August, 184 parole. Prompt: Gli uccelli nati in una gabbia pensano che volare sia una malattia. (Alejandro Jodorowsky)
August non aveva mai dimenticato cosa significasse non essere "vero".
Ricordava la consistenza del suo corpo legnoso, gli arti difficili da muovere, e il silenzio nel suo petto.
Ricordava anche che si era quasi spaventato, la prima volta che aveva sentito dentro di sé battere il suo nuovo cuore. Una sensazione estranea, fastidiosa, ma della quale col tempo si era abituato.
Da quando era stato creato non aveva mai vissuto veramente come un bambino, aveva sempre avuto dei limiti, alcuni imposti da suo padre, altri direttamente dal suo corpo particolare.
E, probabilmente, era stata proprio quella la sua rovina, una volta arrivato nel mondo reale.
Era stato così abituato alle ristrettezze, che ritrovarsi buttato in un mondo dove lui valeva esattamente quando tutti gli altri l'aveva sconvolto. Aveva avuto paura, tantissima paura.
I cambiamenti l'avevano reso una persona insicura, nuovamente bugiarda e l'avevano tolto dalla retta via.
August, ora, a trent'anni, si ritrovava a fare pensieri disperati... Avrebbe pagato qualsiasi prezzo pur di ritrovarsi di nuovo in quel mondo, con la protezione di suo padre. Avrebbe anche accettato quel corpo.
Solo per un istante.