Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 14/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy,
altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e
ancora Slash
Capitolo
14. Serpeverde e Corvonero
Harry era nervoso. Non sarebbe dovuta essere una
novità in teoria: aver vissuto gli ultimi tre anni in guerra, i quattro
precedenti cercando annualmente di non farsi ammazzare, essere stato
catapultato cinquanta anni nel passato trovandosi a convivere con la vera
ragione di tutte le sue sventure… beh, non si potevano definire esperienze
rilassanti. Eppure, nonostante tutto, nessuna di quelle ragioni costituivano in
quel momento il motivo del nervosismo di Harry.
No, quello di Harry era qualcosa di molto più
banale e terrificante allo stesso momento: il primo giorno di scuola.
‘Sei a Hogwarts,’
si ripeteva mentre stava fisso a guardare le porte che si aprivano sulla Sala
Grande, ‘di che ti preoccupi?’
Ma questa non era la sua Hogwarts,
non erano i suoi compagni di scuola quelli che in quel momento erano
felicemente seduti ai tavoli mangiando e chiacchierando, non erano i suoi i
professori che osservavano il corpo studentesco dall’alto del loro tavolo,
forse pensando alla lezione del giorno.
Ecco, le lezioni erano forse l’unica cosa che Harry
poteva considerare la sua via di fuga. Fino a che non fosse stato testato per i
G.U.F.O. avrebbe seguito solo quelle obbligatorie,
come in un orario del primo e del secondo anno, più quelle meno impegnative,
così da poter utilizzare – in teoria – le ore buche per ripassare in vista
dell’esame imminente. Esame che era sicuro di poter passare senza nemmeno dover
aprire un libro, per cui era libero di usare le ore a
disposizione per le sue ricerche in biblioteca.
Un gruppetto di Tassorosso
gli passò davanti lanciandogli occhiate curiose. In effetti
uno studente mai visto che rimaneva fisso come un baccalà di fronte alle porte
della Sala Grande doveva pur suscitare l’interesse di qualcuno.
“Harry!” sentì qualcuno chiamarlo alle spalle.
Il ragazzo si voltò in direzione della voce e vide,
a qualche metro di distanza, Tom salire le scale che
conducevano ai sotterranei e dirigersi verso di lui.
“’Giorno, Tom.” Rispose
Harry con un piccolo cenno del capo.
Il Serpeverde, una volta
raggiunto
il compagno di Casa, lo squadrò da cima a fondo, in una specie di radiografia a
raggi X con gli occhi.
“Hai i polsini della camicia slacciati, stai
pestando uno dei lacci delle tue scarpe e…” inclinò leggermente la testa da un
lato, “dov’è la tua cravatta?” finì, puntando gli occhi neri in quelli finto
nocciola dell’altro.
Harry sgranò gli occhi. “Come scusa?”
Tom sospirò, “Ho detto che hai i polsini –”
“No, ho sentito quello che hai detto,” lo bloccò Harry tra l’imbarazzato e lo stupefatto, “ma
non ho capito esattamente a cosa devo questo terzo grado, chi sei, mia zia?”
Ma Tom non sembrava
essere minimamente turbato dalle parole dell’altro e anzi, si era già attivato
ad attaccare uno dei polsini slacciati prima che il proprietario avesse tempo
di protestare.
“Fortuna che sei rimasto
fermo come un idiota davanti alle porte fino ad ora, o immagino che disastro se
non fossi arrivato in tempo.” Continuò il Prefetto come se nulla fosse, finendo
di allacciare anche l’altro polsino. “E ringrazia,”
aggiunse frugando nella borsa, “che tengo sempre una cravatta di scorta.” E
tirò fuori uno dei nastri verde-argento, avvicinandosi
al compagno per passarglielo intorno al collo.
“Ehi, aspetta, fermo, fermo!” lo interruppe Harry
prendendogli i polsi, “Ma che stai facendo, sei
impazzito? Chi se ne frega se non ho la cravatta o se i miei polsini sono
slacciati!”
Tom fissò le mani che gli
stringevano i polsi e Harry, dopo aver immediatamente mollato la presa, avrebbe
potuto giurare che quello sguardo gli avesse bruciato le dita. Una volta che
ebbe i polsi liberi, il Serpeverde tornò a cercare di allacciare la cravatta al
compagno, inchiodandolo al posto con uno sguardo gelido.
“Ascoltami bene, non lo sto facendo per un mio personale
feticismo per l’ordine, bensì ti vorrei far notare che sei uno studente nuovo,
porti un cognome da mezzosangue,” alzò gli occhi al
cielo all’occhiataccia di Harry, “d’accordo, un cognome babbano,”
si corresse stringendo però il nodo della cravatta decisamente più del
necessario, “e ti stai per sedere al tavolo di Serpeverde: credimi, hai bisogno
ti tutto l’aiuto possibile.”
“Ma dai, stai solo esagerando,”
ribatté Harry mentre tentava di allentare la cravatta per poter tornare a
respirare normalmente, “siamo in una scuola, non è mica l’inquisizione
spagnola.”
“Ma questi capelli non ci stanno mai a posto?”
chiese esasperato Tom ignorando completamente il
compagno e cercando, con sommo orrore di Harry, di appiattirgli la chioma
passandoci in mezzo le dita.
L’ex Grifondoro fece
quasi un salto all’indietro quando un brivido gli
percorse tutto il corpo sotto l’effetto di quelle dita affusolate.
Il Prefetto, però, doveva aver interpretato male la
reazione dell’altro, perché lasciò andare i capelli di Harry e si limitò a
guardarlo con sguardo impassibile.
“Senti,” riprese dopo
qualche secondo, “forse conosci a perfezione la planimetria di questa scuola e
tutti i suoi usi e costumi, ma posso assicurarti che non hai idea di
come funzionino le cose a Serpeverde e…” voltò la testa da un lato, per un
attimo sembrò incerto su come continuare, “Solo, stammi vicino, ok?” riprese, tornando a guardarlo negli occhi, “C’è un
motivo se veniamo soprannominati Serpi.” Finì girando i tacchi ed oltrepassando
le porte della Sala Grande.
Il caratteristico vociare della colazione cresceva
sempre di più mano a mano che Harry si avvicinava alla porta e quando, con una
leggera corsetta, si affrettò a raggiungere Tom, venne avvolto dai suoni tipici della Sala Grande: risa,
chiacchiere, tintinnio di posate e cibo che viene versato. Mentre i due
oltrepassavano i vari tavoli per raggiungere quello di Serpeverde situato in
fondo alla sala, Harry si accorse che non pochi studenti, soprattutto tra
quelli che sedevano verso l’entrata, avevano già notato la sua presenza.
“Ehi, chi è quello là?”
“Quello chi?”
“Guarda, è insieme a Tom Riddle!”
“Cosa? Non l’ho mai visto”
“Ehi, avete visto quel tipo? Cammina fianco a
fianco con Riddle!”
Harry, pur abituato da una vita di sguardi e additazioni, non poté fare a meno di sentirsi leggermente a
disagio.
“Sembri essere piuttosto famoso,”
disse al compagno di Casa, “tutti mi stanno guardando come se fossi un alieno
solo perché ti sto camminando di fianco.”
Tom rise, e Harry si trovò
nuovamente affascinato da quanto potesse suonare viva la sua risata. “Famoso?
Popolare al limite e bada bene, non sempre per belle ragioni. E comunque,
difficilmente sono stato visto in compagnia di qualcun altro che non fosse Orion o, al limite, Alden.”
Alden? Dove l’aveva già sentito?
“Ehi Tom! Aspettami!”
giunse una voce dall’entrata. I due si voltarono per vedere un Orion trafelato che correva verso di loro e Harry, vedendo
lo stato in cui era la camicia dell’altro Serpeverde, pensava che al confronto
lui, anche senza cravatta e con polsini slacciati, sarebbe sembrato un
galantuomo.
“Tom, com’è che sei
schizzato via? Non è meglio se aspettavamo che Harry si svegliasse? Come fa a
trovare la strada per – oh…” si bloccò notando per la prima volta l’ex Grifondoro di fianco al Prefetto. “Ma sei già qua! E io che
mi preoccupavo.” Esclamò sorridendo allegramente,
scompigliando i capelli di Harry con una mano, sotto le lamentele del
proprietario e un sopracciglio alzato di Tom.
“Si, si, sono già qua, smettila.” Protestò Harry,
sorridendo suo malgrado all’allegria contagiosa del compagno di Casa che tanto
gli ricordava il suo Padrino. Non notò, intanto, il brusio sempre più crescente
del resto del corpo studentesco attorno a sé che, avendo notato anche Orion riconoscere lo strano nuovo venuto, era sempre più
curioso di scoprirne l’identità.
Così i tre, finalmente, raggiunsero il loro tavolo
sotto diversi sguardi attenti: Tom si sedette al suo
solito posto al centro del tavolo, con le spalle al muro e il resto della sala davanti
a sé e Harry, sotto espresso gesto d’invito di Tom,
gli si sedette di fianco, alla sua destra. Orion,
invece, fece per sedersi accanto a Harry, quando il Prefetto si schiarì
rumorosamente la gola, bloccandolo.
“Black, che ne dici di sederti al tuo
posto?” chiese con voce incurante ma dall’inclinazione ferrea, senza nemmeno
staccare gli occhi dal bicchiere di succo di zucca che si stava versando in
tranquillità.
Orion non perse il sorriso, che
anzi, trasformò in un ghigno sornione. “Agli ordini capo!” disse sedendosi alla
sinistra di Tom, “Non sia mai che mi avvicini troppo al cuccioletto.” Aggiunse, ed Harry sperò
per lui di aver capito male, o gli avrebbe dato subito una dimostrazione di
quanto fosse un cuccioletto.
Scuotendo leggermente la testa in direzione del
compagno di Casa, Harry alzò gli occhi dalla tazza che aveva di fronte e
desiderò immediatamente di non averlo mai fatto: ogni singolo paio di occhi del
tavolo di Serpeverde era puntato unicamente su di lui.
Il nervosismo che lo aveva fatto esitare davanti
alle porte lo attanagliò nuovamente e lo costrinse ad inchiodare gli occhi sul
suo piatto per sfuggire a tutta quella attenzione. Arrischiò un’occhiata in
tralice a Tom, ma quello stava placidamente
zuccherando il suo caffè, senza apparentemente
curarsi di dove fosse diretto l’interesse del resto
del tavolo. Non potendo ignorare la fame, Harry si risolse a cominciare ad
imburrare del pane tostato, non avendo il coraggio di chiedere a qualcuno di
passargli i cereali.
“Ragazzi che silenzio, com’è che siamo tutti così taciturni oggi?” chiese Orion
ignaro di tutto.
“Forse ci stiamo tutti chiedendo, Black,” rispose una voce strascicata, “perché c’è un ragazzo mai
visto prima seduto al nostro tavolo, con indosso una nostra divisa.”
Harry si decise finalmente di alzare gli occhi per
incontrare quelli blu mare di quello che poteva essere la copia di Lucius Malfoy a diciassette anni.
“Oh, giusto.” Esclamò Orion
dandosi una pacca sulla fronte, “E pensare che, visto che Giselle
ne era già al corrente, credevo che ormai lo sapesse già tutta la scuola!
Allora, lui è –”
“Harry Evans, nuovo
studente, sesto anno.” Lo interruppe Tom, passando finalmente in rassegna
tutto il tavolo. Molti occhi, soprattutto tra quelli appartenenti agli
anni più piccoli, spostarono immediatamente lo sguardo altrove, ma altri
rimasero a scrutare il nuovo arrivato con curiosità.
“Ehi, non eri tu quello che ieri guardava gli
allenamenti?” chiese un biondino seduto qualche posto più in là, che Harry
riconobbe come Caleb Doholov,
il Cercatore della squadra. Prima che potesse
rispondere però, Madlene, seduta di fianco a Malfoy, aveva già ribattuto.
“Si, era rimasto sugli spalti a chiacchierare con Orion. Sesto anno?” lo squadrò dall’alto in basso con aria
di sufficienza, “Avrei detto quarto.”
Ma prima che Harry potesse ribattere, quello che
era inconfondibilmente un Malfoy aveva già preso la
parola. “Allora, Evans…” esordì, e a Harry non
piacque per niente il modo in cui aveva enfatizzato il suo cognome, “a cosa
dobbiamo quest’iscrizione tanto tardiva?”
“Evans?” si intromise Rudolf senza lasciare al ragazzo il tempo di rispondere,
“Non mi sembra di averlo mai sentito, sei un purosangue?”
Harry non riusciva a venir fuori con una risposta decente sotto tutte quelle domande e quelli
sguardi inquisitori. “No, io… ecco non…”
“Oh poverino…” interruppe il suo balbettio Madlene, con una falsa vocetta
che ricordava molto le provocazioni di Bellatrix Lestrange, “temo che lo stiamo mettendo in soggezione.”
Il moretto a quel punto stava stringendo
spasmodicamente la propria forchetta in una mano, tanto da fargli diventare le
nocche bianche. Stava cercando in tutti i modi di riprendere la calma e
rilassare i nervi a fior di pelle ma proprio in quel momento sentì qualcuno,
arrivatogli alle spalle, prendergli un braccio con una mano: chiunque fosse,
aveva scelto il momento sbagliato.
Alcuni giurarono di non averlo nemmeno visto
muoversi, fattostà che in meno di tre secondi Harry
si era girato, aveva preso lo sconosciuto per le braccia, lo aveva atterrato
faccia a terra, tenendolo fermo stando a cavalcioni sul suo corpo, e gli aveva puntato la bacchetta
alla gola.
Un silenzio innaturale per lo standard della Sala
Grande scese sul tavolo di Serpeverde, rotto improvvisamente da un’esclamazione
irata: “Ehi! Ma che cazzo fai, sei impazzito?!”
Harry, risvegliato dalla voce dello sventurato
ragazzo che teneva ancora schiacciato a terra, si affrettò a tirarsi in piedi e
liberare il ragazzo dalla morsa ferrea, farfugliando scuse a raffica.
“Oddio, scusa, non volevo… davvero, non… non so
cosa mi è preso, io–”
“Si, chi se ne frega. Dacci un taglio ora e
smettila di balbettare.” Rispose il
ragazzo acido, una volta tornato su due piedi. “Delle tue scuse non me
ne faccio niente.” Aggiunse mentre
si spolverava la divisa che, Harry notò, portava lo stemma di Corvonero. Si
fermò qualche secondo ad osservarlo: aveva un viso asciutto, piuttosto
allungato, con occhi verde acqua e capelli castani ed era molto alto, come al solito molto più di lui.
Venne riscosso dai suoi pensieri
da una fragorosa risata. Riconoscendo la voce, si voltò stupito per osservare Tom che, girato da un lato probabilmente per lo
spettacolino di poco prima, aveva poggiato il suo caffè
ed era scoppiato a ridere.
“Beh Harry,” disse guardando
il ragazzo, “penso che tu abbia superato il terzo grado.”
Solo allora il moretto alzò gli occhi sul resto del
tavolo per incontrare le espressioni stupite e calcolatrici del resto della
Casa di Serpeverde. Alla prima categoria appartenevano soprattutto gli anni più
giovani, rimasti impressionati dai suoi riflessi, mentre i più grandi, tra cui
quelli che gli avevano rivolto la parola, lo stavano studiando attentamente,
come a soppesarlo.
“Alden, devi scusare
Harry, è il suo primo giorno e deve sentirsi un po’ sotto pressione.” Sentì Tom indirizzare il ragazzo
di Corvonero. “Avevi bisogno di qualcosa?”
‘Quel ragazzo si chiama Alden?’ pensava intanto l’ex Grifone, ‘Ma dove l’ho già
sentito?’
“Nulla di importante,”
rispose il Corvonero, e Harry notò come il viso gli si era addolcito nel
parlare con il Prefetto, “ero solo venuto per ridare questo a mia sorella.”
Aggiunse porgendo un libro ad una ragazza pallida seduta poco lontano che
Harry, con un balzo, riconobbe immediatamente.
‘Ma certo! Alden
Principe, il fratello della madre di Piton! C’era
scritto qualcosa a suo proposito sul diario di Tom,
ma non ricordo cosa…’
Un grugnito fece voltare il Corvonero, per
incontrare gli occhi assottigliati di Orion in uno
sguardo provocatorio. I lineamenti di Alden si
indurirono nuovamente.
“Problemi, Black?” lo apostrofò gelido.
“Nessuno che ti debba interessare, Principe.” Rispose con lo stesso tono Orion,
tono che Harry non gli aveva ancora mai sentito usare, “Ma se sei venuto solo
per restituire un libro, te ne puoi anche andare ora.”
“Non puoi certo darmi ordini,”
ribatté l’altro, “ma se proprio vuoi saperlo, dovevo scambiare due parole da
solo con Tom.” Aggiunse guardando il Prefetto, come
per chiedere il permesso.
Ma Orion interruppe di
nuovo ringhiando tra i denti. “Tom deve accompagnare
Harry alla lezione della prima ora.”
Alden lanciò un’occhiata di
fuoco all’ex Grifondoro che era rimasto ancora in
piedi, prima di rivolgersi nuovamente al Serpeverde. “Beh, puoi accompagnarlo
benissimo tu, non vedo perché proprio Tom debba farlo.”
Un ghigno strafottente si dipinse sul volto del
ragazzo seduto. “Cosa c’è, geloso per caso?”
Per un attimo Harry temette che il Corvonero gli
avrebbe tirato un pugno, ma prima che potesse ribattere, Tom
intervenne.
“Basta così, tutti e due.” Disse in tono repentorio. “Alden, dovevo giusto
passare dalla Sala Comune a prendere un tema che ho dimenticato, se mi accompagni puoi dirmi quello che vuoi. Evans
è abbastanza grande per cavarsela da solo.” E detto
questo si alzò, raccolse la sua tracolla e si diresse verso l’uscita con Alden al seguito, senza aver guardato Harry nemmeno una
volta.
Il ragazzo, rimasto ancora in piedi, guardò la
schiena del Prefetto allontanarsi e sentì, inspiegabilmente, una punta di
rammarico. Dopo aver passato dieci minuti fuori dalle
porte della Sala Grande a – poteva azzardarsi a dirlo? – preoccuparsi per lui
per l’imminente inquisizione degli altri Serpeverde, lo aveva lasciato così,
senza nemmeno rivolgergli uno sguardo.
“Allora, pronto per andare?” gli giunse la voce
nuovamente allegra di Orion.
Annuendo, raccolse la propria borsa e si diresse
verso l’uscita fianco a fianco dell’altro Serpeverde, seguendo la massa di
studenti che si stava incamminando verso le prime classi della giornata.
“Orion, posso chiederti
una cosa?” disse curioso Harry, “Come mai odi tanto
quel Corvonero?”
“Chi, Alden dici? Mah,
odio è una parola un po’ forte… diciamo che lo disprezzo profondamente.” Rispose con una scrollata di spalle. “È il fratello minore
di Eileen, l’unico motivo per cui
non gli ho ancora spaccato la faccia, e sono ormai due anni che ronza intorno a
noi Serpeverde, non certo per sua sorella.” Qui lanciò un’occhiata in tralice a
Harry, “Va dietro a Tom dall’alba dei tempi, ma negli
ultimi due anni gli si è appiccicato addosso come una cozza, me lo ritrovo
ovunque e non capisco perché Tom gli dia tanta
corda!”
Harry osservò un attimo il compagno di Casa. “Orion, non è che per caso tu… insomma, a proposito di Tom…” disse, non riuscendo a trovare bene le parole per non
essere troppo schietto.
“Eh? Vuoi dire se io…?” Orion
scoppiò a ridere. “No, no, non mi piace Tom, te lo
assicuro. Oddio, non so quanto pagherei per avere quel corpo a quattro zampe
sul mio letto,” disse ridendo e facendo arrossire
furiosamente Harry con quelle parole, “ma per il resto lo vedo solo come un
amico. È che Alden è troppo pedante e possessivo. E
poi io non ci credo.” Aggiunse infine.
“Non credi a cosa?” chiese l’altro confuso.
“Che lo ami davvero.” Rispose semplicemente il
Serpeverde. “Farebbe qualsiasi cosa per lui, gli dà sempre ragione, segue ogni
suo passo, ma quello non è amore, è un’ossessione.”
Poi abbassò la voce ad un sussurro, tanto che Harry lo sentì appena. “Se lo
amasse davvero gli farebbe capire che sta sbagliando tutto.”
Seguì un breve silenzio mentre
salivano una rampa di scale quando, chiedendosi dove stessero andando, Harry
domandò:
“Cos’abbiamo alla prima ora?”
“Difesa Contro le Arti Oscure con i Corvonero.” Rispose prontamente Orion,
causando un sorriso rincuorato sul volto di Harry: almeno per la prima ora era
sicuro di andare bene.
“Come mai quel sorriso?” chiese l’amico notando la
contentezza di Harry.
“No, sono solo sollevato, Difesa
è la mia materia preferita.” Rispose.
“E lo credo bene, visto quello che hai fatto a
colazione!” esclamò il Serpeverde, “Mai visti riflessi del genere, ma dove hai
imparato ad atterrare gli avversari? Non che mi lamenti,
si trattava di Alden in fin dei conti.”
Harry rise, ma fu salvato dal dover rispondere alla
spinosa domanda, visto che ormai erano arrivati davanti alla porta aperta
dell’aula, già invasa dalle chiacchiere degli studenti in
attesa dell’arrivo del Professore.
I due ragazzi entrarono e subito Orion si sentì chiamare da un lato della classe, dove Caleb e Rudolf stavano
apparentemente discutendo su alcune tattiche di Quidditch.
Dopo aver detto ad Harry di scegliersi un posto che lo
avrebbe raggiunto più tardi, Orion si unì al
gruppetto per parlare della prossima partita, lasciando il compagno di Casa ad
osservare l’aula.
Era arredata con uno stile abbastanza austero, ma ad Harry, che dopo aver passato notti intere nell’ufficio
della Umbridge aveva sviluppato un odio profondo per
i colori pastello, non dispiaceva affatto. Alle pareti erano appesi diversi
fogli di pergamena elencanti diverse maledizioni e controincantesimi,
mentre di fianco alla lavagna erano sistemati contro il muro diversi scaffali
stracolmi di libri. Sulla scrivania facevano bella mostra diversi oggetti
insoliti che Harry riconobbe come detector oscuri.
Seguendo il consiglio di Orion,
cominciò a cercarsi un posto libero. La maggior parte delle ultime file era già
occupata, nonostante la maggior parte dei ragazzi stessero ancora girando per
la classe, dato che il Professore non era ancora arrivato. Pensò che infondo per le prime lezioni – dato che in realtà senza G.U.F.O. non era ancora ammesso legittimamente ai corsi –
sarebbe stato meglio essere seduti in prima fila. Stava per sistemare la borsa
sul banco più vicino a sé quando notò che al primo
banco, staccata da tutti, sedeva sola una ragazzina.
Non sapeva bene perché, ma qualcosa gli suggeriva
che non stesse aspettando nessuno a sederlesi di
fianco, forse per il gruppetto di ragazze che stavano chiacchierando
allegramente ad appena due banchi di distanza, senza degnarla nemmeno di uno
sguardo. Era intenta a scarabocchiare con aria annoiata sulla pergamena che
aveva appoggiata al banco, ogni tanto guardando fuori dalla
finestra o verso la porta. Harry decise di avvicinarsi e, una
volta arrivato al banco di fianco, vi appoggiò la borsa.
“Scusa, è libero?” chiese per attirare l’attenzione
della ragazza.
Quella si voltò e Harry poté osservarla bene:
sembrava molto più piccola di una del sesto anno, con un viso tondo da bambina
e le guance rosee, attorniate da una folta chioma di fitti boccoletti
castano scuro. Un’espressione sorpresa le attraversò gli occhi castani e il suo
sguardo vagò per qualche secondo sul viso di Harry, prima di spostarsi sullo
stemma di Serpeverde appuntato sulla sua divisa. Harry notò che la ragazza
indossava un cravattino blu e bronzo e, vista la sua aria guardinga, intuì i
suoi pensieri e cercò di sorridere nel modo più incoraggiante e sincero che
poté.
“Preoccupata perché sono un Serpeverde? Stai
tranquilla, non sono velenoso.” Cercò di metterla a
suo agio.
La ragazza non perse del tutto lo sguardo
sospettoso, ma sorrise suo malgrado.
“Allora, posso sedermi?” ripeté Harry.
“Si, si, non è occupato da nessuno.” Rispose lei
con una vocina flebile.
Harry si sistemò, aprì la borsa ed estrasse il
libro di Difesa che gli era stato fornito dal Professor Dippet
insieme alla divisa e al resto dell’occorrente scolastico.
“Chi sei?” gli arrivò di nuovo il fievole tono
della sua compagna di banco. Quando Harry si girò, la ragazza abbassò lo
sguardo e arrossì. “Intendevo… non ti ho mai visto prima…”
Di gente timida Harry ne aveva vista, ma nemmeno
Neville al primo anno era tanto insicuro.
“Ma no, sono io che non mi sono presentato: Harry Evans, nuovo studente.” Rispose
lui tendendole la mano.
Lei, con un piccolo sorriso, gliela strinse.
“Meredith Donill.”
“Piacere di conoscerti Meredith.” Sorrise Harry,
“Anche perché, se devo essere sincero, non conosco ancora molte persone e non
tutte quelle che ho conosciuto oggi sono state molto piacevoli.” Aggiunse schioccando un’occhiataccia in particolare a Madlene, seduta a gambe accavallate sopra un banco.
Meredith seguì il suo sguardo e scoppiò in una
risatina. “No, immagino di no. Ne so qualcosa di
quelle Serpi.”
“Oh, ma non sono tutti così.” Aggiunse Harry
osservando Orion che incantava una Cioccorana e la spediva dritta nella scollatura di Madlene. “Orion è fantastico e Giselle è simpatica una volta che riesci a sopportare la
sua parlantina. Anche Caleb sembra un tipo ok.”
Meredith squadrò il resto della classe. “Non lo so,
non che li conosca. So solo che la reputazione di alcuni è leggenda ormai.”
“Immagino quella di Tom.”
Borbottò Harry, ma la ragazza al suo fianco lo sentì comunque.
“Parli di Tom Riddle?” chiese lei, cominciando a giocare con la sua piuma
d’aquila, “Al contrario, su di lui ci sono versioni contrastanti: c’è chi dice
che sia un mostro, c’è chi dice che sia un genio, che a chi non gli importa
nulla, basta che accetti un appuntamento.” Ridacchiò e
un’altra volta Harry venne ricordato di quanto Tom fosse desiderato come ragazzo. “Non ci vuole molto a
capire che non è proprio una brava persona, ma io personalmente lo ammiro
molto: è uno studente davvero brillante.”
Il ragazzo rimase un attimo ad osservare le piccole
dita di Meredith far girare la piuma e notò quanto le sue mani fossero tanto più minute rispetto alle sue.
“Sai, sembri più piccola di
sedici anni.” Disse Harry senza pensare, maledicendosi per la sua mancanza di tatto quando vide la ragazza arrossire fino alla punta di
capelli e nascondere le mani sotto il banco.
“Cioè, non che ci sia nulla di male, anzi, lo
dicono sempre anche a me, è solo che –”
“Ma no, figurati.” Lo interruppe lei, sorridendo
appena al goffo tentativo di riparare di Harry. “Hai ragione, infatti ho quattordici anni.”
“Eh, come? Ma questa è la classe del sesto anno…”
ribatté confuso il moretto, grattandosi la testa con una mano.
Meredith sembrò arrossire ancora di più. “Si, ma
io… ho fatto degli esami e sono passata un po’ avanti…”
Harry sgranò gli occhi. “Due anni? Alla faccia del ‘un po’ avanti’!” esclamò, ma la
ragazza sembrava sempre più imbarazzata, “Allora ho fatto bene a sedermi di
fianco a te! Ma ti avverto che avrai concorrenza, Difesa è la mia materia
preferita.” Cercò di scherzare, e fu premiato da un
timido sorriso.
In quel momento, vide con la coda dell’occhio Tom entrare in classe e si girò completamente verso
Meredith, dandogli le spalle. Per qualche motivo che non riusciva bene a capire
lui stesso, non aveva nessuna voglia di parlare con il Serpeverde dopo quello che era successo a colazione. Vide dal riflesso della
finestra Tom trovare Orion
e chiedergli qualcosa. L’altro Serpeverde si guardò un po’ intorno poi,
fissando in direzione di Harry, indicò il banco suo e di Meredith. Vide Tom avvicinarsi ma fortunatamente,
proprio in quel momento, il Professore entrò in aula e tutti accorsero a
prendere il proprio posto.
Il Professore di Difesa Contro le Arti Oscure era
un uomo alto e abbastanza giovane, probabilmente sui quaranta. Appena entrò in
classe calò in fretta il silenzio in modo pericolosamente simile alle lezioni
di Piton. In effetti aveva
un’aria piuttosto austera e i lineamenti duri, ma i capelli color sabbia e le
guance un po’ scarnite ricordavano a Harry il suo vecchio amico Remus. Mancava però della veste rattoppata, in questo caso
rimpiazzata da una costosa tunica blu oltremare.
L’uomo si avvicinò alla cattedra e posò la sua
valigetta di pelle dove, grazie alla vicinanza del primo banco, Harry riuscì a
leggere le scritte incise sulla targhetta: Hector
L. Donill.
“Donill…?” Si voltò verso
Meredith. “Siete per caso parenti, tu e il Professore?” Chiese incuriosito.
Il rossore sulle guance della ragazza si ravvivò
nuovamente. “Ehm, si.” Disse lei, giocherellando con i
lacci della sua divisa. “È mio padre.”
Harry, scioccato, voltò la testa ora per guardare
Meredith ora il Prof, prima di lasciarsi andare ad una risatina e tirare fuori
la sua penna dalla borsa.
Come prima ora di lezione, si prospettava di certo
interessante.
A.N.: Ragazzi, mi dispiace di non avere il tempo di
rispondere alle recensioni, ma sono terribilmente di fretta!
Un
paio di cose su questo capitolo: i due Corvonero presentati saranno importante
per la storia in seguito, quindi teneteli d’occhio (e dovrebbero essere anche
gli ultimi personaggi nuovi che compariranno, salvo imprevisti). E non odiate
troppo Alden… anzi no, fatelo, non lo sopporto
nemmeno io! XD