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Autore: whitemushroom    05/03/2013    2 recensioni
Il Progetto Replica di Vexen non ha condotto soltanto alla nascita di Xion e di Riku Replica. Esiste una terza Replica, sconosciuta a molti, che per anni è vissuta all'ombra dell'Organizzazione: quando però questa decide di rendersi indipendente toccherà a Saix, n. VII dell'Organizzazione, andarla a riprendere. Ma questa ricerca si mescolerà ai ricordi del suo passato e porterà a galla molte verità nascoste. Chi sarà questa Replica? Perché cercarla spetta proprio al n. VII?
Questa fanfiction è stata scritta per il contest pentamestrale "La Terza Replica" indetto dal thexiiiorderforum, ed essendo stata scritta oltre un anno fa non tiene conto degli avvenimenti di KH3D
Genere: Introspettivo, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Axel, Saix
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Capitolo 3


L’aria era gelida sulle sue guance; portava il dolore della battaglia, degli uomini uccisi, della fredda efficienza degli Heartless che dilagavano nelle strade.
Aveva osservato a lungo quel mondo, guardato nelle sue case, nelle strade che ad ogni passo gli sembravano sempre più familiari.
Familiari.
Amate.

Questo i Nessuno non potevano comprenderlo. Non avrebbero mai potuto provare quel terribile dolore nel petto, quel senso di oppressione. Non avrebbero mai sentito il bisogno di correre in aiuto di quella gente.
Ma lui sì.
Perché?

Ormai erano anni che si era accorto che qualcosa non andava. Si era accorto di soffrire, di non avere soltanto degli sterili ricordi ma dei sentimenti che si rinnovavano, mutavano. Aveva pianto.
Quando si era reso conto di quel problema, ne aveva parlato con i Membri dell’Organizzazione, ma tutti erano stati sfuggenti, o lo avevano guardato storto, andandosene.
Uno come lui non poteva certo avere udienza con il Superiore, specie per parlare di quelle che tutti consideravano sciocchezze. Xigbar e Xaldin lo tenevano sempre alla larga, più di una volta lanciandogli addosso qualche bottiglia di birra vuota.
Era difficile parlare con tutti quanti loro.
Da Demyx in giù, nessun membro dell’Organizzazione sembrava essere disposto a parlare della propria condizione di Nessuno, tanto meno ad ascoltare i problemi degli altri. Con la giusta eccezione del solare n. XIII, ma lui era un discorso a parte. Forse quel ragazzo non era mai stato davvero un Nessuno, aveva sempre avuto un cuore nascosto da qualche parte.
Aveva cercato la risposta di quel dolore nel petto tra i fondatori più saggi.
Il n. IV.
Vexen.
Paradossale come quell’uomo fosse stato il suo primo ricordo.
E a come le cose fossero terminate.
Vexen era morto, forse l’unica persona che aveva sempre conosciuto molto più di quello che amasse dire in pubblico; l’unico che probabilmente avrebbe potuto aiutarlo sul serio, ma che si era sempre rifiutato di ascoltarlo, fissandolo dall’alto con i suoi occhi sprezzanti. Quando si era accorto che qualcosa non andava era corso nel suo laboratorio, assumendo persino l’aspetto più umile che potesse simulare. Era stato la sua prima scelta, ed era stato buttato fuori dal laboratorio senza troppi preamboli, accusato di essere “un povero scansafatiche che invece di lavorare si mette a pensare”.
Ma se anche Vexen avesse avuto le risposte che cercava, ora erano svanite con lui in un turbinare di fiamme danzanti, soltanto cenere nel Castello dell’Oblio.
Perché lo scienziato non gli aveva detto nulla?

No.
Sbagliato.
Menzogna.
Mentiva persino a se stesso.
Non si era recato dal n. IV la prima volta.
Se aveva pianto ed aveva sofferto, era stato a causa di qualcuno. Qualcuno che era cambiato in fretta, che aveva lasciato in lui un vuoto che tecnicamente non avrebbe dovuto avere.
Era andato da Lui a cercare delle risposte.

La Replica guardò di nuovo l’infuriare della battaglia. Sora continuava a lottare strenuamente, salvando quel mondo con un pugno di amici e la forza della sua determinazione. Il n. XIII era lì dentro, ed il dolore e la rabbia che aveva accumulato nei suoi pochi giorni di vita si riversava sul campo, mietendo Heartless, forte della nuova esistenza che aveva ottenuto.
Aveva visto gli occhi di quel ragazzo quando aveva scoperto che il suo migliore amico gli aveva sempre mentito. Non avrebbe mai potuto dimenticarli.
Ed aveva sofferto un’altra volta, più forte della prima, cercando una spiegazione al dolore ed alle lacrime; forse in quel momento aveva compreso il senso dell’amicizia più puro, ed aveva preso la sua decisione.
Doveva allontanarsi dall’Organizzazione.
Anche lui, come il giovane Roxas, doveva trovare le sue risposte.
Avrebbe voluto avere il suo amico al fianco, ma non poteva.
Ecco perché era fuggito da solo.
Ma era solo questione di tempo, il Superiore non ammetteva diserzioni, ed aveva una certa idea di chi gli avrebbe mandato alle calcagna. Tutte le sue risposte erano in Sora ed in Roxas.
Il suo primo piano per incontrarli era fallito, ma non poteva demordere. Doveva andare a parlare con loro, rischiare anche la sua non-esistenza: ma loro erano la chiave.
Risoluto, aprì un Portale d’Oscurità.

Si era svegliato nel luogo più freddo che avesse mai visitato, completamente nudo. Dei piccoli cristalli di ghiaccio coprivano la sua pelle ed il suoi capelli, uno strano sbuffo di vapore usciva dalle sue narici. Chiuse gli occhi cercando di raccogliere i suoi ultimi ricordi, ma tutto era effimero nella sua mente. Pensieri, parole, urla, ma tutto assolutamente confuso; più cercava di ricordare e più gli sembrava di voler afferrare la nebbia con la mano.
Aprì gli occhi una seconda volta, conscio solo di un grande cerchio alla testa e della presenza di qualcuno nella stanza.
“Resta fermo” fece una voce secca, di qualcuno abituato a comandare “La tua stabilità sarebbe…… discutibile……”
Il freddo non accennava a diminuire; anzi, quando l’uomo che aveva parlato si avvicinò a lui, ebbe l’impressione che lo stesso Inverno fosse venuto a salutarlo “Puoi sentirmi?”
“S…… sì”
Persino la lingua gli sembrava congelata; però riuscì a volgere la testa, ed inserire nel suo campo visivo il suo interlocutore. Sembrava torreggiare su di lui, gli occhi verdi che correvano dal suo corpo ad un plico di fogli che teneva in mano. Indossava un lungo abito scuro, ma era sicuro di aver già visto quell’uomo da qualche parte …… se la testa non avesse smesso di fargli male ……
“Come sta, Vexen?”
Un’altra persona scivolò accanto, leggero come una foglia.
“Lo saprò con certezza quando avrò esaminato con calma tutti i punti della cartella clinica”
L’altro emise un suono simile ad una risata forzata “Vexen, tutti questi conti ti uccideranno, un giorno o l’altro. Pensi che sia in grado di sostenere una piccola conversazione con me?”
“Altrimenti lei non sarebbe qui, Superiore”.
La sua mente aveva smesso di vorticare, almeno per un pochino. Il caleidoscopio di sensazioni sparì, sfumando nell’ambiente in cui si trovava. Sembrava un incrocio tra una stanza di un ospedale ed il laboratorio di uno scienziato, e le poche cose che erano lì dentro erano state disposte in ordine quasi meticoloso.
Richiuse gli occhi.
Il suo ultimo ricordo.
Quella grande, enorme massa di Oscurità. Qualcosa che non era solo buio, ma una vera Tenebra che si muoveva, con gli occhi luminosi, che sembrava puntare dritto al suo cuore. La sua paura, il suo bisogno di fuga “Ricordi l’Oscurità?”
Stavolta l’uomo era rivolto verso di lui, come se stesse indovinando i suoi pensieri “E’ un ricordo che abbiamo tutti, qui dentro”.
Non sapeva come, ma quella persona davanti a lui era pericolosa. Glielo diceva qualcosa, un sesto senso, un fremito nella pelle, forse uno dei suoi ricordi che sembravano ancora turbinare nella nebbia. O forse erano i suoi occhi, che nell’ambiente scuro del laboratorio sembravano frammenti di ambra arroventata.
“S… sì …… c’era una creatura…… oscura…… però……”
“Ricordi altro?”
Era un’affermazione, non una vera domanda.
“Non ero … non ero solo…… c’era qualcuno…… ma ora non ricordo bene……”
“I ricordi torneranno tutti” fece il suo primo interlocutore, qualche metro più in là, chino su un macchinario che emetteva luci e suoni incomprensibili “Garantisco IO”
L’uomo dagli occhi d’ambra sollevò le spalle, e tornò a poggiare il suo sguardo su di lui “Innanzitutto prendi questa”. Attorno alla sua mano comparvero strie d’Oscurità, e sentì la pelle accapponarsi, quasi come se il suo ultimo ricordo stesse prendendo vita; poi la luce nera si dissolse, assumendo una forma corporea, che cadde inerte sul suo braccio.
Era una tunica nera, con dei tenui bagliori argentei su delle decorazioni. Come quella che indossavano i due uomini “Mettila, o finirai congelato prima ancora di poterti alzare. Ti sarà necessaria se vivrai insieme a noi”.
Non capì bene il tutto, ma strinse la stoffa nera intorno alle sue mani intirizzite; non sembrava un abito comune, era intessuto di qualcosa che non aveva mai sentito. Sembrava fatto di Oscurità.
Oscurità viva.
Se avesse avuto più forze avrebbe allontanato quell’abito che sembrava riportare alla mente solo l’ultima scena di cui aveva memoria.
“D’ora in poi resterai con noi. Ma affinché una cosa esista, ha bisogno di un nome con cui essere chiamata. Tu ricordi il tuo nome?”
Il suo nome……
Il suo nome……
Il suo nome era ……
“Io …… ora non ricordo…… però sono sicuro di……”
Un nuovo sorriso quasi forzato sul viso dell’uomo “Non temere. Ti troveremo noi un nome”
“Xion mi sembra un nome più che adeguato a lui! E’ perfetto e significativo!” bofonchiò l’uomo dagli occhi verdi, questa volta vicino a lui, controllandogli le mani.
“Io non sono d’accordo” fece una terza voce, più sensuale delle altre.
Non aveva notato la terza figura vestita di nero quando aveva osservato la stanza per la prima volta. Si avvicinò al letto con una certa lentezza, chinando la testa davanti all’uomo chiamato Superiore “La scelta di un nome va oltre la sua ricerca di autoglorificazione, n. IV”
“Dovresti portarmi rispetto e gratitudine, n. VII. Senza di me non avreste recuperato un bel niente. Anzi, mi domando cosa farebbe l’Organizzazione senza le mie ricerche”.
“Non ho un cuore per esserle grato, n. IV. E questo lei lo sa meglio di me”.
Quell’uomo……
Era sicuro di conoscerlo!
Quei capelli! Come poteva non ricordarseli? Però……
“Io mi ricordo di te!”fece, quasi urlando, portandosi di colpo a sedere.
Una risata sommessa qualche metro più in là “Vi avevo detto che non c’era nulla da preoccuparsi per i vecchi ricordi. Sono tutti al posto giusto. Ma tanto nessuno mi ascolta!”
Le sue grida caddero davvero nel vuoto.
Rimase a fissare la persona davanti a lui, con quegli occhi gialli che qualcosa gli diceva fossero assolutamente fuori posto in quel viso. E quei segno sul viso, come se li era procurati?
Ma il suo nome……
Perché il suo nome non……?
“Vexen, credo che Saïx abbia ragione. Il nome è qualcosa che delineerà tutta la nostra non-esistenza, designa chi siamo e ciò che facciamo, è ancora più personale delle nostre armi o delle tuniche. E poi non trovi che il nome Xion sia terribilmente femminile?”
Doveva essere una battuta, ma nessuno sorrise, nemmeno se a farla era stato proprio il Superiore.
Per quel lo riguardava, non riusciva a distogliere gli occhi da questo n. VII, che si era fatto più vicino a lui, avrebbe potuto persino toccarlo.
Come erano apparsi, delicati come spettri, gli altri due uomini sparirono nelle tenebre, e rimase da solo con quella persona. Si sentiva un idiota. Era certo di conoscerlo, di averlo visto. Forse era stato tempo fa, ma era più che sicuro che nella sua mente si trovava quel nome, congelato forse dallo stesso incantesimo che ancora copriva la sua pelle con cristalli di ghiaccio.
Erano quegli occhi ad essergli estranei: gelidi, immobili, che parevano fissarlo attraverso.
Anche nella sua voce c’era qualcosa di diverso: “Tu sai chi sono io?”
“Certo…… io…… sono sicuro di saperlo…… ma ora……”
“Allora sai che puoi fidarti di me”.
Poteva?
Poteva davvero?
Sì. Forse era l’unica certezza a cui poteva aggrapparsi.
“Lo…… lo so”.
“Quindi lascia che sia io a scegliere un nome per te. Il tuo nuovo nome sarà……”


Saïx fiutò la sua vittima prima ancora di vederla, perché il vento gli portò rapido la risposta che cercava. Come sospettato, la Replica si stava dirigendo verso il n. XIII, il piccolo traditore, per cercare in lui ed in Sora una risposta ai suoi interrogativi ed un senso alla sua esistenza.
Si chiese per un’ultima volta se fosse davvero necessario eliminare la Replica, ma la risposta era chiara, lampante, non ammetteva pensieri alterativi.
La Replica era scappata dall’Organizzazione.
La Replica era difettosa.
La Replica era ormai assolutamente inservibile.
La Replica voleva parlare con il Custode.
E, nonostante il suo aspetto, restava pur sempre una copia.
Per quanti ricordi potesse avere nella sua mente, era un falso.
Poiché non vi era un solo motivo valido per mantenere in vita quel burattino, Saïx aprì un Portale dell’Oscurità e mise piede proprio davanti al Custode del Keyblade, incrociando gli occhi della Replica ed osservando la sua espressione di panico.
“Axel”
Sì, a differenza dei veri membri dell’Organizzazione, le Repliche potevano anche provare paura; infatti Axel si voltò, senza nemmeno una parola, e scomparve in un Portale dell’Oscurità. Ma prima di balzare al suo inseguimento aveva ancora qualcosa di cui discutere con il Custode.
Si girò verso il ragazzo, il cane ed il papero. Aveva proprio gli occhi di quell’impiccione del n. XIII.
“Ci assicureremo che riceva la punizione massima”.
  
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