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Autore: Latis Lensherr    19/03/2013    3 recensioni
[Spin-off della long "Dove ci sei tu, ecco, quella è casa mia".]
Xerxes Avery e Tristan Carrow sono al settimo anno, fanno parte della ristretta cerchia degli accoliti di Tom Riddle e sono amici da sempre.
Anzi, molto più che amici!
E tutto sembra andare al meglio...almeno fino a quando i doveri sociali e famigliari di entrambi non creano tensioni ed incomprensioni.
In una società dove il futuro dei figli è deciso e imposto dalle famiglie, c'è ancora posto per i desideri e i sentimenti?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"All that's done is forgiven"'
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Capitolo tre.
 
Nell’istante esatto in cui metto piede in Biblioteca, finalmente comprendo di essere stato una persona orribile in qualche vita precedente: non ho altri modi per spiegare la sfortuna nera che mi accompagna instancabile da diversi giorni!
Giro abilmente sui tacchi e cercando di essere il più disinvolto possibile faccio dietrofront, per poi scartare velocemente a sinistra e trovare rifugio dietro a una consistente fila di scaffali ricolmi di libri spessi e grossi. Conto fino a dieci, un po’ per permettere al mio cuore di rallentare e un po’ per accertarmi di essere passato inosservato e che non mi abbia seguito. E sebbene le mie ginocchia tremino talmente tanto da emettere un suono simile a quello di due maracas, mi costringo a sporgermi appena per controllare la situazione.
Maledizione, penso, quando la figura alta e scura di Tom Riddle ritorna nel mio campo visivo.
E’ davanti al banco dei prestiti, con due tozzi libri dalla copertina nera in una mano e un foglio di pergamena scritto fitto nell’altra, e sta parlando con quell’arpia di Madama Pince.
Probabilmente sta chiedendo informazioni su qualche altro volume presente in Biblioteca e dall’enorme registro che l’altra ha appena recuperato da un cassetto sotto il banco intuisco che non sarà un’operazione rapida e indolore.
Ritorno nel mio nascondiglio e mi appoggio al legno con la schiena, facendo un profondo sospiro. Sembra proprio che il Lord non mi abbia visto e che, almeno per il momento, io possa stare tranquillo. Faccio un rapido calcolo mentale, accompagnandomi con le dita, e quando arrivo al risultato strizzo gli occhi e mi mordo la lingua: sono passati più di quindici giorni da quando mi ha commissionato quella ricerca e non ho ancora buttato giù nemmeno mezza riga.
Se finisco fra le sue grinfie questa volta mi torce il collo per davvero. Sono un idiota!
Fino ad adesso non mi sono nemmeno reso conto di quanto sia stato facile evitarlo per tutto questo tempo: da quando è stato promosso al ruolo di Caposcuola ha ricevuto dalla scuola una camera tutta sua e quindi, non dovendo dormire più nella stessa stanza, posso evitare di incrociarlo semplicemente eludendo la Sala Comune e rimanendomene sdraiato tutta la sera nel mio letto. Per non parlare del fatto che oramai saranno una o due le lezioni che seguiamo entrambi e che i nostri orari, a pranzo e a cena, sono completamente diversi l’uno dall’altro.
In effetti, è stato così facile anche perché non ho minimamente pensato a lui in questi giorni: ero troppo impegnato a impedire alle mie mani di correre ad afferrare la bacchetta e affatturare Tristan, ogni singola volta che mi passava davanti ignorandomi platealmente!
Dopo il litigio che abbia avuto al campo da Quidditch non abbiamo più parlato. Io non l’ho cercato e tanto meno lui ha cercato me. Abbiamo affrontato le nostre rispettive giornate nel modo più normale possibile, cercando di non intralciarci e facendo in modo che la strada dell’uno non finisse addosso a quella dell’altro. Ci saremo scambiati al massimo cinque parole grugnite o mormorate in tono piatto, più per salvare le apparenze che per un sincero bisogno di comunicare. E nessuno dei nostri compagni sembra essersi accorto di questo evidente cambiamento: sono ancora indeciso se questa cosa debba preoccuparmi in qualche modo o meno.
Poi, come se tutto questo non avesse debilitato il mio già precario equilibrio mentale, alle mie disgrazie si è aggiunta quell’adorabile esserino cinguettante che è Charissa Gibbon: la ragazzina del quinto anno deve essere stata aggiornata dalla propria famiglia riguardo a ciò che sarà del suo prossimo futuro e, ovviamente, ora la sua cascata di perfetti riccioli castani non fa altro che rincorrere il suo promesso sposo per tutti i corridoi della scuola!
Le fitte che colpiscono il mio stomaco quando li vedo insieme sono indescrivibili.
Insomma, come dicevo prima, in questi giorni ero troppo impegnato a fare altre cose – come, ad esempio, trovare un incantesimo che bruci all’istante ogni singolo capello della Gibbon e che possa essere scambiato per una combustione spontanea! – per pensare a Tom Riddle e alle sue assurde ricerche.
Il pensiero del Lord fa suonare all’istante un campanello d’allarme in un angolo lontano della mia testa facendomi mettere nuovamente sull’attenti. Mi sporgo ancora oltre lo scaffale e torno a guardare in direzione del banco dei prestiti: Tom è ancora lì. Sta segnando sulla propria pergamena ciò che una scrupolosissima Madama Pince gli sta dettando, probabilmente i codici dei libri che sta cercando.
Ma non è lui a preoccuparmi stavolta.
Faccio scorrere lo sguardo tutt’intorno nella sala, ma nulla. Possibile che non ci sia?
Di solito sono sempre insieme.
Di solito dove c’è Tom Riddle, c’è anche...
< Ciao, Xerxes!>
Nel medesimo istante in cui quel saluto giunge alle mie orecchie, percepisco la pressione di una piccola mano che mi stringe la spalla. Sono totalmente impreparato a questo evento imprevisto; infatti sento ogni singolo muscolo irrigidirsi e non riesco a fermare uno strillo ben poco virile, mentre mi volto verso quello che posso considerare a tutti gli effetti il mio assalitore, il quale, spaventato dalla mia eccessiva reazione, si è messo a urlare a sua volta facendo cadere a terra ciò che teneva fra le mani.
Ci impiego una decina di secondi per calmarmi e capire chi ho di fronte. E per congratularmi mentalmente con me stesso per la mia corretta supposizione.
Perché lo sanno tutti: dove c’è Tom Riddle, c’è anche Phoebe Hool!
< Scusami!> si affretta a dirmi la ragazza, facendo un passo verso di me e fissandomi con i grandi occhi verdi spalancati di apprensione. < Scusami, Xerxes, perdonami; non volevo spaventarti.>
Mi passo una mano fra i capelli, sollevato, mentre con l’altra sferzo l’aria per farle capire che non c’è nessun problema. Si tranquillizza subito, lo posso vedere perfettamente dal modo in cui le sue spalle si rilassano, mentre io non faccio in tempo a fare lo stesso perché i miei nervi si tendono nuovamente, quando mi domanda con tono naturale:
< Ti stai nascondendo da Tom?>
< EH?! Cos…no!, io…> farfuglio stringendo spasmodicamente le mani intorno alla cinghia della tracolla, come se quella potesse miracolosamente salvarmi e portarmi lontano da questa situazione troppo imbarazzante. Apro la bocca a vuoto ancora una volta poi, deglutendo con uno sforzo disumano, mi arrendo al fatto che non potrò mai trovare una scusa abbastanza credibile e ammetto le mie colpe con un cenno del capo.
< E’ un’ottima idea > commenta Phoebe, sfilando un libro a caso dallo scaffale e alzandosi sulle punte dei piedi per sbirciare la sala attraverso il buco che si è creato. < Prima ha domandato a Nott se sapeva che fine avessi fatto, non aveva un tono di voce molto…ecco, felice. Però, se ti può consolare, siamo sulla stessa barca: anch’io mi sto nascondendo da lui.>
< Mi prendi in giro? Per quale motivo tu dovresti nasconderti da lui?!>
Lei rimette il libro al proprio posto, si avvicina di un altro passo e, abbassando notevolmente la voce con fare cospiratorio, bisbiglia:
< Da quando siamo tornati a scuola, Tom si è messo in testa di voler imparare a padroneggiare la Legilimanzia e l’Occlumanzia. Ma per esercitarsi nel modo corretto ha bisogno di provare l’incantesimo su altre persone; così mi usa come cavia.>
La cosa è talmente assurda che, nonostante io abbia l’umore sotto i tacchi delle scarpe, non riesco a trattenere una risatina.
< Non è affatto divertente!> mi ribecca subito, strizzando le palpebre contrariata. < E’ molto fastidioso e…sgradevole quando qualcuno rovista nel tuo cranio e poi arraffa pensieri e memorie personali. Specialmente se quel qualcuno è il tuo ragazzo e se leggendo nella tua testa è malauguratamente incappato nel ricordo del tuo primo, ehm…ciclo mestruale…>
Ha parlato così velocemente da non essersi resa conto di ciò che si stava facendo sfuggire proprio davanti a me: se ne accorge quando ormai è arrivata alla fine della frase, le guance che si imporporano all’istante e la voce che diventa ancora più fievole ed esitante.
< Ho capito, ho capito…> dico, cercando di porre fine alla discussione ma senza riuscire a levarmi dalla faccia questo sorrisetto derisorio.
Lei mi fulmina con un’ultima occhiataccia e si ricorda dell’oggetto che stava tenendo in mano prima del nostro burrascoso saluto. Si china per raccoglierlo e, felice di aver trovato un modo per cambiare argomento di discussione e solo un poco ansante, me lo mostra aggiungendo:
< E poi sto cercando di ritagliarmi un paio d’ore di tranquillità per terminare di leggere questo libro!>
E’ un tascabile dalla copertina parecchio vissuta e verdognola. Il titolo e l’autrice – “Frankenstein” di Mary Shelley – mi sono del tutto sconosciuti: probabilmente fa parte della sfilza di autori Babbani che è solita leggere. Dedico al volumetto uno sguardo veloce, per poi concentrarmi sulla sua bocca stiracchiata in un largo sorriso che mette ancora più in evidenza le pesanti occhiaie sotto gli occhi.
Da quando i Medimaghi le hanno diagnosticato quella sua malattia degenerativa, oramai quasi un anno e mezzo fa, non ricordo un solo giorno in cui il suo sguardo sia stato libero da quelle ombre scure. Se ci si prende il disturbo di fermarsi a osservarla per qualche minuto, si possono cogliere perfettamente le tracce che la malattia ha lasciato e continua a lasciarle sul volto e il corpo. La carnagione irrimediabilmente pallida e il tremolio perenne delle mani; le guance infossate, i movimenti lenti e il leggero fiatone che le spezza il respiro per qualsiasi minimo sforzo.
Eppure, nonostante tutte queste cose sembrino così fastidiosamente evidenti, Phoebe Hool non è cambiata per nulla. E’ rimasta la ragazzina dai folti capelli neri che stava davanti a me durante la cerimonia dello Smistamento e che continuava ad appoggiarsi al braccio del suo amico d’infanzia, incapace com’era di gestire il nervosismo. La ragazzina dal viso non particolarmente attraente, seppur grazioso, che mi aveva fissato con i grandi occhi verdi completamente spalancati, quando al terzo anno le avevo rubato il mio e il suo primo bacio. E che, dopo essermi allontanato dalla sua bocca, mi aveva implorato di non dire niente a Tom pigolando come un pulcino bagnato.
Come ho già detto prima, fu più un esperimento che un gesto dettato dall’affetto. Non mi sono mai interessato particolarmente a Phoebe, sebbene ci siano delle volte, come ora, in cui non posso fare a meno di pensare che saremmo potuti stare bene insieme: e lo saremmo potuti essere davvero, se non fossimo entrambi degli irrecuperabili masochisti che si ostinano ad amare due persone che hanno la pessima abitudine di trattarci alla pari di pezze da piedi.
Ad ogni modo, forse proprio per merito di quell’insolito episodio, i nostri rapporti sono sempre stati sufficientemente buoni: ripeto, non mi sono mai particolarmente interessato a Phoebe ma non la tratto nemmeno come sono soliti fare tutti gli altri che, approfittando della noncuranza del Lord al riguardo, l’hanno eletta a loro personalissimo e preferito bersaglio di scherzi e battute infelici.
Sono talmente concentrato a pensare a quella volta che Rosier le ha aggiunto alla pozione una strana polverina giallognola che ha fatto saltellare il suo calderone per tutti i sotterranei, da accorgermi che ha parlato di nuovo solo quando mi sventola una mano davanti agli occhi.
< Co-come, scusa?>
< Ho detto che non pensavo che la storia della famiglia Corvonero fosse tanto complessa.> La mia espressione deve essere così perplessa e spaesata che la ragazza si sente in dovere di specificare, aggiungendo: < La ricerca che Tom ti ha assegnato sulla vita di Rowena Corvonero e della sua famiglia. Deve essere terribilmente complicata visto che ci stai ancora lavorando!>
< Oh…no, non è quello il motivo…> rispondo, abbassando istintivamente lo sguardo a disagio. Affrontare quell’argomento è qualcosa che non sono ancora in grado di fare con altri e ad alta voce senza strozzarmi.
Phoebe mi osserva per un po’ stringendosi il libricino contro il petto, altrettanto a disagio a causa di quel silenzio che non sa come alleggerire. Cerca i miei occhi e poi domanda ancora, con quel suo tono esitante e basso:
< E’ successo qualcosa di grave…? Riguarda Tristan…oh accidenti! Non vi sarete mica lasciati, vero?!>
Per poco non faccio un balzo all’indietro, scaraventandomi con la schiena contro lo scaffale e facendolo cadere rovinosamente a terra, attirando l’attenzione dell’intera Biblioteca. Ho gli occhi talmente sbarrati che probabilmente basterebbe un colpetto leggero per farli cadere dalle orbite e rotolare sul pavimento.
< C-c-c-cosa?!> Le labbra tremano in modo incontrollato e non riesco a impedirmi di balbettare confusamente: per un momento la mia testa va in completo blackout e non capisco se sono ancora all’interno del mio mondo o in uno parallelo, dove Phoebe Hool non è più una banale e mediocre studentessa ma un dio onnisciente e spietato, che si diverte a far morire d’infarto le sue vittime indifese. < Tu…tu – tu! – come fai a…come…a saperlo?!?>
< Oh beh, si vedeva > mi risponde, con un sorrisetto vagamente malizioso.
Sono rovinato!
Mi mordo un dito a sangue per la disperazione. Se qualcuno non propriamente acuto come la Hool è riuscito a intuire la mia relazione con Tristan, vuol dire che chiunque all’interno di Hogwarts potrebbe essere in grado di coglierne i segnali e arrivare all’ovvia conclusione.
Lo sapranno tutti. Tutti!
Lei sembra non essersi minimamente accorta del panico che mi sconquassa le viscere e riprende da dove ha interrotto:
< Certi sguardi e alcuni gesti erano già parecchio lampanti di per sé, poi quando mi è stato suggerito che probabilmente c’era qualcosa di più, sono diventati impossibili da fraintendere!>
< “Mi è stato suggerito”?!> ripeto a macchinetta.
< Sì.>
< Da chi?!>
< Da Tom > mi risponde, con una naturalezza disarmante. < Lui è un buon osservatore e ha decisamente occhio per queste cose.>
Sento che potrei cadere a terra privo di sensi da un momento all’altro o vomitare tutto il cibo che ho ingurgitato nella mia intera esistenza sopra un’edizione limitatissima di Astronomia Avanzata Per Veri Cervelloni. Mi aggrappo con le mani a uno scaffale e appoggio sconfortato la fronte su quello sopra. Mi sento quasi una bimba di quattro anni con le treccine bionde, quando piagnucolo:
< Oh Merlino, il Lord lo sa! Lo sa! Sono rovinato. Rovinato, rovinato, rovinato…>
< Non prenderla così, Xerxes. Non ti devi mica preoccupare! Tom ha detto che non gli interessa nulla di quello che fate quando siete soli, finché continuate a portare a termine i compiti che vi affida.>
Questa cosa non mi tranquillizza del tutto, ma almeno placa per un po’ il panico che mi solletica le ginocchia. Torno a guardare il sorriso incoraggiante che mi dedica e con un sospiro riprendo finalmente a respirare in modo normale.
< Hai litigato con Tristan?> mi chiede, incapace di controllare la sua insaziabile curiosità. < Vi siete lasciati per davvero?>
< No, no…o almeno non credo. Penso che semplicemente…pretendiamo l’uno dall’altro cose completamente diverse. E che siamo troppo orgogliosi e testardi per venirci incontro e trovare un compromesso > confesso a bassa voce. Tutte queste parole sono sgorgate in maniera così spontanea che ho il fondato sospetto che si siano nascoste appena dietro un angolo del mio cervello e abbiano atteso solo il momento più opportuno per uscire e farmi capire tante cose.
< Cosa vuole Tristan?>
Mi blocco ma continuo a ricambiare il suo sguardo. La domanda di Phoebe è talmente giusta da sembrare sbagliata. E nel momento in cui vorrei dire che non ne ho la più pallida idea, mi rendo conto che invece conosco la risposta a menadito.
< Vorrebbe non doversi più nascondere. Vorrebbe che tutti sapessero di noi, così da poterci godere al massimo il poco tempo che ci rimane prima che lui sia costretto a sposare Charissa Gibbon > spiego, le dita che giocherellano distratte con il bordo sdrucito di un tozzo volume. < Il problema è che…ho paura! Non credo di essere pronto ad un passo del genere.>
Cala il silenzio, mentre rifletto su quelle mie ultime parole e mi mordicchio un angolo del labbro inferiore.
< Per te come è stato?> le chiedo a bruciapelo.
< Cosa?>
< Quando il Lord ha ufficializzato la vostra storia. Come è stato?>
La già piccola Hool sembra diventare ancora più minuscola a questa domanda. Arrossisce vistosamente e si gratta una tempia pensierosa prima di rispondere, ridacchiando in modo nervoso:
< Oh. No-non è stato così imbarazzante come pensavo…certo, la mia situazione era diversa perché l’anno scorso a scuola c’erano anche le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons. Ma le chiacchiere e le occhiatacce non sono durate tanto: si sono affievolite prima di quanto immaginassi. E poi non è cambiato molto rispetto a prima: le ammiratrici di Tom mi guardavano male anche quando mi credevano solo una sua amica, quindi…> Fa una pausa per riprendere fiato e aggiunge: < Se sono le chiacchiere della gente che temi, non ti devi crucciare per questo: svaniscono con la stessa rapidità di una bolla di sapone, credimi. Se invece è qualcos’altro che non ti fa stare tranquillo, dovresti porti una domanda prima di fare qualsiasi cosa.>
< Quale domanda?>
< Cosa vuoi tu, Xerxes?>
< Io…>
La lingua sembra formicolarmi tante sono le parole che tiene sulla punta e che vorrebbe sputare tutte insieme. Fra tutte le domande che Phoebe mi ha posto questa è sicuramente la più ovvia e la più facile.
Ne conosco la risposta da più di un anno e mezzo!
< Voglio stare con lui > mormoro sorridendo. < In qualunque modo.>
Lei ricambia il mio sorriso e tutti i problemi e i dubbi che mi hanno assillato in questi giorni sembrano improvvisamente rischiarati da una luce abbagliante, che li fa apparire ai miei occhi terribilmente banali. Possibile che la soluzione fosse così semplice?
Sento il petto che riesce a snodare il groviglio doloroso che lo ha torturato fino ad ora e mi sembra di essere così leggero da poter raggiungere il soffitto della Biblioteca con un solo, unico salto.
Sto ancora sorridendo come un idiota e Phoebe sembra aver capito da questo semplice segnale che la mia disputa interiore si è conclusa vittoriosamente e nel migliore dei modi. Quindi non si fa problemi a fare una domanda frivola ma che muore dalla voglia di pormi:
< Ti prego, Xerxes, ora mi dici quando vi siete messi assieme? E come?! Te l’ha proposto lui…ahia!>
Non ha fatto in tempo a terminare la frase che un libricino, piccolo ma spesso e con una lucida copertina rossa, si è scagliato sulla sua testa con un colpo veloce e netto facendole emettere un’acuta protesta di dolore. Ma si zittisce all’istante – e io pure! – quando i nostri sguardi si posano sull’autore di quel gesto.
Tom Riddle è davanti a noi. Impeccabile come sempre dentro la sua divisa scolastica e con la spilla da Caposcuola perfettamente lucida e che sembra ammiccare malignamente nella nostra direzione, rammentandoci che i nostri guai sono appena cominciati. Il suo sguardo scuro e severo si sofferma un lungo momento sulla Hool, che si massaggia imbronciata il punto in cui lui l’ha colpita.
< Mi hai fatto male…>
< Era proprio quello che speravo > le risponde, dedicandole un glaciale sorrisetto sarcastico.
Poi sposta il viso e lo indirizza verso di me, che mi ritrovo inaspettatamente a desiderare di essere in grado di rendermi invisibile. O almeno mimetizzato contro lo scaffale!
< Avery > si limita a dire come saluto. Strizzo appena le palpebre, temendo che il libro che fa girare tra le mani non venga tirato sulla mia testa come è successo a Phoebe ma mi venga direttamente infilato su per il naso. Questa volta mi torce il collo per davvero! < La mia ricerca. E’ pronta?>
Deglutire è così difficile che invece di saliva mi sembra di mandare giù sassi. Stringo di nuovo con forza la cinghia della tracolla e faccio una vera e propria violenza su me stesso per sostenere la sua occhiataccia ostile, mentre accenno di no con la testa.
< Per quale motivo?> chiede con lo stesso tono. La sua calma innaturale è quasi più terrificante della sua ira.
< C’è stato…io…>
Alza una mano per impormi il silenzio e io obbedisco all’istante, più che volentieri. Sembra quasi che sia riuscito ad arrivare a un verdetto basandosi solo su quelle tre parole mangiucchiate che sono riuscito a spiccicare. Mi guarda ancora per un po’ in silenzio e trattengo il fiato per l’ansia – e vedo che pure Phoebe ha smesso di respirare e segue la scena un po’ impensierita. Alla fine parla di nuovo:
< Se risolvi le tue scaramucce amorose con Carrow, pensi che potrò finalmente avere quella ricerca su Rowena Corvonero?!>
< S-sì, certo…certamente!> farfuglio automaticamente. Non sono nemmeno sicuro di aver capito bene quello che mi ha chiesto…
< Ottimo > conclude. < Allora vai e riprenditelo.>
< C-cos…>
< Vai e riprenditelo.>
< Su-subito?>
< Adesso!>
Scuoto con così tanta forza la testa che mi si potrebbe benissimo staccare dal collo. Probabilmente il mio stupore allibito che ostacola ogni mia capacità di ragionare è dovuto al fatto che non posso davvero credere di essermela cavata: non posso davvero credere che il Lord mi lasci andare senza nemmeno avermi lanciato una minuscola fattura!
In un secondo momento ringrazierò il mio istinto di conservazione che, a differenza del cervello, continua a funzionare alla perfezione e mi sprona a filare fuori dalla Biblioteca alla velocità della luce, prima che il Lord cambi idea riguardo al mio destino.
Alla fine, sia lui che Phoebe mi hanno dato lo stesso consiglio: di non arrendermi con Tristan; di sistemare le cose. Certo, il metodo di Tom è forse stato meno empatico e gentile di quello della sua ragazza, ma, mentre continuo a correre senza fermarmi, se non quando riesco a mettere un intero piano fra me e il mio terrificante capo, posso tranquillamente affermare che ha funzionato anche meglio!
 
 

***

 
 
Nel momento in cui apro il portone d’ingresso della scuola e una bava di aria ghiacciata mi colpisce in pieno il volto, non riesco a fare a meno di provare un’atroce sensazione di deja-vù.
Alla fine non sono andato subito a parlare con Tristan – cosa che mi ha procurato nuove occhiatacce più che eloquenti da parte del Lord! – e ho fatto trascorrere un’altra lunghissima settimana.
Non avevo la più pallida idea di che cosa dirgli. O quando dirglielo. O come dirglielo!
Ogni volta che arrivavo a meno di cinque passi da lui le gambe cominciavano a tradirmi diventando molli come gelatina e dovevo prontamente tornare da dove ero venuto, se non volevo stramazzare al suolo come un idiota che è stato colpito dall’Incantesimo della Pastoia! Ho anche provato a mettere insieme un lungo discorso da imparare a memoria prima che in un impulso isterico, degno di una ragazzina in piena crisi ormonale, strappassi la pergamena in mille pezzettini.
Insomma, fino all’altro giorno ero alla deriva e non sapevo assolutamente dove andare a sbattere la testa: quindi non so per quale motivo ho deciso di risolvere le cose proprio oggi; proprio la seconda Domenica del mese in cui Tom Riddle è solito organizzare gli incontri tra di noi, i suoi fedeli seguaci.
Forse per il semplice fatto che non riesco più a sopportare questo vuoto che la sua assenza ha creato.
Nel momento in cui supero il recinto di legno in cui si tengono le lezioni di Cura delle Creature Magiche e raggiungo la distesa di prato sul lato posteriore del castello, comincio a intravedere i miei compagni riuniti.
Riconosco immediatamente il Lord che, un po’ in disparte, parla in tono sommesso con un Maximilien Dolohov che, completamente ammaliato, pende dalle sue labbra e annuisce di tanto in tanto. Phoebe Hool, dietro di loro, è seduta sull’erba con la schiena appoggiata alle rocce secolari del castello e legge un libro posato sulle sue ginocchia: mi vede arrivare e mi indirizza un cenno di saluto con la mano, poi il suo sguardo va a cercare per un secondo Tristan e, dopo essere tornato verso di me, mi dedica un piccolo sorriso incoraggiante. Non devo nemmeno faticare per trovarlo: basta seguire la sua voce sempre troppo alta che sta raccontando aneddoti osceni e che fa scoppiare il resto del gruppo in risate sguaiate.
Mi fermo un ultimo, veloce minuto per prendere un respiro profondo e vado. Mano a mano che mi avvicino a passo spedito, riesco a riconoscere gli altri presenti: gli immancabili Lennox Rosier e Artemius Yaxley insieme a Rookwood e Lestrange, Damian Nott e poi gli ultimi acquisti, Tarquin Goyle e Gilbert Tiger. I piedi sembrano incollarsi al terreno e appesantire ogni mio passo, così che quando finalmente giungo dietro di lui sono talmente prostrato che mi sembra di aver appena finito di correre una maratona infinita. Mi perdo un secondo ad osservare la sua schiena larga e muscolosa: i polpastrelli prendono a formicolare dalla pazzesca voglia di scorrerci sopra ancora una volta.
Nessuno fa troppo caso a me, quando appoggio la mano sulla sua spalla e chiamo il nome di Tristan con tono neutro. Lo vedo voltarsi e guardarmi leggermente stranito, poi il mio pugno che va a schiantarsi sulla sua faccia sorprende così tanto me che non può non prendere alla sprovvista lui che, impreparato, cade a terra con un tonfo. Non ho mai fatto a botte in vita mia – quando i miei compagni si divertono a tormentare i Mezzosangue o a provocare i Grifondoro, io me ne resto in disparte e mi limito ad assistere – e infatti la mano mi rimprovera questo gesto avventato con acute fitte.
Sono così concentrato a guardare Tristan che a malapena mi accorgo delle espressioni sbigottite degli altri intorno a me: perfino Dolohov si è messo a fissarmi distogliendo la propria attenzione dal Lord, il quale a sua volta osserva la scena sinceramente interessato.
Vederlo seduto a terra, ai miei piedi, con gli occhi sbarrati e un rivoletto vermiglio che gli scivola giù dall’angolo che congiunge le labbra mi provoca un altro, grottesco deja-vù.
< Sei uno stronzo > gli soffio contro, reggendomi la mano pulsante.
Le mie parole sembrano aiutarlo a riprendersi. Le pupille ricominciano a mettere a fuoco le cose intorno a lui e sembra percepire solo ora il dolore alla bocca leggermente gonfia. I suoi occhi passano dalla sorpresa all’ira con una tale velocità da farmi vacillare e indurmi a fare un passo indietro. Lo vedo digrignare i denti in un’espressione feroce e sibilare un terribile:
< Figlio di puttana!>
Poi, sfruttando la sua lodevole agilità, si alza e mi si avventa contro, placcandomi letteralmente. Finiamo entrambi a terra e avverto come Tristan stia provando a raggiungere una posizione dominante, mettendosi a cavalcioni sopra di me per sopraffarmi. Tento di porre una scoordinata resistenza inducendolo a rotolare sul prato insieme a me ma ben presto, grazie al suo peso e a un pugno ben assestato nel mio stomaco, riesce a costringermi sotto di lui. Mi afferra per i capelli strattonandoli forte e si appresta a ridurre la mia faccia a una poltiglia sanguinolenta, se non fosse per il mio istinto di conservazione – che non ringrazierò mai abbastanza! – che mi spinge a cercare a tastoni la bacchetta nella tasca del soprabito e a farfugliare qualche formula.
Non ho idea di quale incantesimo abbia pronunciato, ma funziona: senza che possa opporsi in alcun modo, la fattura lo sbalza lontano da me facendolo volare qualche passo più in là sul prato, sul quale atterra picchiando la schiena. Non spreco tempo e mi alzo prontamente per raggiungere Tristan che, nel frattempo, sta prendendo a pugni il terreno per la frustrazione tenendosi la zona dolorante con l’altra mano. Mentre passo accanto al punto in cui il Lord sta seguendo tutta la scena, insieme a Dolohov e Phoebe, che si è alzata per poter vedere meglio, lo sento commentare il mio stratagemma difensivo con un semplice:
< Notevole.>
La cosa mi lusinga e mi esalta più di quanto dovrebbe, lo ammetto.
Quando torno a scrutarlo dall’alto in basso, Tristan si volta e si limita a fissarmi ringhiando.
< Sei uno stronzo > ripeto. < Sei uno stronzo, se pensi davvero che non mi importi di te e di noi.>
Mi sembra quasi di vederlo mentre trattiene il fiato e fa saettare lo sguardo da me a quelli che ci stanno guardando, soffermandosi in modo particolare su Tom Riddle. Ma non so se la sua ansia sia scatenata da ciò che gli sto dicendo o dal terrore che il Lord possa in qualche modo comprendere ciò che si nasconde dentro le mie parole.
< Lo sa: l’ho informato io > gli dico mentendo. So di aver fatto centro e di aver indovinato i suoi pensieri nel momento in cui i suoi occhi stravolti mi fissano spaventati.
< E…e cosa ha detto?>
< Ci ha dato la sua benedizione.>
Lui sbuffa di fronte al mio sarcasmo da quattro soldi, ma non ribatte limitandosi a fissare il prato imbronciato. Aspetto qualche secondo per vedere se ha intenzione di rispondermi o meno, e quando mi rendo conto che non lo farà, mi passo una mano sulla fronte liberandola da alcuni rimasugli d’erba e allargando le braccia esasperato lo schernisco:
< Sei veramente assurdo! Non hai avuto problemi a spiattellare tutto alla tua famiglia ma te la fai sotto al pensiero che il Lord e i nostri compagni di classe possano venir a sapere che vieni a letto con me?!>
< Non è la stessa cosa > ribatte astioso, prima di sputare lontano un po’ di saliva insanguinata.
< Beh, non mi interessa > lo incalzo immediatamente, facendomi più vicino di un passo. < Tu l’hai detto a tuo zio Deonne, io a Riddle e ai tuoi amici più stretti. Siamo pari.>
Tristan sorride sprezzante e mi beffeggia alzando in modo plateale le mani in segno di resa, per poi rispondere:
< Va bene, come ti pare! Sei felice adesso, Xerxes?! Perché lo sai, vero, che tutta questa scenetta non cambia in alcun modo la nostra situazione.>
Dovrei replicare subito, ma il sollievo che provo per il fatto che abbia detto “nostra” invece che solamente “mia” è talmente grande da provocarmi un lungo e silenzioso brivido che mi fa tremare la bocca.
< Sì, lo so. E hai ragione: né tu né io possiamo fare nulla per impedire il matrimonio > ammetto, senza smettere di fissarlo e mordicchiandomi il labbro inferiore. < Ma questo non significa che stare con te non sia la cosa che desidero più di ogni altra al mondo. E se lo vuoi anche tu, sono disposto ad accontentarmi di quel poco di tempo che ci è concesso e a sfruttarlo al meglio. Poi, quando la scuola sarà finita, ti lascerò andare e mi farò da parte: non avanzerò nessuna pretesa, lo giuro! Che ne dici? Accetti?!>
Ricambia il mio sguardo in silenzio e con la bocca socchiusa.
Forse è per l’eccessiva agitazione che mi strizza e mi arrotola lo stomaco, ma per la prima volta da quando lo conosco non riesco a decifrare l’espressione del suo viso e a capire che cosa gli stia passando per la testa. E più secondi lascia passare nel mutismo più totale e più mi viene da vomitare.
< Ti prego, dimmi qualcosa. Qualsiasi cosa! Perché sto davvero impazzendo…> lo imploro, prendendomi le tempie fra le mani e abbassando le palpebre per attenuare un po’ il senso di capogiro che mi ha appena assalito.
Il suono del fruscio dell’erba che mi giunge alle orecchie mi spinge a riaprire gli occhi e faccio appena in tempo a vedere Tristan che, con la stessa espressione di prima, non ha staccato gli occhi da me e tenta di rialzarsi, inciampando un paio di volte per il troppo impeto e mormorando a mezza voce:
< Oh, cazzo, sì…SI’!>
Si getta contro di me e mi circonda il petto con le braccia: mi solleva quel poco che basta per farmi staccare i piedi da terra e io non faccio in tempo a prendergli il viso fra le mani che le sue labbra stanno già cercando e trovando le mie. Sospiro sollevato e soddisfatto contro la sua bocca e senza farmi pregare ricambio con altrettanto entusiasmo il suo bacio forse un po’ troppo affettuoso.
Riesco quasi a sentire addosso gli sguardi increduli dei nostri compagni di Casa che ci fissano ammutoliti e con bocche talmente spalancate che un uccellino potrebbe comodamente costruirci un nido. Ma sono troppo felice e troppo occupato per preoccuparmi di loro o della voce perentoria del Lord che ad un certo punto dice:
< Beh?! Cosa state guardando? Cominciate a lavorare. Adesso!>

 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
 
*Latis e Phoebe piangono commosse come due brave fangirl, sotterrando il caro Tom sotto un Himalaya di fazzolettini Tempo*
 
Un saluto affettuosissimo a tutti coloro che sono arrivati al terzo capitolo di questa mia mini-long!
Sì, come avrete già capito, ci sarà un quarto ed ULTIMO capitolo che sarà l’Epilogo, e poi giuro che metto a cuccia Xerxes e Tristan e vi lascio in pace!
 
Terzo capitolo interessante, non trovate?!
I nostri due Mangiamorte preferiti hanno finalmente fatto pace e tanti cuoricini rosa hanno attraversato il cielo!
*il gruppo di bifolchi e rozzi Mangiamorte disapprova*
Che posso dire?!
 
XERXES. Il mio tesoruccio. Penso che ora si sia capito l’argomento sul quale ruotava la ricerca che doveva fare, no?!
SETTIMO ANNO DI TOM RIDDLE + FAMIGLIA CORVONERO…dai, vi do un ultimo aiutino: riguarda una certa Dama Grigia e un certo Diadema di famiglia. Ma ora non posso sbilanciarmi di più XD
 
TOM. Come sempre, quando si tratta di questo signorino la lama acuminata e letale dell’OOC pende sulla mia testa come una terribile condanna! Come sempre, spero di averlo reso il più realistico possibile: in caso contrario mi scuso con chi potrebbe non apprezzare, ma non metto l’OOC nelle note perché dopotutto non è il protagonista principale di questa storia ma solo una piccola e secondaria comparsa.
*”CHE COSA?!”*
Ma in fondo a me è piaciuto: TOM SOSTENITORE DELLO SLASH CI PIACE :D
 
Ora parliamo un po’ di PHOEBE.
*Latis e Tom se la litigano come due bambini!*
 
Per chi non avesse mai incontrato prima d’ora la mia adorata OC, spero che vi sia piaciuta e vi sia risultata gradevole. Io l’amo come se fosse una figlia! E poi la trovo troppo adorabile *_________*
 
Per chi invece si fosse già imbattuto nella nostra piccola Hool, probabilmente l’avrà ritrovata un po’ diversa da come l’aveva lasciata, sia per trama che per carattere.
Per quanto riguarda la trama, vi posso assicurare che la cosa è ASSOLUTAMENTE VOLUTA: e tutto questo ha qualcosa a che fare con la notizia succulentisimissima che daremo nel prossimo capitolo (manca poco!!).
Per ciò che riguarda il carattere, invece, io la trovo un po’, come dire, più matura in questo breve spezzone. Un po’ meno timida. Ma ho cercato di trovare una risposta nel fatto che siamo oramai giunti al settimo anno, da due anni è a conoscenza della malattia che la condanna a morte e ne ha passate tante a fuori di stare dietro a quel disgraziato del suo amico (*tiro di orecchie a Tom*): quindi, un po’ deve essere cambiata, non trovate?! :)
E poi…lei e Xerxes hanno un rapporto tutto speciale. L’ho deciso io ed è così. Punto U_______U
 
Mi sembra di avere detto tutto :)
Come sempre ringrazio chi ha cacciato la storia in preferite, seguite e ricordate. E a chi ci sbircia soltanto – credetemi, io mi esalto anche solo per una visualizzazione in più rispetto all’ultima volta che ho controllato XD.
Ma un ringraziamento speciale va alle mie adorate ERODIADE ed ENIDE che hanno commentato lo scorso capitolo. A voi va una doppia razione di Pandistelle, dopo che li avrò finalmente liberati dalle grinfie di Dolohov!
 
Ci vediamo settimana prossima col gran finale.
Un bacio. Latis.
   
 
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