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Autore: Walpurgisnacht    28/02/2013    0 recensioni
A quanto pare le rivoluzioni cinesi non bastano mai, da queste parti.
[Raccolta contenente missing moments legati a Secret of the Heart Split in Two e Two-Part Secret Heart, di Kaos e Mana Sputachu]
Genere: Commedia, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Secretception!'
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3. The rest is still unwritten


I break tradition, sometimes my tries, are outside the lines

We've been conditioned to not make mistakes, but I can't live that way.

Unwritten - Natasha Bedingfield



“Come sarebbe a dire che non la conosce?!”
“Sono desolato signorina, ma come le ho già detto non ho idea di chi sia questa Yolanda...”
“...Tasico. Yolanda Tasico! Come può non conoscerla? È un negozio di dischi questo, o sbaglio?”
“N-no non sbaglia ma...”
“E allora perché non avete i biglietti del concerto di Yolanda Tasico?!”

“Magari sono razzisti nei confronti dell’enka...”
Lo sguardo omicida di Ukyo non bastò a zittire Ranma, intento a spanciarsi dalle risate insieme a Ryoga.

Ukyo ringhiò, decidendo che chiedere loro di accompagnarla al negozio era stata una pessima idea: tra quei due che la deridevano e il gestore del negozio che la guardava come le stesse chiedendo informazioni su un alieno, la povera cuoca non sapeva chi maledire prima.

“Abbi pazienza, non è che questa Yolanda Tasico sia poi così... famosa...” osò commentare Ryoga, prima di scoppiare nuovamente a ridere. Ukyo grugnì, ben sapendo che Ryoga aveva disgraziatamente ragione: la sua amata Yolanda Tasico era sì una cantante enka... ma filippina. E ancora poco nota al di fuori della sua patria. Ma non l’avrebbe mai ammesso, né con quei due né col negoziante. Ormai era una questione di principio.

“S-signorina...”
“Seh.” ringhiò verso il pover’uomo, ormai sull’orlo di una crisi di nervi.

“E-ecco f-forse” balbettò, porgendole due biglietti “c-credo di aver trovato i biglietti che cercava...”
Ukyo glieli strappò di mano, emettendo squittii di contentezza.

“Aaaah, che meraviglia! Ha visto che alla fine avevo ragione io e i biglietti li aveva?” sorrise sorniona al povero negoziante, che intanto ringraziava tutti i Kami per quel colpo di fortuna. Soprattutto, ringraziava il fatto che di lì a poco quella signorina l’avrebbe finalmente lasciato in pace.

“Sei contenta ora, bimba Ukyo?” si avvicinò Ryoga al bancone, che teneva in mano un cd di musica occidentale - per l’esattezza, Disintegration dei Cure; Ranma invece aveva fatto razzia di cd heavy metal, che aveva scoperto essere ottimi per i suoi allenamenti. Il signor Tendo la pensava un po’ diversamente, definendolo “rumore”... ma aveva deciso di soprassedere dopo che il ragazzo, così estasiato dai suoi allenamenti a tempo di musica, aveva accettato con piacere di cominciare a dare lezioni pomeridiane al dojo.

“Sono molto contenta” annuì Ukyo, sorridendo “soprattutto perché paghi tu mio caro. Anzi, a che ci sono prenderei quel singolo di Meiko Kaji che manca alla mia collezione!”
"Co-come pago io? Ma non ho uno yen in tasca!" pigolò Ryoga, naturalmente non contento della novità.
"Io ti fornisco vitto e alloggio nel mio ristorante. Mi sembra corretto da parte tua sdebitarti in qualche modo".
"Ukyo, ma sul serio... sono povero in canna. Non me lo posso permettere".
"E va bene. Vorrà dire che mi ripagherai in un altro modo".
"Che modo?".
"Non è appropriato parlarne in pubblico. Diciamo che è una cosa..." disse avvicinandosi all'orecchio del ragazzo, che già stava arrossendo violentemente "... riservata a una camera da letto".
Ryoga cadde come un sacco vuoto fra le braccia di Ranma, che in uno strano impeto di genialità si era messo appositamente dietro di lui perché prevedeva un'evoluzione del genere.
"Ukyo! Sei veramente tremenda. Cosa gli hai detto a 'sto poveretto?".
"Chi? Io? Niente. Firulì firulà".
"Prima o poi gli farai venire un infarto".
"Maffigurati. Il solito esagerato" concluse con un occhiolino. Poi si rivolse verso il negoziante, che aveva assistito alla scena con la bocca spalancata chiedendosi perché certa gente gli era finita in negozio.
"Prendo il singolo di Meiko Kaji e Disintegration per il mio... amico".
"S-S-S-Sì, o-ok".
"Oh, e non dimentichiamoci i biglietti" aggiunse voluttuosa mentre li strofinava sulla faccia dello svenuto Hibiki.
Che bello, che bello. Finalmente vedrò dal vivo la Divina.

Con in mano i preziosi biglietti, Ukyo trotterellò fuori dal negozio intonando sconosciute canzoni enka.

“Scusa se interrompo la tua esibizione, ma lui? Te lo sei dimenticato?” borbottò Ranma, trascinando fuori dal negozio un Ryoga privo di sensi.

“Oh... beh, potresti aiutarmi a riportarlo a casa?” sorrise a Ranma, il quale alzò gli occhi al cielo e borbottò qualcosa di indefinito, per poi caricarsi in spalla l’eterno disperso e seguire Ukyo fino al ristorante.


“Eccoci a casa, peso morto!” disse Ranma, senza rivolgersi a nessuno in particolare: voleva essere una battuta per Ryoga, ma al momento l’uomomaialino era ancora svenuto. Si limitò quindi a sistemarlo alla meglio su una delle sedie del locale.

“Ancora privo di sensi? Ipersensibile il ragazzo!” trillò Ukyo, persa nella contemplazione del suo bottino musicale.

“E vorrei anche vedere, con le cose che dici...” borbottò Ranma, sedendosi al bancone.

“E tu che ne sai di cosa gli ho detto?”
“Con la reazione che gli ha causato di sicuro era qualche battuta sconcia che gli ha mandato il cervello in tilt! Non dovresti giocare così con lui, soprattutto se non avete... si insomma...”
“R-Ranma! C-che ne sai tu di co-cosa... !” balbettò Ukyo, presa in contropiede.

“Oh ti prego, Ryoga è un tontolone come me in questo campo! Ti assicuro che se fosse successo l’avrei saputo, non ce l’avrebbe fatta a tenerlo per sè...”
Ukyo avvampò, sia per l’imbarazzo che per un non troppo velato fastidio: odiava quando Ranma aveva ragione su di lei.

“E comunque dovresti davvero essere un po’ più delicata nei suoi riguardi” proseguì il codinato “di questo quel poveretto comincerà a sentire la mancanza di Akari!”
A quel nome Ukyo ringhiò e cacciò Ranma fuori dal ristorante; quest’ultimo corse via ridacchiando, lasciando una cuoca imbarazzata e furente.

Come ha osato quel cafone di Ranchan tirare in ballo Akari?

Non che avesse qualcosa di cui preoccuparsi, al momento: le cose tra lei e l’eterno disperso andavano piuttosto bene, e lui stesso le aveva detto che con Akari non aveva funzionato per diversi motivi... non era così bastardo da stare con una ragazza solo per dimenticarne un’altra. Ma soprattutto non poteva stare con una persona che amava i maiali e che di sicuro lo avrebbe amato anche per la sua maledizione, quando lui per primo odiava quella parte di se stesso e se ne vergognava.

Ukyo, al contrario, non aveva mai avuto problemi con il lato porcino di Ryoga - esclusi quelli per nasconderlo ad Akane, ma oramai risolti e messi da parte. (1)

Inspirò e si avviò verso il tavolo per svegliare il bell’addormentato.

Mi farò perdonare per le battutine, si disse. E sarà un concerto memorabile!

Angolo onestà: nel cervello di Ukyo, per una frazione di secondo, passò un'immagine che col concerto non aveva nulla a che fare. Era il primissimo modo che le era saltato in testa per farsi perdonare.

Sì, è quello che state immaginando brutti maiali.

Per fortuna sua, di Ryoga e dell'intera cittadina non registrò il particolare a livello conscio. Fu solo un velocissimo flash senza conseguenze.

Questo però la diceva lunga su un certo tipo di pensieri che stavano cominciando, molto piano e con molta discrezione, ad affacciarsi di quando in quando.

Ok, basta divagazioni sconce.

Ukyo scosse un po' il corpo senza sensi del ragazzo nel tentativo di svegliarlo. Dopo qualche prova a vuoto riuscì nel suo intento e trovò ad accoglierla uno sguardo decisamente frastornato.

"Che... che è successo?" balbettò lui ridestandosi.

"Nulla. Sei svenuto al negozio dopo che io...".

"Oh. Ora ricordo".

E improvvisamente fu glaciale silenzio dentro l'Okonomiyaki Ucchan.

Entrambi si sentivano come se stessero attraversando un sottilissimo strato di ghiaccio indossando scarponi con la suola alta dieci centimetri. Un solo passo falso e tutto sarebbe crollato in mille pezzi.

"Io...".

"... io...".

Si zittirono nuovamente, imbarazzati oltre ogni dire.

Una semplice battuta, detta con totale innocenza, li aveva gettati in questo delicatissimo equilibrio che nessuno di loro si sentiva pronto a spezzare.

Poi Ukyo prese il coraggio a quattro mani. Non sapeva per far cosa, ma quello stallo era insopportabile.

"Ryoga" disse tutto di un fiato prendendogli la mano.

"S-Sì?".

"Ecco... perché non...".

“Non...?” chiese Ryoga, interrogativo.

“P-perché n-non...” balbettò lei, gesticolando verso Ryoga; quest’ultimo inclinò la testa da un lato, non capendo il senso delle parole confuse della ragazza.

Oh Kami, come ho fatto a cacciarmi in questa situazione?

“Intendo dire” proseguì Ukyo, racimolando quella poca calma che le rimaneva “perché io e te non... non diventiamo... insomma... p-più..”
“Ukyo credo di non seguirtì...” pigolò Ryoga, sempre più confuso.

La ragazza sbuffò, esasperata dalla tontaggine del ragazzo e dalla propria incapacità di mettere insieme una frase di senso compiuto senza balbettare.

“Ascoltami, perché non lo ripeterò una seconda volta” disse “non per oggi almeno. Penso... penso che io e te dovremmo... avvicinarci di più.”
“Ma siamo già seduti vicini...”
“No, non intendevo questo. Voglio dire... dovremmo diventare più... intimi.”
“In che senso?”
Ukyo guardò Ryoga con occhi sgranati. A quanto pare Ranchan non esagerava proprio riguardo l’essere tonti su certi argomenti.

L’eterno disperso continuò a guardarla con un’espressione ingenua da cucciolo, ignaro dei pensieri che albergavano nella mente della ragazza. Poi, finalmente, l’illuminazione: ricordò la battuta di Ukyo che l’aveva quasi mandato all’altro mondo, e la ricollegò allo strano discorso che la cuoca stava cercando di condurre in quel momento. E finalmente capì.

“Oh... OH. T-tu i-i-i-ntendi...”
“Scusate, è aperto?”

Entrambi si voltarono di scatto verso gli incauti avventori del locale, ricordando che era quasi ora di cena e che di lì a poco il ristorante si sarebbe riempito di clienti.

Ryoga osservò Ukyo andare ad accogliere la coppia, e cercò di tornare in possesso delle sue poche facoltà mentali. Si rimise in piedi e andò a prendere il suo grembiule da cameriere - l’unico modo che aveva, al momento, per ripagare Ukyo dell’ospitalità, ringraziando i Kami per quel diversivo: non era sicuro di essere in grado di sostenere quella conversazione. Era... presto. Troppo. Soprattutto per lui, la cui unica relazione prima di Ukyo l’aveva avuta con una ragazza che lo amava più per la sua maledizione che per altro - e che soprattutto era riuscito a vedere pochissimo a causa del suo inesistente senso dell’orientamento.

Mentre prendeva le ordinazioni, pregò che Ukyo dimenticasse quel discorso, ma in cuor suo sapeva che sarebbe tornata all’attacco.

E allora non avrebbe saputo come reagire.


Il giorno dopo, un cartello appeso alla porta d’ingresso del locale avvisava eventuali clienti che il ristorante sarebbe rimasto chiuso per il week-end per motivi familiari. Il reale motivo, neanche a dirlo, era il concerto di Yolanda Tasico.

“Allora Ryoga, sei pronto?” trillò Ukyo, camminando a passo spedito verso la stazione.

“Eh, come no... non vedo l’ora” mentì lui, che non concepiva l’idea di andare in treno in un paesino disperso chissà dove per assistere al concerto di un’illustre sconosciuta - che cantava enka, per di più, genere che lui non digeriva. Ma per Ukyo, si disse, questo ed altro.

“Ti prego, metti da parte tutto quell’entusiasmo o finirai per sentirti male” lo pungolò Ukyo, che in ogni caso era troppo su di giri per lasciarsi condizionare dal malumore del ragazzo.

"Senti, non ci posso fare nulla se l'enka non... non mi piace, ecco". Aveva esitato perché temeva che lei se la potesse prendere più del necessario, ma d'altronde era la pura e semplice verità.

A Ryoga Hibiki l'enka faceva schifo. E non sono a lui. Anzi, a volerla dire tutta era Ukyo Kuonji la pecora nera del circondario, non di certo il contrario.

Ukyo si indispettì un pochino. Sapeva che lo stava più o meno ricattando per farsi seguire al concerto, ma non di certo perché volesse sottoporlo ad indicibili torture. E poi sapete com'è, portarsi Ryoga in giro dà possibilità al suo inesistente senso dell'orientamento di mettersi in mezzo e farlo perdere sul treno, in metropolitana, al palazzetto/stadio/ovunque si tenesse il concerto. Per com'era fatto meno si muoveva e meglio tutti stavano.

No, lo voleva con se... perché teneva alla sua compagnia.

Si era ormai abituata alla sua presenza, goffa e pasticciona, dolce e premurosa, al suo fianco. In un lampo sentì una minuscola fitta al cuore quando davanti ai suoi occhi, accanto al ragazzo con la bandana, apparve lo spettro di Konatsu. Fino a poco tempo prima era il suo ruolo, quello di esserle sempre accanto come ogni bravo cavalier servente che si rispetti.

Scacciò questo pensiero cupo. Non era proprio il momento adatto.

Vedere Ryoga così riottoso le faceva un po' male. A lei sarebbe piaciuto che anche lui trovasse sublimi le canzoni della Divina. Non era così, pazienza. Ma arrivare al punto di farlo sentire moralmente obbligato ad andarle dietro pur di farle piacere...

Non è giusto così, Ukyo. Non puoi approfittarti di lui così tanto.

Poi trovò il colpo di genio.

"Senti Ryoga, so che non sei entusiasta all'idea e me ne dispiace. Io però sono troppo su di giri per rinunciarci, specialmente con così breve preavviso. Facciamo così...". Lasciò volutamente la frase in sospeso.

"Così come?" chiese lui, onestamente stupito dall'evolversi della situazione.

"Così: tu vieni con me al concerto e cerchi, per quanto ti è possibile, di godertelo più che puoi. Ricordati sempre che non stiamo andando davanti al plotone di fucilazione, ma a goderci un paio d'ore di relax e svago. In cambio, però, avrai una contropartita".

"Che genere di contropartita, esattamente? Mi sono perso a «godertelo»".

"Sei proprio senza speranza, maialino. La contropartita la stabilisci tu".

"Come prego?".

"Eddai, sarai mica sordo così giovane. Hai sentito bene. Decidi tu: una passeggiata nel parco, una cena romantica, una fornitura gratis di okonomiyaki per un anno. Quel che ti passa per la testa. Va bene tutto".

"Tutto tutto?".

"Tutto tutto".

"Ukyo, ti rendi conto che..." tentennò "... che potrei chiederti... davvero di tutto?".

Lo schiaffo metaforico che colpì la guancia sinistra della cuoca prese a fare un male cane.

Si era appena messa totalmente nelle sue mani. Non dubitava che non avrebbe mai spinto oltre un certo limite, quello no. Ma era comunque una posizione pericolosa, la sua. E si era consegnata con un sorriso.

Ebbene, Kuonji. Chi non risica non rosica. E poi, ammettilo, la prospettiva di qualche proposta azzardata non ti mette così tanto in apprensione come ti piace pensare.

"Sì, me ne rendo conto. Mi fido di te, Ryoga".

Il ragazzo rimase a fissarla per qualche secondo, riflettendo sulle molteplici implicazioni di quella proposta.

Avrebbe davvero potuto pretendere qualunque cosa... soprattutto alla luce del discorso del giorno prima.

Anzi, specialmente per quello. Ukyo si era dimostrata particolarmente interessata ad... approfondire il loro rapporto, e Ryoga non poteva dirsi del tutto contrario all’idea: in fondo non si erano mai spinti oltre qualche bacetto, quasi sempre per iniziativa della ragazza. Sospirò, dandosi dell’idiota per il suo essere così timido e... tonto.

Magari questo giochetto tra me e lei servirà a sbloccarmi, pensò. Sarebbe anche ora...

“Beh, perché no” disse, tendendole la mano “ci sto.”
Ukyo sorrise e ricambiò la stretta di mano per suggellare l’accordo.

La osservò avviarsi verso la biglietteria della stazione, ritrovandosi a osservare i lunghi capelli che ondeggiavano lungo la schiena, il fisico longilineo, le gambe snelle...

Ok Ryoga, non è il caso di farle la radiografia adesso. Datti una calmata!

Ma chiaramente il suo cervello era di tutt’altro parere, e gli permise di immaginare scenari di ogni tipo legati a quella promessa, dai più casti ai più piccanti... finendo col chiedersi come sarebbe stato lasciarsi andare e chiederle quello. Se avesse davvero trovato il coraggio di chiederglielo - e se lei avesse accettato...

No no no no. Ryoga non puoi farlo.

Scosse la testa e cercò di riassumere un minimo di contegno prima del ritorno di Ukyo. Non aveva ancora idea di cosa le avrebbe chiesto, e decise che ci avrebbe pensato durante il concerto - così almeno si sarebbe distratto da quello stillicidio di musica popolare.

Si, ci avrebbe pensato a tempo debito. Al momento l’importante era godersi il viaggio.


Chiaramente, i Kami la pensavano diversamente.

“Avete solo... una matrimoniale?”
La proprietaria del ryokan osservò i due ragazzi con aria mortificata.

“Sono davvero spiacente, ci sono state delle prenotazioni impreviste...”

Accidenti. Straccidenti. Ci voleva pure questa, eh.

"E scusi, a cosa sono dovute queste prenotazioni extra?" chiese Ryoga. Era una domanda dettata da semplice curiosità, ma alle orecchie di Ukyo giunse come un "sentiamo perché ci sottoponiamo a tutto questo, e spero per il tuo osso del collo che almeno sia un motivo valido".

La signora di mezza età si grattò una mano per malcelare l'imbarazzo di mettere i suoi due nuovi ospiti in una situazione che, a giudicare dalle prime reazioni, non era di loro esatto gradimento.

Che strano però, a vederli entrare sembravano decisamente una coppietta felice e avrei giurato che sarebbero stati contenti della cosa.

"Ecco, vedete... hanno spostato qui a Kawasaki la fiera nazionale dei produttori di moto dopo che la sede originale, a Saitama, si è allagata questa notte. Hanno trovato solo qui e c'è stato un boom di visitatori non previsto. Mi spiace ancora di mettervi in questa situazione..." si scusò inchinandosi, due ciuffi di capelli grigi che la diedero vinta alla forza di gravità.

Ukyo si intenerì di fronte a tutto questo profluvio di scuse per una cosa che, a ben guardare, non era dipesa dalla costernata donna di fronte a loro. Pertanto sorrise e si affrettò a farla rimettere in posizione eretta: "Signora, signora. Non c'è problema, davvero. Io e Ryoga... non abbiamo problemi. Vero, Ryoga?".

Il tono era velatamente minaccioso. E non tanto per una qualsiasi azione avventata che lui avrebbe potuto compiere, cosa di cui peraltro non lo credeva capace neanche nei suoi più selvaggi sogni. Era un non troppo mascherato invito a non piantar casino, che se avesse perso il concerto per questo disguido ci sarebbero state conseguenze pesanti per tutti. Lui in primis.

"Problemi? Chi, io? Ma figurati. È tutto ok" mentì con notevole faccia tosta, sufficiente da quietare persino la sua eccitabile compagna.

"Oh, perfetto. Allora, se mi date due secondi, sistemo le pratiche e vi accompagno alla stanza” disse la proprietaria con un'aria decisamente più sollevata.

La burocrazia venne sbrigata in tempi brevissimi e i due piccioncini presto poterono appoggiare i loro modesti bagagli vicino al futon della loro camera.

"Accipigna, è proprio spaziosa" commentò con leggerezza Ryoga mentre si sdraiava a pancia in su sul soffice materasso.

"Oh sì, e ci sarebbe pure mancato. Con tutto quello che ho pagato" protestò lei dal bagno, dove si era chiusa appena arrivati per darsi una veloce rinfrescata.

"Sigh. Non farmi ricordare che sono spiantato come un neonato, per favore. Fa male all'autostima".

"Ragazzo mio, mai pensato di trovarti un lavoro?".

"Devo ammettere di sì, ci ho riflettuto. Appena torniamo a Nerima mi darò un'occhiata in giro".

"Vicino al Furinkan c'è un cantiere, credo stiano costruendo una nuova palazzina. Potresti provare a chiedere lì, tanto presumo che un lavoro di fatica come quello sarebbe una passeggiata per uno come te".

"Vedremo, vedremo" sciaquò via il discorso lui.

Era nervoso. Si stava rendendo conto, man mano che passavano i secondi, che quel grosso grasso letto greco li avrebbe ospitati per la notte. Insieme. E la nozione lo scombussolava notevolmente.

Era talmente immerso in simili pensieri che non si avvide della persona al suo fianco fintanto che questa non pensò bene di accarezzargli il naso con un dito.

"Ukyo! Da... da dove sbuchi? Da quanto sei qui? Cosa? Come? Dove?".

"Mamma mia, P-chan. Sei più suscettibile di un monaco" scherzò lei, lasciandosi sfuggire una risata.

Ryoga sentì uno strano fremito percorrerlo in ogni muscolo del suo corpo. Qualcosa, dentro di lui, stava spingendo per fare in modo che la abbracciasse di slancio e al diavolo le conseguenze, gli imbarazzi e tutta quella roba inutile.

Io vorrei... non vorrei... ma se vuoi...

Ukyo lo osservò sorridendo, ignara del tormento interiore di Ryoga.

Smettila di sorridermi così, sei maledettamente carina...

Ok, si disse. Un bacio. Un piccolo, stupidissimo bacio! Posso farcela!

E nello stesso momento in cui formulò quel pensiero, si ritrovò le labbra di Ukyo sulle sue.

Eppure sono abbastanza sicuro di non essermi mosso...

Quando sentì le mani della ragazza accarezzargli il viso, capì che era stata lei a prendere l’iniziativa. Ancora una volta.

Sono un cretino.

Ricambiò il bacio, seppur con meno trasporto di quanto avesse sperato, per poi separarsi da Ukyo.

Quest’ultima lo guardò perplessa.

“Qualcosa non va...?”
“Oh n-no no io...” balbetto, alla ricerca di una scusa plausibile “io ho... solo necessità di fare un bagno! Sai, dopo quel lungo viaggio in treno non sono esattamente fresco come una rosa, ho proprio bisogno di... capisci...”
“Oh certo, vai pure...” sorrise lei. Un sorriso finto che persino Ryoga notò, e si sentì colpevole per questo. Ma in quel momento era troppo agitato e sentiva solo il bisogno di scappare da lì e pensare; così si defilò, lasciando una cuoca sola, coraggiosa e in preda ai dubbi.


Sono un idiota. Il più idiota tra gli idioti!

Se lo ripeteva da quando aveva messo piede nella vasca termale, immergendosi totalmente e riaffiorando di quando in quando solo per riprendere fiato.

Era talmente confuso da quanto successo prima in camera che non aveva neanche pensato che si sarebbe perso alla ricerca del bagno - e guai se l’avesse saputo Ranma, quella del bagno era una delle sue prese in giro preferite! Per fortuna una cameriera era stata così gentile da accompagnarlo fino all’onsen; non aveva idea di come sarebbe tornato indietro fino alla sua stanza, ma per ora era un problema secondario: i drammi che affollavano la sua scatola cranica erano molto più urgenti.

Come diamine mi sono cacciato in questa situazione?

Si sentiva un verme per aver mollato Ukyo in quel modo.

In fondo era stato solo un bacio, un bacetto innocente... ma era bastato a farlo scattare come una molla. Inoltre lo strano accordo che la ragazza gli aveva proposto contribuiva a gettarlo in uno stato che era un mix di euforia, eccitazione, confusione e agitazione.

In realtà quella promessa non voleva dire per forza implicazioni... di quel genere. Anzi, Ukyo gli aveva chiaramente detto che poteva chiedere qualunque cosa, anche una richiesta stupida come una cenetta insieme o una passeggiata. Ma era inutile, la sua mente collegava in automatico l’accordo con la battuta che la ragazza gli aveva fatto al negozio di dischi.

E non era neanche la prima volta... Ukyo aveva un umorismo tutto suo, fatto di battutine e ammiccamenti alle volte piuttosto espliciti. Non sapeva quanto ci fosse di reale in quegli atteggiamenti: era pur vero che, in passato, sia lei sia le altre ex pretendenti di Ranma non si erano mai fatte problemi nel far capire al ragazzo che erano disposte a tutto pur di averlo (che lui avesse recepito o no il messaggio era un altro discorso), ma più conosceva Ukyo più si rendeva conto di quanto in fondo quella non fosse che una facciata... e che se si fosse trovata di fronte quella possibilità sarebbe probabilmente andata nel panico più totale come una normale adolescente. Ma quel modo di scherzare le era rimasto, e probabilmente non si rendeva conto di quanto alle volte mettesse davvero in imbarazzo il povero Ryoga.

Sbuffò e si lasciò scivolare dentro l’acqua, rimuginando.


Nel frattempo la cuoca sola, coraggiosa e sfigata si chiedeva dove aveva sbagliato.

L’ho messo in difficoltà con quel bacio?

Più ci rifletteva, più si diceva che non poteva essere così: era un bacetto innocente, davvero. Non aveva avuto altre intenzioni... per una volta. Forse Ryoga era arrabbiato con lei per qualcosa? Per la camera? Per la battutina al negozio di dischi?
Rotolò sul futon, trovandosi ad osservare il soffitto.

Sentì necessità di parlare con qualcuno. Ma in un paesino dimenticato dai Kami, con chi poteva parlare? Con la statua del tanuki all’ingresso?

Guardò l’orologio. Mancavano ancora un paio d’ore al concerto.

Magari hanno un telefono... con quello che costa questo posto, dovrà pur esserci.

La sua intuizione era giusta: avevano un telefono lì nella hall, in una stanzina che  consentiva una certa privacy. E non bisognava neanche pagare al momento.

Tanto me la addebiteranno sul conto, ci scommetto.

Si trovò a comporre meccanicamente il numero di casa Tendo.

Dimmi che ci sei. Dimmi che ci sei. Dimmi che ci sei.

Dopo qualche squillo a vuoto finalmente una voce.

"Pronto, casa Tendo. Chi è?". Kasumi. Doveva aspettarselo.

"Kasumi? Ciao, sono Ukyo. Senti, per caso c'è Akane?".

"Sì, un secondo che te la chiamo".

Siano ringraziati i kami, c'è. Non avrei retto altrimenti.

Un minuto di attesa, poi rumori confusi di un oggetto che veniva spostato o qualcosa del genere.

"Ukyo? Sei tu?".

"Oh Akane, non sai che gioia per me sentirti".

"Che cos'è tutta questa agitazione? Stai bene? Non sarà mica successo qualcosa?".

"Beh, qualcosa è successo sì... ma non preoccuparti, niente di davvero grave. Si tratta di... Ryoga".

"Ryoga? Spiegati meglio, per favore".

Le riassunse brevemente il tutto: la scenetta al negozio di dischi, l'accordo, il bacetto.

"Ukyo, mi tocca richiedertelo. Sicura di star bene? Stai ansimando".

"Sono nervosissima, Akane. Nervosissima. Fra la mia offerta per sdebitarmi del concerto che gli ho caricato addosso e questa cosa appena successa in camera... e poi ho percepito una strana aria in lui, come se... come se... volesse... provarci... in quel senso...".

"Chi, Ryoga? Lo stesso maialino che mi ha adorata da lontano per anni senza neanche avere il coraggio di svelarmi cosa provasse per me? Parliamo della stessa persona?".

"Oh dai, non mi dirai che lo pensi davvero. Ryoga è cambiato in questi ultimi mesi, esattamente come tutti noi. Non farmi ritirar fuori la storia del durello e di quando mi ha chiesto di rimanere in stanza con lui mentre si cambiava". (2)

"... punto tuo, Kuonji. Ma è pur sempre Ryoga, il ragazzo che perdeva litrate di sangue quando vedeva mezza tetta di Ranmachan. Sarà anche cambiato, non dico di no, ma non può essere improvvisamente diventato un playboy da strapazzo".

"Akane, il problema è diverso. Il problema è che... non so se e quanto voglio andare fino in fondo con lui".

"... oh. Ti senti contagiata dal morbo cinese?".

"Cosa?".

"Come, non lo sai? Shan-Pu e Mousse... hanno dato". (3)

"Mi prendi in giro?".

"Non su queste cose. Chiedi a Ryoga, credo che lui sappia".

"Se chiedo a Ryoga di una cosa del genere, in questo momento, con questi grilli per la testa... rischio di saltargli addosso e...".

"Per favore, niente particolari. Il concetto è chiaro".

"Ti prego, mi serve una mano per schiarirmi le idee".

Akane sospirò, indecisa sul da farsi. Non è che fosse molto più esperta dell’amica sull’argomento... e tuttavia non se la sentiva di abbandonarla in quello stato.

“Ok allora, vediamo di riassumere... tu hai fatto una battuta infelice a Ryoga, gli hai fatto una proposta folle che sul momento ti sembrava geniale, e ora temi le conseguenze. Esatto?”
“Si, all’incirca” rispose Ukyo, intenta a mangiarsi le unghie e camminare avanti e indietro davanti al telefono, per quanto consentiva il filo.

“Sarò sincera: ti stai agitando per niente.”
“Niente?!”
“Ok, magari non proprio niente” si corresse Akane “ma ciò non toglie che a mio parere stai ingigantendo di molto la cosa. Pensaci un secondo: da cosa è nato tutto?”
Ukyò ci pensò qualche secondo.

“Dalla... battuta al negozio?”

“Esatto.”
“Ma... scherzavo!”
“Ukyo, lascia che te lo dica: alle volte scherzi in maniera pesante. Tra noi ragazze va bene, ma coi ragazzi non sempre... perché possono fraintendere. Come Ryoga.”
La cuoca rimase in silenzio, riflettendo sulle parole di Akane.

“Se fosse stato un altro ragazzo allora avresti dovuto preoccuparti sul serio” proseguì Akane “anche se con un paio di colpi di spatola l’avresti sicuramente messo al suo posto. Ma... è Ryoga!”
“Akane... Ryoga è pur sempre un maschio. Insomma... anche lui avrà certe pulsioni! E io temo di averlo spinto al limite...”
“Sicuramente le avrà anche lui, non credo sia immune al tuo fascino” ridacchiò la minore delle Tendo “ma è un bravo ragazzo, e sono più che sicura che non ti toccherà nemmeno con un dito se tu non lo vorrai.”
“Forse hai ragione...”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Tu cosa vuoi davvero? Gli hai fatto quelle battute e quella proposta, ma dici che ora non te la senti di andare fino in fondo...”
“...io non lo so. Credo... credo solo di voler avvicinarmi un po’ di più a lui. Insomma, non siamo mai andati oltre i baci, ed ero sempre io a darglieli. Vorrei... vorrei solo che si lasciasse andare di più con me, tutto qui.”
“E perché non glielo dici e basta? Senza battute piccanti o strani accordi fraintendibili?”

Ukyo riflettè sulle parole di Akane. Che avesse davvero ragione? Di solito era lei la fonte di saggezza del gruppo, con l’occasionale supporto di Mousse, ma in quel momento la sua obbiettività era decisamente offuscata dagli ormoni altalenanti e dall’agitazione per un casino in cui si era ficcata da sola.

I suoi pensieri vennero interrotti da rumori e battibecchi proveniente dall’altro capo del telefono.

“Ehi Ucchan! Sei tu?”
“Ranchan...?”
“Mi raccomando, smettila di terrorizzare quel tontolone di Ryoga e - Akane aspetta un attimo! Ora te la ridò la cornetta! Dicevo, smettila di spaventare l’uomomaialino e abbi pazienza con lui! Non siamo tutti svegli come Mousse, in quel senso!”
Ci fu qualche rumore di colluttazione, e poi il telefono tornò in mano ad Akane.

“Pronto? Scusa quel cretino, è imperdonabile!”
“Non fa niente, credo avesse ragione... mi aveva detto la stessa cosa al negozio.”
“Ah si?” chiese Akane, che non aveva ancora smesso di stupirsi per ogni consiglio sensato che sentiva uscire dalla bocca del fidanzato.

“Si. Ti ringrazio per avermi ascoltata, ma avevo proprio bisogno di sfogarmi...”
“Sta tranquilla, pensa a rilassarti e goderti il concerto di... chiunque essa sia!”
“Yolanda Tasico, dannazione! Ma siete tutti ignoranti in materia di enka?”
La risata all’altro capo della cornetta le confermò che sì, erano tutti ignoranti riguardo l’enka e felici di esserlo.


Mezz’ora dopo Ukyo si avviò verso l’uscita del ryokan, vestita di tutto punto e impaziente di assistere al concerto della Divina.

Se solo sapessi dove si è cacciato Ryoga...

Restò ad aspettarlo un po', senza successo. Allora si risolse ad andarlo a cercare, perché lasciarlo col guinzaglio slacciato significava rischiare di trovarselo a Sapporo sotto una tempesta di neve.

Per precauzione si avvicinò al bancone e spiegò la situazione alla proprietaria, chiedendole di trattenerlo se per caso lo avesse visto passare.

Poi si tuffò alla sua ricerca.


Ryoga, in realtà, non era andato proprio da nessuna parte.

I suoi tormenti interiori lo avevano spossato ed aveva finito con l'addormentarsi con la testa appoggiata a un sasso, sotto lo sguardo attonito degli altri avventori. Non sempre capitava di vedere un ragazzo dormire come un pezzo di granito mentre si stava facendo il bagno.

Un uomo di mezz'età con i baffi si rivolse alla cameriera, quella che lo aveva accompagnato lì, chiedendole se fosse il caso di svegliarlo.

"No, non penso. E comunque non mi permetto di infastidire un cliente. Dovrebbe fare lo stesso" rispose quella con un sorriso a sessantaquattro denti e una vaga luce omicida negli occhi. Il signore si zittì immediatamente, pentendosi di essersi impicciato di fatti non suoi.

Dopo un'ulteriore mezz'ora, però, giudicò che il suo protetto stava davvero esagerando. Quindi, con fare professionale, si avvicinò a lui e lo scosse leggermente per destarlo.

"Uh? Che succede? Che c'è?" mormorò lui, la voce pastosa.

"Credo sia il caso che esca da qui, signor Hibiki. Ha passato quasi un'ora dormendo e non le fa bene".

"Oh... oh sì. Aspetti, ha detto un'ora?".

"Sì, pressapoco".

"Ukyo mi ucciderà se arriviamo in ritardo al concerto!". E così guaendo raccattò il suo asciugamano, se lo strinse velocemente in vita e corse via senza una meta precisa. O meglio, una meta ce l'aveva in testa ma non nei piedi.

E dietro di lui Kyoko, la cameriera, che arrancava cercando di stargli al passo. Lui le aveva accennato ai suoi leggeri problemi di spostamento e quindi lei si sentì in dovere di salvaguardarlo.

Ryoga trovava un po’ inquietante l’usanza dei ryokan di affidare una cameriera ad ogni camera che si sarebbe occupata di ogni cosa: dall’accoglienza al portare i pasti in camera, ripulire il tavolo, preparare i futon e svegliare i clienti il giorno seguente per riporre via i futon... e, nel suo caso specifico, anche accompagnarlo in giro per la struttura. Quest’ultimo dettaglio in realtà era anche utile, visto che si era già perso non appena uscito dalla vasca, ma... la presenza costante della cameriera, che lo fissava con un’espressione preoccupante, lo metteva a disagio.

“G-guardi che non c’è bisogno di seguirmi ovunque...”
“Lei e la signorina Kuonji siete stati affidati alle mie cure, è quindi mio preciso dovere occuparmi di lei signor Hibiki.”
“No ma davvero, non si disturbi...”
“Non è un disturbo, è la mia missione.”
“L-la sua missio...”
“Prego signor Hibiki, lasci che prenda quell’asciugamano e le porti uno yukata!”
Ryoga si ritrovò a giocare al tiro alla fune con la signorina Kyoko, che cercava di appropriarsi del suo asciugamano con cui cercava disperatamente di coprire le sue vergogne.

“M-ma non potrebbe portarmi PRIMA lo yukata e POI prendere l’asciugamano?!” pigolò disperato.

“Signor Hibiki, mi lasci fare il mio lavoro!”
Ryoga si disperò in silenzio, chiedendosi cos’avesse fatto di male per trovarsi in quel paesino sperduto per assistere a un concerto di una tizia che nessuno conosceva e con una cameriera squilibrata che cercava di appropriarsi del suo misero asciugamano.

I Kami devono proprio avermi preso in antipatia, si disse.


Stupido uomomaialino, in quale maledetta intercapedine ti sei nascosto?

Ukyo sbuffò, guardando l’orologio per l’ennesima volta: mancava un’ora al concerto, e cominciava ad agitarsi.

Giuro che se perdo il concerto della Divina a causa sua nel menù aggiungerò le okonomiyaki al porcellino nero.

Aveva ispezionato il ryokan in lungo e in largo, ma di Ryoga nessuna traccia; aveva controllato alle terme, visto che voleva fare un bagno, ma a parte un vecchietto dall’aria terrorizzata non c’era nessun’altro. E ovviamente nemmeno la proprietaria l’aveva visto passare. Si ritrovò a camminare sconsolata per i corridoi, perlustrandoli di nuovo nella speranza di incrociarlo, e lasciò vagare i suoi pensieri... idea più che sbagliata, nel suo stato d’animo.

Immaginò subito scenari strappalacrime di un Ryoga che, stanco delle sue battutine sconce, aveva deciso di sfidare il suo senso dell’orientamento inesistente e lasciarla sola in quel ryokan.

E non tornare mai più a Nerima.

E se mai fosse riuscito a tornarvi, ovviamente, l’avrebbe trattata con astio... o magari non le avrebbe rivolto la parola, considerandola meno di una sconosciuta.

Si fermò in mezzo a un corridoio, gli occhi sbarrati. La sola idea che quel pensiero potesse rivelarsi esatto l’avrebbe distrutta. Il fatto che i bagagli di Ryoga si trovassero ancora in camera non bastava a calmarla e farla ragionare lucidamente. Ormai il suo cervello aveva preso la via dello scenario apocalittico e non c’era modo di fermarlo.

No ok, calma Ukyo. Quello scemo non può essere andato da nessuna parte. Si sarà sicuramente perso in uno stanzino mentre tu sei qui a immaginare scene strazianti che contribuiscono solo ad aumentare il tuo malumore...

E tutta via quei pensieri non la abbandonavano, insieme al ricordo di come era scappato via dopo quel bacio...

Kami, dove ho sbagliato?

“La prego, mi lasci tornare in camera!”
Mi sembra quasi di sentire la sua voce...

No aspetta, questa È la sua voce.

Quando finalmente si voltò in direzione della piccola hall, si trovò a guardare un Ryoga seminudo che correva disperato, inseguito da quella che riconobbe come la cameriera che era stata assegnata loro.

“La prego abbia pietà di me!”
“Signor Hibiki, torni qui! Mi lasci fare il mio lavoro!”
“R-Ryoga...?
Quando il ragazzo la notò corse verso di lei e si nascose dietro la sua schiena.
“Oddio Ukyo non sai quanto sono contento di vederti ti pregoaiutamihopauradiquelladonna!” piagnucolò, mente la cuoca non sapeva se ridere o piangere - e soprattutto cercava di non concentrarsi sul microscopico asciugamano che copriva il ragazzo.

“A quanto pare è destino che tu debba ritrovarti svestito in mia presenza, eh?” disse, ricordando l’episodio simile accaduto qualche mese fa a casa sua. Ma quando vide Ryoga abbassare lo sguardo, imbarazzato, si diede della stupida.

Brava Ukyo, non ti eri ripromessa di smetterla con le battutine, almeno finché non vi foste chiariti?

I suoi pensieri vennero interrotti dalla signorina Kyoko, che insisteva per prendere l’asciugamano del signor Hibiki e fornirgli uno yukata.

“Ukyo ti prego, fa qualcosa!” pigolò lui, sull’orlo della disperazione.
“La prego, mi lasci lavorare!”
“S-signorina Kyoko, visto che non siamo poi così lontani dalla nostra stanza” mentì, sapendo che c’erano almeno altri due corridoi di distanza “non sarebbe il caso di tornare in camera e lasciare che si rivesta? Siamo anche in ritardo per il concerto e non vorrei proprio perdermelo, sa...”
La cameriera li osservò in silenzio, un po’ stizzita per non aver potuto fare il suo lavoro correttamente.

"Per favore" insistette la cuoca "ci lasci fare da noi. Le assicuro che ne siamo perfettamente in grado. E poi vede, il mio ragazzo si intimidisce facilmente...".

Silenzio glaciale.

Kyoko se ne andò, a onor del vero ancora un po' indispettita, dopo aver sentito la parolina magica.

I due ragazzi rimasero come pietrificati nelle loro posizioni per lunghi minuti.

Ukyo non credeva alla sua bocca, Ryoga alle sue orecchie.

Era stato un riflesso incondizionato, del tutto involontario. Probabilmente il suo cervello aveva reputato quella la via più veloce e meno complicata di identificare Ryoga rispetto alla cameriera.

Ma quella parola... era ancora troppo per loro.

Poi lei ruppe l'impasse. Prese a camminare verso la loro stanza, assicurandosi di tenerlo per mano. Uno smarrimento bastava ed avanzava.

Non dissero nulla, troppo impegnati a contemplare le conseguenze di quello che era stato detto.

Giunsero in fretta. Lui si cambiò in fretta. Fecero tutto in fretta.

Stavano per uscire quando...

"Ukyo" riuscì finalmente a spiccicare parola.

"C-Cosa c'è?" disse lei voltandosi nella sua direzione, visto che era già in procinto di uscire dalla stanza. Era terrorizzata.

"Dopo il concerto... promettimi che parleremo di questa cosa".

Uffff. Temevo molto, molto peggio. Sì maialino, questo lo possiamo fare. Anzi, dobbiamo farlo.

"Te lo prometto".

"Grazie".

Poi si avviarono, una strana tensione che li faceva stare vicini. Oltre ai soliti problemi di orientamento di lui.


Con gran sollievo di Ukyo, arrivarono al concerto appena in tempo per veder apparire sul palco Yolanda Tasico - o la Divina, come amava chiamarla lei.

E da quel momento in poi Ukyo dimenticò l’esistenza del mondo intero per almeno due ore.

Due ore di pura sofferenza per il povero Ryoga, che ebbe tempo e modo di riflettere sulla vita, l’universo e tutto quanto: notò, ad esempio, come l’età media dei fan della Divina si aggirasse attorno ai quarant’anni e oltre - cosa che faceva di loro due gli spettatori più giovani.

Inoltre ebbe modo di ridersela sotto i baffi osservando Ukyo scatenarsia ritmo di enka... cosa già di per sé improbabile, visto il ritmo soporifero delle canzoni, ma non sembrava essere un ostacolo per la ragazza, che ad ogni nuovo pezzo urlava “Questa è la mia preferita!”
A Shiawase ni naroo squittì come uno scoiattolo.

A Nagai aida Ukyo era quasi in lacrime.

A Gomen ne l’aveva persa definitivamente.

Inoltre, come se il livello di sofferenza non fosse già sufficientemente alto, la Divina si prodigò a cantare alcuni pezzi del suo repertorio in lingua natia... causando ulteriore disperazione al povero Ryoga, che scoprì in quel momento di detestare sia l’enka sia le canzoni enka in filippino.

Più volte accarezzò l’idea di strangolarsi con la sua bandana, per poi accantonare l’idea e sopportare in silenzio. Per Ukyo, si disse, posso farlo.

Poi tutto finì finalmente, e Ryoga, che aveva resistito stoicamente per due ore a quello stillicidio, ringraziò tutti i Kami che ricordava - pur non avendo dimenticato i modi sadici in cui si prendevano gioco della sua esistenza.

“È stato meraviglioso!” trillò Ukyo, con in mano il prezioso bottino del concerto - ovvero il cd e un poster autografato dalla Divina in persona. “Non lo dimenticherò mai! Mi ha persino fatto l’autografo, ci pensi?!”
“Eh caspita, che emozione...” sorrise lui, fintissimo. Per fortuna Ukyo era talmente euforica da non notarlo, e proseguì la loro passeggiata quasi saltellando.

Ryoga sospirò, e rise. Ok, l’enka era una lagna di proporzioni incredibili... ma se rendeva Ukyo così raggiante avrebbe potuto sopportarlo. Per lei l’avrebbe fatto.

Si fermò a riflettere su quel pensiero, che aveva formulato più volte quel giorno.

Nonostante la loro... relazione fosse ancora indefinita e lui andasse nel panico ogniqualvolta saltava fuori l’argomento, si era ritrovato a pensare senza un minimo di dubbio che avrebbe sopportato qualunque cantante enka pur di vederla sempre così sorridente... pur di poterle stare sempre vicino, come in quei mesi.

Ora più che mai sentiva il bisogno di parlarle, di spiegarsi.

Accellerò il passo verso la fermata del bus, un improvviso bisogno di arrivare al ryokan il più presto possibile.


“Aaaah che meraviglia!”
Arrivati in camera, Ukyo si lanciò su uno dei futon - sistemati dall’inquietante signorina Kyoko durante la loro assenza, suppose- intenta ad ammirare il cd della Divina.

Ryoga rientrò in camera dopo una breve sosta al bagno per mettere il pigiama, e rimase sull’uscio a guardare Ukyo che rotolava sul futon e ridacchiava.

“Che hai da guardare?” chiese lei, ancora su di giri.

“Oh niente” sorrise lui, avvicinandosi all’altro futon “eri solo uno spettacolo divertente da osservare, tutta contenta come una bambina...”
Ukyo arrossì e mise il broncio, per poi ridere insieme a lui: in effetti la sola idea di quel concerto l’aveva mandata in brodo di giuggiole per giorni, e trovarsi finalmente lì... beh, era stato fantastico.

“Immagino di essere stata una scena esilarante... sicuramente più interessante del concerto, almeno per te!”

“Oh indubbiamente, osservarti nel tuo habitat naturale è stato... entusiasmante!”

La ragazza gli lanciò un cuscino, fingendosi indispettita. Quando sentì Ryoga ridere si rilassò un po’... voleva che lo fosse, visto il discorso che stavano per affrontare.

“Ryoga, prima che lo dimentichi...”
“Lo so, tranquilla. Abbiamo una questione da chiarire, io e te” sorrise lui, cercando di addolcire il tono.

"Cioè per quanti mesi ti vendicherai per averti trascinato qui a forza?" scherzò lei. Non era una battuta per stemperare o per provocarlo, era semplicemente un tentativo di farlo ridere. A cui lui abboccò con tutta la lenza.

"Ahahahahahah. Sì, te lo meriteresti. Ma non posso farlo. Noi avevamo un accordo, se non ricordo male" disse andando a sedersi al suo fianco.

"Oh no, ricordi benissimo. Anzi, se vuoi puoi riscuotere".

"Di già? La vendetta è un piatto che va consumato freddo. Antico proverbio Klingon".

"Klinche?".

"Niente, niente. Non divaghiamo. No ascolta, cancelliamo quella cosa. Non serve".

"Ryoga, ma a me spiace averti condotto in ceppi a vedere un concerto di cui non te ne fregava nulla".

"Su, come vedi sono ancora intatto. Almeno esteriormente".

"Non mi ha fatto ridere... esteriormente".

"Me la sono meritata. Ma davvero, lasciamo perdere. Piuttosto che parlare di quel bislacco patto preferisco... ecco, preferisco...".

Ok Kuonji, allacciati le cinture di sicurezza. Sta arrivando. Quando comincia a balbettare in questo modo è segno che ci siamo.

"Sì, mio ragazzo?".

Oooooooooh. La signorina giocava pesante.

"Ryoga" riprese poi senza dargli il tempo di rispondere "mi rendo conto che abbiamo un po' di nodi da sbrogliare. Innanzitutto non mi pento di averti chiamato in quel modo, prima. Insomma, ormai sono un paio di mesi che abitiamo sotto lo stesso tetto, mangiamo alla stessa tavola e... sì, ci frequentiamo in tutti i sensi. Credo si possa ormai ufficializzare questa cosa, no?".

Lui arrossì, ma non così tanto come ci si sarebbe potuto aspettare. Aveva deciso, dentro di sé, che quello era il momento della verità e quando Ryoga Hibiki si mette in questo stato mentale non c'è nulla che gli possa impedire di portare a termine lo scopo. Non poteva certo impedirsi di manifestare l'imbarazzo, ma poteva impedire al suddetto imbarazzo di ostacolarlo più del dovuto. E ci stava riuscendo.

"Ukyo, penso... penso... di sì, credo sia tempo di stabilire questa cosa in maniera definitiva".

"E questo era il primo punto, contenta che tu sia sulla mia stessa lunghezza d'onda. Il secondo punto è: ti metto troppo a disagio, io?".

"T-Tu? Mettermi a disagio? Quando?".

"Ryoga, ieri al negozio stavi... anzi, sei svenuto quando ho lasciato correre troppo questa mia linguaccia biforcuta. Io non lo faccio con l'intento di imbarazzarti apposta, questo voglio tu lo sappia. È che...".

"Che?".

"Che..."

Ryoga inarcò un sopracciglio, incerto sulla piega che stava prendendo il discorso. Osservò Ukyo, rossa come un peperone, che gesticolava cercando di mettere insieme una frase sensata.

“Quello che cerco di dire” si sbloccò, finalmente “è che... alle volte scherzo davvero pesante. Ma non lo faccio con l’intento di mettere a disagio le persone - te, in questo caso! Vedi, quel tipo di battute così... spinte mi aiutano a mascherare la timidezza quando... quando si trattano certi argomenti, ecco. Sembrare spavalda e spregiudicata è una sorta di difesa. Ma è solo perché in realtà andrei nel panico se dovessi... dovessi ecco... trovarmi in quella situazione con qualcuno... che... mi... piace...”

Le ultime parole furono quasi un sussurro ma arrivarono dritte all’orecchio e al cuore di Ryoga, che arrossì a sua volta.

“Q-quindi quando... quando facevi certe battute a Ranma era solo per... questo?”
“Beh, si... è così timido che andava nel panico ad ogni avance, e credevo fosse... più facile farlo cadere ai miei piedi, diciamo” sorrise, ripensando alle situazioni assurde in cui si era trovata pur di conquistare Ranma “ma in fondo sapevo che non sarebbe servito. E alla fine mi è rimasto solo un senso dell’umorismo becero come arma di difesa... solo che ho finito per ferirti più volte, e di questo mi scuso. Non volevo, davvero...”
Alla vista di Ukyo così dispiaciuta e quasi indifesa, Ryoga si sentì sciogliere come budino: si avvicinò a lei e, raccogliendo tutto il coraggio di cui disponeva, la baciò.

Il primo bacio dato di SUA iniziativa, finalmente!

“Non devi scusarti” disse, poggiando la fronte contro quella di Ukyo “è tutto ok... insomma, anche io dovrei sbloccarmi e uscire da questo stato di timidezza patologico...”
Ukyo, visibilmente sorpresa dal bacio, sorrise.

“Non... non c’è fretta. Insomma, abbiamo tutto il tempo che vogliamo... no?”

“Si, abbiamo tutto il tempo del mondo” ridacchiò lui “non ho intenzione di andare via da casa tua tanto presto. Anzi, credo che prenderò in seria considerazione l’idea di quel lavoro al cantiere vicino al Furinkan...”
E a quella frase Ukyo dimenticò le sue promesse sul non esagerare e andarci piano e si lanciò addosso a Ryoga, abbracciandolo e strillando dalla felicità.

E per una volta lui non ebbe nessuna emorragia al naso.


Dormire le risultava impossibile.

Era ancora troppo euforica per via della serata.

Il concerto di Yolanda Tasico era stato incredibile, certo, ma il dopo... non l’avrebbe mai detto, ma affrontare quel discorso era stata una delle decisioni migliori mai prese.

Ho un ragazzo. Ho un ragazzo, per davvero!

Rotolò su un fianco e osservò Ryoga, che ronfava beato nell’altro futon. Sorrise nell’osservare come la personalità in fondo tenera dell’eterno disperso traspariva persino dalla posizione fetale in cui dormiva.

Più lo guardava, più un idea si faceva largo nella sua testa. Pensò fosse rischiosa, soprattutto dopo la giornata piena di equivoci che avevano avuto...

...ma si, chissenefrega!

Uscì da sotto le coperte e gattonò fino al futon dove dormiva il ragazzo.

“Ryoga?” sussurrò. Nessuna risposta.

“Ryoga...?” disse di nuovo, alzando di pocò il tono di voce.

“Hmmmmghcè” bofonchiò lui, arrotolandosi ancora di più tra le coperte.

Ukyo inspirò e si fece coraggio, formulando la sua richiesta.

“Posso... posso dormire con te?”

“Hmmmmjnjbkj...”
“Era un sì quello?” disse, mentre scostava un po’ il piumino.

Ryoga inizialmente non si mosse, poi bofonchiò qualcos’altro e fece spazio alla ragazza.

“Hmmmvbeneh...”

Ukyo si morse il labbro per evitare di mettersi a strillare in piena notte e si accoccolò vicina al ragazzo, coprendo entrambi con la coperta.

“Grazie!” sussurrò, stringendosi a Ryoga.

“Hmmgmgego...” borbottò lui, abbracciandola e stringendola ancora di più.

Lei si avvinghiò stretta stretta al suo petto, desiderosa di assorbire quanto più calore possibile.

"Etchù". Ecco perché.

"Hmmmmmmsalutgrfpppf" mugugnò Ryoga senza sapere bene cosa stesse dicendo. La fece sorridere ancora di più.

E, vuoi per coincidenza o vuoi per effetto curativo della presenza di lui, ci impiegò quattro minuti netti a prender sonno.

Prima di chiudere definitivamente gli occhi riuscì ad avere un ultimo pensiero lucido: "Akane, la nostra prossima sessione di gossip sarà...". Poi Morfeo, o chi per lui, la avvolse.

Fuori dalla porta di camera loro un occhio spiava tutto da un piccolo buco nel muro. Spiava e digrignava i denti.



***
(1) Nella prima oneshot di questa raccolta, Someone to Blame.
(2) Capitolo 12 di Two-Part Secret Heart.
(3) Se ne è discusso nella seconda shot della raccolta, Accidentally in Love, ma accaduto e raccontato nel capitolo 11 di Two-Part Secret Heart e in Tutto Quello che Avreste Voluto Sapere sul Sesso di Joketsuzoku (e non Avete mai Osato Chiedere).
***
Terzo capitolo della raccolta, stavolta tutto dedicato a Ukyo e Ryoga e... Yolanda Tasico.
Prima che ve lo chiediate... no, Yolanda non ce la siamo inventata. Yolanda Tasico esiste ed è una nota (?) cantante enka filippina: solo sulla sua fama abbiamo un po' messo mano, in quanto ha cominciato ad avere notorietà in Giappone solo dal 2002. Ma per il resto ci siamo attenuti fedelmente alle (poche) notizie su di lei, titoli delle canzoni compresi. E sul perché Ukyo secondo noi ami l'enka... beh, diciamo che è un nostro headcanon XD un delirio in cui, in base alle personalità dei personaggi, abbiamo deciso i loro gusti musicali: e così Ukyo ama l'enka, il povero Ryoga che sopporta predilige più il grunge e la new wave - ascoltando roba allegra come Cure e Nirvana, e Ranma ha una propensione all'heavy metal e si allena a tempo di Skid Row, Metallica e compagni anni '80 (il fatto che io e il socio siamo due metallari brutti e cattivi non ha sicuramente inciso. No.). Siamo gente che ha neuroni che si annoiano facilmente, capiteci.
Per quanto riguarda il ryokan abbiamo cercato di attenerci il più possibile alle info che Wiki e blog sul Giappone ci hanno fornito... estremizzando al massimo il dettaglio comico della cameriera che ti segue ovunque. Si, non ce lo siamo inventato, lo fanno sul serio. Noi lo abbiamo solo... esagerato in the Takahashi's way.
Titolo e citazione provengono dalla bellissima Unwritten di Natasha Bedingfield. Oh, se avete letto la precedente shot avrete notato che questa si svolge negli stessi giorni. Magari non frega nulla a nessuno, ma a me si. LOL
Speriamo sia stata di vostro gradimento, alla prossima!


Kaos & Mana Sputachu
   
 
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