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Autore: _ivan    05/03/2013    7 recensioni
Un londinese sfortunato, un cinico parigino e un'italiana che si porta sulle spalle l'eredità di una pessima reputazione. Non è l'inizio di una barzelletta, ma il profilo di tre studenti dell'Accademia di magia dell'Ardéche, dove quest'anno serpeggia uno spietato traditore.
Coinvolti nel groviglio di misteri che si celano nell'antica scuola, i tre impareranno ad affrontare i propri mostri, ad affinare l'ingegno e a dubitare di chiunque...anche dei loro più cari amici.
Genere: Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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|| Una MAGNIFICA fanart di Mathieu, visto dagli occhi di Quarantotto, lettore, artista e persona speciale. Dato che è un tipo timido ma bramoso di attenzioni, vi prego di esprimere un parere anche sul disegno, nel caso in cui lasciaste una recensione. Mi - e gli - farebbe molto piacere. qui trovate il suo profilo di deviantart con un altro bellissimo disegno (prossimamente ne caricherà altri).
Per quanto riguarda il capitolo, vi avviso che sarà moooolto lungo e moooolto movimentato (Fabio93 se ti lamenti anche questa volta ti uccido, lol). Ne avete per un po', insomma.
Vi lascio alla Bataille. Buona lettura e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate: mi farebbe piacere. Un abbraccio forte, Ivan.




(Ultime frasi del capitolo precedente)

«Pronta?» Snow guardò verso l’alto e studiò ogni dettaglio.
«Fossi in te non lo farei, Foster» una voce richiamò la loro attenzione.
Mathieu scattò con le mani avanti.
Adrien e i suoi due amici erano l’uno accanto all’altro, con le spalle appoggiate ai tronchi di due pini adiacenti. Uno sbuffo di vento gelido suonò la foresta. Snow sentì il cuore sobbalzare. Adrien gli sorrise beffardo.
«Tu!» Jasmine squillò come una tromba «Giuro su me stessa che ti ammazzo!»

(Nuovo capitolo)

François si rivelò essere quello più anonimo dei tre, con gli occhiali dalla montatura spessa e l’anellino al labbro, e che mosse qualche passo verso di loro. Aveva qualcosa di strano nel viso, dovuto forse al labbro superiore un po’ sporgente, o a una qualche asimmetria nella posizione degli occhi, che sembravano come gettati senza cura sul viso ovale.
«Non giurare su te stessa, Jasmine» disse «Potresti pentirtene. A proposito: che testa mi volevi fare?» guardò in alto, verso il fagotto di corde che imprigionava la ragazza.
Con lentezza, il giubbottino di Jasmine tornò al suo bagliore iniziale, e così quello di Snow, sancendo la fine dell’intervallo di immunità.
«La testa ad ananas» disse lei «Ma a quello ci ha già pensato madre natura. Sto soffocando, François, vedi di farmi scendere, non è più divertente».
Adrien irruppe con un urlo che sovrastò entrambi: «Ku’Ra’De’!»
Una mezzaluna di pura energia fendette l’aria e si schiantò sul fianco di Jasmine, che guaì di dolore. Il sacco girò su sé stesso e il grosso ramo al quale era appeso scricchiolò pericolosamente. Le foglie piovvero a manciate, il giubbotto termico di Jasmine perse nuovamente colore. Come una bestia in gabbia, rimase in silenzio a gorgogliare sofferente.
François fissò Adrien, di poco dietro di lui.
Mathieu sibilò qualcosa a denti stretti.
«Come, Blanchard?» chiese Adrien con un’espressione beffarda, sistemando il ciuffo con un cenno della testa.
Mathieu si irrigidì.
«Quello è Blanchard?» chiese la ragazza in seconda fila.
Tirò su col naso, le braccia incrociate sotto al seno e lo sguardo da predatrice. Non le rispose nessuno. Snow alzò gli occhi verso Jasmine, dispiaciuto, e Mathieu si voltò verso di lui. Sembrava volergli leggere il pensiero.
Oltre i rami appuntiti di un arbusto, le orecchie di un cerbiatto vibrarono e poi sparirono.
Il corpo di Mathieu fu scosso da un solo impercettibile singulto, e lo scampanellio del monetarium scandì un tempo che tutti percepivano dilatato, aldilà di quello reale.
«Aq’muceh!» urlò finalmente.
Una delle due monete al suo collo si animò di una intensa luce rossa. Da quella saettarono due scie fumose dai colori cangianti, ora arancioni, ora gialle. I razzi rimbalzarono sul terreno, impossibili da seguire con lo sguardo: uno colpì una radice e deviò in alto, oltre le fronde degli alberi. Ad un boato seguì una pioggia di scintille verdi, che scesero come neve sullo spiazzo, sotto lo sguardo sorpreso di tutti.
 Il secondo razzo detonò ad appena due passi da Adrien, ruggendo al punto da scuotere il terreno. Con gli aghi di pino, in una fontana di scintille, esplosero foglie e zolle di terra umidiccia. Dal centro del piccolo cratere si levò una colonna di luce rossa e attorno a questa, presero a ronzare tra fischi e risate argentine, pixie luminescenti non più grandi di un pugno. Là dove volavano, gli spiritelli lasciavano code di piccoli petardi. Adrien si coprì la testa e si chinò in avanti, François agitò le mani in aria in preda al terrore e la ragazza, rimasta indietro, non ci pensò più d’un secondo prima di dare le spalle e correre. Quando un pixie scattò verso di lei, spruzzò polveri e scintille colorate. La creatura risalì sul corpo della ragazza vorticandole tra le gambe, ridendo con squilli di trombetta e tintinnii di triangolo. Quando cadde, rovinò a terra con un urlo e si coprì la nuca, abbandonandosi agli effetti pirotecnici che la investirono. Era il caos.
Snow sollevò lo sguardo verso Vijaya e la trovò incantata dagli effetti del Si’v dello Scoppio. Studiò il groviglio di corde e prese un respiro profondo.
«L’Ryhka» disse con fare sicuro.
Il monetarium nascosto sotto i suoi vestiti vibrò sulla pelle del petto. Piccole macchie nere aprirono brecce tra le corde, fagocitandone le fibre e velandole d’un nero prima opaco e poi intenso. Prima che Vijaya potesse capire la situazione, la sua prigione era già divenuta un bozzolo di ombre, che gorgogliarono come mosse da vita propria. Quando le tenebre assunsero nuovamente delle fattezze, ad avvolgere Jasmine rimase solo una costruzione di piume bianche che si accartocciò su sè stessa e la lasciò in pasto alla gravità. In quella pioggia dal candore irreale, spazzata da un’intensa folata di vento dall’odore di pioggia, Jasmine cacciò un urlo che si accavallò alla fine dei fuochi d’artificio, sancendone la fine.
Nella confusione, il corpo di Adrien sbiadì fino a svanire nel nulla. Manciate di foglie si sollevarono per la lunghezza di qualche passo, alla sua destra, poi non rimase alcuna traccia di lui.
Jasmine franò a terra su un fianco prima ancora di poter attingere alla magia del Salto. Fu uno schianto spaventoso, al quale seguì il silenzio.
Il flusso del tempo si incrinò, e un istante divenne un intero universo.
Snow, Mathieu e François, immobili, fissarono Vijaya stesa a terra, con gli occhi chiusi. L’ultima rimasta, invece, incorniciata da una criniera arruffata, si alzò da terra e si allontanò con la coda tra le gambe, prima camminando e poi correndo.
Si sentì François deglutire. I suoi occhi asimmetrici, dietro le lenti degli occhiali da vista, erano pervasi dal terrore.
«È morta?» disse con un filo di voce.
Nessuno gli rispose. Mathieu cominciò a guardarsi attorno. Snow, invece, si avvicinò a Jasmine con andamento incerto. Quando si chinò al suo fianco stava ormai sudando freddo. Vijaya aprì di poco una sola palpebra e Snow ne vide la pupilla nera. Trasalì, cadde col sedere a terra e urlò come una donnetta.
François, forse fraintendendo la sua reazione, impallidì e si diede alla fuga verso il centro della foresta. Jasmine ne seguì i movimenti di sottecchi e poi, quando quello sparì tra le piante, sbuffò risate silenziose dalle piccole narici.
«Cretina» bofonchiò Snow.
Mathieu finalmente arrivò alle sue spalle, distratto.
«Preferivi che mi fingessi morta?» chiese Jasmine.
Si sollevò da terra con uno sforzo che le comparve nitido sul viso, con una smorfia. Diverse articolazioni scrocchiarono simultaneamente; non riusciva a tenere il braccio destro sollevato senza che avvampasse di dolore.
«Stai bene?» le chiese Mathieu.
«Ho il Si’v del Salto, Blanchard: cose di questo tipo mi succedono almeno venti volte al giorno. Dopo essermi rotta entrambi i polsi ed essermi lussata una spalla penso d’aver capito dove stia il trucco. Potrei darmi al wrestling: sarei for-titanica».
Nessuno dei due le rispose. Mathieu porse la mano a Snow, che si alzò da terra. Al fianco aveva quella sgradevole sensazione che si prova quando, dopo una botta, si sa che a breve uscirà fuori un livido vistoso.
Le prime gocce di pioggia filtrate dalle terrazze di foglie picchiettarono sui corpi accaldati.
«Te l’avevo detto che non dovevamo venire» disse Mathieu.
«Hai ragione».
«Adrien tornerà, questo è poco ma sicuro. Non sono riuscito a capire dove stesse andando».
«Scusate, hey, sì, perdonatemi: e io dovevo restare qui?» Jasmine agitò l’indice a mezz’aria, indicando la sua posizione «No ma tranquilli, eh, faccio da sola» si alzò da terra indispettita dal gesto di Mathieu, quindi si prese a piccoli schiaffi i vestiti.
Nel farlo, il suo viso esageratamente espressivo si esibì in un ventaglio di ghigni di dolore che fecero risaltare il segno bruno che una corda, premendo, le aveva scavato sulla guancia.
«Ricordatemi di distruggerli» disse.
«Mettiti in fila, Vijaya» rispose Mathieu.
«Potevo morire, sapete?»
Snow accennò un sorriso di cortesia: non stava ascoltando.
Come se si fossero accordati, insieme si incamminarono verso la Grotta del Drago.
 
*
 
La pioggia continuò con quell’intensità per lunghi minuti: quando le gocce cominciavano ad appesantirsi, ecco che tutto tornava come prima, ad uno stato di lieve acquerugiola. Se una di quelle perle picchiettava il giubbottino termico dei ragazzi, un soffice bagliore rosa si concentrava su quel punto del tessuto, quindi si disperdeva. La foresta accolse l’acqua con bramosia e gli alberi dialogarono tra loro con fruscii che la fecero pulsare di vita. La terra, come ringraziamento per quel dono, inebriò l’aria di una fragranza che sapeva di antico e di selvaggio. Nei luoghi in cui il sottobosco era più fitto e ostico da attraversare, l’odore di foglie bagnate si fece talmente forte da inibire i sensi. Da qualche parte gli uccelli cantarono agitati.
La prima a rompere il silenzio fu Jasmine, all’ombra d’un castagno rigoglioso e gonfio di frutti: «Adrien abita con voi, giusto?»
Snow annuì.
«Non mi sembra un tipo molto ok» continuò lei «Era proprio quello che ci voleva a François perché completasse il suo declino».
«Lo conoscevi anche prima? François, dico» le disse lui.
Con una mano si tastò un fianco, dove un formicolio intenso infastidiva ancora la zona colpita dalla magia di Alberto. Jasmine annuì, ma non andò oltre.
«Avete sentito di ieri sera?» chiese, invece.
«La smetti di parlare?» interruppe Mathieu senza voltarsi.
Aumentò il passo in una direzione qualunque e si impose come guida, tra file di tronchi indistinguibili. Gli altri due lo seguirono guardandosi straniti.
«La smetti di essere acido con tutti? Sei indigeribile! Lasciami parlare, è un mio super-sacro diritto!» la voce di Jasmine si fece più acuta, proporzionata al nervosismo.
Mathieu sospirò teatralmente, si girò e fissò Vijaya negli occhi. Rimasero lì, zitti, a guardarsi per lunghi istanti. Snow percepì un cambiamento nello sguardo di lei, l’insinuarsi di un dubbio, come se stesse realmente prendendo in considerazione l’idea di voltarsi e andarsene.
Il grugno che fece Jasmine ne accentuò la curva pronunciata del naso tipica di chi è originario delle indie. I capelli bruni, resi crespi dall’aria umida, le incorniciavano la testa piccola in modo scomposto.
«Stai esagerando, Mathieu» disse «La stai facendo fuori dal vaso».
«Lascialo perdere, dai» si intromise Snow «È solo irritato per quello che è successo prima».
«Se non arriviamo alla Grotta del Drago entro cinque minuti giuro che faccio saltare in aria tutto» confermò il francese, calciando una grossa castagna che rimbalzò sul tronco di un pino, con un rumore secco.
Le parole di Vijaya sembrava non lo avessero scalfito. Prima di incamminarsi nuovamente, la ragazza indicò una direzione di poco alla loro destra.
«Guardate che la Grotta del Drago è da quella parte» disse.
La mandibola del francese si contrasse all’inverosimile.
«E si può sapere perché lo dici solo adesso?» chiese, sistemandosi i capelli umidi tanto per tenere la mano occupata e, forse, non usarla per strangolarla. L’energia che impiegò per trattenersi gli fece digrignare i denti.
Jasmine sbuffò.
«Senti ma cosa ne potevo sapere io?» disse.
Mathieu strabuzzò gli occhi, fece un respiro profondo e, in silenzio, partì come un treno verso la direzione indicata da Jasmine. Per mettersi in pari e bruciare le distanze, gli altri due dovettero improvvisare una breve corsa.
«Per poco non morivo soffocata dalle corde» insistette Vijaya, irriducibile e col fiato corto «Mi hanno devastata di colpi prima che arrivaste, tanto che credo di aver regalato almeno cinquecentotrentamille punti ai verdi. Non mi sento più le braccia! Sono un po’ distratta, non me n’ero accorta che avevamo sbagliato strada, e vorrei anche vedere, ok? Può capitare: fatti una risata! Adesso ci arriviamo. Che poi si può sapere perché dobbiamo andare lì?»
«Non ti risponderà» disse rassegnato Snow. Ne aveva decisamente fin troppo di quella situazione. Fissò la schiena di Mathieu e superò con un balzo una radice nodosa e ricoperta d’un muschio reso argentato da un velo d’acqua piovana «Piuttosto: cosa dicevi, di ieri sera?»
«Notte. Quindi non lo sapete?» sembrava non stesse aspettando altro che quella domanda «Hanno rubato l’Elmo di Ade dal museo dell’Accademia».
Il silenzio affettò l’aria con prepotenza. Mathieu si fermò e così fecero anche gli altri due.
«L’Elmo di Ade? Quell’Elmo?» ripetè Snow.
«Già. Quello. Questa mattina al cambio della guardia hanno trovato Julius e Walter addormentati».
«Julius-Occhio-Aperto» chiese Mathieu, senza punto di domanda.
«Sì, e l’Elmo di Ade era sparito dal suo piedistallo. Non avevano mai rubato niente in Accademia, dicono. È già scoppiato un putiferio, e oggi ne parlavano tutti i giornali. C’è la Magizìa in accademia e stanno pelando quei due come cipolle. Dicono che la Prinkett abbia urlato così forte questa mattina, che si sono dimesse tutte le banshee della Francia. Ho sentito dire da Melody che ha sentito dire da qualcuno che hanno sentito dire al professor Villon che faranno venire Nobu Ishiro dal Giappone, perchè è l’unico con il Si’v della Verità».
«E il Parkinson» aggiunse Mathieu.
«Anche quello, sì, ma è pur sempre Nobu Ishiro».
Lasciarono decantare la notizia per qualche secondo, poi ripresero a camminare. Un tuono spinse al volo diversi uccelli. Snow fissò la schiena di Mathieu: era uscito dalla stanza nel cuore della notte e per la prima volta nella loro vita gli teneva nascosto qualcosa. Non che pensasse potesse essere colpa sua, ma il discorso di Jasmine aveva fatto riaffiorare i pensieri dalle profondità della sua mente.
«Io non c’entro» sbuffò il francese leggendogli nella mente.
«E chi ha detto niente?» chiese Jasmine «Egocentrico».
«Già, chi ha detto qualcosa?» concluse Snow.
Il discorso cadde lì.
Delle urla giunsero dal cuore nero della foresta, in direzione della Grande Quercia, ma di comune accordo decisero di non fermarsi.
Quando giunsero al limitare del bosco si affacciarono su un terreno piatto che da erba sfumava in terra nuda e infine in dura roccia bruna. In quel punto il cielo era grigio ma non piovoso. Rimasero nascosti dietro l’ultima fila di abeti, così netta da sembrare disegnata da una grossa matita. Davanti a loro si ergeva aspra e minacciosa la montagna e ai suoi piedi, come un’appendice spinta verso l’esterno da una forza misteriosa, si apriva una grotta il cui ingresso raccoglieva il vento ululando.
Sembrava il luogo del tesoro d’una ciurma di pirati. La sua forma, innaturale, richiamava in tutto e per tutto la massicca testa d’un drago: file di stalattiti acuminate delimitavano l’ingresso e componevano le fauci mostruose del rettile; da una cavità oculare, invece, spuntava un pino che allungava i suoi rami fin sopra le larghe e asimmetriche narici, sulla sommità del muso di pietra. Qua e là, nelle spaccature della roccia, avevano cercato di crescere dei cespugli, ma di questi ora restavano solo grovigli di rovi nudi e spinosi.
L’ombra gettata dalla monumentale grotta era fredda e scura. Al centro di quella, ben piantata in una montagnola di pietre, una vecchia scopa di paglia frusciava agitata. A venti centimetri dalla sua punta, invece, un globo di luce verdastra galleggiava nell’aria lanciando verso il cielo un raggio dello stesso colore. Quello era il MangiaMagia.
«Quindi adesso?» chiese Jasmine, appoggiata al fusto di un pino, bruciato sulla sua sommità e spaccato in due da un fulmine «Mi rifiuto categoricamente di finire nei guai, la mia giornata è stata già abbastanza disas-tragica per i miei gusti».
Mathieu la guardò stranito: «Che?»
«Disastragica» ripetè Snow per lei, sollevando le spalle «Comunque secondo me quello è il MangiaMagia».
«Geniale» incalzò Mathieu.
«Fammi finire. Sarebbe stupido lasciare una Casa libera, no? Specie sapendo che, prima o poi, gli avversari tenteranno di conquistarla».
«Per quanto la Casa della Grotta del Drago sia poco ambita» interruppe il francese.
«Già» riprese Snow «Comunque, secondo me, i verdi sono qui nascosti da qualche parte. Bisognerebbe solo capire dove. Jasmine potrebbe uscire allo scoperto, in fondo è molto più agile di noi, e potrebbe schivare i colpi facendoli uscire allo scoperto».
«Perché parli di me in terza persona?» Jasmine mosse la mano davanti al viso di Snow «Guarda che sono qui, eh».
L’inglese non sembrò vederla «Poi Mathieu potrebbe passare da quella parte, e io da questa» disse concentrato.
«Hai finito?» chiese Mathieu, ravviandosi i capelli biondi «Ti manca di schierare Lane, tua madre, e dopo hai praticamente dato ordini a caso a metà dei Cyh’t del mondo. Comunque sia, ci ero arrivato anche io».
 «A nessuno interessa il parere dell’indiana, vero?» Jasmine guardò preoccupata in direzione della grotta e si concesse qualche attimo per pensare «Fare da esca non è mai stata la mia ambizione più grande, ma suppongo di non avere altra scelta, giusto? Mi sa che a questo giro mi tocca accettare».
Un colpo invisibile scudisciò tra Snow e Jasmine, generò un frammento di vuoto che risucchò l’aria circostante e si infranse con un rumore sordo contro il tronco rinsecchito del pino, che si spaccò maggiormente lungo il profilo destro, in una pioggia di schegge. Fu come gettare dell’acqua su un formicaio: i tre si divisero agitati, Snow balzò all’indietro e capitombolò con la schiena a terra, ruzzolando e sbuffando l’aria dal torace.
«Zis’eh!» gridò Jasmine, poggiando un piede su un tronco rovesciato a terra.
L’aria attorno alle sue scarpe da ginnastica vorticò con un sibilo, sollevando gli aghi di pino. Molleggiate le ginocchia, Jasmine spiccò un balzo portentoso, come se fluttuasse a gravità zero, mantenendo tuttavia una velocità sostenuta. Saltò oltre la linea di alberi, verso la grotta. Snow la sentì urlare ma non ebbe il tempo di capirne il motivo. Tastò il terreno e cercò appigli ai quali ancorarsi, confuso. Sotto l’ombra di un pino ambrato di resina, il corpo di Adrien apparve gradualmente dal nulla, come un fantasma. L’espressione arrabbiata assottigliava ancor di più gli occhi a mandorla, facendoli quasi sparire nel viso. Un campanello d’allarme si accese nella testa di Snow e lo fece ragionare alla velocità d’un computer.
Deglutì e porse il palmo verso Adrien: «Ku’Ra’De» disse.
Il colpo sparò e urtò una radice con un rumore sordo. Il contrattacco di Adrien arrivò tempestivo, con la stessa magia, e costrinse Snow a rotolare a terra come una bestia. A pancia in giù e con il viso nella terra, sentì lo schianto della magia sul terreno ad una vicinanza tale dal suo braccio da percepirne il calore, poco sopra il gomito.
«Mathieu, attento!» urlò Jasmine nel mezzo del prato alle sue spalle.
Non si sentì la risposta del francese, inghiottita dai rumori di un feroce scontro. Avevano ragione: qualcuno li stava aspettando al varco.
Sul fianco era ancora forte il dolore per il colpo inferto da Alberto e sui palmi c’erano i segni delle cadute, tuttavia Snow si fece forza e si alzò. Sentì fischiare le orecchie e la confusione pervadergli il corpo.
La magia scagliata da Adrien lo investì in pieno petto, schiacciandogli il monetarium al centro della cassa toracica. Il colpo di frusta lo spinse contro il ramo basso e ancora verde di un pino, sul quale si accasciò pungendosi la pelle. In altre occasioni sarebbe rimasto lì, su quella piattaforma rigogliosa a soffrire, ma l’adrenalina lo fece rialzare, e quando ci riuscì Adrien non c’era più. Si tastò il giubbottino termico, spento, e schiuse le labbra per respirare meglio.
La voce di Adrien non sembrava provenire da un punto preciso, ma da tutta la foresta insieme.
«Io non ce l’ho con te, Snow» disse «È Mathieu che non sopporto, ma tu…tu sei anche simpatico, a volte».
Snow si guardò attorno. Spostò lo sguardo alle sue spalle e intravide Jasmine saltare verso il cielo.
«Vedi, io sono ambizioso, e per questo mi procuro amici forti. Gente sulla quale poter contare. Gente che vale. E questa gente ha braccia molto lunghe, che arrivano ovunque, se mi capisci. E voi, voi avete sbagliato a mettervi contro di loro, e ora dovrete pagare. Nulla di personale, Snow, ma così come tu dipendi da Mathieu, io dipendo da qualcun altro».
«Si può sapere di cosa stai parlando?» Snow indietreggiò fino a toccare con la schiena il tronco fratturato del pino, accanto al quale erano prima.
Seppure il suo nemico fosse uno solo, aveva la sensazione sgradevole di essere circondato. Una fitta al fianco lo fece scomporre.
«”Emilien” ti dice qualcosa?» chiese la voce di Adrien.
Emilien del quarto anno: il ragazzo che aveva preso di mira Denise, prima del loro arrivo. Certo che gli diceva qualcosa.
«Snow, sbrigati!» gridò Mathieu da qualche parte alle sue spalle.
Adrien apparve come un ologramma frastagliato, a qualche metro di distanza da lui. La magia che scagliò arrivò a sfiorarlo, prima di passare oltre e viaggiare verso il campo dell’altra battaglia. Non era facile gestire la magia, specie quando veniva alternata ad altri incanti.
«L’Ryhka!» disse Snow reagendo con foga, il dito puntato ai piedi di Adrien, presto avvolti da volute tenebrose come tentacoli di fumo nero.
La terra ai suoi piedi trasudò una sostanza nera, che poi cominciò a produrre bolle e schiuma grigie e poi biancastre, che arrivarono a sfiorare le caviglie di Adrien, confuso. Non successe altro e così il nipponico, con un solo passo, uscì dal raggio d’azione della magia che, dopo pochi secondi, si spense e tornò alla terra. Tramutare il suolo in sapone non era servito a molto. Snow osservò contrariato la scena e Adrien scoppiò a ridere.
«Ti ringrazio per avermi lavato le scarpe» disse.
Quando una bruma fumosa e bianca, tempestata di minuscoli cristalli di ghiaccio, si sollevò dal sottobosco e avvolse le caviglie di Adrien, quello smise immediatamente di ridere. Sembrò anche volersi muovere, agitato, ma invano. Le spire fredde gli risalirono lungo le gambe e poi sul busto, avvolgendolo in una nuvola densa che ne fece sparire completamente le fattezze. Snow si mosse istintivamente di due passi indietro. Il freddo giungeva fin dove si trovava lui.
La nebbia rimase a galleggiare attorno ad Adrien e lo inghiottì completamente. Oltre quel muro lattiginoso, Alberto Ruiz, richiamò l’attenzione di Snow con un cenno della mano, poi gli sorrise e scappò. Era davvero opera sua? Alberto non era cattivo, e pur di sdebitarsi era stato disposto ad andare contro la sua stessa squadra. Snow non gli disse niente: si limitò a guardarlo fuggire, e non cavò una sola parola di bocca.
Senza pensarci due volte, Snow diede le spalle ad Adrien e scappò oltre la fila di alberi.
Irruppe nel mezzo di uno scontro in pieno svolgimento. Jasmine stava balzando tra le rocce del pendio evitando d’un soffio gli attacchi ripetuti di Coraline, di poco distante dal MangiaMagia, i capelli legati in una crocchia alta e il giubbottino verde di due taglie più ampio. I colpi esplodevano tra le rocce, smottando la terra del pendìo e lasciando dei solchi. Il rumore degli impatti vibrò sul terreno. Mathieu, dietro una massiccia roccia monolitica, si nascondeva dagli attacchi insistenti di un ragazzo dai lineamenti squadrati, i capelli biondi e lo sguardo affilato come una lama. Se non ricordava male si chiamava Ethan. La pioggia di schegge elettriche che lanciò si infranse contro la pietra, frizzando e generando scintille. Più che cercare di stanare Mathieu, sembrava volesse abbattere l’ostacolo che li separava. Era uno stile di combattimento aggressivo e brutale.
La luce verde sprigionata dal globo alla sommità del MangiaMagia tagliava perfettamente nel mezzo la scena.
Coraline e Ethan smisero di lanciare magie contemporaneamente, come interrotti da un timer: si avvicinarono, illuminati dalla luce del MangiaMagia, e mormorarono qualcosa. Coraline incrociò lo sguardo di Snow, trasalì e richiamò l’attezione del ragazzo al suo fianco, che lo fissò con un’intensità tale da imbarazzarlo.
Non ci fu il tempo di pensare: Snow scattò verso Mathieu e si gettò con un tuffo sconsiderato per bruciare l’ultimo tratto. Dietro di lui, ad appena un paio di centimetri dalla punta del piede, sentì sfrigolare una scarica di elettricità che gli fece accaponare la pelle. Ruzzolò a terra ai piedi del suo amico, tossì e si rannicchiò. Il corpo divenne una mappa di dolori e contusioni.
«Non sei uno stuntman, idiota» mormorò Mathieu, poggiando una mano sulla testa di Snow «Tutto ok?»
Non ottenendo risposta, Mathieu ritirò la mano, si contorse per riuscire ad infilarla nella tasca dei jeans skinny e a fatica ne tirò fuori la manciata di sassolini che aveva raccolto sulla riva del fiume fiume. Snow si sollevò e poggiò la schiena alla superficie fredda della pietra, imperlata d’acqua. Dietro il monolito, i primi attacchi tornarono ad infrangersi con forza.
«Sei vivo?» mormorò Mathieu, contando i sassolini che aveva in mano.
«Sì. Cos’hai in mente?» chiese, impegnandosi poi a calmare il respiro e il battito cardiaco.
«Muu’fan!» urlò Coraline, ma nulla sembrò accadere, o almeno non lì.
«Secondo te verranno qui?» bisbigliò Snow, fissando i sassolini.
«Non credo. Coraline vale poco o niente. Aspetteranno che usciamo allo scoperto e approfitteranno del vantaggio».
«Sicuro?»
«No».
Mathieu alzò le spalle e accennò un sorriso.
Snow sospirò «Credo abbia il Si’v della Scossa».
«Ma va?» disse Mathieu strabuzzando gli occhi «Pensavo fosse quello del Cioccolato» strinse il pugno e prese un respiro profondo, si voltò verso l’amico, serio «Non urlare, chiaro? Non fare nemmeno un rumore, qualunque cosa accada».
«Quindi hai un piano. Non è rassicurante, ma hai un piano».
«Sì, e prevede la tua flagellazione se non mi ascolterai».
«Tranquillo. Devo fare qualcosa?»
«Esca?»
Snow ci pensò su un attimo: «Posso provarci».
«Shht! Senti?»
Aguzzò l’udito. Qualcuno gemette soffocato, forse Jasmine. Non sapere cosa stava succedendo oltre la roccia lo agitava. Trovare la concentrazione in quella situazione risultò più difficile del previsto, ma cominciò col guardare intorno alla ricerca di un diversivo.
«Ti muovi?» incalzò Mathieu.
«Sì, sì…»
Snow sollevò lo sguardo verso la punta della pietra monolitica, divisa in due come la lingua di un serpente. Una delle due sommità, quella più sottile e stretta, sembrava fare al caso suo.
« L’Ryhka» disse chiaro.
Sentì il Siv’ne del cambiamento vibrare contro il petto nudo. Quando il fumo nerastro traspirò dalla stessa roccia Mathieu sobbalzò e si scostò d’un passo.
«Avvisami, cretino» disse scocciato, restando ad osservare i cambiamenti nella forma dell’oggetto, ora completamente avvolto dall’oscurità.
Quando ogni voluta di fumo si dissolse nell’aria, la punta di roccia si era sfinata e allungata, diventando di metallo ed esibendo una piccola boccia lucida sulla punta: era diventata un perfetto parafulmine, incastrato nella parte alta dell’ammasso di pietra.
Snow si voltò verso Mathieu e non riuscì a non sorridere, l’altro sembrò capire al volo.
«Non funzionerà, stanne pur certo» disse sorridendo, forse mosso da un filo d’invidia.
«Io dico di sì. E che Dio mi aiuti».
«Ci proverò. Mi raccomando: silenzio, ok? Qualunque cosa accada».
«Qualunque cosa accada».
Così come si aspettava, Coraline e Ethan lo stavano attendendo nello stesso punto di prima, tesi come animali da guardia. L’unica differenza stava nel fatto che, ai piedi di Coraline, vi era una grossa crisalide di fili d’erba intrecciati, una matassa vegetale distesa sul terreno per oltre un metro. Il bozzolo tremò e poi sussultò, e i gemiti di Jasmine si diffusero nell’aria.
«Jasmine!» urlò Snow.
Delle margherite sbocciarono sotto ai suoi occhi sulla superficie di erba, poi svanirono, come spazzati via dal vento. L’unica nota bassa spirata verso l’esterno dai venti gelidi nella Grotta del Drago componeva una colonna sonora inquietante. Ci furono un tuono, un lampo e le prime gocce di pioggia puntellarono il terreno.
«A’hanko!» gridò Ethan, lo sguardo tagliente.
Era il momento decisivo. Snow si coprì il viso con entrambe le mani.Una scossa elettrica sfrigolò nell’aria e disegnò un arco che puntò verso l’alto: il flusso deviò inevitabilmente verso il parafulmine sulla sommità della pietra, e quando quello assorbì la magia, si sentì uno stridìo assordante, insopportabile.
Snow, con un sorriso tronfio, fissò prima le sue mani, ferite ma bene o male intatte, e poi i due avversari. Lo sguardo di ferro di Ethan lo trapassò da parte a parte, facendo a brandelli ogni stralcio di sicurezza.
«Giù!» urlò Mathieu, alle sue spalle.
I sassolini che lanciò disegnarono una curva nell’aria bagnata. Fu come assistere alla scena madre di un film sul basket,  quando tutti gli spettatori fissano la palla decisiva lanciata a un secondo dalla fine. Allo stesso modo, i presenti osservarono le pietre fino a quando vennero inghiottite dalle tenebre nelle narici del drago. Fu un lancio preciso e degno di nota. Ci fu solo un breve attimo di silenzio, poi il picchiettìo della roccia contro altra roccia si diffuse, dapprima tenue, dopo sempre più intenso, caricato da un’eco infinita. Le narici del drago vibrarono come casse di risonanza mentre il rumore, troppo per essere tenuto all’interno, venne vomitato dalla bocca come un ruggito crescente e minaccioso. A breve, tutta la montagna risuonò funerea.
Una folla di strilli rimbalzò sulle pareti di roccia fredda, forse un altro effetto della strana eco della grotta: fu come se un mare di ratti impazziti stesse sciamando tra i loro piedi, era un rumore agghiacciante.
Le Garguille esplosero fuori dalla grotta in numero smisurato: non più grandi di una mano aperta, le creature mostruose erano dotate di ali da pipistrello e di un becco adunco affilato, su un corpo umanoide che terminava in quattro zampe da rapace. La pelle, grinzosa e grigia, riluceva come idratata da un sottilissimo velo d’acqua. Gli occhi, completamente bianchi, non fissavano niente e nessuno. Fu una confusione totale di battiti d’ali e zuffe: il volo scomposto dei Siv’ku, infatti, li portava a cozzare tra loro con una certa insistenza, scatenando a sua volta piccole lotte aeree che non duravano più d’un secondo o due. Se in pericolo - o anche senza un motivo preciso - i mostri mutavano in roccia, precipitavano verso il suolo e, se non riuscivano a tornare alla propria forma a mezz’aria, si schiantavano tra i sassi e la terra umida.
Snow venne scosso da un forte brivido, che lo fece tremare fin dentro alle ginocchia; a salvarlo fu Mathieu, che gli premette una mano sulla bocca prima di ogni sua possibile reazione. Ethan rimase paralizzato. Coraline, invece, urlò con quanto fiato aveva in gola, e per lei fu subito il caos: le Garguille planarono verso di lei, che rinsavì e tentò la fuga. Ethan, rimasto immobile, fu investito in pieno dal mostruoso stormo e sparì in una bolgia di ali membranose. Nessuno si fermò sul suo corpo: puntarono tutti a Coraline, ormai oltre la prima fila di alberi.
«Ku’Ra’De!» urlò Mathieu, scagliando un colpo contro il MangiaMagia.
La scopa risucchiò l’ondata di energia e vibrò appena. Il fascio di luce sulla sua sommità si richiuse su sé stesso e cambiò sfumatura lentamente, dal verde al rosa. Poi, quando la mutazione fu completa, sbocciò come la corolla di un fiore e tornò a dirigere la sua luminescenza verso il cielo, in forma di colonna rosata.
L’urlo di Mathieu richiamò l’attenzione dei Siv’Ku, che piantarono su di loro gli occhi bianchi e i grugni diabolici. Mathieu si rannicchiò e coprì la testa con le braccia, il monetarium ben fissato tra le ginocchia per evitare tintinnii. Snow, immobile, fissò i Siv’ku fino all’ultimo istante, prima che di essere travolto dall’infinità di mostri che lo schiaffeggiarono con le ali e con gli arti ossuti. Le Garguille pietrificate piovvero sul suo corpo colpendolo come pugni: una sulla coscia, una al braccio, una in pieno stomaco. Durò tutto tre o quattro secondi al massimo poi, quasi non si fossero accorti della loro reale posizione, i Siv’ku andarono oltre e sparirono a branchi, verso la foresta o nuovamente nella grotta. Con la pace tornò il silenzio. Qua e là, sul terreno, come orrende lapidi, le piccole Garguille di pietra fissavano il vuoto con la fronte aggrottata, il becco aperto o gli artigli alzati al cielo, le ali richiuse.
Snow si mosse solo quando fu sicuro che più nessuna creatura fosse nei paraggi. La pioggia frusciava costante ma lieve. Si concesse qualche respiro profondo e silenzioso, per rallentare il battito cardiaco e ricollegare il cervello. Il suo corpo si accese di dolore. Mathieu si alzò da terra con un sorriso beffardo sul viso, inorgoglito. Ethan era sparito. La luce rosa del MangiaMagia svettava nel mezzo della piana: avevano conquitato la Casa della Grotta del Drago.
«Bè, figo, no?» disse sogghignando Mathieu.
Aveva il viso tagliato da linee sottili, in più punti e in particolar modo sulla guancia destra. Snow si voltò, lo fissò in silenzio, deglutì e inspirò profondamente. Poteva ancora sentire i battiti d’ali in faccia e nelle orecchie. Quando ci pensava, un brivido gli percorreva la parte bassa della schiena.
«Ce ne portiamo una a casa?» chiese ancora il francese, avvicinandosi a una Garguille e toccandone il muso piatto con la punta della scarpa. Gli arrivava di poco sopra la caviglia. Vista in quello stato, la Garguille non faceva poi tanta paura.
«Coraline potrebbe essere morta» disse Snow.
«Morta» ripetè Mathieu, voltandosi «Che esagerazione. Le Garguille sono innocue, fanno solo qualche graffio. Figurati che si cibano di muschio, anche se non si direbbe».
Si sentirono dei gemiti e il bozzolo vegetale al centro della piana ebbe un sussulto. Mathieu si incamminò in quel punto. Snow si accasciò sulla terra bagnata e sospirò. Il francese infilò le mani nella matassa di fili d’erba e tirò in direzioni opposte, squarciandola.
Jasmine urlò forte, disperata o forse felice.
«Shht» la zittì Mathieu.
«Potevo morire!» la testa dell’indiana sbucò dallo squarcio e si agitò convulsivamente.
Cercò in ogni modo di liberarsi dalla prigionia e Mathieu la aiutò come gli fu possibile. In poco tempo potè tornare a camminare e a sentire l’aria fresca sulla pelle.
«Una sauna. Una dannatissima sauna!» sbottò «Stavo bolli-cuocendo. Hey, ma che è successo qui? Cosa sono? Garguille?»
«Hai preso più colpi tu oggi che la Francia nella Prima Guerra Magica» le disse Mathieu.
Jasmine sbuffò e gli diede un calcio al fianco, senza imprimervi troppa forza.
Snow sorrise appena. Un lampo illuminò il cielo plumbeo. Era il trionfo dei grigi, un po’ come la sua Londra di metà novembre. Era esausto a tal punto da avere la nausea. Sentire la pioggia sulla pelle era davvero risanatorio.
«Bè, sono stato bravo, vero? Ora vedrete che non verrà più nessuno a disturbarci» disse Mathieu.
Snow lo fulminò con lo sguardo. Dietro di lui, il parafulmine tornò alla sua forma originaria mutando in pietra.
«Tu sei tutto scemo, Mathieu, Coraline è così sconvolta che si riprenderà tra un anno, quell’altro è sparito nel nulla, io sono a pezzi e ho i palmi bucati, guarda!» gli mostrò le mani con i vistosi segni delle cadute e le lotte «Cosa prevede il tuo piano adesso: ammazzare delle foche a legnate?»
«Gesù» rispose.
«Cosa».
«Per i palmi. Sembri Gesù».
«Non fa ridere!»
«A me sì, e comunque la fai troppo grossa, come sempre» lentamente si avvicinò al cumulo di pietre del MangiaMagia e vi si sedette accanto a gambe incrociate «Ci sono persone che sentono la pioggia, altre che si bagnano e basta».
«MA NON VUOL DIRE NIENTE!»
Mathieu fece spallucce e Jasmine ridacchiò.
Snow sospirò e chiuse gli occhi, sconfitto. Erano tutti a terra, uno più stanco dell’altro. Quando si toccò il viso si accorse di avere uno zigomo gonfio. In bocca, invece, aveva un sapore malevolo, come avesse masticato a lungo una striscia di cuoio.
«Come facevi a saperlo?» chiese a Mathieu, quando finalmente si calmò un po’.
«Delle Garguille e dell’eco nelle narici? Me l’ha detto Vil’yahk» disse Mathieu.
«Vil’yahk?» si intromise Jasmine «Ma mica non parla mai con nessuno? Io sapevo che non usciva neppure dlala Prima Sala».
Snow sentì trillare lontano un campanello d’allarme, ma decise di non dargli troppo peso. Mathieu e Vil’yahk? Non poteva essere. Le immagini del suo sogno, tuttavia, riemersero nella sua mente.
«Le Garguille sono cieche e dispettose, non cattive» disse Mathieu «Non sono Gargolle, Gargoyle o Garguglie Testa Cornuta. Piuttosto, chi era prima, nella foresta?».
«Adrien».
Jasmine si sollevò da terra, attenta, e lo stesso fece Mathieu.
«E ha detto che in pratica è della stessa cricca di Emilien» aggiunse, notando il silenzio dei suoi compagni «Da quello che ho capito gli hanno detto loro di darci sotto con noi»
«Capisco» si limitò a rispondere Mathieu.
«Avete dato fastidio a Emilien?» chiese Jasmine, basita «Lo sanno tutti che è un rompiscatole, cosa vi è passato per la testa?»
Snow sollevò le spalle e non rispose.
Ormai erano fradici, ma nessuno sembrò curarsene. La pioggia lavò via la stanchezza e la tensione.
«Jasmine la feticista delle prigioni» disse Mathieu divertito «Già me la vedo a girarsi tutti i castelli della Loira per farsi rinchiudere nelle segrete. Tanto, ormai, tra fagotti di corde e robi di erba…»
«Scemo!» lo interruppe l’altra, con un sorriso sul volto.
L’aria si distese.
Mathieu aveva ragione: nessuno venne più a disturbarli.
Il boato del corno si disperse nella valle, decretando la fine della Bataille.



Beta-reader per la prima parte (e amica): Ely79. ha appena pubblicato una storia sui licantropi: date un occhio!! Qui c'è il link al suo profilo ( click )
   
 
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