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Autore: pennafluo    19/03/2013    0 recensioni
Ai giorni nostri una donna affascinante in un quartiere malfamato, incontra un uomo. Sembra che si conoscano, le memorie si tuffano nel passato.
Epoche fa, c'era la figlia del re che dedita solo al suo arco, sporcò il suo onore per sfuggire alla vita ecclesiastica.
Epoche fa, c'era un cacciatore di taglie, i cui occhi scarlatti ricordavano in ogni dove le teste ch'egli ebbe mozzato.
"Isabelle, maledetta sia mia figlia... tagliale la gola, portami il suo cuore su un piatto d'argento. La voglio morta cacciatore, morta!" gli ordinò il re.
"E sia, mio sovrano." rispose egli.
E invece fu il vampiro a morire una seconda volta, sulle labbra di lei.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Io ho già deciso, io ti amo.
E se vuoi la mia testa, dammi un’accetta.
Ti darò la testa di un uomo che ti ama.
-Margaret Mazzantini.


PROLOGO




Il suono prodotto dagli alti tacchi a spillo che picchiavano sul marciapiede sconnesso, riecheggiavano ad ogni passo. La donna camminava con sicurezza, quasi con spavalderia, avvolta da uno stretto tubino scuro e con la schiena riscaldata da una leggera giaccia in pelle.
I boccoli scuri le cadevano dolci fino alla vita, le forme generose emergevano nonostante la fioca luce delle insegne che si illuminavano ad intermittenza. I pochi passanti che la incrociavano, probabilmente si chiedevano cosa ci facesse in quel quartiere una bella donna come lei, a quell’ora tarda, sola, ben vestita. L’attenzione di qualche uomo con cattive attenzioni si sarebbe potuta posare sui suoi occhi cioccolato, sui lineamenti delicati… sulla scollatura a V.
Ma quella notte aveva sete, e nessuna voglia di sedurre qualche uomo sposato in un pub per godersi qualcosa di caldo e pulito. In quella zona era semplice trovare qualche ragazzetto ubriaco o drogato, della cui sparizione nessuno si sarebbe accorto, e anche se il sangue avrebbe avuto un leggero retrogusto amaro, a lei non importava. Quella notte aveva sete.
Sotto quel cielo nero senza stelle non sarebbe stata lei ad avere paura.
Lo sentì come un soffio: le sembrò quasi un’allucinazione, frutto della sua immaginazione… ma poi divenne sempre più forte, sempre più forte, e i piedi si mossero da soli.
Affinò l’olfatto mentre i muri si susseguivano uguali, mattonelle che si incastravano le une sulle altre, interrotte da vicoli bui e maleodoranti. Fu in uno di questi che automaticamente svoltò, seguendo il suo istinto demoniaco.

‘Non può essere, non può essere’

Riusciva a ripetersi solo questo, perché ormai il suo profumo era ovunque, era così forte da confonderle le idee, riportandole alla mente immagini di secoli e secoli precendenti. Immagini di lei umana. Un muro le bloccò la strada, una strada senza uscita, così improvvisamente delusione e conforto si mischiarono attanagliandole il petto, le costole, il cuore fermo. Il suo marchio pulsò come se ardesse di fuoco. Cosa si aspettava? Chi si aspettava?
Poi lo percepì, quel respiro lento, così simile al suo. Simile perché finto, inutile, frutto dell’abitudine per non farsi notare, perché di suono di cuore che pompa e di sangue che fluisce, non c’era traccia.
Ma l’uomo era seduto a terra, a ridosso del muro, protetto dalle tenebre. I jeans scuri e rovinati dentro gli anfibi, la camicia stracciata, le braccia buttate sui fianchi con noncuranza, il fumo di una sigaretta che disegnava strane forme nell’aria. La sua figura le ritornò nitida tra i pensieri, come se non si fossero mai lasciati, come se non l’avesse mai lasciata: ogni particolare, dalle scapole un po’ sporgenti alle caviglie troppo fini, dalla cicatrice che gli percorreva avara la carne dalla spalla al basso ventre, le dita affusolate desiderose delle sue. L’angolo destro della sua bocca si alzò, era consapevole di non averlo mai dimenticato, neppure per una decina d’anni.

“Le belle donne non dovrebbero mai trovarsi in posti di questo tipo.” La voce rauca, vecchia di secoli, morte, tabacco. La lingua impastata di alcol e donne.

Sollevò piano il viso, la mascella dura, netta come se l’osso fosse stato tagliato secondo misure precise, contornata di una barba appena accennata. I capelli chiari, corti come allora.
Finalmente loro si posarono su di lei, vivi di rosso, come il primo giorno in cui si conobbero, con quell’accenno di malinconia intorno alla pupilla. Non ebbe alcun timore, e lui sembrò esserne sorpreso.

“Parlo con te, dolcezza.”

La donna non si mosse, indecisa. Come poteva non riconoscerla?
Fece un balzo agile, si rese quasi invisibile per qualche nanosecondo, una velocità innaturale.
Lo afferrò per il colletto della camicia attirandolo verso il suo corpo, il suo odore ormai le riempiva le narici, i loro petti si sfioravano, riconoscendosi. I suoi rubini si spalancarono, sorpresi, mentre si tuffavano in nei suoi nocciola.
La sua donna lo aveva in pugno, ancora una volta, ancora per un’eternità, anche se lei non se n’era mai accorta. Il passato gli si gettò addosso, come uno tsunami.

“Isabelle…” sussurrò, e le sue labbra ritrovarono il piacere di sfiorarsi, pronunciando quelle lettere.

La donna sorrise mostrando i canini affilati, talmente bianchi e perfetti che all’uomo venne voglia di averli conficcati nel collo. La desiderava ancora come allora, ovviamente. E si ritrovò a credersi pazzo e definirsi codardo, per aver passato così tante epoche senza di lei. Com’era nell’epoca vittoriana? Aveva ballato sulle prime note del jazz nei quartieri poveri di New Orleans? Si era cotonata i capelli negli anni ’70?
Le posò piano i palmi sui fianchi, l’abbracciò e i loro copri s’incastrarono come se fossero stati modellati insieme, divisi ma fatti per ritrovarsi. La baciò dolcemente, si leccò le labbra: riaveva il suo sapore.
Si ritrovò con la guancia sul muro freddo, una tanaglia con le unghie smaltate di rosso che gli storceva i polsi, l’alito che sapeva di fragola sull’orecchio.

“Ti sono mancata, Alexander?” la sua voce gli scaldò ogni lembo di pelle.

Le iridi di sangue del vampiro brillarono nell’oscurità.
  
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