Avvertimento: un po' OOC, AU
#Rache.
«Allora,
professor Allock, cominciamo l'intervista?»
Rita
Skeeter sorrise furbescamente, stappando la sua penna preferita e
lanciando uno sguardo fintamente adorante verso il suo interlocutore.
«Quando
vuole, madame» rispose il giovane e affascinante professore,
accavallando le gambe e prendendo il mano la sua tazza di té.
«Non
è buffo?» continuò. «I
Babbani prendono il té alle cinque di
ogni pomeriggio. Strani e affascinanti, i Babbani».
«Molto
interessante, sì» lo liquidò lei
velocemente, desiderosa di
concentrarsi sul personaggio più che sui Babbani.
«Ma a proposito
di persone affascinanti, è risaputo che lei sia amato dalla
comunità
delle streghe molto più di qualsiasi altra persona. Si
vocifera che
addirittura Bradley Pittix sia invidioso di lei. Quale pensa sia il
motivo che le conferisce tanta popolarità?».
«Oh,
sa che il mio sorriso è stato premiato dal Settimanale delle
streghe
ben cinque volte? Penso sia questo il motivo principale, se sa cosa
intendo» terminò sorridendole maliziosamente.
«Ehm,
già, davvero sconvolgente» continuò
lei, appuntando “Narcisista
e allusivo”. Sorrise, immaginando come
avrebbe mutato
quella scena nell'articolo descritto.
«Arriviamo
al punto, se sa cosa intendo»
continuò. «La domanda che
tutti ci poniamo è: esiste una signora Allock? Se
sì, perché la
tiene nascosta?»
«Oh...
certo, madame. Io amo tutte le signore che leggono i miei libri e
seguono i miei discorsi» continuò, sorridendo.
«Deve
pur esserci qualcuno che ama più delle
altre, no?» sentì il
viso che diventava paonazzo: sembrava di parlare ad un bambino.
Sorrise, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia. Era assurdo.
Non vedeva l'ora di farlo a pezzettini sulla Gazzetta.
Se
Rita Skeeter desiderava uno scoop, Rita Skeeter trovava uno scoop.
Che lo avessero tutti ben chiaro.
«Vuole
un autografo?» disse Allock, perfettamente calmo.
«Può anche avere
una mia foto, se desidera».
«Ma
certo, signor Allock. Certo». Era stupido, ma pur sempre un
osso
duro.
“Evasivo”,
segnò sul taccuino.
Prese
il foglio su cui l'altro aveva segnato un autografo e lo pose nella
borsetta. Poteva tornare utile, un giorno o l'altro.
E
poi, meglio accontentarlo. Avrebbe ripreso l'argomento appena
possibile.
«Bene,
che ne dice di parlare della sua infanzia, signor Allock?»
«Ma
certo, signorina! Vuole conoscere dove ho imparato a sorridere in
questo modo? Dove ho appreso gli incantesimi che più volte
mi hanno
salvato la vita? Glielo racconterò senza alcun problema. Si
metta
comoda».
“Prepara
e impara discorsi a memoria”.
«C'era
un piccolo e sperduto villaggio nel nord del paese, nella contea
dello Yorkshire e Humber. È lì che sono nato, che
ho imparato
l'importanza del valore, dell'amore e l'ambizione. Era un paese
piccolo, retrogado, eppure mi ha insegnato quelli che sono diventati
i pilastri della mia vita. La famiglia Purosangue in cui sono nato mi
ha altresì istruito alla magia, alla storia, alla Difesa
Contro le
Arti Oscure, al riconoscimento di creature magiche.»
“Ripetitivi
e pieni di cliché” aggiunse alla frase
precedente. “Nello
Yorkshire non ci sono famiglie Purosangue” pensò,
scuotendo la
testa. “Al limite ci sono i Corner, Mezzosangue”.
Tuttavia
Allock continuò, indisturbato. «Rammento ancora i
pomeriggi passati
a rincorrere farfalle, a raccogliere fiori... ah! Quanto mi mancano!
Cosa darei per poter tornare indietro!»
“Eccessivamente
teatrale. Gesticola mentre parla”.
Desiderosa
di metterlo in difficoltà, lo interruppe. «Molto
bene, signor
Allock. Direi di passare ad un punto cruciale della sua vita. Qual
è
il suo rapporto con l'amore?»
«Ma
ne abbiamo già parlato prima, madame, non
rammenta?»
«No,
signor Allock. Ritengo opportuno riaprire l'argomento. A meno che lei
non abbia qualcosa in contrario, qualcosa che vuole
nascondere».
«Certo
che no. Ehm... bene, sì. La mia prima fidanzata era una
fanciulla
molto graziosa, conosciuta a Diagon Alley quando avevo appena
diciassette anni. Era castana e adoravo i suoi capelli, ricci e
perfetti. Amava leggere e scrivere, mi ricordo, eppure non ho mai
avuto il piacere di leggere qualche sua opera. Mi sarebbe
piaciuto».
«E
perché è finita, Gilderoy? Ricorda
perché è finita?»
«Io
sono partito per la mia prima missione».
«Ed
aveva promesso alla sua amata che sarebbe tornato da lei?»
«Sì»
rispose Gilderoy, lanciandole uno sguardo in tralice. «Ma lei
come...?»
«E
perché non è tornato da lei, Gilderoy?»
continuò Rita, stringendo
i denti ma continuando ad avere un tono pacato e calmo.
«Io
ero famoso, ormai. Tutti i giornali desideravano miei interviste,
stava per uscire il mio primo libro. Lei non avrebbe mai accettato
tutto quel trambusto che mi girava attorno».
«O
forse lei non avrebbe accettato come fidanzata una povera, semplice
studentessa?»
«Non
è così».
«Com'è,
allora, signor Allock?»
«Lei
era troppo giovane per sopportare tutto quel peso. La fama è
di
difficile gestione». Sfoderò uno dei suoi sorrisi
più convincenti,
sebbene alcune goccioline di sudore fossero comparse sulla sua
fronte.
«Benissimo,
penso possa andare, signor Allock. Sono lieta che abbia deciso di
rilasciare quest'intervista».
«Non
vuole parlare del mio nuovo libro, signorina... Skeeter?»
«Oh,
non ce n'è bisogno, signor Allock. L'abbiamo già
fatto prima, non
si ricorda?» rispose lei, sorridendo e appuntando un'ultima,
semplice parola sul taccuino.
“Bugiardo”.
*
“Articolo
pronto. Consegna prevista: Venerdì 1° Giugno,
1992”.
Il
gufo bianco lasciò la finestra, volando verso la redazione
della
Gazzetta del Profeta. Rita si sedette di fronte al fuoco, stringendo
fra le mani un pezzo di carta ormai ingiallito.
“Tornerò”.
Una sola parola, marchiata come a fuoco nel suo cuore, incisa sulla
carta con la leggerezza dei diciassette anni. Quante lacrime aveva
pianto, su quel pezzetto di carta!
«Oh,
sa che il mio sorriso è stato premiato dal Settimanale delle
streghe
ben cinque volte?».
Senza
alcun rimpianto, lo gettò nelle fiamme, osservando con un
sorriso
stampato sul volto la carta che anneriva, pian piano, giungendo alla
consistenza di polvere. Sottili volute di fumo si alzarono e le
giunsero all'olfatto. Un profumo cui aveva anelato per anni la
inebriò totalmente: il profumo della vendetta.
Chiuse
gli occhi, lasciando che quei ricordi la visitassero per l'ultima
volta.
*
«Nessuna
ragazza è in grado di resistermi». Quello strano
tipo continuava a
ripetere questa frase a chiunque gli capitasse sotto tiro. Aveva
aurei capelli ondulati, vestiti svolazzanti e una piuma di pavone
stretta nella mano destra. “Buffone”,
pensò Rita.
Alzò
gli occhi al cielo, rendendosi conto che l'unico posto libero
– o
pulito – era proprio quello accanto a lui. Sbuffò
e si avvicinò
di malavoglia accanto a lui. Dovette sorbirsi le sue chiacchiere per
mezz'ora buona, poi decise che sarebbe tornata in biblioteca
più
tardi. Non poteva sopportare oltre. E andare ad Azkaban a soli
quindici anni non le sembrava una prospettiva conveniente.
«Ehm-Ehm...
signorina? Necessita di aiuto?»
«Scusa...
perché parli in questo modo?»
Lui
parve offeso. «Cosa intende?»
«“Necessita”»
si limitò a dire lei.
«È
una bella parola» continuò lui, col sopracciglio
sinistro alzato.
La
ragazza scoppiò a ridere. Tra tante motivazioni plausibili
che aveva
immaginato, questa era di sicuro la più originale. Non se
l'aspettava.
«Sono
lieto di averla allietata» rispose, cupo.
«Lo
stai facendo di nuovo» continuò. «Sembri
l'amico di un cugino di
mio padre...» continuò, alzando gli occhi al
cielo. «Com'è che ti
chiami?»
«Allock.
Gilderoy Allock».
«Allock?
Il cocco della Jenson?»
«Com...?»
Lei
scrollò le spalle. «Voci di corridoio. Io mi
limito a riferire. A
proposito, è vero che avete una tresca?»
«Cosa?»
chiese lui, scandalizzato. «Tra me e la professoressa
c'è un
rapporto strettamente lavorativo! Non vi è alcuna
confidenza!»
«Come
sopra» si limitò a commentare lei, continuando a
svuotare le
scatole di libri.
«Bene.
È stato un piacere conoscerla» commentò
lui, infastidito.
«Ah,
sì? E l'aiuto che mi avevi offerto?»
«Mi
sono ricordato di avere un impegno».
«Ieri
ho sopportato le tue chiacchiere per mezz'ora, me lo devi. Forza e
coraggio, mancano solo otto scatole!»
Il
ragazzo sospirò, avvicinandosi ad una cassa di libri.
«Oh!
Questo è il mio preferito!» rispose, allegro,
cominciando ad
impilare le copie di “A spasso con la morte”.
Rita
sbirciò sulla sua spalla. «Io lo adoro! In
particolare la scena in
cui lui-»
«...
salva la situazione gridando “Dove sono i miei
marshmallows”!»
«Già,
sono morta dal ridere, giuro! Non ti facevo un tipo da “A
spasso
con la morte”, sai?»
«Ah,
no? E che tipo “mi faresti”?»
«Non
so... mi ricordi, in qualche modo, un autore Babbano che mia madre
ama tanto».
«Chi?»
«Oscar
Wilde».
«Gran
bell'autore, Wilde. Sono onorato, allora».
«Dovreste
parlare qualche volta, tu e mia madre. Secondo me, pensa che tu sia
perfetto... sai, il genero che tutti vorrebbero avere».
«È
una proposta indecente?» rispose lui, sorridendole.
Rita
avvampò totalmente. «No! Era per dire, per
Salazaar!»
«Già,
per dire...»
§
Tuoni
e lampi sconquassavano il cielo, illuminando a giorno l'aria cupa del
cielo notturno. La pioggia batteva ripetutamente sul vetro, quasi
come se stesse chiedendo un invito ad entrare. La pioggia bagnava
anche il viso di Rita, eppure era di diversa consistenza. Calda,
dolorosa.
Tra
le mani stringeva un pezzettino di carta.
“Tornerò”.
Davanti agli occhi una sola immagine. Gilderoy Allock, stretto a due
ragazze a Diagon Alley, che sorrideva al fotografo e le lanciava uno
guardo gelido prima di oltrepassarla, lasciandola lì, nel
bel mezzo
del Ghirigoro. Circondata da decine i persone – che
acclamavano il
di lui nome – e tuttavia sola, spezzata. La bocca
improvvisamente
secca aveva ricordato il sapore delle sue labbra, il corpo gelido il
calore delle sue dita, gli occhi la purezza della sua anima, che ora
era divenuta sporca, sfuggente, traditrice.
Rita
strinse il pezzettino di carta fra le mani e lo gettò in
fondo al
suo baule, stringendo i denti. Si asciugò il volto.
«Nessuno,
nessuno può prendersi gioco di Rita Skeeter. Ti giuro,
Gilderoy
Allock, che non dimenticherai il mio nome per tutto il resto della
tua vita».
Era
così finita la giovane Rita, ed era iniziata Rita Skeeter,
leggera e
fastidiosa come una zanzara, piccola e agile, onnipresente,
onnisciente. Sapeva tutto di tutti e sapeva come rendere la loro vita
un inferno. Era evanescente, veloce come un pensiero, leggera,
silenziosa. Gelida come il suo cuore.
*
La Gazzetta del Profeta
Prezzo: 5 zellini
1° Giugno, 1992
Gilderoy Allock: seducente o bugiardo?
«Lasciai la mia fidanzata per vergogna»: la confessione choc del pluripremiato “sorriso più seducente del Settimanale delle Streghe”
Appare
stanco, forse provato dalla sua ultima impresa – liberare un
paesino irlandese da un pericoloso troll
– oppure soffocato
dalla mole di bugie?
Gilderoy
Allock, trentotto anni, giovane mago famoso in tutta la
comunità
magica per le sue presunte imprese ed amato dal genere femminile per
il suo seducente sorriso, appare evasivo dinanzi alle domande della
nostra giornalista.
Le
questioni che interessano tutti sono: chi è Gilderoy Allock?
Da dove
viene? Dove ha intenzione di andare? E, soprattutto, chi lo
accompagna lungo il suo lungo, lento e tortuoso viaggio? C'è
una
donna nella vita dell'uomo più desiderato del momento? Chi
è?
«Lasciai
la mia fidanzata perché mi vergognavo. Avevo diciassette
anni, ero
famoso, giovane, bello. Avevo compiuto la mia prima impresa e il mio
primo libro stava per essere pubblicato: fu un successo inaspettato.
Lei non avrebbe capito». Questa la confessione choc
dell'uomo, che
manda in pezzi i cuori di centinaia di donne che lo ammiravano per la
sua sensibilità e per il suo ardore. Gesticola molto durante
il suo
discorso, come a voler colmare il vuoto derivato dalla perdita del
suo amore adolescenziale. È forse questo il motivo che lo
spinge a
non amare più nessuno? Il rimpianto di aver costretto ad una
immensa
sofferenza un'innocente fanciulla?
È
per questo che Gilderoy Allock appare sfuggente e concentra
l'attenzione sui suoi libri, sul suo sorriso, sui premi ricevuti? Per
nascondere a tutti la grave colpa commessa?
È
per questo che parla poco e scrive molto, affinché dietro ad
un muro
di parole quelle pronunciate in una piovosa giornata primaverile
appaiano lontane, innocue per la sua reputazione?
«Le
lasciai un biglietto con su scritto
“Tornerò”, ma non feci mai
ritorno. Era un amore adolescenziale, nato così, per gioco.
Non se
lo ricorderà nemmeno».
È
così che chiude l'intervista, Gilderoy Allock, cercando una
giustificazione a ciò che ha fatto. Ma la fanciulla
avrà
dimenticato i mesi passati a piangere un amore volato via come un
gufo postino, veloce come il vento? Un amore che appena nato era
già
morto, ucciso dall'arroganza di un ragazzino che si credeva uomo e
che illuso per tutta la sua vita tutte le donne che sono incappate
nel suo cammino.
La
domanda sorge spontanea: a quante altre donne ha spezzato il cuore,
Gilderoy Allock?
Se
rientrate in questa categoria, scriveteci: tutte le vostre storie, i
vostri drammi, le bugie che quest'uomo vi ha raccontato saranno
pubblicate.
Vogliamo
conoscere la verità e non ci arrenderemo fin quando non
l'avremo
ottenuta.
Siamo
donne: non dimentichiamo facilmente.
A cura di: Rita Skeeter
*
Note Autore:
La
ff è nata in modo diverso e si è evoluta mentre
la scrivevo. Sono
mesi che volevo scrivere su questo pairing (non so neanche se
esista), ma non sapevo mai cosa caverne. Oggi mi sono seduta e
scrivendo scrivendo ne è uscito questo. Il motivo per cui
Rita
Skeeter è diventata così: una delusione d'amore.
Una banalità, lo
so, ma mentre la scrivevo mi sembrava quasi geniale xD Non so se sia
totalmente OOC, ma metto l'avvertimento giusto per essere sicura:
preferisco mettere le mani avanti :) Non mi convince per niente
l'articolo, ma pensate che il primo titolo doveva essere “Non
ho
una ragazza perché mi puzza l'alito”, ho cercato
di renderlo più
serio possibile xD L'Au è per l'articolo che, in
realtà, non è mai stato pubblicato :) Oddio,
potrebbe starci anche un What...If?, certo.
Ultima
nota: 'Rache' vuol dire 'vendetta' in tedesco :)
Baci ^^