroppo. »
Mi sporcò con la schiuma.
« Maggiore » la rimproverai.
Mi chinai su di lei e la
baciai.
« Vuoi unirti a me? » chiese.
« Lo farei volentieri, ma il
generale Hammond mi aspetta per il rapporto. »
Sbuffò. Sorrise e mi chinai di
nuovo per baciarla.
« Devo andare » bisbigliai.
Raggiunsi la porta. Poi mi
voltai e tornai indietro.
« Un ultimo bacio » dissi
posando le labbra sulle sue. « Ti amo. »
Sorrise. Poi uscii dalla sua
camera.