Capitolo
Uno:
Il suo
nome era Rose
Well I woke up
today and the world was a restless
place
It could have been that way for me
And I wandered
around, and I thought of your face
That Christmas looking back at me
I wish today
was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever
dreamed
And I started
to walk
Pretty soon I will run and I'll come running back to
you
'Cause I
followed my star and that's what you are
I've had a merry time with you
So have a good
life
Do it for me: Make me so proud Like you want me to be.
Where ever you are I'm thinking of you oceans apart
I want you to know
Well I woke up
today and you're on the other side
Our time will never come again
But if you can still dream close your eyes it will
seem that you can see me now and then
I wish today
was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever
dreamed
(Song for Ten
– Murray Gold)
“Cosa…”
“Oh?!”
“Cosa?”
“Tu chi sei?”
“Beh…”
“Dove sono?”
“Cosa…?”
“Che diavolo è
questo posto?!”
“Cosa?!”
………¿DW?………
SLAP.
Il Dottore fece un passo indietro
dopo essere
stato schiaffeggiato con una forza certo non necessaria.
Guardò Donna con gli
occhi spalancati: cominciava
a seccarsi. La curiosità andava bene ma in certi casi non
valeva assolutamente
la candela. “Perché l’hai
fatto?”
“Riportami in quella
chiesa!” gli strillò Donna
in faccia, a tutti polmoni.
Il Dottore sollevò un
sopracciglio. Benissimo.
Se era questo quello che otteneva… “Certo! Bene!
Tanto io non ti voglio qui!”
esclamò indignato cominciando a saltellare intorno alla
console del TARDIS,
azionando leve e pulsanti. Prima di liberava di questa Donna, prima
avrebbe
potuto restarsene in pace. “Dov’è questo
matrimonio?”
“Saint Mary. Heaven Road.
Chiswick.
Londra.
Inghilterra. Terra. Sistema Solare!” urlò Donna.
Non era in grado di parlare a
un volume di voce normale? Ma che importava? Se ne sarebbe liberato
subito.
“Lo sapevo” la
sentì dire. Che problema aveva
adesso? “Fai tanto l’innocente, ma non sono la
prima, vero?”
Il Dottore sospirò. Seriamente… alzò la
testa dai comandi per vedere cosa aveva tanto
Donna da strillare…e i cuori gli affondarono.
“Quante donne hai rapito
finora?” teneva in mano
la camicetta di Rose e gliela agitava davanti. Tutta la rabbia e
l’irritazione
svanirono, la bocca gli si incurvò tristemente verso il
basso.
Come poteva spiegare? Come poteva
trovare le
parole per far capire a questa sposa impazzita a chi era appartenuta
quella
camicetta? Dama Rose Tyler del Powell Estate. Il Lupo Cattivo. La
protettrice
della Terra. La donna che amava.
“Quello è
della mia amica” riuscì a dire
solamente, cercando di controllare la voce che gli uscì
comunque un po’
strozzata. Era ancora passato troppo poco tempo. Il dolore era ancora
troppo
intenso. Sarebbe mai diminuito? Sarebbe mai riuscito a tornare alla
vita di
prima, quella che aveva avuto senza di lei? In quel momento lo
dubitava.
L’unica cosa che riusciva a provare era dolore, un dolore
infinito, pungente e
profondo. E rimpianto. Avrebbe potuto amarla, realizzò.
Avrebbe potuto amarla
come meritava: come un’umana. Non l’aveva fatto
perché? Perché gli esseri umani
invecchiano e muoiono? Avrebbe potuto amarla come un uomo ama una donna
e non
avrebbe sofferto di meno quando alla fine l’universo
gliel’avesse strappata
dalle braccia.
“E ora
dov’è? Fuori, a fare una passeggiata
nello spazio?”
Il Dottore batté le
palpebre e disse l’unica
cosa che poteva dire. Ed era così tremendamente definitivo.
“Se n’è andata”.
“Andata dove?”
La fissò, poi
abbassò lo sguardo sulla
camicetta. Quella stessa camicetta che aveva tenuto con sé
per quell’ultimo
mese. Come un talismano. Come un giubbotto di salvataggio.
Perché lei se
n’era andata. Se n’era andata per
sempre: imprigionata in un universo parallelo. Riusciva ancora a
vederla…precipitare verso il Vuoto. Vedere Pete che
miracolosamente tornava a
prenderla. Riusciva ancora a sentirla strillare. Non sarebbe mai
più riuscito a
dimenticare il suo urlo disperato che si univa al proprio.
Distolse lo sguardo. Non poteva
continuare a
rivivere quell’evento.
Deglutì, cercando di
slegare il nodo che gli si
era formato in gola e ricominciò a respirare. Non si era
nemmeno accorto di
avere smesso. “L’ho persa.”
“Bene, allora sbrigati a
perdere anche me!”
Il Dottore la ignorò,
continuò a inserire le
coordinate che gli aveva strillato la sposa pochi istanti prima.
“Cosa intendi
per ‘persa’?” la sentì
domandare.
Il Dottore alzò lo
sguardo su Donna e Donna
riconobbe quello sguardo.
Gli occhi di quell’uomo,
di quell’‘alieno’ erano
spenti. Come due buchi neri: non riflettevano niente. Era lo stesso
sguardo che
aveva avuto sua madre il giorno in cui le avevano informate della morte
di suo
padre. Quello era lo sguardo che aveva una persona quando perdeva tutto.
Il Dottore non rispose, ma Donna
aveva capito.
Rimase in silenzio quando lui balzò verso di lei e le
strappo di mano la
camicetta.
“Bene! A
Chiswick!”
………¿DW?………
Ma certo. Il TARDIS doveva
scegliere proprio
quel momento per ricalibrarsi. Tutto ciò che aveva ottenuto
era farsi dare del
marziano (ancora), altre urla e uno spericolato inseguimento in
autostrada. Ora
quello, quello non
l’aveva ancora
fatto. Per forza poi il TARDIS si era messa a fumare come se avesse
bruciato
qualcosa nel forno.
Il Dottore tossì mentre
cercava di estinguere le
fiamme con un estintore, poi chiuse le porte aspettando che il sistema
di
ventilazione si occupasse del fumo.
“La cosa buffa
è che, per essere un’astronave,
non vola poi così tanto” confessò a
Donna, raggiungendola sul margine del tetto
su cui erano atterrati. “E’ meglio se le diamo un
paio d’ore per riprendersi. A
te sta bene?”
“Ormai che
importa” rispose Donna con un sospiro
rassegnato.
“Ce lo siamo
perso?”
“Già.”
“Beh, potete sempre
prenotare un’altra data”
suggerì il Dottore. Non era molto bravo a tirare su di
morale la gente. Se Rose
fosse stata lì, avrebbe saputo esattamente cosa dire.
“Certo che
possiamo.”
Il Dottore decise di provare
ancora. “Avete
ancora la luna di miele.”
“E’ solo una
vacanza, ora.”
Oh.
“Già…già…mi
dispiace” tentò.
“Non è colpa
tua.”
“Oh. Questa è
una novità.” Ma era sempre colpa
sua. Fece un sorriso tirato, ma non gli sfuggì il tremolio
nella voce. Sperò
che non lo avesse notato anche Donna. Perché era
così: era sempre colpa sua.
“Vorrei che avessi una
macchina del tempo”
scherzò Donna. “Così potremmo tornare
indietro e aggiustare le cose.”
“Sì…”
confermò il Dottore. “Ma…”
buttò uno
sguardo alle sue spalle, verso il TARDIS. Non avrebbe fatto alcun bene
dirle
quello che il TARDIS poteva fare. “Anche se ce
l’avessi, non potrei tornare
indietro sulla linea temporale di qualcuno…a quanto
pare.”
Donna gli lanciò uno
sguardo, poi andò a sedersi
sul cornicione. Il Dottore poteva sentire il vento che gli scompigliava
i
capelli. Era Dicembre dopotutto, non faceva affatto caldo, e Donna era
in un
abito senza maniche: si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle
prima di
sedersi accanto a lei. Era il minimo che potesse fare.
“Mio Dio, come sei magro.
Questa giacca non
entrerebbe nemmeno a un ratto!”
Non che
tu
sia un giunco, pensò
il Dottore bonariamente, lanciandole un’occhiata. A Rose era
sempre andata
bene. Sospirò.
“Oh” disse poi,
quando gli venne in mente. Si
frugò per un attimo nella tasca dei pantaloni prima di
estrarre un bio-offuscatore.
Aveva decisamente l’aspetto di una vera nuziale purtroppo.
“Sarebbe meglio se
ti mettessi questo.”
“Che fai, giri il
coltello nella piaga?”
“Quelle creature possono
rintracciarti, è un
bio-offuscatore, dovrebbe tenerti nascosta.” Le prese una
mano e le infilò
l’anello alla mano sinistra. “Con questo anello, io
ti bio-offusco.”
“Nel bene e nel
male.”
Il Dottore sorrise. Non era poi
così male questa
Donna.
“Allora, cosa sarebbero
questi robot Babbo
Natale?” gli domandò sospirando.
“In pratica sono spazzini
robotici. Il vestito da
Babbo Natale e' solo un travestimento. Cercano di
mimetizzarsi” spiegò, poi gli
vennero in mente i Sycorax. “Li ho incontrati lo scorso
Natale.”
“Perché, cosa
e' successo?”
Il Dottore girò la testa
per guardarla in faccia.
Batté le palpebre confuso. Stava scherzando? “Una
grossa nave spaziale? Che
volteggiava sopra Londra?” provò, come per
rinfrescarle la memoria. “Non te ne
sei accorta?” fece poi incredulo quando Donna non fece nessun
cenno di
riconoscimento
“Mi sono presa una bella
sbronza” fu l’unica
risposta.
Ok… pensò il Dottore
voltando la testa verso la città. Lasciò vagare
lo sguardo, naturale che gli
sarebbe caduto proprio lì.
“Passavo il Natale
laggiù, al Powell Estate, con
questa...” si bloccò. Aveva una lingua
così lunga di solito, ma ora anche
trovare le parole più semplici gli veniva così
difficile! “famiglia” disse alla
fine. “La mia amica aveva questa famiglia. Beh,
loro...” anche loro se ne erano
andati. Mickey, Jackie…e Rose. “Comunque...ora non
ci sono più.” Per sempre.
Non avrebbe mai dimenticato quel
Natale. Pensò a
Rose che lo guardava, seduta accanto a lui, durante il pranzo di
Natale. Se
solo tutti gli altri giorni fossero stati come quello.
Perché quello era stato
il giorno migliore. Tutto quello che aveva sempre sognato. Non era mai
stato
così felice.
Aveva sorriso, Rose, quando
l’aveva visto sulla
porta di casa con il suo completo marrone. Perché lui era il
Dottore, anche se
era cambiato, e lei lo sapeva.
Il giorno più bello
della sua vita…e non ce ne
sarebbero stati altri. Perché lei non c’era
più.
“La tua amica...Chi
era?”
Ma non poteva rispondere. Le
parole. Le parole
erano così limitate in questa lingua. Nessuna lingua
esistente sulla Terra
sarebbe stata abbastanza per poter esprimere quello che Rose era per il
Dottore. Anche in gallifreyano avrebbe avuto difficoltà a
trovare il termine
giusto. Rose Tyler era troppo speciale per poter essere descritta con
una sola
parola.
“La domanda
e'...” cambiò argomento. “Cosa
vogliono da te questi mercenari robot travestiti?”
………¿DW?………
Non erano esattamente disperati gli
invitati
alla festa. A dirla tutta, al Dottore sembrò che se la
stessero semplicemente
spassando. C’era anche da dire che Donna se la
cavò splendidamente: finse di
scoppiare a piangere e tutti si limitarono ad abbracciarla commossi. Il
Dottore
nascose un sogghigno, cominciava seriamente a farsi piacere questa
Donna.
Si mise in un angolo, lasciando che
si
divertisse. Se lo meritava dopo tutto quello che aveva passato.
Già che c’era,
ne approfittò per fare una veloce
ricerca sulla H.C.Clemens. Restituì il cellulare preso in
prestito e si
appoggiò con la schiena contro il bancone del bar,
pensieroso.
Lasciò vagare lo sguardo
sulla folla. Subito
notò tutte le teste bionde: era così ridicolo!
Era così abituato a cercare Rose
tra la folla, per essere sicuro che stesse bene, che ormai lo faceva
senza
rendersene conto. Una bionda in particolare, al centro della sala,
attirò la
sua attenzione: fece una giravolta, poi un casquet e
un’immagine di Rose gli
balenò in mente. Di quando si trovavano
nell’ospedale di Nuova Terra e
Cassandra aveva preso il controllo del suo corpo. Di quando gli era
svenuta tra
le braccia. Che amarezza.
Non era nemmeno riuscito a danzare
con lei in
questo corpo, né tantomeno a ‘danzare’.
Cacciò subito via il
pensiero, avrebbe voluto
poter ridere di sé per quel pensiero così
stupido, ma non riusciva a fare
neanche quello. Il nodo che gli si era formato alla gola era
così stretto che
gli bruciava. Gli bruciava la gola, gli bruciava il petto, gli
bruciavano gli occhi.
Era un dolore così forte che avrebbe preferito usare altre
due rigenerazione
pur di non doverlo più sentire. Ma sarebbe mai potuto
passare veramente?
Voltò la testa di lato,
costringendosi a
deglutire, ma non servì a niente. Fece un respiro profondo,
che assomigliava
molto più a un rantolo. Rose. L’unica cosa che
sapeva era che non era più lì
con lui. Era solo.
Avrebbe voluto essere nel TARDIS.
Da solo. Se
non era con Rose allora tanto valeva non ci fosse nessun altro. Almeno
avrebbe
potuto continuare a piangere tutto il suo dolore senza doversi
preoccupare
della gente. Prese un altro respiro tremolante dalla bocca, cercando di
ricomporsi. Ciò non impedì ai suoi occhi di
riempirsi di lacrime.
Perché?
Perché l’universo non poteva dargli
nemmeno un momento di pace? Lasciarlo solo col suo dolore? No, doveva
fargli
comparire una sposa nel TARDIS, dal nulla! Perché lui non
era importante. No.
Il suo dolore non era importante. L’unica cosa importante era
che il Dottore
doveva continuare a salvare i mondi. A raddrizzare tutti i torti
dell’universo
quando l’unica cosa che voleva era avere indietro Rose. Non
gli era concesso
nemmeno il permesso di piangerla.
Ed eccoli lì questi
esseri umani, che
continuavano a danzare incuranti di tutto. Ignari del fatto che la
più
incredibile creatura di tutto il creato era rimasta imprigionata in un
altro
universo per salvare le loro vite, così insignificanti
rispetto alla sua…e per
questo l’aveva persa.
E loro continuavano a ballare e a
fare video.
Sospirò.
Aspetta
un
momento…video? strinse
gli occhi, fissando il ragazzo incaricato di fare i video del
matrimonio,
quando gli venne in mente un’idea.
………¿DW?………
“Oh, ma io non vengo da
Marte” disse il Dottore,
fissando l’imperatrice degli Araknos con uno sguardo distante.
“Allora da dove
vieni?”
Il Dottore parlò.
“Il mio pianeta natale e'
molto lontano e ormai e' scomparso da molto tempo. Ma il suo nome vive
ancora.”
Fece una pausa. Una nuova rabbia per tutte le perdite che aveva subito
gli
montava in corpo. Era l’ultimo Signore del Tempo ed era solo.
Ed era tutta
colpa sua. “Gallifrey.”
“Voi avete distrutto i
Araknos!” urlò
l’imperatrice in preda al panico.
“Ti avevo
avvertita.” Il Dottore parlò piano, ma
la sua voce riecheggiò gelida sulle pareti. Aveva il suono
di una sentenza di
morte. “E' colpa tua” aggiunse. Ma non era certo se
stava parlando con
l’imperatrice o con se stesso. Ma che importanza aveva? Lanciò in aria
i mini-robot che aveva nelle
sue tasche più grandi all’interno e
azionò il telecomando. Distrusse le
barriere che tenevano confinata l’acqua del Tamigi, che
arrivò come
un’inondazione.
L’imperatrice urlava in
preda al dolore mentre i
suoi figli venivano spazzati via.
Il Dottore restava lì a
fissarla con le fiamme a
illuminargli il viso donandogli un aspetto inumano. Perché
non era umano. Era
un Signore del Tempo. Le cose che faceva quando era con
Rose…essere
misericordioso, perdonare. Perché avrebbe dovuto farlo ora?
Cosa aveva ricevuto
in cambio? Niente! Così rimase lì, a vedere gli
ultimi esemplare di una specie
morire tra acqua e fiamme. Forse il dolore se ne sarebbe andato,
adesso. Forse
notò l’acqua che continuava a salire. Forse si
rese conto che se non se ne
andava di lì subito, non se ne sarebbe andato mai
più. Forse, però, non gli
importava.
Davanti a tutta quella distruzione,
fu Donna a
salvarlo. La segretaria. La precaria poco
importante.
“Dottore!” lo
chiamò. “Puoi fermarti adesso!”
Il Signore del Tempo si
girò a guardarla, come
destandosi da un sogno. Levò nuovamente lo sguardo
sull’imperatrice degli
Araknos ancora strillante per la morte dei propri figli…e si
rese conto di
quello che stava facendo.
“Andiamo” le
gridò. “E’ ora di portarti
fuori.”
………¿DW?………
Sconfissero gli Araknoidi,
prosciugarono il
Tamigi…e la riportò a casa. Ma non poteva passare
il Natale con lei.
Semplicemente…non poteva.
Poteva chiederle di viaggiare con
lui. Lo fece,
perché l’universo aveva bisogno
di
lui. E senza qualcuno che lo costringesse a muoversi, avrebbe passato
la vita a
piangere Rose Tyler. O, peggio, avrebbe di nuovo ceduto alla rabbia e
alla
distruzione. Lo disse anche Donna: “Quel tunnel si stava
allagando…e bruciava…e
loro morivano…e tu stavi lì come...non lo so...
un estraneo.”
Stava lì come qualcuno
che voleva morire, ma non
poteva.
Entrò nel TARDIS con una
scusa. Passare il
Natale con un’altra famiglia…no.
“Dottore!
Dottore!” urlò Donna con tutta la voce
che aveva in corpo quando il TARDIS cominciò a svanire.
Accidenti, l’avrebbe
sentita anche se fosse andato su un altro pianeta! Così
riapparve.
“Caspita, tu
sì che sai urlare!” esclamò facendo
capolino con la testa.
“Ti rivedrò
ancora?” chiese Donna. Quelle parole
lo colpirono come un fulmine, ma non lo diede a vedere. Si
limitò a mostrarle
un sorriso triste e le diede la risposta che avrebbe voluto dare a
quella
persona che, prima di lei, gli aveva posto quella stessa, identica,
domanda.
“Se sarò
fortunato.”
“Promettimi solo una
cosa. Trova qualcuno.”
La guardò. Le aveva
chiesto di venire con lui
d’istinto, perché l’aveva confortato
quando la perdita era ancora così forte
nei sui cuori e nella sua mente, ma lei aveva rifiutato. Non
l’avrebbe più
chiesto a nessun altro.
“Non ho bisogno di
nessuno.”
“Invece
sì” lo contraddisse Donna e il Dottore
sapeva che aveva ragione. “Perché a volte, credo
tu abbia bisogno di essere
fermato.”
“Già”
disse lui in un bisbiglio. Perché era un
Signore del Tempo, riusciva a vedere le linee temporali: ciò
che sarebbe potuto
essere e a volte, solo a volte, riusciva a vedere cosa sarebbe potuto
succedere
a lui se avesse compiuto scelte differenti. Se Donna non
l’avesse chiamato,
prima, sotto il Tamigi. Se non l’avesse fermato, sarebbe
morto annegato.
La presenza di Rose Tyler
l’aveva reso
migliore…ma cosa l’avrebbe potuto rendere la sua
assenza?
Inspirò bruscamente tra
i denti. “Grazie allora,
Donna. Buona fortuna.” Le sorrise. “E cerca di
essere sempre… magnifica!”
Donna rispose al sorriso.
“Penso lo sarò, sì!”
Il Signore del Tempo
entrò nel TARDIS,
chiudendosi la porta alle spalle, solo per riaprirla un secondo dopo
visto che
Donna continuava a chiamarlo indietro.
“Oh, e adesso cosa
c'è?”
“Quella tua amica. Come
si chiamava?”
Di
nuovo,
Donna. Perché continui a voler sapere di Rose? Non basta che
sia nei miei
pensieri ogni istante?
Questa volta non provò
nemmeno a nascondere il
pianto nella sua voce, le lacrime nei suoi occhi, il modo in cui le
parole gli
uscirono spezzate di bocca. “Il suo nome era Rose.”
Nota dell’autrice: Ed ecco il primo
capitolo! Basato su “The Runaway Bride/La Sposa
perfetta” che più che basato è
preso paro paro…questo perché il mio obiettivo
è di raccontare la storia
secondo l’influenza di Rose…e Rose qui non
c’è ancora e non c’è stato
niente a
influenzare gli avvenimenti che si sono svolti esattamente come
nell’episodio
della serie tv! Se avete notato che il dialogo in alcuni punti varia
rispetto a
quello sentito in tv è perché principalmente mi
baso sui dialoghi originali! Uso
quelli italiani solo se suonano nettamente meglio rispetto a quelli
inglesi per
qualche motivo! Ulteriore nota, qualche riga fa, quando Donna chiede
“Ti
rivedrò ancora?” in inglese dice “Am I
ever going to see you again?” che sono
le stesse esatte parole che gli dice Rose sulla spiaggia. Personalmente
ci vedo
un parallelismo, non so voi xD purtroppo non me ne ero mai accorta fino
a che
non ho visto la versione originale! Tanto per aggiungere un
po’ di angst all’angst!
Vediamo…altro? Ah
sì, due piccole cose: la
canzone all’inizio del capitolo è stata scritta
per l’episodio di Natale “The
Christmas Invasion” il primo con il decimo
dottore…quindi gli calza
particolarmente a pennelle. Secondo:
com’è questo
font? Perchè
se preferite il classico arial posso cambiare senza problemi!