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Autore: ValeryJackson    25/02/2013    3 recensioni
Avete presente la saga "Percy Jackson"? Bene, scordatevela. Anzi no! Scordatela in parte, perchè questa è una storia (quasi) totalmente diversa. Il protagonista non è più solo il nostro amato Percy, bensì tre ragazze.
Tutti noi sappiamo che il Campo Mezzosangue ospita giovani semidei. Ma se non fosse solo questo? Se fosse un rifugio anche per altri componenti della magia? come maghi, o supereroi? In tal caso la storia sarebbe totalmente diversa.
Alex, Bella ed Emma sono ragazze apparentemente normali. Vestono come noi. Parlano come noi. Vivono come noi. Ma non sono affatto come noi. Loro, infatti, sono in grado di fare cose che noi non possiamo neanche sognare. Hanno poteri che noi non riusciamo neanche a immaginare. Bella riesce a diventare invisibile. Alex può prendere fuoco e può volare. Emma sa allungarsi in maniera smisurata. Insieme lottano per difendere il mondo dal male. Ma nessuno deve scoprire la loro vera identità. O saranno guai. Avete presente i supereroi dei fumetti e dei film? Una cosa del genere, ma loro sono reali.
Ovviamente, però, la mia storia fa riferimento anche alla fantastica saga quale è "Percy Jackson", presentandovi una rivisitazione della storia e riportando molti dei suoi personaggi, tra cui Percy!
Sperovipiacciaa!Commentatee! :*
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Il pullman frenò molto lentamente, distogliendo dai pensieri i ragazzi.
Si erano seduti verso il fondo, attenti a non parlare con nessuno, a tal punto da non essersi scambiati una parola neanche fra loro, trascorrendo il viaggio nel silenzio più totale.
Aspettarono che tutti fossero usciti, prima di alzarsi, recuperare i pochi zaini che non erano rimasti nel furgoncino e che erano stati  accuratamente poggiati accanto ai sedili e scendere dal bus, salutando il conducente, che ricambiò con un cenno.
Una volta scesi, iniziarono a guardarsi intorno, scrutando il luogo mentre le porte alle loro spalle si chiudevano.
Emma cominciò ad osservare con occhio critico. In poco tempo, la piazza intorno a loro si era svuotata, lasciandoli soli in un cumulo di neve.
- Dove si va?- chiese, senza distogliere lo sguardo.
Zoe fece scivolare gli occhi sui negozi che li circondavano, pieni di gente e di sciatori. Scrollò le spalle. – Aspettiamo che arrivi il pullman- disse, con noncuranza.
- Quale pullman?- domandò allora Bianca, corrugando la fronte.
- Non lo so… ci sarà pure un pullman per Pittsburgh, no?
Nessuno rispose.
Alex osservò la ragazza, mentre li scrutava uno per uno in volto in cerca di una risposta o una conferma. In quel momento capì una cosa: Zoe ne sapeva meno di tutti loro. Si era affidata all’istinto, e non glie ne faceva una colpa per questo. Lei lo faceva continuamente, era il suo modo di affrontare il mondo. Solo che stavolta non dovevano semplicemente affrontare il mondo, ma la sorte. E quanto ancora potevano affidarsi all’intuito di una ragazza venuta da chissà dove?
Stava per rispondere con un “Se lo dici tu”, quando una strana sensazione si impossessò di lei.
Iniziò a girarle la testa, e le venne immediatamente un forte senso di nausea, seguita da dei piccoli crampi. Perse momentaneamente l’equilibrio, barcollando sul posto accanto a Percy, che era al suo fianco.
Stava per cadere a terra, quando il ragazzo la sorresse. Lei cercò di guardare un punto fisso davanti a se, nel vano tentativo di farsi passare il mal di testa. Faceva grandi respiri, concentrandosi sulla loro regolarità e sul battito del suo cuore. A complicare le cose, però, c’erano le braccia del moro, che la avvolgevano strette, impedendole una respirazione normale.
- Alex, stai bene?- le chiese lui, preoccupato.
Alex tentò a fatica di rimettersi in piedi, evitando in ogni modo di guardarlo negli occhi. – Si …- mormorò, incerta. Si divincolò dalla sua presa e deglutì. – Si, ho avuto solo un po’ … un po’ di vertigini- affermò.
Percy la guardò, senza capire, preoccupato. Alex raddrizzò la schiena e assunse un tono freddo e calmo, come se non fosse successo niente. Al ché il ragazzo aggrottò la fronte, ma non le fece domande.
Alex sospirò. Fortunatamente, nessuno, a parte lui, aveva assistito alla scena.
Tentò di concentrarsi, facendo a pugni con il suo mal di testa. Pian piano, si accorse che i crampi erano spariti, e che quella brutta sensazione di nausea non c’era più.
Che cosa le era successo? Si era sentita male così, all’improvviso. Ma perché? Erano state davvero le vertigini, come aveva raccontato a Percy? Si, può darsi. E allora perché aveva lo strano presentimento che stesse per succedere qualcosa di grave, qualcosa di brutto?
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti da Percy, che la stava scuotendo per un braccio.
Lei lo fulminò con lo sguardo, non capendo, finché non si accorse dei suoi amici, che si stavano dirigendo verso i margini della zona sciistica, dove erano sicuri che non ci fosse nessuno, per poter parlare tranquillamente.
Avrebbe dovuto dirglielo? Forse no. Forse erano davvero state solo le vertigini. O almeno, così tentò di convincersi mentre li seguiva, titubante.
 
Erano ai margini della zona sciistica, intenti in una discussione, quando udirono alcuni rami spezzarsi dietro di loro.
Si voltarono di scatto e fu in quel momento che comparvero i primi due guerrieri scheletro. Sbucarono dai bianchi alberi che li circondavano. Indossavano ancora la mimetica, e con i loro occhi gialli e la loro pelle grigia li scrutavano in modo inquietante. Estrassero dei machete
Percy non perse tempo, sguainando Vortice mentre Zane attivava il suo braccialetto.
Le spade si spalancarono, ma i guerrieri non batterono ciglio. Continuarono a fissarli con i loro occhi gialli e luccicanti. Non indietreggiarono neanche alla vista del bronzo celeste, anzi, continuarono ad avanzare, lentamente.
Bianca tese l’arco, pronta ad incoccare una freccia nel momento del bisogno.
Zoe tese tutti i muscoli. Si accorse di non essersi resa conto, al museo, di quanto fossero inquietanti. Deglutì.
Emma spostava rapidamente gli occhi dall’uno all’altro, pensando alla prossima mossa da fare. Digrignò i denti. – Scappiamo!- ordinò. Tutti si voltarono, pronti a fuggire, ma altri due scheletri uscirono dagli alberi, sbarrandogli la strada. Stavolta, però, erano muniti di spade.
I ragazzi si bloccarono, squadrandoli. Altri quattro li raggiunsero, posizionandosi a coppie su entrambi i lati. Poco dopo, altri quattro fecero lo stesso, e li accerchiarono.
I ragazzi si diedero le spalle.
- Ehm … Emma?- chiamò Alex, al suo fianco, pronta ad ascoltare ogni eventuale suggerimento.
Emma non rispose subito, valutando le probabilità. – Sono dodici- affermò. – Noi siamo otto. Possiamo provare a batterli.
Alex aggrottò la fronte, concentrandosi sul luccichio delle armi dei suoi avversari. – Oppure?
Emma sospirò, facendo uno scatto con la testa. – Oppure moriamo.
La mora annuì, afferrando il concetto. – Vada per la battaglia- mormorò. Poi lanciò una lingua di fuoco contro il primo gruppo di mostri.
Quelli indietreggiarono un po’, e, dopo aver superato lo shock, ripresero ad avanzare minacciosi verso di lei.
Emma tentò di usare la telecinesi per disarmare alcuni di loro, ma erano così forti, che ogni suo tentativo risultava vano e troppo dispendioso di energie. Così decise di passare all’attacco, manipolando la neve che li circondava in modo da provare a bloccarli.
Bella si rese immediatamente invisibile, per poi correre verso il primo e investirlo con un campo di forza, che lo scaraventò contro un albero. Quello sbatté con forza, ma, dopo aver scrollato un po’ la testa, si rimise in piedi a fatica. Altri due si voltarono verso di lei, e Bella raggelò. Potevano vederla. Per quanto potesse rendersi invisibile all’occhio umano, loro potevano vederla. Sentivano il suo odore. Lo percepivano.
Quello stava per avventarsi contro di lei, quando una lama dorata lo squarciò in due. Le ossa si disfecero, crollando sull’asfalto innevato.
Bella guardò stupita alle spalle del mostro, tornando visibile. Vi trovò uno Zane più che soddisfatto, che ammirava la sua vittima impugnando Scintilla con fin troppa forza, tanto da fargli avere le nocche bianche. Guardò l’amica, tentando di sorridere per nascondere il suo ghigno di ribrezzo.
Nello stesso istante, le ossa del mostro cominciarono subito a ricomporsi, così in fretta che Zane fece appena in tempo a scansarsi, prima di essere colpito.
Quello digrignò i denti, e prese di mira i due ragazzi, che tentavano in tutti i modi di difendersi.
Non c’era possibilità di batterli. Non perché erano più forti. Ma perché erano immortali!
Bianca incoccò una freccia e punto all’occhio del primo, poi al cuore, poi allo stomaco. Le frecce lo attraversarono, provocandogli dei buchi così profondi che avrebbero spezzato una vita in tre secondi. Ma quello, dopo essere caduto a terra per l’impatto, si rialzò senza tanti problemi, e esibì la sua scimitarra.
Stava per attaccare la ragazza, quando un grosso arbusto lo bloccò, imprigionandolo in un enorme serpente verde.
Zoe le fu subito affianco, sorridendo soddisfatta. Un altro gli si avvicinò, ma le ragazze lo fermarono, cercando di combatterlo.
Anche Percy e Grover facevano lo stesso, nonostante il satiro non avesse altro che il suo flauto e un piccolo coltellino svizzero che aveva barattato sul pullman con la sua scorta di patatine alla Paprika.
In un attimo, non si capiva più niente. Era tutto un miscuglio di colpi, parate, colpi, parate, colpi, colpi, parate. Ovviamente quelli ad attaccare erano principalmente gli zombie, mentre i ragazzi non potevano fare altro che difendersi.
Per le ragazze, però, diventava sempre più difficile. Loro non avevano armi, ed era complicato difendersi contro una scimitarra a mani nude.
Arrivavano colpi su colpi, e loro continuavano ad indietreggiare.
Senza rendersene conto, Alex, Bella ed Emma si ritrovarono l’una contro la schiena dell’altra. Intorno a loro, ad accerchiarle, quattro temibili zombie. Uno di loro estrasse un coltello.
Alex deglutì, facendo scorrere lo sguardo dall’uno all’altro. – Ragazze, che facciamo?- chiese, preoccupata.
Emma cercò di ragionare in fretta. Avevano provato a combattere, ma si era resa conto che non serviva a niente. Qualunque cosa, qualunque graffio uno gli procurasse, quei mostri si ricomponevano con altrettanta velocità, rendendone la sconfitta impossibile.
Scosse la testa, ormai affranta. – Non lo so …- ammise.
- Cosa?!- l’urlo di Alex rimbombò fra gli alberi. – Emma, ti prego! Sei tu il genio della situazione. Non è il momento di non sapere qualcosa!
La bionda irrigidì la mascella, infuriata. – Ti dico che non lo so, Alex! Noi …- Non finì la frase, che uno scheletro fece un balzo in avanti. Istintivamente, afferrò la prima cosa che le venne in mano, per provare a farlo indietreggiare e a difendersi. Purtroppo, quella cosa non era altro che il suo fermacapelli verde, che, seppur appuntito, non avrebbe di certo risolto la situazione. Una chioma di capelli biondo platino le ricadde sul viso, mentre lei lo scrollava con movimenti rapidi per impedire che quelli le ostruissero la visuale. – Noi non abbiamo armi- concluse, stavolta un po’ irritata dalla situazione. Continuava a puntare quel fermacapelli contro il mostro, sentendosi davvero stupida. Perché? Perché non avevano pensato a portarsi armi dal campo? Sbuffò, delusa. – Vorrei che questo coso fosse una spada …- mormorò.
In quel preciso istante, la sua mano si illuminò. No, non la sua mano. Le pietre verde smeraldo incastonate nel fermaglio cominciarono a brillare, a brillare di un verde immenso. Emma sgranò gli occhi, quando sentì quella cosa sotto il suo palmo diventare più grande. La luce si intensificò, tanto che lei fu costretta a coprirsi gli occhi con un braccio, per non essere accecata. Quando gli riaprì, si sentì mancare il fiato.
Sotto di lei, stretta con forza nella sua mano, una spada di bronzo celeste brillava come non mai. Luccicava, di un verde debole, quasi come l’acqua. Sul manico, le stesse pietre e la stessa fantasia del fermacapelli decoravano quell’arma.
Tentò di ragionare. Ora era tutto chiaro. L’anziana. Il suo messaggio. Il volto aggrottato di Quintus quando l’ha visto e l’inspiegabile sensazione di dover indossare quel gioiello, seppur lo ritenesse inutile.
Quello non era un normale fermacapelli. Quella era un’arma. Un’arma magica!
- Ragazze!- urlò. Non aggiunse altro, che le due amiche si voltarono, rimanendo a bocca aperta. – I Gioielli- continuò la bionda. – I Gioielli sono delle spade!
Alex e Bella guardarono i propri, ma non successe niente. Fissarono Emma senza capire. – Concentratevi!- insistette quella.
E così fecero, lei lo sapeva. Perché quando il bracciale di Alex cominciò ad illuminarsi di un rosso fuoco, e al suo posto vi apparve una spada del medesimo colore, allora capì di non avere torto.
La stessa cosa accadde a Bella, che però, al posto della spada, ottenne un arco, blu e incastonato con varie conchiglie. Al suo interno, già una freccia incoccata.
Si guardarono, per un attimo scioccate, poi sorrisero, trionfanti. Ora si, che la guerra era aperta!
Senza pensarci, Emma si buttò sul primo mostro, disarmandolo dal suo coltello e facendo un affondo, che non lo uccise, ma che fu abbastanza efficace da farlo piegare in due. Nel momento in cui lo fece, poi, lei gli tirò un calcio sulla schiena, facendolo affondare nella neve.
Poco distante, Percy e Grover stavano ancora lottando contro tre scheletri. Grover fu messo facilmente a tappeto, così si nascose dietro l’amico, che ancora riusciva a difendersi.
Percy tentò un affondo, che però gli uscì male, e rischiò quasi di essere tranciato in due, se non fosse stato per la spada di Alex, che deviò il colpo. La ragazza spinse via il mostro con un calcio, facendolo urlare dalla frustrazione.
Percy aggrottò la fronte. – E la spada?
- Regalo di un’anziana- si limitò a dire lei.
Non ebbero il tempo di dirsi altro, che gli altri due gli zombarono addosso.
Lì accanto, Bianca e Zoe cercavano di rallentare gli altri cinque. Non era facile, soprattutto considerando che le uniche cose che avevano a loro disposizione erano un arco e alcune piante. Non ce l’avrebbero mai fatta. Non se Zoe continuava a intrappolarli in degli arbusti che poi loro spezzavano. Non se Bianca continuava a lanciare invano frecce nei loro ventri morti. Non così. Ma forse con del fuoco …
Si guardò intorno, cercando con foga Alex con lo sguardo, ma vide che era impegnata in una lotta contro altri tre di quei cosi. Non aveva avuto la sua stessa idea, o forse si, ma non aveva funzionato. Poco importava, in quel momento. Senza pensarci, buttò l’arco a terra.
- Ma che fai?!- le urlò Zoe, aggrottando la fronte con rabbia.
Lei non l’ascoltò, e tentò di rilassarsi. Doveva calmarsi, se voleva essere sicura di riuscirci. Lentamente, si portò le mani sopra la testa, e poi dietro la schiena. Doveva concentrarsi. Si concentrò. Congiunse le mani e aspettò. Non ci mise tanto. Una morsa allo stomaco la costrinse ad aprire gli occhi. Portò le mani davanti al viso e le allargò, come se dovesse tendere un arco. Che fu proprio ciò che le apparve in mano. Un arco. Un arco fatto di luce. Con una freccia già incoccata.
Sotto gli occhi stupiti di Zoe, prese la mira. Non doveva sbagliare. Non poteva sbagliare. E non lo fece.
La freccia si conficcò nel petto del primo scheletro, che esplose, avvolto da delle fiamme verdi, riducendosi in un mucchietto di cenere. Lei sorrise, soddisfatta. Ce l’aveva fatta.
Gli altri scheletri indietreggiarono, impauriti.
Avevano paura. Di lei.
Un rumore sordo si udì alle loro spalle. La battaglia si fermò di colpo, e tutti si voltarono, avvolti nel silenzio. Il tonfo si ripeté. Gli scheletri, senza troppe cerimonie, cominciarono ad allontanarsi lentamente, per poi girarsi e cominciare a correre, spaventati. Non mancarono, però, di guardare in modo arcigno i ragazzi.
Bella inarcò un sopracciglio. – Se ne sono davvero … andati?
Emma si abbassò, raccogliendo il pugnale di cui poco prima aveva privato un mostro, che ora giaceva fra la neve. Lo osservò, e ripensò ai loro volti, ai quegli ultimi sguardi. – No …- mormorò. – Questo non è affatto un addio.- Fissò un attimo in silenzio il pugnale che aveva in mano, prima di avvicinarsi a Zoe e porgerglielo. Quest’ultima aggrottò la fronte.
- Prendilo- insistette la bionda.
- Perché io?- domando Zoe, non capendo.
Emma alzò le spalle. – Noi abbiamo già le nostre armi. Questo è molto più utile a te di quanto lo possa essere a noi.
Quella non era ancora pienamente convinta, ma poi, con titubanza, afferrò l’arma. Se la rigirò fra le mani, pensando per un attimo a cosa avrebbe potuto fare con quella. Non aveva mai avuto un’arma. Aveva sempre lottato unicamente con le proprie forze, con le proprie mani. Non aveva mai maneggiato una di quelle. Guardò Emma, con un sorriso contento stampato in volto. – Grazie- disse, riconoscente.
La bionda ricambiò il sorriso.
Si erano tutti riuniti in un angolo, quasi per metabolizzare l’idea di ciò che era appena accaduto. Tutti tranne Percy, che si era appartato in un angolo, seduto accanto a un albero, immerso nei suoi pensieri.
Alex lo notò e, seppur con un po’ di riluttanza, si costrinse ad andargli vicino, staccandosi dal gruppo.
Quando lo raggiunse, gli si piazzò di fronte, in attesa.
Dopo qualche secondo lo sguardo perso nel vuoto del ragazzo si alzò, percorrendo il corpo della ragazza per poi soffermarsi sul suo viso. Cercò di incrociare i suoi occhi, ma quella li teneva distanti, fissi su un punto indefinito, mentre si sforzava di non guardarlo.
Percy rise amaramente.
Alex lo fisso e inarcò un sopracciglio. – Che cos’hai da ridere?- chiese, scocciata.
Percy scollò la testa. – Che ci fai qui, Alex?- chiese. Quella non rispose, continuando a fissarlo, non capendo. Quando lui alzo gli occhi per vedere la sua espressione, lei tornò subito a guardare un punto imprecisato. Non voleva guardarlo. Non voleva incrociare i suoi occhi.
Percy sorrise, provocando uno sbuffo, nonostante non trovasse affatto divertente la cosa. – Insomma, guardaci- sbottò, alzandosi. Si posizionò di fronte a lei e le squadrò il viso, con tristezza. – Non riusciamo nemmeno a guardarci negli occhi.
Alex non rispose, trovando improvvisamente interessante la neve sotto i suoi piedi.
Percy capì. Non solo non voleva parlargli. Non voleva guardarlo negli occhi. Anzi no, non che non volesse. È come se avesse paura. Ma paura di cosa? Forse del fatto che se l’avesse guardato si sarebbero riaperte vecchie ferite che stava tentando di ricucire? O forse perché temeva che se avesse incrociato un’altra volta quello sguardo dello stesso colore del mare, non sarebbe più riuscita a mentire al suo cuore?
Percy le prese il viso fra le mani, costringendola a guardarlo. In quel momento, Alex sentì crollarle le ginocchia.
- Che ci è successo?- chiese, amareggiato.
Era triste. Era triste davvero. Alex lo capì. Non le servì leggergli nel pensiero. A lei bastava guardarlo. Glie lo leggeva negli occhi, quegli occhi, ora azzurri come un cielo d’estate, che le piacevano tanto.
Ma no, doveva resistere. Lei non provava niente per quel ragazzo. Non più almeno.
Si sforzò di distogliere di nuovo lo sguardo, fissando gli alberi.
Fu molto più difficile di quanto avesse immaginato, tanto che, per farsi forza, assottigliò gli occhi in due fessure, sperando di scorgere un particolare nel paesaggio che attirasse la sua attenzione più di quanto facesse lui.
Tossicchiò, nonostante non ne avesse per niente bisogno. - È successo quello che doveva succedere- rispose, in tono gelido. Poi tornò a guardarlo in volto, fissandogli le sopracciglia. – E forse è meglio così.
Questa frase non la pensava davvero. Non riuscì a credere nemmeno di essere stata lei a pronunciarla. Ma ormai era tardi per rimangiarsi tutto.
Percy si fissò le scarpe, affranto. Era davvero finita così? Per una sciocca incomprensione?
- Credo sia meglio che andiamo- fece lei, per cambiare discorso. – Credo che gli altri stiano …
BOOM!
Un’esplosione enorme rimbombò alle loro spalle, facendo tramare il terreno. Alex perse l’equilibrio, cadendo addosso a Percy, che la sorresse.
Si voltò, fulminea, e sgranò gli occhi, perché quello che vide le tolse il fiato.
La neve esplose attorno ai ragazzi, avvolgendoli tutti in un campo di forza creato da delle barriere ghiacciate.
Tutti loro cercavano di romperle, invano, scagliando calci e pugni, usando le loro armi. Urlavano così forte, che sembrava quasi credessero che le loro grida avrebbero potuto salvarli.
Istintivamente e senza pensarci, Alex e Percy sguainarono le loro spade, mettendosi uno contro la schiena dell’altro, allerta. Sapevano che qualcosa non quadrava. Glielo dicevano i loro sensi da mezzosangue.
Alex iniziò a guardarsi intorno, squadrando il territorio in cerca di un nemico da squartare, ma non c’era nessuno.
Tutto era immacolato, e nell’aria regnava il silenzio.
Ma com’era possibile?
Alex spostò lo sguardo fra gli alberi, invano. Non c’era davvero nessuno. Poi, per puro caso, abbassò gli occhi, e qualcosa attirò la sua attenzione.
In un angolo, della neve incavata stonava con il resto della quiete.
La ragazza aggrottò la fronte, incuriosita.
Pian piano, altri punti nella neve si incavavano, così, senza apparente motivo.
Le incavature si avvicinavano sempre di più.
Alex sgranò gli occhi, capendo. Non erano incavature normali. Quelle erano impronte! Ed erano sempre più vicine.
Quando se ne rese conto, l’ultima era a meno di un metro da lei. – Giù!- urlò, con tutto il fiato che aveva in gola. Sia lei che Percy si abbassarono, mentre una spada tranciava l’aria sopra le loro teste e si incastrava nel tronco di un albero. Si sentì un grido di frustrazione.
I ragazzi rotolarono a terra, nella gelida neve bianca, poi si rialzarono, puntando le spade alla cieca.
Davanti a loro, il possessore della spada tornò visibile.
Era un incrocio fra un camionista e un gorilla. Le braccia possenti, rigate qua e là da alcune cicatrici, facevano pan dan con il grosso petto da piccione che si ritrovava. Negli arti le vene pulsavano freneticamente, e il suo volto era contratto in una smorfia di rabbia. Apparentemente sembrava un umano normale, ma i numerosi peli sul corpo e il volto asimmetrico che si ritrovava portavano da tutt’altra parte.
Con forza, estrasse la spada dal tronco, guardandoli in modo arcigno.
I due ragazzi deglutirono, terrorizzati. Il mostro ruggì, con voce stridula e agghiacciante. Immediatamente, e altri tre, simili a lui in tutto e per tutto, uscirono dai boschi. Erano circondati, non c’era dubbio.
Gli uomini/gorilla li accerchiarono, brandendo delle armi lunghe più di un metro e mezzo. A confronto, le loro sembravano del semplici coltelli da cucina.
Il primo di loro colpì, puntando ad Alex. Lei riuscì a deviare il colpo, e, con molta agilità, a spostare l’arma in tempo per farla scorrere lungo il corpo di quello, ferendogli l’addome. Lui, però, non parve accorgersene, e dopo qualche tentennamento, tornò all’attacco, più agguerrito che mai.
Gli altri tre lo seguirono a ruota.
I ragazzi riuscirono a parare la maggior parte dei colpi, deviando quegli altri, ma ogni volta che erano loro a colpire, non infliggevano alcun danno, come se li stessero semplicemente prendendo a schiaffi, e nulla di più.
Un uomo attaccò Alex, menando un fendente ben piazzato. Ma era lento per via della sua stazza, e Alex lo deviò con facilità, girandogli attorno. Quello cercò di menare un altro fendente, stavolta alla cieca però, e per lei fu più facile deviarlo, fargli cadere l’arma e trafiggerlo alla schiena con un affondo.
Il mostro cadde carponi a terra, ansimante, con gli occhi sgranati e dei rivoli cremisi che gli colavano lungo la schiena. Alex lo guardò, stupefatta, mentre quello tentava invano di alzarsi, premendo sulle ginocchia. Era la loro stazza il problema. Per quanto forti, erano incapaci anche di alzarsi da terra.
I suoi pensieri furono interrotti dal grido di Percy, che tagliò l’aria come uno spillo. - Alex!
Fece appena in tempo a voltarsi, che vide il suo amico pararsi davanti a lei, assorbendo un colpo si scimitarra all’addome. Percy si piegò in due, sgranando gli occhi e restando senza fiato, mentre rivoli di sangue gli colavano dalla ferita, tingendogli la mano di rosso.
- No!- gridò Alex, lasciando cadere la sua spada. Fece per corrergli incontro, ma fu bloccata da due di loro, che la strinsero con forza all’altezza del torace e dell’addome, impedendogli qualunque tipo di movimento.
L’uomo nel quale lei prima aveva affondato la sua spada era finalmente riuscito ad alzarsi, e, ancora ansimane, afferrò insieme all’altro il ragazzo, prendendolo per entrambe le braccia.
Percy si reggeva la ferita con mano tremante, la faccia contorta, e solo in quel momento, guardandola, Alex si rese conto di quanto davvero fosse profonda. Un groppo le si fermò in gola, mentre tentò di liberarsi dalla presa di quei due, dimenando le gambe.
Una risata gelida riecheggiò nell’aria, freddando il tempo. Tutti si fermarono, in attesa.
Dagli alberi, con un ghigno canino, uscì un altro uomo. Era simile a tutti gli altri, ma, a differenza loro, lui riusciva a mantenere una posizione più che eretta, e aveva il corpo più pulito, anche se ugualmente grosso e possente. Inoltre, il suo viso era attraversato da un enorme cicatrice, che, tagliando in due il sopracciglio, si allungava fino alla punta del mento, dividendogli la guancia in due parti quasi uguali.
Quando fu finalmente totalmente esposto alla debole luce del sole invernale, furono visibili le numerose armi che aveva appese alla cintura, pronte e lucidate per qualsiasi occasione.
Squadrò Alex, con un sorriso malefico sul volto, poi si avvicinò lentamente a Percy, osservando la situazione. Rise, portandosi accanto a lui.
- Oh… Ma che gesto eroico, mio caro- disse, in tono divertito. La sua voce era gelida e agghiacciante, raschiante.
Gli afferrò il polso sinistro e gli alzò la mano. Poi estrasse un piccolo coltellino dalla sua cintura e gli conficcò la lama nel palmo. Percy urlò di dolore. La bile gli risalì dalla gola fino in fondo alla bocca, e le sue dita presero a guizzare incontrollabilmente. Una gronda di sangue gli colò lungo il braccio.
- Percy!- urlò Alex, gli occhi pieni di lacrime. Tentò di divincolarsi, ma invano. – Lasciatelo stare!
L’uomo rise, senza pietà. Si avvicinò all’orecchio del ragazzo. – Se non mi sbaglio, piacete parecchio a questa sfacciata. Peccato che debba finire così. Potrai portarti questo ricordo nella tomba.
Il ragazzo lo guardò con disprezzo, ma poi fu costretto a strizzare gli occhi per il dolore, perché l’uomo esplorò ulteriormente la ferita nel suo palmo tremante con la punta del coltello. La lama affilata venne a contatto con un nervo nudo.
Le labbra atteggiate a un sorriso, affondò il pugnale nel tendine, quasi recidendolo. Percy si sentì soffocare e si accasciò sulle ginocchia. L’uomo rise.
Alex non poteva sopportare ancora quella scena. Improvvisamente si sentì avvampare, i denti digrignati per il disprezzo, gli arti e la voce tremanti per l’adrenalina. – Vi. Ho. Detto. Di. Lasciarlo… Stare!!- urlò. E proprio in quel momento avvertì una sensazione inebriante, come se un vento forte e caldo la stesse sferzando. In un attimo il sangue le salì alla testa, le guance le si accesero di calore e la sua pelle si coprì di un sudore bollente, che evaporava all’istante. Sentì un ronzio intorno a se e poi… Fiamme lunghe quasi mezzo metro saettavano da ogni poro della sua pelle. Non si era mai sentita così prima d’ora. Aveva preso fuoco moltissime volte, ma mai così intensamente, mai con così tanta rabbia,
Gli uomini che la tenevano stretta si allontanarono all’istante e si buttarono a terra, nella neve, nel tentativo di spegnere le fiamme che circondavano i loro corpi  massicci. Gli altri due uomini lasciarono cadere Percy a terra, lanciandosi contro di lei, ma Alex li evitò facilmente, e li avvolse in una lingua di fuoco, facendoli attraversare da degli spasmi fra la paura e il terrore, che formavano una sorta di danza macabra.
L’uomo che aveva affondato il coltello, ora si era allontanato, e il corpo inerme di Percy giaceva a terra.
A quella vista, il sangue di Alex gelò, e si sentì mancare il fiato. Pian piano le fiamme intorno a lei scemarono, fino a sparire.
- Percy!- urlò, e fece per corrergli incontro, quando sentì una forte fitta allo stomaco. Avvertiva qualcosa di insolito, come una presenza. Qualcuno era lì. Un mostro, magari.
Tentò di rievocare il fuoco. Ma invece di sentire il calore invaderla, si sentì sbattere a terra e schiacciare sulla neve da una forza invisibile. Cercò di contrastarla, ma riuscì a malapena a sollevare la testa.
E poi lo vide.
Una nube perlacea, di forma vagamente umana, era a pochi metri da lei, e si stava avvicinando. Al suo interno guizzavano impazziti lampi d’argento.
- Vattene!- riuscì a mormorare Alex. – Chi sei?
“Non ha importanza chi sono io. Tu arrenditi e dimmi dov’è”.
La voce di quel mostro non aveva alcun suono. Le rimbombava direttamente nel cervello.
- C… C… Che cosa? Di che cosa stai parlando?- ringhiò Alex, provò di nuovo a evocare le fiamme, ma non ci riuscì.
“Dimmi dov’è!”ripeté quello, che ormai le era davanti. Non le diede tempo di rispondere. In un attimo le fu addosso e la circondò.
Alex sgranò gli occhi. Le sembrava di essere dentro la nube. Lampi d’argento, luminosi e caldi, saettavano ovunque intorno a lei.
Capì di non poter fare niente contro quel mostro. La cosa peggiore era che in quello strano stato di trance provava sensazioni tutt’altro che spiacevoli. Era intontita, ma la nuvola perlacea la stava cullando e i lampi la scaldavano.
Dimmi dov’è e sarai libera!”
La voce che le rimbombava in testa adesso era suadente. Quel mostro cercava di entrarle nella testa per scoprire dov’era. Ma che cosa, poi? Di che stava parlando? Perché lei avrebbe dovuto sapere dove fosse?
Poi, in un attimo, un’immagine le balenò nella mente. Vide il mare, il mare più cristallino. In mezzo a quel mare, forte e imponente, si ergeva un vulcano, un vulcano che ormai lei conosceva molto bene. era l’isola Mako.
“Così voi la chiamate isola Mako”rimbombò di nuovo la sua voce. “Dimmi dov’è!”
Ora era tutto chiaro! Quel mostro voleva sapere dell’isola Mako. Voleva sapere dove fosse. Voleva andarci.
Nella sua mente, Alex vide il percorso aereo che intraprendeva sempre, il percorso per arrivare all’isola Mako.
A quell’immagine rabbrividì e la paura la fece reagire. Non doveva pensare a quello! A tutto ma non a quello! Avrebbe protetto la sua isola con i denti.
Ma più cercava di allontanarla, più quell’immagine si ripresentava. Allora si concentrò sull’unica cosa che riusciva a scacciare ogni altro pensiero dalla sua mente. Sua madre. Sua madre che le cantava la sua personale canzone della buonanotte. La canzone che aveva scritto apposta per lei. La canzone che la rendeva incredibilmente felice. Cominciò a cantarla.
L’isola!” riecheggiò la voce del mostro.
Cantò più intensamente, e le note le fecero riaffiorare alla memoria momenti felici della sua infanzia.
Erano in un campo, e la madre faceva finta di inseguirla.
Era il suo primo giorno di scuola, e il padre la salutava dicendole: - Ciao, studentessa!
Erano tutti e tre insieme sul suo divano e guardavano il suo film preferito per la milionesima volta.
Alex visualizzò mille baci della buonanotte della mamma. Mille abbracci del papà, che la coccolava, mormorando: - La mia bimba.- La torta del suo terzo compleanno. Suo padre che le suonava una canzone mentre la madre cantava. Il gioco del “Tutti insieme”, quando lei, la madre e il padre si riunivano in un solo, fortissimo abbraccio, che riusciva a scaldarle il cuore anche in quel frangente.
Rendendosi conto che il mostro vedeva i suoi pensieri, ebbe un brivido di disgusto. C’era qualcosa di orribile nel condividere quei momenti con un nemico, ma Alex non sapeva in che altro modo difendersi.
Le venne in mente il volto della mamma, che le sorrideva, con quel sorriso dolcissimo che la faceva sentire amata.
Dov’è l’isola Mako?” le chiese dolcemente la madre.
L’immagine dell’isola le balenò di nuovo nella mente. Un altro brivido, di vergogna stavolta, l’attraversò. Sua madre non le avrebbe mai fatto una domanda del genere. Era un lurido trucco del mostro. Stava usando i suoi ricordi contro di lei.
Per un attimo, Alex si sentì disperata, poi capì che quello che era successo era un buon segno. Se il suo aggressore aveva dovuto ricorrere a un simile espediente, significava che non aveva trovato quello che voleva.
Cantò più forte, e riuscì a richiamare il ricordo delle mani di sua madre strette a pugno.
- Indovina dov’è il tuo regalo, Alexandra- disse la voce di sua mamma. Un vero ricordo.
Alex indicò la sua mano destra e la vide aprirsi e mostrare un piccolo ciondolo a forma di nota musicale. Ce l’aveva ancora, non l’aveva mai perso di vista. L’immagine del ciondolo sparì e Alex non riuscì a vedere più nulla. La sua volontà era sempre più debole. Il mostro stava riuscendo a sovrastarla.
Alexandra, dimmi dov’è!” rimbombò di nuovo la sua orribile voce.
Il mostro le aveva strappato il suo nome. Il suo intero nome! Alex provò di nuovo ad evocare le fiamme. Fu come se non avessero mai fatto parte di lei. Si sentì completamente impotente, senza più niente che la legasse al mondo. Fu travolta da quella sensazione di vuoto che si prova sull’altalena, quando si perde il contatto con la forza di gravità. Solo che il quel caso non si trattava di istanti. Per Alex diventò il suo stato stabile. L’unica cosa che la teneva ancorata al mondo erano le parole della ninna nanna di sua madre. Ma le sembravano sempre più lontane. Vide un’ultima volta il viso della madre, e pensò che presto l’avrebbe raggiunta.
BOOM!
La spada di Zane si schiantò un’ultima volta contro il campo di forza, distruggendolo. L’impatto fu così forte da farlo barcollare e poi cadere a terra.
Le ragazze non persero tempo.
Emma si concentrò sul corpo di Alex, usando la sua telecinesi mentre Zoe, con il vento più forte che riuscì a creare, tentava di scacciare il mostro. Quello, dopo un po’ di resistenza, cedette, facendosi trascinare lontano dal vento e poi dissolvendosi in esso.
Bella ed Emma si precipitarono di corsa verso il corpo inerme di Alex, prendendola fra le braccia.
Quella provò ad aprire gli occhi, ma non aveva più le forze. Le ultime cose che vide furono il volto di Bella rigato di lacrime, il corpo di Emma attraversato dai singhiozzi, e il corpo inerme di Percy, che giaceva a terra su un enorme tappeto di neve rossa.
Poi, il buio.

Angolo Scrittrice
Ta-Da-Da-Daaa!!! *Musichetta di suspance*... O.o
Saalvee!! Sono sempre io, e vi sto sempre rompendo le balle xDxD
No, scherzi apparte, sono riuscita a postare il nuovo capitolo, e spero di non aver fatto male. Com'è stato? Vi è piaciuto? No? Fatemi sapere, diamine! Sono in ansiaa! :O
Sul serio, ci ho messo molto per scrivere questo capitolo, e vi invito vivamente a commentare. Non chiedo per forza un commento lungo, o uno positivo. Mi basta un "Ciao, mi è piaciuto", o "Brava", o anche un "Che schifo" ... Qualunque cosaa!
Vi pregoo :'(

Altrimenti non so se continuare. Vorrei davvero sentire la vostra opinione, anche per capire se vi interessa o se vi annoia... Cose così.
C'é ancora tanto da sapere... Cosa succederà al povero Percy? E ad Alex? E la missione come procederà?
Onestamente, non so se questo realmente vi interessi, quindi fatemi sapere se continuare o meno, anche perché mi dispiacerebbe lasciare questa storia incompleta, ma se non la legge nessuno...
So che vi annoio, e che magari alla maggior parte di voi non interessa nemmeno, ma per me é importante... Ci tengo molto, a questa storia, e mi dispiace molto se non piace... Quindi, ho deciso che pubblicherò il prossimo capitolo solo dopo uno o due commenti... ;D Quindi datevi da fare xDxD
Non per qualcosa, solo per sapere se vale la pena continuare o se non interessa a nessuno.

Scusate anche se è un po' lungo... diciamo che la sintesi non è proprio il mio forte :O
Musu a erraldoia! :D
Alla prossima .... se ci sarà...
La vostra ValeryJackson

P.s. Intanto, nell'attesa, per gli interessati vi lascio delle gifs dei miei personaggi ;D In ordine: Alex, Emma, Bella, Percy, Zane, Grover, Zoe, Bianca e Nico. Un bacio :*
P.p.s. Mi scuso, ma non ho trovato quella di Zane, quindi ci dobbiamo accontentare della foto :S Sorryy!!



Alex Chadwich

Emma Gilbert

Bella Hartley

Percy Jackson

Zane Bennet

Grover Underwood

Zoe Brooks

Bianca Di Angelo

Nico Di Angelo

  
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