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Autore: Mimiwitch    03/03/2013    4 recensioni
Le sensazioni di Merope nel momento in cui il travaglio incombe.
One shot scritta per il contest "Venire al mondo e dare alla luce" di Sweetcupcake in cui ha raggiunto il terzo posto a parimerito.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Merope Gaunt
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Nevicava, forte e impietosamente.

Il gelo correva in lungo e in largo, ma la gente al di là delle finestre ne rideva, stretta davanti a camini scoppiettanti.

Merope lo sentiva con tutta l'intensità del suo corpo, accasciata su un nudo marciapiede di Londra, vestita di pochi stracci.

Non c'era nessuno nella strada, era la vigilia di capodanno; erano tutti chiusi nelle loro calde e accoglienti case, a ridere e scherzare con i propri familiari.

Pianse di dolore e stanchezza mentre una fitta all'addome la costrinse a piegarsi, il respiro mozzo.

Respirò velocemente, cercando di non andare in iperventilazione, mettendo le mani a conca davanti alla bocca, riscaldandole col fiato caldo.

Con sollievo si rilassò sul marciapiede, mentre lo spasimo passava, consentendole di respirare.

Era ricoperta di sudore, che gelò in un attimo, insinuandosi a fondo.

Quei dolori improvvisi andavano e venivano da diversi giorni e non se la sentiva più di attribuirli solo alla fame, come aveva pensato poco prima: il momento era vicino, il bambino stava per nascere.

Lo poteva capire, anche se non aveva avuto nessuna figura femminile che le spiegasse queste cose, dato che sua madre era morta presto consumata dal carattere autoritario di suo padre; il suo corpo le stava comunicando che era pronta, che era il momento.

Si alzò a fatica e si accorse di un lento gocciolio sulle sue gambe, qualcosa di caldo e abbondante.

In preda al panico si mosse per spostarsi di lì, per cercare aiuto, ma una nuova fitta la fece gridare, costringendola a tenersi al muro per non cadere.

Non voleva soffrire così, non lo meritava, dopo tutto ciò che aveva vissuto.

Tenendo una mano sul ventre, quasi volesse impedire al bambino che c'era dentro di farle così male, provò a muovere qualche passo, per svoltare il vicolo, dove avrebbe cercato aiuto.

La stava punendo, quel bambino che sapeva che lei non aveva lottato per lui, che non voleva crescerlo da sola, senza l'uomo che amava e che era scappato da lei; le stava facendo più male possibile per punirla, perché era debole.

Si trovò su una grande strada, illuminata dalle lampade a olio e dalle luci che provenivano dalle finestre.

Aprì la bocca, per chiedere aiuto, ma tutto ciò che uscì fu un grido mentre un nuovo spasmo al ventre le bloccava il passo.

Le sembrò che tutto il suo corpo bruciasse, perfino le ossa, e desiderava che finisse. Quando la fitta passò si ritrovò a ondeggiare, sfinita e provata come non era mai stata.

Nessuno era accorso alle sue grida, nessuno l'avrebbe aiutata, lo sapeva.

Strusciò lungo la strada, mantenendosi al muro, camminando piegata in due ogni volta che una nuova, lancinante fitta si faceva sentire.

Quando pensò che non potesse resistere ancora, la sua mano si chiuse su un inferriata gelida, che le mandò un brivido per il corpo; sollevò lo sguardo e la scritta orfanotrofio, scritta con lo stesso metallo ghiacciato, le strappò un sorriso folle.

Spalancò il cancelletto e cercò di correre dentro, di correre in quel caldo e salvifico edificio, per quanto le sue condizioni, non solo di donna prossima al parto, ma anche di persona sulla via della denutrizione, le consentissero.

Barcollò, ubriaca di dolore e di lieve speranza, accasciandosi ancora una volta, in preda ad uno spasmo che quasi le tolse il respiro.

Il bambino premeva per uscire, era lì, che martoriava il suo corpo, che spingeva per nascere, per ricordarle che donna fallita fosse, che madre indegna e che era una persona terribile e immeritevole d'amore.

Quando il dolore passò, facendole ricordare dove fosse, si trovò sdraiata sul vialetto ricoperto di neve, a pochi passi dai gradini.

La porta dell'edificio si spalancò con forza: qualcuno l'aveva sentita urlare.

Si trascinò su, gradino per gradino, e finì tra le braccia di una giovane, che la guardava con compassione.

-Fà che finisca, toglilo, fallo nascere!-

Desiderava solo che finisse, il prima possibile; così seguì docilmente la giovane, affidandosi completamente, affidandole suo figlio.

Il frutto del suo amore non corrisposto.

Note:

Terzo posto...wow! Non ci avrei mai creduto.

Spero che questa storia piaccia a chi legge come a me è piaciuto scriverla.

Grazie a Sweetcupcake (BogartBacall su efp) per essere stata velocissima nelle valutazioni e assolutamente fantastica!

Un saluto a tutti!

  
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