Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Zwart Bloed    25/02/2013    2 recensioni
Scegliere ciò che si vuole diventare è facile, ma accettare tutte le conseguenze che comporta la tua scelta, no. Se diventi una come me, e ti capita di bere quel sangue maledetto, hai due sole opzioni.
O diventi come lui.
O muori.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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2. New mission

Nuova Missione

 

 

 

Dovetti ammettere però che Axel ci sapeva davvero fare con i combattimenti. Ben presto arrivò la sua prova, contro dei Demoni della Quinta Cerchia, e collaborando come una squadra ne uccidemmo sei in una settimana, insieme a molti altri. Ora dovevo solo comunicargli che era diventato il mio partner, purtroppo.

L'occasione di parlargliene la trovai in uno dei pomeriggi di novembre. Era il nostro giorno libero e lo stavamo passando a casa mia a leggere alcuni rapporti dei miei sottoposti.

Bene,– dissi poggiando i fogli che avevo in mano. –E' ora di parlare un po' della tua chance.

Axel, seduto nello stesso posto sul divano che occupava da due settimane a questa parte -per inciso, non dormiva a casa mia, veniva da me solo quando dovevamo leggere quei fottuti rapporti-, distolse lo sguardo dai fogli bianchi relativi alla nostra ultima missione e mi fissò sorseggiando il suo caffè.

Cosa c'è?– domandò perplesso, ma alzando la guardia. Gli rivolsi uno sguardo eloquente per fargli capire che non c'erano trabocchetti, stavolta. Sì, è vero, non ho saputo resistere. Ogni tanto gli facevo delle domande a bruciapelo per sapere qualcosa in più sulla sua vita da Arcangelo.

Axel, infatti, è stato uno dei principali Arcangeli di Dio il quale si è innamorato della sua protetta e a cui sono state strappate le ali. Ma insisteva a non volermi dire chi diamine era costei.

Hai superato la prova– dissi soltanto, quasi noncurante. Ripresi a leggere un rapporto del ragazzo di circa vent'anni che mi aveva tartassato di domande qualche tempo fa al bar di Carm, fingendomi distratta ma aspettando comunque la sua reazione. Axel sembrò non capire, e rimase perplesso per circa dieci minuti buoni prima di afferrare il senso della frase. Che cretino. Poi improvvisamente capì e i suoi occhi si illuminarono.

Davvero?– chiese. Mi domandai perché ne fosse tanto contento, infondo era solo un posto di lavoro! Mah.

Davvero davvero.

Quando alzai lo sguardo sussultai ritrovandomelo davanti, era più vicino di quanto pensassi. E si era mosso piuttosto in fretta. Deglutii davanti al suo sorriso.

Ora dovrai seriamente imparare ad avermi tra i piedi– scherzò sedendosi al tavolo dov'ero appoggiata. Io mi alzai, mollando i fogli e prendendo un bicchiere d'acqua, Axel mi aveva spaventata. Bevvi tutto in fretta, rischiando quasi di strozzarmi.

Tutto bene?– mi chiese il ragazzo, preoccupandosi. Voltandomi gli feci la linguaccia e tornai a bere. Appena finito poggiai il bicchiere di vetro sul lavandino e mi girai.

Sto benissimo, solo che ho avuto un mancamento quando hai detto che ti avrò tra i piedi. Sarà un'esperienza davvero terribile– scherzai poggiandomi una mano sulla fronte con fare teatrale. Il moro alzò un sopracciglio, scettico, poi entrambi scoppiammo a ridere.

 

Passammo la serata di nuovo sommersi di lavoro, finendo verso le due del mattino entrambi con una tazza di caffè in mano.

Sono a pezzi..– si lamentò il moro passandosi una mano sulla faccia. Lo squadrai. –E non sei il solo– aggiunsi sorseggiando ancora il caffè. Essendo ormai freddo, però, mi alzai e lo versai nel lavandino, poi presi i fogli sul tavolo e li misi dentro la cartella che avrei dovuto consegnare tra circa sei ore a mio padre. Mi buttai sul divano, subito seguita a ruota dal ragazzo.

Ma come fai a sopportare questi orari?– mi chiese con voce incredula. Gli lanciai un'occhiata, sbadigliando. Ghignai, pensando alla risposta ma dicendo tutt'altro.

Hai delle occhiaie oscene– lo sfottei. Mi incenerì con gli occhi, prendendo un cuscino e lanciandomelo in faccia.

Da che pulpito– borbottò incrociando le braccia. Scoppiai a ridere, trattenendo un altro sbadiglio e appoggiai la testa allo schienale del divano. Sbadigliai di nuovo, e pensai che se l'avessi fatto ancora mi si sarebbe slogata la mascella. –Secondo te c'è qualcosa di interessante in TV alle due di notte?

Squadrai Axel con un sopracciglio alzato. –Ma che cazzo dici?– fu la mia risposta. Presi il cuscino che mi era stato lanciato e lo appoggiai ad uno dei braccioli del divano, sdraiandomi in seguito e portando le gambe sopra lo schienale. –Ti pare che c'è qualcosa di interessante a quest'ora?

Scusa, era per chiedere– replicò lui dandomi un pizzico sulla coscia. Lamentandomi gli picchiai il tallone in testa, e lo scalciai via dal divano ridendo. –Sta ferma!– sbottò alla fine il moro, divertito, mentre mi afferrava le caviglie e mi tirava verso di sé. Non appena il suo volto fu sopra il mio, però, si bloccò arrossendo un poco. Anch'io smisi di ridere, colorandomi, e rimasi a fissare i suoi occhi verdi. –Calipso, io...– cominciò, ed ero certa che senza nemmeno rendersene conto si stava avvicinando ancora. Il mio cuore batteva fortissimo, ma all'ultimo mi ritrassi liberandomi le caviglie e mettendomi a sedere. Sospirammo entrambi, e non parlammo più per l'intera serata. Verso le tre di notte mi addormentai, quasi spontaneamente, sul divano in sua compagnia e mi risvegliai alle otto. Aprii gli occhi piano, assonnata e stanchissima.

Fottutissima sveglia– borbottai prendendo un cuscino a lanciandola verso il mio telefono che stava sul comodino. Mi accorsi di essere appoggiata a qualcosa, e che la mia mano sinistra stava appunto stringendo qualcosa. Mi voltai lentamente, capendo di aver dormito con la testa sulla spalla di Axel e che gli stavo tenendo la mano.

Scattai in piedi, sconvolta, e mi presi la testa tra le mani. –Porca miseria, che casino..– mormorai poggiando una mano sul fianco e l'altra sulla fronte. In quel momento anche il moro si svegliò e mi lanciò uno sguardo perplesso.

Che succede?– mi chiese vedendomi un poco agitata. Presi un respiro profondo per tranquillizzarmi e minimizzai la situazione con un gesto della mano. Andai verso il mobiletto della cucina e presi un bicchiere d'acqua svuotandolo in un soffio. Mi ritrovai Axel alle spalle e in quel momento fui seriamente irritata dal modo silenzioso in cui muoveva. –Tutto bene?– domandò con premura. Gli lanciai un'occhiata, schioccando la lingua.

Dobbiamo consegnare i rapporti a mio padre, andiamo– gli ricordai prendendo le mie due pistole e il giacchetto di pelle nero. Lo indossai mentre scendevo le scale e guardai alle mia spalle per vedere se l'Angelo mi stava seguendo. Andammo dritti all'ufficio di mio padre e bussai in fretta come al solito. Dopo un paio di minuti papà venne ad aprirci e ci salutò con un sorriso mentre finiva una telefonata.

Sì, sì, ne riparleremo in Riunione– assicurò alla persona dall'altra parte del cellulare. –Sarà tra cinque giorni esatti, proprio così. No, non la Riunione, la missione! Ci conti, signor Presidente, ci vedremo lì– sospirò infine chiudendo la chiamata e lasciandosi andare sulla poltrona dall'altra parte della scrivania. Ci guardò sorridendo, notando la borsa con i rapporti.

Chi era al telefono?– domandai con curiosità. Michael liquidò l'argomento con un gesto della mano.

Il Presidente degli Stati Uniti– rispose, alzandosi per prendere un libro dalla libreria alla sua destra. –Voleva sapere quando si terrà la Riunione con gli altri capi del Governo mondiale, nulla di importante. Vogliono essere messi al corrente della situazione con le Creature Infernali.

E di quale missione stavi parlando?– intervenne Axel, curioso quanto me. Gli lanciai un'occhiata e lui fece spallucce.

Tra cinque giorni ci sarà un'importantissima spedizione nell'Irlanda del Sud, contro un gruppo di mostri che vi si sono stabiliti– rispose, tornando serio, e sedendosi di nuovo. –Calipso, esigo che entro questi cinque giorni tu insegni ad Axel ogni cosa su i mostri Infernali, in quanto suppongo lui sappia quanto serve solo per i Demoni. Voi due verrete con noi.

Con noi?– ripetei io bloccando una domanda del moro sul nascere.

Ci saranno tutti i presidenti dei vari rami dell'Organizzazione, ed essendo tu responsabile del reparto Demoni devi essere presente. Axel, in quanto tuo partner, sarà costretto a seguirti– rispose, ma dal suo tono mi pareva più un ordine che una normale frase di risposta. Lo guardai strano, e papà guardò me.

Quanto sarà pericoloso?– domandò Axel. Lo ignorammo entrambi, concentrati.

Di quali stiamo parlando?– dissi io, invece, cupa. Michael sospirò, passandomi il libro che aveva preso. Osservai attentamente la copertina, irrigidendo la mascella. Si trattava di Hell scritto dalla nostra Organizzazione per far capire meglio alle Matricole a quale gioco avevano deciso di giocare. Lo passai ad Axel, che sfogliò un paio di pagine, perplesso.

A cosa ci serve?– chiese, scorrendo velocemente l'indice. Sospirai.

Ci saranno tutte le Otto Cerchie– rispose dopo molto tempo l'uomo dall'altra parte della scrivania. Un lungo brivido mi corse lungo la colonna vertebrale. Sapevo che l'Angelo vicino a me era solo confuso, perché probabilmente non capiva la gravità della situazione.

Saremo pronti– feci, alzandomi in piedi. Lasciai la cartella sul tavolo e con un cenno dissi ad Axel di alzarsi anche lui, poi guardai mio padre con decisione. –Tra cinque giorni– ripetei, prendendo un altro respiro profondo. Uscimmo dal suo ufficio e mi fermai in corridoio solo perché il ragazzo mi aveva preso per un polso.

Non ci ho capito un cazzo di questa storia, sai?– esordì con voce seccata. –Puoi concedermi una spiegazione?

Scrollai come mio solito il polso, aggrottando le sopracciglia. –Andiamo, coraggio– dissi, riprendendo a camminare. –Tra cinque giorni andremo nell'Irlanda del Sud a sterminare un gruppo di Demoni che si è stabilita lì. La situazione è molto grave perché ci sono componenti dalla Prima all'Ottava cerchia, e questa è la seconda volta in trentanni che accade– spiegai.

Io sapevo che ce ne fossero nove, di Cerchie Demoniache– mi interruppe.

E' così, infatti, ma nessuno ha mai visto Lucifero di persona, salvo...– stavolta mi interruppi spontaneamente, mentre il cuore mi si stringeva in una morsa di dolore.

Salvo?– mi incoraggiò il ragazzo a continuare. Lo guardai storto.

Nessuno– mi contraddissi. –Non si conosce quale sia il suo reale aspetto, e si pensa che nessuno verrà mai a saperlo, a meno che non muoia subito dopo.

Ci allontanammo di nuovo, ritornando a casa mia, e appena entrati lanciai il libro sul tavolo. Mi sedetti sul divano ed accesi la televisione, mettendomi a girare i canali appena cinque secondi dopo aver visto che programma c'era. Sentii il moro sedersi accanto a me, ma non volli voltarmi.

Mi stai facendo venire mal di testa– disse Axel con voce piccata. Continuai a cambiare canale.

Non mi interessa– gli risposi, seria. Allora, contrariato, cercò di strapparmi il telecomando di mano, ma io di contro opposi resistenza cercando di allontanarlo. Il risultato? I nostri visi furono di nuovo vicinissimi mentre lui cercava di raggiungere il mio polso destro per afferrarlo e prendere possesso del telecomando. –Staccati– ansimai stringendo la mascella. Lui fece schioccare la lingua, stanco, e si sporse di nuovo per riuscire a prenderlo.

Spegni quella televisione!– urlò notando che mentre stavamo lottando io continuavo a cambiare canale. Scossi la testa, voltandomi di schiena per alzarmi dal divano, ma il moro mi prese per i fianchi ributtandomi su di esso. Presa di sorpresa riuscì a strapparmi il telecomando di mano e spense l'apparecchio. –Finalmente!

Gli lanciai un cuscino contro, alzandomi lo stesso e notando che avevo le guance calde. Mi diressi in cucina e aprii il frigorifero, dato che non avevo fatto colazione, e presi un bicchiere di latte. Ne svuotai uno subito, ma ne presi anche un secondo. –Se bevi così veloce ti strozzerai– mi ammonì il ragazzo raggiungendomi, e così avvenne. Mi andò il sorso di traverso e mi piegai in due tossendo.

Idiota– tossii versandogli il resto del latte in faccia. Posai il bicchiere nel lavandino e gli indicai dove fosse il bagno, ma non si mosse.

Ma che hai oggi?– domandò invece, incrociando le braccia.

Nulla che ti interessi– lo zittii. Lo guardai di nuovo, e vederlo con i capelli appiccicati alla fronte dal latte che gli gocciolava sulle guance mi fece scoppiare a ridere di gusto. Crollai su una sedia, ridendo e il moro si finse offeso.

Ehi, che hai da ridere?– chiese, stizzito. Tentai di parlare, ma ridevo troppo, così alla fine presi la bottiglia d'acqua e gliela svuotai in testa per togliergli il latte. Smisi un poco di ridere, appena il necessario per parlare. –Ma sei pazza?!

Sporco di latte eri davvero comico– gli dissi sorridendo con le mani sui fianchi. Lui mi guardò con un'occhiata assassina e indicò la propria maglietta fradicia.

Sono zuppo, cosa cazzo centra– replicò. Scrollai le spalle.

Te l'ho detto dove sta il bagno, vatti a dare una sciacquata, non so– feci, noncurante. Appena se ne fu andato con uno sbuffo mi misi ad asciugare il pavimento che si era bagnato per colpa dell'acqua che gocciolava dal corpo di Axel.

Fatto questo, presi Hell e mi sedetti di nuovo sul divano cominciando a leggere. Sapevo già tutto quello che conteneva, in fondo io stessa avevo un bel po' di capitoli, ma in ogni caso rileggere mi diede una sensazione di nostalgia. Ricordavo che avevo appena tredici anni quando sparai al primo Demone, ed ero vicino a mio padre che mi proteggeva. Gli avevano graffiato una spalla ed era caduto a terra sanguinante, così io avevo preso la sua pistola e avevo premuto il grilletto per puro istinto di sopravvivenza. Da quel giorno mi ha addestrato a combatterli, e sono diventata quella di ora.

Senza rendermene conto passarono due ore, ma Axel era improvvisamente scomparso. “Forse è ancora in bagno” mi dissi, ma nessuno rimaneva così tanto in bagno. Mi alzai dal divano lasciando lì il libro e mi diressi verso il corridoio. Controllai nella mia stanza, in quella degli ospiti e nello sgabuzzino, ma non v'era traccia di lui. Alla fine mi rimase solo la porta bianca del bagno e sospirando bussai.

Axel, sei lì dentro?– feci non sentendo nessun rumore. Sentii il moro che ridacchiava.

No, sono un fantasma– mi prese in giro. Lo insultai mentalmente, pensando che era più bella la prima impressione che avevo avuto di lui, cioè quella di un ragazzo carino e dolce. Non poteva certo piacermi di più ora che lo pensavo come uno un po' stronzo. Sbuffai, scocciata.

Posso entrare?– domandai e lo sentii ridere di nuovo.

Se proprio vuoi– rispose, enigmatico. Mi chiesi cosa diamine volesse dire con quella frase, ma aprii comunque la porta e feci per parlargli, solo che mi bloccai all'istante, sconvolta. Axel era di fronte a me, poggiato al lavandino di schiena, completamente nudo fatta eccezione per l'asciugamano bianco che lo copriva dall'inguine al ginocchio. Paralizzata e con la bocca aperta, percorsi tre volte tutto il suo profilo scolpito prima di annaspare in cerca dell'aria che mi mancava. –Va tutto bene?– mi sfotté lui notando l'effetto che mi aveva fatto. Sentivo le guance in fiamme e il cuore battere all'impazzata, ma non riuscivo a togliere gli occhi di dosso da quel corpo... Angelico.

Presi un bel respiro, poi afferrai la prima cosa che avevo sottomano -lo shampoo- e glielo lanciai contro. Sapevo che aveva i riflessi pronti, ma mi irritò comunque quando afferrò il flaconcino senza farsi nulla e mosse un paio di passi verso di me. –Ti sei fatto la doccia in casa mia?!– sbottai, ancora rossa di vergogna. Ecco perché rideva, quello stronzo.

Mi avevi completamente inzuppato, dovevo pur cambiarmi no? E poi avevo ancora il latte nei capelli, così mi sono fatto una doccia e sto aspettando che si asciughino e i vestiti– ghignò. Strinsi i denti e feci per dargli uno schiaffo, ma mi bloccò il polso. –Aha, non ci provare– mi ammonì, avvicinandosi di più. Con uno strattone mi liberai e richiusi la porta con un tonfo.

Sei un bastardo!– urlai. Axel rise di nuovo.

Ma tu mi stavi mangiando con gli occhi, non negarlo!– replicò. Mi venne voglia di colpirlo ancora, ma non volevo rischiare mio malgrado di rimanere per la seconda volta paralizzata.

Vai a farti fottere!– gridai, dunque. Mi allontanai velocemente dal bagno e tornai in salone, presi le mie due pistole, le misi nella cintura e scrissi un biglietto per quel coglione di Axel. Detto questo lo rilessi, ed uscii. Il biglietto diceva:

 

Caro coglione,

Se mi cerchi sono nella palestra nei sotterranei, nel

reparto per le pistole. Sto sparando a quelle sagome

di cartone immaginando che la testa di ognuna di esse

sia la tua faccia.

A dopo,

Calipso

 

Scesi dunque nei sotterranei, salutando di tanto in tanto qualche collega mio o di mio padre. Ad un certo punto, arrivati al reparto che mi interessava, fui fermata da Carl.

Che ci fai qui?– domandai con un sorriso, sorpresa di vederlo alla base. Lui scrollò le spalle.

Oggi ho chiuso il locale per riposarmi un po' e fare una visita a tuo padre– mi rispose. Poi si guardò intorno come per cercare qualcuno. –Ma dov'è il tuo ragazzo?

Arrossii di nuovo, balbettando. –Il mio.. Il mio ragazzo?! Io non ho un ragazzo!– replicai, scioccata. Carl mi guardò perplesso, poi comprese.

Ah, quindi l'Angioletto non è il tuo ragazzo?– domandò, e io scossi la testa con forza. –Peccato, state bene insieme.

Borbottando un saluto a mezza voce mi allontanai, piccata, e raggiunsi il reparto che mi interessava e presi le cuffie che mi avrebbero protetto i timpani dal rumore degli spari. Registrai le mie due pistole -Eris ed Iris- come ogni giorno e presi posto alla mia fila. Mi comparve davanti la prima sagoma di cartone e sparai tre colpi, staccandogli la testa di netto. La stessa sorte dovette subire la seconda, mentre la terza fu bucata al centro del petto.

Continuai così per un'ora di fila, finché al posto di immaginarmi unicamente la testa dell'Angelo al posto delle sagome non rividi anche il suo petto scolpito. Deglutii togliendomi la visiera e le cuffie ed appoggiandomi al muro. Sentivo di nuovo le guance bollenti e il sudore che mi colava dalla fronte non mi aiutava di certo.

Sentii improvvisamente un brivido sul collo. –Buh– mormorò qualcuno al mio orecchio, facendomi sobbalzare. Mi voltai puntando la pistola di destra, cioè Eris, contro questo qualcuno e caricai il colpo non appena riconobbi Axel con quel suo ghigno derisorio. –Ti ho fatto paura?– domandò fingendosi premuroso ed innocente. Premetti di più la canna sotto il mento del ragazzo, che non si tolse quell'espressione dal viso. Strinsi i denti, reprimendo il desiderio di sparare sul serio sapendo che era solo un capriccio dovuto alla giornata stressante, e lo lasciai andare.

Vaffanculo– mormorai, rimettendo Eris nella cintura e cercando di allontanarmi. Però il ragazzo mi abbracciò da dietro stringendomi i fianchi e gli lanciai un'occhiata inceneritrice. –Mollami.

Hai saputo che secondo alcuni siamo fidanzati?– ghignò lui, invece. Mi baciò la guancia con un sorriso, e sapevo che lo faceva per farmi incazzare, ma comunque non riuscii a trattenermi. Mi voltai spingendolo via con le mani sul petto, e lo feci ridere. –Ehi, partner, mi sembri nervosa oggi.

Ehi, coglione, smettila di sfottere e rimetti i piedi per terra– replicai, acida. –Non so cosa ti prenda oggi, ma prima mi prendi in giro, poi ti fai la doccia in casa mia e nemmeno mi avverti.

Dillo che però t'è piaciuto– mi interruppe.

No, non m'è piaciuto. E come ultimo punto mi blocchi domandandomi se sapevo che per alcuni siamo fidanzati, ma ti sei drogato?– continuai. Lui mi lanciò un'occhiata divertita, ma sembrava lasciar perdere per il momento. Per fortuna. Tornammo a casa mia, anche se mi chiedevo perché mi stesse seguendo, e dato che avevo bellamente saltato il pranzo ed erano circa le sei di sera presi a preparare la cena. –Hai intenzione di andartene o mi perseguiterai anche stasera?– sbottai infine vedendo che mi teneva d'occhio seduto su una sedia. Vederlo mi costava ancora un po' di fatica, perché se incrociavo i suoi occhi mi tornava in mente l'episodio al bagno. Lo sentii sospirai e mi parve che fosse meno divertito di prima.

Sei molto arrabbiata?– domandò, davvero con dolcezza questa volta. Gli lanciai un'occhiata, confusa dal suo continuo mutare comportamento, e annuii.

Anche offesa, dopo il modo in cui mi hai preso in giro tutto il giorno– aggiunsi. Il moro si alzò dal tavolo e mi allontanò con gentilezza dai fornelli.

Allora lascia che mi faccia perdonare– propose. –Oggi cucino io, mentre tu spiegami meglio come sono fatti i Demoni. In fondo devi farlo comunque, dato che te l'ha chiesto Michael.

Lo fissai in silenzio, ma alla fine cedetti. Sbuffando tornai a sedermi e poggiai la guancia sul braccio, cominciano a raccontare mentre lui sorrideva. 

   
 
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