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Autore: claudineclaudette_    18/03/2013    5 recensioni
Dopo Doomsday Rose è rimasta intrappolata nell'universo parallelo, dove comincia a lavorare per Torchwood. Il Dottore rimane da solo nel TARDIS.
Lontani soffrono perché il loro destino è di essere il Dottore, nel TARDIS, con Rose Tyler.
E se trovassero il modo di incontrarsi di nuovo? Magari in un ospedale sulla luna?
Post-Doomsday, Reunion fic e Terza stagione con Rose tutto insieme! (E anche quarta e parte della quinta se tutto va come deve andare!).
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, TARDIS, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Uno:
Il suo nome era Rose

 

Well I woke up today and the world was a restless place
It could have been that way for me 

And I wandered around, and I thought of your face
That Christmas looking back at me 

I wish today was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever dreamed 

And I started to walk
Pretty soon I will run and I'll come running back to you 

'Cause I followed my star and that's what you are
I've had a merry time with you

So have a good life
Do it for me: Make me so proud Like you want me to be.
Where ever you are I'm thinking of you oceans apart
I want you to know 

Well I woke up today and you're on the other side
Our time will never come again
But if you can still dream close your eyes it will seem that you can see me now and then 

I wish today was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever dreamed 

(Song for Ten – Murray Gold)

 

 

“Cosa…”

“Oh?!”

“Cosa?”

“Tu chi sei?”

“Beh…”

“Dove sono?”

“Cosa…?”

“Che diavolo è questo posto?!”

“Cosa?!”

 

………¿DW?………

 

SLAP.

Il Dottore fece un passo indietro dopo essere stato schiaffeggiato con una forza certo non necessaria.

Guardò Donna con gli occhi spalancati: cominciava a seccarsi. La curiosità andava bene ma in certi casi non valeva assolutamente la candela. “Perché l’hai fatto?”

“Riportami in quella chiesa!” gli strillò Donna in faccia, a tutti polmoni.

Il Dottore sollevò un sopracciglio. Benissimo. Se era questo quello che otteneva… “Certo! Bene! Tanto io non ti voglio qui!” esclamò indignato cominciando a saltellare intorno alla console del TARDIS, azionando leve e pulsanti. Prima di liberava di questa Donna, prima avrebbe potuto restarsene in pace. “Dov’è questo matrimonio?”

“Saint Mary. Heaven Road. Chiswick. Londra. Inghilterra. Terra. Sistema Solare!” urlò Donna. Non era in grado di parlare a un volume di voce normale? Ma che importava? Se ne sarebbe liberato subito.

“Lo sapevo” la sentì dire. Che problema aveva adesso? “Fai tanto l’innocente, ma non sono la prima, vero?”

Il Dottore sospirò. Seriamente… alzò la testa dai comandi per vedere cosa aveva tanto Donna da strillare…e i cuori gli affondarono.

“Quante donne hai rapito finora?” teneva in mano la camicetta di Rose e gliela agitava davanti. Tutta la rabbia e l’irritazione svanirono, la bocca gli si incurvò tristemente verso il basso.

Come poteva spiegare? Come poteva trovare le parole per far capire a questa sposa impazzita a chi era appartenuta quella camicetta? Dama Rose Tyler del Powell Estate. Il Lupo Cattivo. La protettrice della Terra. La donna che amava.

“Quello è della mia amica” riuscì a dire solamente, cercando di controllare la voce che gli uscì comunque un po’ strozzata. Era ancora passato troppo poco tempo. Il dolore era ancora troppo intenso. Sarebbe mai diminuito? Sarebbe mai riuscito a tornare alla vita di prima, quella che aveva avuto senza di lei? In quel momento lo dubitava. L’unica cosa che riusciva a provare era dolore, un dolore infinito, pungente e profondo. E rimpianto. Avrebbe potuto amarla, realizzò. Avrebbe potuto amarla come meritava: come un’umana. Non l’aveva fatto perché? Perché gli esseri umani invecchiano e muoiono? Avrebbe potuto amarla come un uomo ama una donna e non avrebbe sofferto di meno quando alla fine l’universo gliel’avesse strappata dalle braccia.

“E ora dov’è? Fuori, a fare una passeggiata nello spazio?”

Il Dottore batté le palpebre e disse l’unica cosa che poteva dire. Ed era così tremendamente definitivo. “Se n’è andata”.

“Andata dove?”

La fissò, poi abbassò lo sguardo sulla camicetta. Quella stessa camicetta che aveva tenuto con sé per quell’ultimo mese. Come un talismano. Come un giubbotto di salvataggio.

Perché lei se n’era andata. Se n’era andata per sempre: imprigionata in un universo parallelo. Riusciva ancora a vederla…precipitare verso il Vuoto. Vedere Pete che miracolosamente tornava a prenderla. Riusciva ancora a sentirla strillare. Non sarebbe mai più riuscito a dimenticare il suo urlo disperato che si univa al proprio.

Distolse lo sguardo. Non poteva continuare a rivivere quell’evento.

Deglutì, cercando di slegare il nodo che gli si era formato in gola e ricominciò a respirare. Non si era nemmeno accorto di avere smesso. “L’ho persa.”

“Bene, allora sbrigati a perdere anche me!”

Il Dottore la ignorò, continuò a inserire le coordinate che gli aveva strillato la sposa pochi istanti prima. “Cosa intendi per ‘persa’?” la sentì domandare.

Il Dottore alzò lo sguardo su Donna e Donna riconobbe quello sguardo.

Gli occhi di quell’uomo, di quell’‘alieno’ erano spenti. Come due buchi neri: non riflettevano niente. Era lo stesso sguardo che aveva avuto sua madre il giorno in cui le avevano informate della morte di suo padre. Quello era lo sguardo che aveva una persona quando perdeva tutto.

Il Dottore non rispose, ma Donna aveva capito. Rimase in silenzio quando lui balzò verso di lei e le strappo di mano la camicetta.

“Bene! A Chiswick!”

 

………¿DW?………

 

Ma certo. Il TARDIS doveva scegliere proprio quel momento per ricalibrarsi. Tutto ciò che aveva ottenuto era farsi dare del marziano (ancora), altre urla e uno spericolato inseguimento in autostrada. Ora quello, quello non l’aveva ancora fatto. Per forza poi il TARDIS si era messa a fumare come se avesse bruciato qualcosa nel forno.

Il Dottore tossì mentre cercava di estinguere le fiamme con un estintore, poi chiuse le porte aspettando che il sistema di ventilazione si occupasse del fumo.

“La cosa buffa è che, per essere un’astronave, non vola poi così tanto” confessò a Donna, raggiungendola sul margine del tetto su cui erano atterrati. “E’ meglio se le diamo un paio d’ore per riprendersi. A te sta bene?”

“Ormai che importa” rispose Donna con un sospiro rassegnato.

“Ce lo siamo perso?”

“Già.”

“Beh, potete sempre prenotare un’altra data” suggerì il Dottore. Non era molto bravo a tirare su di morale la gente. Se Rose fosse stata lì, avrebbe saputo esattamente cosa dire.

“Certo che possiamo.”

Il Dottore decise di provare ancora. “Avete ancora la luna di miele.”

“E’ solo una vacanza, ora.”

Oh. “Già…già…mi dispiace” tentò.

“Non è colpa tua.”

“Oh. Questa è una novità.” Ma era sempre colpa sua. Fece un sorriso tirato, ma non gli sfuggì il tremolio nella voce. Sperò che non lo avesse notato anche Donna. Perché era così: era sempre colpa sua.

“Vorrei che avessi una macchina del tempo” scherzò Donna. “Così potremmo tornare indietro e aggiustare le cose.”

“Sì…” confermò il Dottore. “Ma…” buttò uno sguardo alle sue spalle, verso il TARDIS. Non avrebbe fatto alcun bene dirle quello che il TARDIS poteva fare. “Anche se ce l’avessi, non potrei tornare indietro sulla linea temporale di qualcuno…a quanto pare.”

Donna gli lanciò uno sguardo, poi andò a sedersi sul cornicione. Il Dottore poteva sentire il vento che gli scompigliava i capelli. Era Dicembre dopotutto, non faceva affatto caldo, e Donna era in un abito senza maniche: si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle prima di sedersi accanto a lei. Era il minimo che potesse fare.

“Mio Dio, come sei magro. Questa giacca non entrerebbe nemmeno a un ratto!”

Non che tu sia un giunco, pensò il Dottore bonariamente, lanciandole un’occhiata. A Rose era sempre andata bene. Sospirò.

“Oh” disse poi, quando gli venne in mente. Si frugò per un attimo nella tasca dei pantaloni prima di estrarre un bio-offuscatore. Aveva decisamente l’aspetto di una vera nuziale purtroppo. “Sarebbe meglio se ti mettessi questo.”

“Che fai, giri il coltello nella piaga?”

“Quelle creature possono rintracciarti, è un bio-offuscatore, dovrebbe tenerti nascosta.” Le prese una mano e le infilò l’anello alla mano sinistra. “Con questo anello, io ti bio-offusco.”

“Nel bene e nel male.”

Il Dottore sorrise. Non era poi così male questa Donna.

“Allora, cosa sarebbero questi robot Babbo Natale?” gli domandò sospirando.

“In pratica sono spazzini robotici. Il vestito da Babbo Natale e' solo un travestimento. Cercano di mimetizzarsi” spiegò, poi gli vennero in mente i Sycorax. “Li ho incontrati lo scorso Natale.”

“Perché, cosa e' successo?”

Il Dottore girò la testa per guardarla in faccia. Batté le palpebre confuso. Stava scherzando? “Una grossa nave spaziale? Che volteggiava sopra Londra?” provò, come per rinfrescarle la memoria. “Non te ne sei accorta?” fece poi incredulo quando Donna non fece nessun cenno di riconoscimento

“Mi sono presa una bella sbronza” fu l’unica risposta.

Ok… pensò il Dottore voltando la testa verso la città. Lasciò vagare lo sguardo, naturale che gli sarebbe caduto proprio lì.

“Passavo il Natale laggiù, al Powell Estate, con questa...” si bloccò. Aveva una lingua così lunga di solito, ma ora anche trovare le parole più semplici gli veniva così difficile! “famiglia” disse alla fine. “La mia amica aveva questa famiglia. Beh, loro...” anche loro se ne erano andati. Mickey, Jackie…e Rose. “Comunque...ora non ci sono più.” Per sempre.

Non avrebbe mai dimenticato quel Natale. Pensò a Rose che lo guardava, seduta accanto a lui, durante il pranzo di Natale. Se solo tutti gli altri giorni fossero stati come quello. Perché quello era stato il giorno migliore. Tutto quello che aveva sempre sognato. Non era mai stato così felice.

Aveva sorriso, Rose, quando l’aveva visto sulla porta di casa con il suo completo marrone. Perché lui era il Dottore, anche se era cambiato, e lei lo sapeva.

Il giorno più bello della sua vita…e non ce ne sarebbero stati altri. Perché lei non c’era più.

“La tua amica...Chi era?”

Ma non poteva rispondere. Le parole. Le parole erano così limitate in questa lingua. Nessuna lingua esistente sulla Terra sarebbe stata abbastanza per poter esprimere quello che Rose era per il Dottore. Anche in gallifreyano avrebbe avuto difficoltà a trovare il termine giusto. Rose Tyler era troppo speciale per poter essere descritta con una sola parola.

“La domanda e'...” cambiò argomento. “Cosa vogliono da te questi mercenari robot travestiti?”

 

………¿DW?………

 

Non erano esattamente disperati gli invitati alla festa. A dirla tutta, al Dottore sembrò che se la stessero semplicemente spassando. C’era anche da dire che Donna se la cavò splendidamente: finse di scoppiare a piangere e tutti si limitarono ad abbracciarla commossi. Il Dottore nascose un sogghigno, cominciava seriamente a farsi piacere questa Donna.

Si mise in un angolo, lasciando che si divertisse. Se lo meritava dopo tutto quello che aveva passato.

Già che c’era, ne approfittò per fare una veloce ricerca sulla H.C.Clemens. Restituì il cellulare preso in prestito e si appoggiò con la schiena contro il bancone del bar, pensieroso.

Lasciò vagare lo sguardo sulla folla. Subito notò tutte le teste bionde: era così ridicolo! Era così abituato a cercare Rose tra la folla, per essere sicuro che stesse bene, che ormai lo faceva senza rendersene conto. Una bionda in particolare, al centro della sala, attirò la sua attenzione: fece una giravolta, poi un casquet e un’immagine di Rose gli balenò in mente. Di quando si trovavano nell’ospedale di Nuova Terra e Cassandra aveva preso il controllo del suo corpo. Di quando gli era svenuta tra le braccia. Che amarezza.

Non era nemmeno riuscito a danzare con lei in questo corpo, né tantomeno a ‘danzare’.

Cacciò subito via il pensiero, avrebbe voluto poter ridere di sé per quel pensiero così stupido, ma non riusciva a fare neanche quello. Il nodo che gli si era formato alla gola era così stretto che gli bruciava. Gli bruciava la gola, gli bruciava il petto, gli bruciavano gli occhi. Era un dolore così forte che avrebbe preferito usare altre due rigenerazione pur di non doverlo più sentire. Ma sarebbe mai potuto passare veramente?

Voltò la testa di lato, costringendosi a deglutire, ma non servì a niente. Fece un respiro profondo, che assomigliava molto più a un rantolo. Rose. L’unica cosa che sapeva era che non era più lì con lui. Era solo.

Avrebbe voluto essere nel TARDIS. Da solo. Se non era con Rose allora tanto valeva non ci fosse nessun altro. Almeno avrebbe potuto continuare a piangere tutto il suo dolore senza doversi preoccupare della gente. Prese un altro respiro tremolante dalla bocca, cercando di ricomporsi. Ciò non impedì ai suoi occhi di riempirsi di lacrime.

Perché? Perché l’universo non poteva dargli nemmeno un momento di pace? Lasciarlo solo col suo dolore? No, doveva fargli comparire una sposa nel TARDIS, dal nulla! Perché lui non era importante. No. Il suo dolore non era importante. L’unica cosa importante era che il Dottore doveva continuare a salvare i mondi. A raddrizzare tutti i torti dell’universo quando l’unica cosa che voleva era avere indietro Rose. Non gli era concesso nemmeno il permesso di piangerla. 

Ed eccoli lì questi esseri umani, che continuavano a danzare incuranti di tutto. Ignari del fatto che la più incredibile creatura di tutto il creato era rimasta imprigionata in un altro universo per salvare le loro vite, così insignificanti rispetto alla sua…e per questo l’aveva persa.

E loro continuavano a ballare e a fare video. Sospirò.

Aspetta un momento…video? strinse gli occhi, fissando il ragazzo incaricato di fare i video del matrimonio, quando gli venne in mente un’idea.

 

………¿DW?………

 

“Oh, ma io non vengo da Marte” disse il Dottore, fissando l’imperatrice degli Araknos con uno sguardo distante.

“Allora da dove vieni?”

Il Dottore parlò. “Il mio pianeta natale e' molto lontano e ormai e' scomparso da molto tempo. Ma il suo nome vive ancora.” Fece una pausa. Una nuova rabbia per tutte le perdite che aveva subito gli montava in corpo. Era l’ultimo Signore del Tempo ed era solo. Ed era tutta colpa sua. “Gallifrey.”

“Voi avete distrutto i Araknos!” urlò l’imperatrice in preda al panico.

“Ti avevo avvertita.” Il Dottore parlò piano, ma la sua voce riecheggiò gelida sulle pareti. Aveva il suono di una sentenza di morte. “E' colpa tua” aggiunse. Ma non era certo se stava parlando con l’imperatrice o con se stesso. Ma che importanza aveva?  Lanciò in aria i mini-robot che aveva nelle sue tasche più grandi all’interno e azionò il telecomando. Distrusse le barriere che tenevano confinata l’acqua del Tamigi, che arrivò come un’inondazione.

L’imperatrice urlava in preda al dolore mentre i suoi figli venivano spazzati via.

Il Dottore restava lì a fissarla con le fiamme a illuminargli il viso donandogli un aspetto inumano. Perché non era umano. Era un Signore del Tempo. Le cose che faceva quando era con Rose…essere misericordioso, perdonare. Perché avrebbe dovuto farlo ora? Cosa aveva ricevuto in cambio? Niente! Così rimase lì, a vedere gli ultimi esemplare di una specie morire tra acqua e fiamme. Forse il dolore se ne sarebbe andato, adesso. Forse notò l’acqua che continuava a salire. Forse si rese conto che se non se ne andava di lì subito, non se ne sarebbe andato mai più. Forse, però, non gli importava.

Davanti a tutta quella distruzione, fu Donna a salvarlo. La segretaria. La precaria poco importante.

“Dottore!” lo chiamò. “Puoi fermarti adesso!”

Il Signore del Tempo si girò a guardarla, come destandosi da un sogno. Levò nuovamente lo sguardo sull’imperatrice degli Araknos ancora strillante per la morte dei propri figli…e si rese conto di quello che stava facendo.

“Andiamo” le gridò. “E’ ora di portarti fuori.”

 

………¿DW?………

 

Sconfissero gli Araknoidi, prosciugarono il Tamigi…e la riportò a casa. Ma non poteva passare il Natale con lei. Semplicemente…non poteva.

Poteva chiederle di viaggiare con lui. Lo fece, perché l’universo aveva bisogno di lui. E senza qualcuno che lo costringesse a muoversi, avrebbe passato la vita a piangere Rose Tyler. O, peggio, avrebbe di nuovo ceduto alla rabbia e alla distruzione. Lo disse anche Donna: “Quel tunnel si stava allagando…e bruciava…e loro morivano…e tu stavi lì come...non lo so... un estraneo.”

Stava lì come qualcuno che voleva morire, ma non poteva.

Entrò nel TARDIS con una scusa. Passare il Natale con un’altra famiglia…no.

“Dottore! Dottore!” urlò Donna con tutta la voce che aveva in corpo quando il TARDIS cominciò a svanire. Accidenti, l’avrebbe sentita anche se fosse andato su un altro pianeta! Così riapparve.

“Caspita, tu sì che sai urlare!” esclamò facendo capolino con la testa.

“Ti rivedrò ancora?” chiese Donna. Quelle parole lo colpirono come un fulmine, ma non lo diede a vedere. Si limitò a mostrarle un sorriso triste e le diede la risposta che avrebbe voluto dare a quella persona che, prima di lei, gli aveva posto quella stessa, identica, domanda.

“Se sarò fortunato.”

“Promettimi solo una cosa. Trova qualcuno.”

La guardò. Le aveva chiesto di venire con lui d’istinto, perché l’aveva confortato quando la perdita era ancora così forte nei sui cuori e nella sua mente, ma lei aveva rifiutato. Non l’avrebbe più chiesto a nessun altro.

“Non ho bisogno di nessuno.”

“Invece sì” lo contraddisse Donna e il Dottore sapeva che aveva ragione. “Perché a volte, credo tu abbia bisogno di essere fermato.”

“Già” disse lui in un bisbiglio. Perché era un Signore del Tempo, riusciva a vedere le linee temporali: ciò che sarebbe potuto essere e a volte, solo a volte, riusciva a vedere cosa sarebbe potuto succedere a lui se avesse compiuto scelte differenti. Se Donna non l’avesse chiamato, prima, sotto il Tamigi. Se non l’avesse fermato, sarebbe morto annegato.

La presenza di Rose Tyler l’aveva reso migliore…ma cosa l’avrebbe potuto rendere la sua assenza?

Inspirò bruscamente tra i denti. “Grazie allora, Donna. Buona fortuna.” Le sorrise. “E cerca di essere sempre… magnifica!”

Donna rispose al sorriso. “Penso lo sarò, sì!”  

Il Signore del Tempo entrò nel TARDIS, chiudendosi la porta alle spalle, solo per riaprirla un secondo dopo visto che Donna continuava a chiamarlo indietro.

“Oh, e adesso cosa c'è?”

“Quella tua amica. Come si chiamava?”

Di nuovo, Donna. Perché continui a voler sapere di Rose? Non basta che sia nei miei pensieri ogni istante?

Questa volta non provò nemmeno a nascondere il pianto nella sua voce, le lacrime nei suoi occhi, il modo in cui le parole gli uscirono spezzate di bocca. “Il suo nome era Rose.”

 

 

Nota dell’autrice: Ed ecco il primo capitolo! Basato su “The Runaway Bride/La Sposa perfetta” che più che basato è preso paro paro…questo perché il mio obiettivo è di raccontare la storia secondo l’influenza di Rose…e Rose qui non c’è ancora e non c’è stato niente a influenzare gli avvenimenti che si sono svolti esattamente come nell’episodio della serie tv! Se avete notato che il dialogo in alcuni punti varia rispetto a quello sentito in tv è perché principalmente mi baso sui dialoghi originali! Uso quelli italiani solo se suonano nettamente meglio rispetto a quelli inglesi per qualche motivo! Ulteriore nota, qualche riga fa, quando Donna chiede “Ti rivedrò ancora?” in inglese dice “Am I ever going to see you again?” che sono le stesse esatte parole che gli dice Rose sulla spiaggia. Personalmente ci vedo un parallelismo, non so voi xD purtroppo non me ne ero mai accorta fino a che non ho visto la versione originale! Tanto per aggiungere un po’ di angst all’angst!

Vediamo…altro? Ah sì, due piccole cose: la canzone all’inizio del capitolo è stata scritta per l’episodio di Natale “The Christmas Invasion” il primo con il decimo dottore…quindi gli calza particolarmente a pennelle. Secondo: com’è questo font? Perchè se preferite il classico arial posso cambiare senza problemi!

Ottimo! Un bacio e a lunedì prossimo con “Smith, Jones e Tyler”!
   
 
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