Serie TV > Doctor Who
Segui la storia  |       
Autore: claudineclaudette_    21/03/2013    7 recensioni
Dopo Doomsday Rose è rimasta intrappolata nell'universo parallelo, dove comincia a lavorare per Torchwood. Il Dottore rimane da solo nel TARDIS.
Lontani soffrono perché il loro destino è di essere il Dottore, nel TARDIS, con Rose Tyler.
E se trovassero il modo di incontrarsi di nuovo? Magari in un ospedale sulla luna?
Post-Doomsday, Reunion fic e Terza stagione con Rose tutto insieme! (E anche quarta e parte della quinta se tutto va come deve andare!).
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, TARDIS, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Due: Smith, Jones e Tyler

 

Who's afraid of the big bad wolf
Big bad wolf, big bad wolf?
Who's afraid of the big bad wolf?
Tra la la la la. 

(From “The Three Little Pigs” - Frank Churchill and Ann Ronell)

 

 

“Squadra Lupo Alpha. Abbiamo immobilizzato i traditori. Passo.”

“Ricevuto Lupo Alpha. Stiamo mandando la squadra di recupero a prendervi.”

Rose Tyler abbassò la radio e se la agganciò alla cintura. Sollevò di nuovo il fucile, puntandolo contro i prigionieri. Lanciò uno sguardo a Mickey Smith, il suo partner sul campo, che annuì. Aveva sentito la comunicazione. Stavano venendo a prenderli.

Chi l’avrebbe detto che Torchwood sarebbe cresciuto su così ampia scala. Erano passati due anni dal giorno peggiore della sua vita e Rose Tyler era diventata uno dei più importanti membri dell’Istituto. Era stata lei, per prima, a entrare in contatto con le forme aliene di quell’universo. A creare un’alleanza.

Ed eccola lì, a puntare un fucile contro i membri corrotti della Proclamazione Ombra nel loro quartier generale.

A quanto pare, i pazzoidi esistevano in ogni universo. Solo due settimane prima avevano ricevuto l’incarico dalla Proclamazione Ombra stessa per un’investigazione dall’interno. Era da un po’ che sospettavano qualcosa…e avevano avuto ragione. Erano stati gli addetti alla branca scientifica, niente po’ po’ di meno: avevano scoperto un nuovo modo di produrre energia. Un modo pericoloso.

Rose e Mickey li avevano catturati all’ultimo momento, mentre Rose puntava loro contro il fucile, Mickey era saltato in avanti per placcarne due. Purtroppo nessuno dei due si era accorto che il terzo prima di cadere in ginocchio era riuscivo ad attivare, almeno parzialmente, il macchinario.

Tre minuti esatti dopo la loro cattura, infatti, mentre attendevano la squadra di recupero…un enorme portale si aprì sul pavimento, tra gli scienziati e la squadra Lupo Alpha.

Rose lo guardò intensamente e lo riconobbe subito per quello che era: una frattura. Spalancò gli occhi sbalordita. Quasi terrorizzata, mentre la speranza di faceva largo nel suo cuore.

“Posso passare dall’altra parte” realizzò in un sussurro.

“Cosa?” chiese Mickey accanto a lei. Non era sicuro di aver sentito bene ma lo sospettava, a giudicare dall’espressione spaventata sul suo viso.

Rose distolse lo sguardo dalla frattura e lo fissò dritto negli occhi. “Posso passare dall’altra parte” gli ripeté più forte, decisa. Determinata.

“Cosa? No, Rose, sei impazzita? Potresti morire! Potresti finire in un universo tutto sbagliato!”

“O forse no!” rispose lei trucemente. “Devo tentare, potrebbe essere la mia unica possibilità!”

“Il cannone…”

Lo interruppe. “Il cannone” ripeté lei con enfasi “potrebbe non riuscire mai a funzionare. È una scommessa, come questo varco. E si sta chiudendo!”

Lasciò cadere a terra l’arma, le munizioni e tutto ciò che avrebbe potuto influenzare il suo passaggio dall’altra parte. Tenne solo il prototipo di cacciavite sonico, su cui Torchwood aveva lavorato nell’ultimo anno e mezzo, e la carta psichica data in dotazione a tutti coloro che lavoravano sotto la Proclamazione Ombra.

“Riesci a resistere da solo fino all’arrivo della squadra di recupero?” chiese a Mickey facendo un passo avanti, senza distogliere lo sguardo dalla frattura.

Mickey si lasciò sfuggire un ghigno. “Lo sai che posso” sospirò. “Sei sicura?”

Rose spostò lo sguardo prima su di lui, poi di nuovo sulla frattura. Era sicura? Voleva prendere questo rischio? Ma qual’era l’alternativa, aspettare la realizzazione di un cannone dimensionale quando non riuscivano nemmeno a creare un cacciavite sonico funzionante? Poteva lasciare di nuovo la sua famiglia? Respirò lentamente una, due, tre volte e poi le sembrò di sentirlo. Era quasi sicura che fosse solo uno scherzo della sua mente, ma le sembrò di sentire il canto metallico del TARDIS.

Raddrizzò le spalle e guardò di nuovo Mickey. “Mi dispiace, mi dispiace tanto” gli disse asciugandosi le lacrime che avevano cominciato a scenderle lungo le guance. “Ti prego, di’ a mamma…dille…dille che le voglio bene. E a papà. E a Tony. E…beh, di’ loro tutto quello che credi.”

“Addio Rose.”

Sorrise. “Addio Mickey.” E saltò nel varco.

Quando riaprì gli occhi si trovava in una camera blindata. Scosse la testa, cercando di riacquistare chiarezza. Un rumore assordante le ululava nelle orecchie: impiegò un secondo a capire che era scattato un allarme.

Si alzò in piedi e si guardò intorno. Si trovava ancora nel quartier generale della Proclamazione Ombra…sì, ma di quale universo? L’unica cosa che sapeva era che doveva andarsene di lì… e in fretta.

Individuò il Manipolatore del Vortice appoggiato su una delle mensole di metallo e se lo mise al polso senza pensarci due volte. Riuscì a inserire le impostazioni per la Terra, ventunesimo secolo, prima che un Judoon le arrivasse alle spalle e cominciasse a spararle contro.

Rose si lanciò a terra, rotolando dietro delle casse di legno in cerca di protezione. Doveva cercare di distrarlo mentre attivava il Manipolatore.

Sulle casse di legno erano stati appoggiati due vasi. Subito ne afferrò uno e lo lanciò in faccia (o sul muso?) del Judoon. Afferrò l’altro per sicurezza e finalmente riuscì ad attivare il Manipolatore del Vortice.

Vide lo spazio cambiare intorno a sé, un secondo prima stava guardando negli occhi uno dei più brutti alieni che avesse mai visto, quello dopo si trovava davanti alle porte del Royal Hope Hospital.

Una terribile fitta al fianco la fece cadere in ginocchio, il vaso che teneva ancora in mano andò in frantumi, poi svenne.

 

………¿DW?………

 

Rose si risvegliò in un letto d’ospedale.

Cosa diavolo ci faccio qui? poi si ricordò tutto: la missione per la Proclamazione Ombra, la frattura inter-dimensionale, la faccia di Mickey mentre ci saltava dentro. Il Royal Hope Hospital.

Sono svenuta. Ma certo. Si tirò a sedere, sul comodino c’erano appoggiate tutte le cose che aveva avuto con sé quando era arrivata: il prototipo di cacciavite sonico, i cocci del vaso, il Manipolatore del Vortice e la carta psichica che, grazie all’addestramento ricevuto a Torchwood, aveva automaticamente procurato un ID falso.

Allungò una mano per afferrarla ma la mollò subito dopo. Ma che diav… toccando il comodino di metallo aveva ricevuto una scossa. Riprese la carta psichica: “Marion Smith” diceva, più altre informazioni chiave.

Rose sospirò, riappoggiando la testa sui cuscini, e una fitta improvvisa le attraversò il fianco. Sollevò le coperte per dare un’occhiata: una vasta ustione le ricopriva il lato destro del busto. Il Judoon doveva averla colpita di striscio mentre si teletrasportava.

Cos’avrebbe fatto adesso? Ma soprattutto, come avrebbe fatto a scoprire se si trovava nell’universo giusto? Non vedeva dirigibili per aria: almeno sapeva di non trovarsi più nel Mondo di Pete.

“Miss Smith, vedo che ha ripreso conoscenza!” disse qualcuno entrando dalla porta. Rose non conosceva nessuno di loro ma non fu difficile capire che erano dottori…o aspiranti tali, si corresse lanciando uno sguardo ai ragazzi che seguivano l’uomo più anziano.

“Sono il dottor Stoker” le disse avvicinandosi a lei e controllandole le pupille con una piccola torcia, poi si rivolse ai suoi studenti. “Cosa sappiamo di questa paziente? Morgensten?”

Un ragazzo alto e biondo cominciò a parlare, controllando occasionalmente un blocco per gli appunti.

“Marion Smith, signore. È stata trovata tre giorni fa in stato d’incoscienza. E’ stata ricoverata e curata per delle ustioni di terzo grado sul lato del corpo. Le ferite stanno guarendo bene, dopo che saranno condotti gli ultimi accertamenti di routine le sarà permesso di lasciare l’ospedale.”

Il dottor Stoker annuì. “Va bene, Morgensten. Ma credo che manchi qualcosa…Jones?”

Questa volta fu una ragazza di colore a farsi avanti. “Dovremmo parlare con la paziente per ottenere le informazioni che ci mancano, dal momento che è la prima volta che la vediamo cosciente.”

“Molto bene, Jones!” si congratulò il dottor Stoker. “Ma questo è un compito che lasceremo ai vostri colleghi più anziani.” Detto questo, uscirono dalla stanza e lasciarono Rose in compagnia di una dottoressa sulla quarantina che cominciò a farle un vero e proprio interrogatorio. Rose sospirò, pronta a far sfoggio dell’addestramento ricevuto a Torchwood per gestire la situazione, raddrizzò la schiena e cominciò a rispondere alle domande.

 

………¿DW?………

 

“Allora, mister Smith. Buon giorno a lei. Come si sente oggi?” chiese il dottor Stoker, continuando il giro di visite con i suoi studenti a seguito.

“Oh, non male” rispose il Dottore. Ancora un po’, sa…bleh” e fece una smorfia di disgusto, come se quella spiegasse tutto.

“John Smith, ricoverato ieri con forti dolori addominali. Jones, perché non mi fa vedere cosa riesce a trovare? Visto che è stata tanto brava con l’altra nostra Smith, mi sorprenda.”

Il Dottore osservò Jones girare intorno al lettino per prendergli il battito. “Oggi c’è davvero un sovraffollamento di Smith in questo ospedale” raccontò al Dottore in tono colloquiale. “Lei è il secondo di fila che visitiamo oggi!”

Il Dottore ghignò. “Beh, è un cognome molto comune.”

“E’ così” concordò Jones. La ragazza afferrò lo stetoscopio per prendergli il battito, ma dopo un secondo ci ripensò e invece afferrò la cartella del paziente. Subito una scossa le attraversò la mano e la lasciò cadere sul letto.

“E’ la seconda volta che mi succede, oggi!” si lamentò.

“A me con la maniglia della porta” informò Morgenstern.

“Beh, c’è da aspettarselo” rise il dottor Stoker dando poca importanza al fatto. “Sta arrivando un temporale e i fulmini sono una forma di elettricità statica. Com’è stato dimostrato per la prima volta da…?”

 

………¿DW?………

 

“Accidenti” si lamentò Rose scendendo dal letto dell’ospedale una volta che quella noiosa dottoressa se ne fu andata.  “Sembrava avessi rubato i gioielli della corona per quante domande mi ha fatto!”

Raggiunse la poltrona sotto la finestra su cui le infermiere avevano lasciato i suoi vestiti, piegati ordinatamente. Rose si infilò i pantaloni neri e la maglietta rosa, sebbene con un po’ di fatica. Anche se la ferita stava guarendo velocemente, le tirava ancora molto la pelle quando si muoveva.

Buttò uno sguardo fuori dalla finestra e strabuzzò gli occhi. Appoggiò le mani contro il vetro, continuando a guardare fuori. “Oh!” esclamò notando la pioggia che saliva verso l’alto. “Quegli stupidi Jo…ehm…go…Quegli stupidi rinoceronti!”

L’ospedale cominciò a tremare, fu solo per pura fortuna che Rose riuscì a non cadere per terra. Sentì che la gente cominciava a strillare. Guardò fuori della finestra: era buio. “Sulla luna!” ululò esasperata. Quegli idioti sarebbero arrivati da un momento all’altro.

Finì di infilarsi la giacca di pelle blu, afferrò le proprie cose e uscì di corsa dalla stanza.

 

………¿DW?………

 

Anche il Dottore nel frattempo aveva recuperato i propri vestiti. Finì di annodarsi la cravatta mentre ascoltava due delle aspiranti dottoresse che l’avevano visitato prima parlare vicino alle finestre.

“Non farlo!” strillò la ragazza indiana quando Jones provò ad aprire uno degli abbaini. “Perderemo tutta l’aria!”

“Ma non sono a chiusura ermetica” cercò di spiegare Jones. “Se l’aria potesse essere risucchiata fuori, sarebbe già successo. Ma non l’ha fatto…com’è possibile?”

Il Dottore aprì la tenda che lo nascondeva e si fece avanti. “Ottima osservazione” esclamò. “Brillante. Come ti chiami?”

“Martha.”

“Ed era Jones, giusto?” Martha annuì. “Beh, Martha Jones, la domanda è…come facciamo a respirare ancora?”

“Non possiamo!” pianse l’altra ragazza.

“Evidentemente sì, quindi smettila” le ingiunse seccato. Si alzò sulla punta dei piedi, cercando di vedere meglio fuori. C’era sicuramente qualcuno dietro a tutto questo. “Martha, c’è un balcone su questo piano, o una veranda o…”

“Vicino alla sala d’aspetto dei pazienti, sì.”

 

………¿DW?………

 

Rose spalancò le porte di una terrazza. “C’è ossigeno” si disse guardandosi intorno. “Ok, è strano. Ma com’è possibile?”

Strascicò un piede per terra, seguendolo con lo sguardo, cercando di riflettere. Si abbassò di scatto, afferrando il pezzo rotto di una piastrella, e lo lanciò nel vuoto.

“Campo di forza” sbuffò quando il pezzo di piastrella andò a sbattere contro una parete invisibile. “E ti pareva.” Era quello che tratteneva l’aria…ma perché trasportarli sulla luna?

In quel momento arrivarono le astronavi Judoon. Atterrarono poco distante dall’ospedale e pochi minuti dopo ne uscirono schiere e schiere di mercenari Judoon.

Rose si batté una mano sulla fronte. Ma certo! Cercavano lei…ma se cercavano lei… “Il vaso!” realizzò. Ma il vaso era rotto. Cosa sarebbe successo se non avessero potuto riaverlo indietro?

Doveva rimetterlo insieme e doveva farlo in fretta.

Si frugò nelle tasche, tirando fuori il prototipo di cacciavite sonico.

“Forse con questo…” borbottò a mezza voce cambiando ripetutamente le funzioni del prototipo. “Oh, mi stai prendendo in giro! Hai perso una vite!” Rose guardò il cacciavite come se le avesse arrecato un affronto personale. “Adesso dovrò anche ripararti!” Se lo ficcò in tasca con un sospiro e rientrò all’interno dell’ospedale, sperando solo di riuscir a trovare quello che le serviva prima che fosse troppo tardi o l’intero ospedale sarebbe soffocato. E sarebbe stata tutta colpa sua.

 

 ………¿DW?………

 

Martha osservò mentre il comandante di quei ‘Judoon’ sbatteva Morgenstern contro il muro e gli puntava contro uno strano aggeggio che emetteva una luce blu. “Energia Artron, assente” lo sentì dire prima di passare a un’altra persona. “Catalogate tutti i sospetti.”

Il Dottore non sembrava prestare attenzione a ciò che stava succedendo. “Oh, guarda laggiù! C’è un negozietto: adoro i negozietti!”

“Lascia perdere” lo rimproverò Martha. “Cosa sono i Judoon?”

“Sono come la polizia…beh, poliziotti in affitto.  Sono più che altro dei teppisti interplanetari.”

“E ci hanno portati sulla Luna?”

“Territorio neutrale” spiegò il Dottore, scrutando i Judoon, ben nascosto dietro le felci del secondo piano. “ Secondo la Legge Galattica, non hanno giurisdizione sulla Terra, quindi l’hanno isolata. Quella pioggia e i fulmini? Erano loro che usavano una ‘lente H2O’”

Martha roteò gli occhi. “Che ne sai della ‘Legge Galattica’? Da dove l’hai tirata fuori?”

Il Dottore non le rispose e si spostò un po’ più vicino in modo da poterli ascoltare meglio.

“Energia Artron, assente” stava dicendo un Judoon proprio sotto di loro.

“Se loro sono poliziotti, siamo in arresto?” volle sapere Martha avvicinandosi al Dottore. “Per aver sconfinato sulla Luna o qualcosa del genere?”

“No, ma mi piace la tua teoria! Bel ragionamento” si congratulò il Dottore, sempre pronto ad alleggerire un po’ l’atmosfera. “No, sarebbe bello se fosse così semplice. Stanno eseguendo una catalogazione. Li hai sentiti prima stanno cercando tracce di energia Artron, il che è una brutta notizia per me.”

“Perché?”

“L’energia Artron funziona allo stesso modo delle radiazioni di fondo. Viene assorbita da coloro che viaggiano nel tempo” spiegò in Dottore con naturalezza.

Martha si voltò verso di lui con gli occhi spalancati. “Oh, mi stai prendendo in giro.”

Lui si limitò a sollevare un sopracciglio.

“Non essere ridicolo!” insistette Martha, diventando seria. “Smetti di guardarmi in quel modo.”

“Andiamo allora.”

 

Salirono le scale fino al quarto piano, in cerca di un computer. Il Dottore cominciò subito a scannerizzarlo con il cacciavite sonico, senza risultato. Lo colpì con la mano. “Che diavolo ha questo computer?” esclamò esasperato. “I Judoon devono averlo isolato” sospirò prima di canticchiare una strana filastrocca che suonava molto come “Dottori e Judoon hanno invaso la lun””. Si passò una mano sulla bocca mentre vagliava le possibili alternative. “Stavo solo viaggiando nel passato, lo giuro, sono passati sei mesi, volevo solo un po’ di viale dei ricordi e basta, non cercavo guai. Davvero: è così!” cominciò a parlare sempre più veloce. “Poi ho notato queste spirali di plasma attorno all’ospedale. I fulmini erano spirali di plasma. Si stavano espandendo da due giorni, ormai. Così mi sono fatto ricoverare: pensavo succedesse qualcosa all’interno, invece…le spirali di plasma erano generate dai Judoon, dall’alto.”

“Ma cosa stanno cercando esattamente?” domandò Martha, cercando di farsi un quadro generale sulla faccenda. Voleva poter aiutare.

“Qualcuno che viaggi nel tempo”.

“Come te” fece Martha divertita, stando al gioco. “A quanto pare.”

“Come me…” concordò il Dottore, poi si voltò a guardarla e specificò: “ma non me. Un agente del tempo disertore probabilmente.”

“Sì, ma perché lo cercano?”

“Non lo so” sospirò lui senza smettere di picchiettare sulla tastiera del computer.

“Qualunque cosa abbia fatto…non puoi semplicemente lasciare che i Judoon lo trovino?”

“Se giudicheranno l’ospedale colpevole  di ospitare un fuggitivo, ne ordineranno l’esecuzione.”

Martha strabuzzò gli occhi. Cominciava a provare un po’ di paura. Non che si sarebbe lasciata fermare da questo. “Di tutti quanti?” chiese.

“Proprio così. Ma se riuscissi a trovarlo per primo…oh ma quanto sono stupidi!” urlò il Dottore quando tutti i dati che aveva recuperato sul computer cominciarono a sparire. Alzò le braccia al cielo in un gesto esasperato. “Sono degli idioti! Completamente idioti! Così idioti che hanno cancellato gli archivi! Che furbizia!”

“Cosa stiamo cercando?” si fece avanti Martha, pronta ad aiutare come poteva.

Il Dottore si infilò le mani tra i capelli. “Non lo so. Un qualunque paziente ricoverato da poco con sintomi strani….” Si lanciò in avanti, verso il computer. “Magari trovo un backup…” esclamò azionando nuovamente il cacciavite sonico. Sentì a malapena Martha dire “Continua a cercare. Io vado a chiedere al dottor Stoker. Potrebbe saperne qualcosa” e uscire dalla stanza.

Ritornò pochi minuti dopo, proprio quando era appena riuscito a trovare il backup. Glielo disse ma lei lo anticipò: “Marion Smith, stanza 221. L’abbiamo visitata questa mattina: è stata ricoverata due giorni fa con inspiegabili ustioni al fianco sinistro!”

“Brillante!” esclamò abbandonando il computer. “Portamici subito.”

Raggiunsero la stanza 221 di corsa, ma la trovarono vuota.

“Dove può essere andata?” chiese Martha guardandosi intorno, in cerca di qualche indizio. La stanza era deserta, non ci aveva lasciato niente dentro. Solo la tv era accesa: stava andando in onda un vecchio cartone animato della Disney, con i tre porcellini che cantavano insieme facendo il girotondo ‘Chi ha paura del gran lupo cattivo?’

Sovrappensiero, Martha afferrò il telecomando e la spense.

Il Dottore si trovava ancora sotto lo stipite della porta. Non aveva prestato attenzione a Martha o al programma in televisione. Aveva lo sguardo fisso davanti a sé mentre rifletteva.

Come poteva fare a trovare questo agente del tempo? Cominciò a fare avanti e indietro nel corridoio, subito fuori dalla stanza. Martha gli si avvicinò. “Allora, come facciamo a trovare questo…”

“Agente del tempo” finì il Dottore per lei, senza fermarsi. “Non ne ho idea. Potrebbe essere ovunque.”

Martha si appoggiò contro lo stipite della porta mentre lo osservava camminare avanti e indietro. “E’ questo quello che fai?” gli chiese.

Il Dottore rallentò, alzò la testa per guardarla. “In che senso?”

“Girovagare e decidere all’improvviso di investigare se qualcosa non quadra?”

“Che c’è di male?”

“Tutto solo intendo? Non hai un appoggio? Avrai pure un compagno o qualcosa del genere.”

Il Dottore sospirò. “Io…” cominciò, ma la voce gli si bloccò in gola. Provò a deglutire un paio di volte. “Umani!” sbuffò alla fine. Sarebbe stato così, d’ora in poi? Ogni volta che avrebbe parlato con un essere umano per più di cinque minuti gli avrebbero chiesto di Rose? “Siamo bloccati sulla luna, senza ossigeno, con i Judoon e un agente del tempo disertore e tu fai domande personali?” le fece cenno di seguirlo. “Andiamo! Dobbiamo riuscire a trovarla.”

“Che permaloso” si lamentò Martha seguendolo lungo il corridoio. “‘Domante personali’. Ero solo curiosa. Questa agente del tempo poi! Non sono ancora del tutto convinta se devo crederti o no. Com’è possibile che si possa viaggiare nel tempo?”

Il Dottore girò l’angolo, aprì la bocca per parlare ma non fece in tempo di dire niente.

Un Judoon saltò fuori dal nulla e lo scannerizzò. “Viaggiatore nel tempo” confermò. “Consegna il Manipolatore del Vortice e non ti sarà fatto alcun male.”

“Oh mamma, è possibile viaggiare nel tempo” commentò Martha sbalordita.

“Eeeeee…corriamo di nuovo!” urlò il Dottore afferrandola per una mano e trascinandola via. Riuscirono a girare l’angolo appena in tempo per evitare di essere colpiti dai colpi di fucile dei Judoon.

Riuscirono a seminarli per miracolo. Martha lasciò andare un respiro di sollievo ma il Dottore non si fermò. “Manipolatore…Manipolatore…” borbottava tra sé e sé. “ Non vogliono l’agente del tempo ma il suo manipolatore! Perché? E se ha un Manipolatore del Vortice, perché non se n’è andata?” Martha gli finì addosso quando il Dottore si fermò di colpo. “Lo hanno bloccato! Ma certo!” si voltò verso la ragazza e la afferrò per le spalle, continuando a parlare velocissimo. “Se quest’agente è abbastanza intelligente saprà che basta una piccola modifica al processore per potersene andare! Ma quegli idioti Judoon continueranno a cercare finché l’aria non sarà esaurita!” guardò a terra facendo schioccare la lingua con disappunto. Non aveva mancato di notare che ormai Martha stava ansimando pesantemente e non solo per la corsa. L’ossigeno stava finendo.

“Come stai? Tutto bene?”

Martha forzò un sorriso. “Corro sull’adrenalina.”

“Benvenuta nel mio mondo” rispose il Dottore con un’alzata di sopracciglia.

“E i Judoon?” domandò Martha appoggiandosi contro una parete.

“Hanno grandi riserve polmonari. Non avranno problemi.” E lui aveva il bypass respiratorio, per fortuna. Ma doveva sbrigarsi. “Dov’è il laboratorio delle analisi?” volle sapere. Era l’unico posto dove l’agente del tempo avrebbe trovato tutto quello che le serviva per modificare il Manipolatore.

Martha si allontanò dalla parete. “Da questa parte” cominciò ma in quel momento i Judoon irruppero nel corridoio gridando “ Trovate il Manipolatore del Vortice! Recuperatelo!”

Il Dottore imprecò silenziosamente e si rivolse urgentemente a Martha. “Stai qui! Mi serve tempo, trattienili! Dammi il tempo di fermare l’agente e poi portali al laboratorio.”

“Come posso fare?” esclamò la ragazza con una punta di panico nella voce. Ma il Dottore non aveva tempo da perdere in spiegazioni.

“Scusami per questo, potrebbe salvare migliaia di vite e non significa niente, davvero niente.” La fissò negli occhi, pregando che capisse. Non avrebbe mai più potuto significare qualcosa. Con nessun’altro. Non più.

Martha annuì. Il Dottore sapeva che non aveva capito, ma non aveva tempo e gli bastò. Le prese il viso tra le mani e la baciò.

Quando Martha riaprì gli occhi, il Dottore se n’era andato. “Quello era niente?” aveva il respiro affannato e questa volta non era a causa della mancanza d’ossigeno.

 

………¿DW?………

 

Riuscì a trovare il laboratorio seguendo le indicazioni sulle targhette che erano state affisse lungo i corridoi. Entrò senza far rumore. L’agente del tempo era seduta a uno dei tavoli, gli dava le spalle mentre insultava pesantemente quello che sembrava essere una sorta di prototipo per un cacciavite sonico. Indossava una giacca di pelle blu e aveva dei lunghi capelli biondi che le cadevano sulle spalle. Nel complesso aveva un aspetto tremendamente familiare ma non ci fece caso. Tutto per lui aveva un aspetto familiare a questo punto. Soprattutto quell’aspetto.

Fece un passo avanti. “Ha visto, ci sono quei cosi!” esclamò fingendo una voce spaventata. “Quei…” e l’agente del tempo si girò. Il Dottore cercò di finire la frase, di dire ‘quei grossi rinoceronti spaziali’ ma la voce gli morì in gola.

Rose Tyler lo stava fissando dall’altra parte della stanza, con degli occhiali dalla grossa montatura nera sul naso. Si alzò in piedi di scatto, facendo cadere per terra il prototipo di cacciavite sonico e un vaso, che andò in frantumi. Si tolse gli occhiali con mani tremanti e se li mise in tasca. Lo guardò con il cuore che le batteva a mille. Il labbro le tremò prima che riuscisse a trovare la voce per parlare. “D-Dottore?!” balbettò insicura. Fino a quel momento non era stata sicura di essersi trovata nell’universo giusto. Gli occhi le si riempirono di lacrime.

“Rose!” urlò il Dottore e si corsero incontro.

Si abbracciarono stretti. Nessuno dei due sembrava voler lasciare andare l’altro. Il Dottore affondò il viso nei suoi capelli riacquisendo familiarità con il suo odore, con il calore della sua pelle, con il battito del suo cuore, con la forma del suo corpo. Lei stava facendo la stessa cosa.

Erano lì, insieme. Nello stesso universo, nella stessa stanza, e all’improvviso tutto sembrò tornare al suo posto. Tutto aveva di nuovo un senso. Tutto aveva di nuovo uno scopo.

Si separarono appena il necessario per potersi guardare negli occhi. Il Dottore le portò le mani al viso per tenerla ferma, per poterla osservare in ogni più piccolo dettaglio come non aveva potuto fare quel giorno sulla spiaggia. Le asciugò una lacrima, accarezzandole una guancia con il pollice. I loro visi erano così vicini che potevano respirare uno l’aria dell’altro.

Rose. Rose. Rose. Era l’unica cosa che riusciva a pensare la sua mente ma erano in pericolo e si costrinse a ragionare. “Com’è possibile?” le chiese senza lasciarla andare. “Sei tu l’agente del tempo che stanno cercando?” Rose.

“Ero nell’altro universo” cominciò a spiegare Rose. Il Dottore la abbracciò con forza e la ragazza appoggiò la testa sul suo petto mentre continuava a parlare, ascoltando il doppio battito dei suoi cuori. “Un agente operativo per Torchwood. Mickey ed io eravamo in missione sotto copertura per la Proclamazione Ombra presso uno dei loro stabilimenti scientifici” Rose sospirò, stringendo le braccia intorno al busto del Dottore. “Alcuni dei loro scienziati avevano scoperto che creando una fessura nel tessuto dell’universo, questa provoca una quantità spropositata di energia, e stavano programmando di vendere questa scoperta al miglior offerente. Credevamo di averli fermati in tempo ma la fessura uscì dal loro controllo e si allargò” Rose alzò lo sguardo per poter guardare il Dottore negli occhi. “E l’ho capito subito.”

“Che cosa?” il Dottore non si mosse di un millimetro.

“Che era un portale per poter tornare da te” rispose semplicemente Rose lasciando sbucare la lingua tra i denti con quel sorriso che il Dottore amava tanto. Ricambiò il suo sorriso. Non ricordava l’ultima volta che era stato così felice…oh, ma chi prendeva in giro. Lo sapeva benissimo. Era stato con lei, sempre quando era con lei.

“E poi?”

“E poi mi sono risvegliata in una camera blindata della Proclamazione Ombra di questo universo ma un Judoon mi ha scoperta e ha cominciato a spararmi contro. Ho afferrato un Manipolatore del Vortice e gli ho lanciato contro un paio di vasi. Purtroppo uno ho finito per portarmelo dietro! È quello che cercano, credo. Stavo cercando di ripararlo per poterglielo restituire ma il mio cacciavite sonico è solo una porcheria!”

“Oh, Rose Tyler” esclamò il Dottore che sorrideva così tanto da avere male alla faccia. Le prese un polso tra le dita, il polso con il manipolatore attaccato, e lo alzò all’altezza dei suoi occhi. “Non è il vaso che stanno cercando ma questo!”

Rose spalancò la bocca esterrefatta. Tutta quella fatica…per il manipolatore? “Dobbiamo restituirglielo!”

Il Dottore la prese per mano e le sorrise. Finalmente tutto era di nuovo come doveva andare, con la mano di Rose Tyler stretta nella sua. “Andiamo!”

I Judoon entrarono nel laboratorio, seguiti da Martha Jones, prima che potessero fare un passo e puntarono le armi verso Rose. Martha doveva aver spiegato loro la situazione.

Subito il Dottore fece un passo di lato e si mise tra Rose e i Judoon. “Aspettate! Abbiamo il manipolatore!”

“Consegnate il Manipolatore o verrete giustiziati” fu la risposta lapidaria del Judoon capo.

Il Dottore vide Martha perdere conoscenza con la coda dell’occhio, ma avrebbe avuto tempo per occuparsene dopo. “Sì! Sì! Sì!” assicurò in fretta. Si giro verso Rose, tanto le spalle ai Judoon ma restando sempre tra lei e le loro armi. Sganciò le cinghie del manipolatore e si affrettò a porgerlo ai Judoon. “Secondo l’emendamento 37 della Proclamazione Ombra qualsiasi assicurazione di non utilizzo della violenza da parte dei suoi associati rappresenta legge e potrà non essere mantenuta solo in caso di una grave trasgressione da parte di terze parti” farfugliò il Dottore a cento miglia all’ora. “Vedete? Vi restituiamo il Manipolatore! Nessuna legge infranta! Prendete!”

Non ci sarebbe stato il bisogno di dire niente perché i Judoon si limitarono a prendere il manipolatore e andarsene. “Prova giudiziaria per il processo numero 22113. Recuperata.”

Rose e il Dottore aspettarono che si allontanassero prima di lanciarsi di nuovo uno nelle braccia dell’altro. Rimasero così per alcuni istanti, poi furono costretti a lasciarsi andare.

Il Dottore si accucciò accanto a Martha, svenuta per la mancanza di ossigeno. Si stupì della resistenza che stava dimostrando Rose, ma forse, ipotizzò, l’aria nel Mondo di Pete aveva una densità diversa e si era abituata a respirare una diversa concentrazione di ossigeno. Sollevò Martha tra le braccia e uscì dal laboratorio, assicurandosi che Rose fosse accanto a lui.

“Chi è?” gli chiese timidamente mentre distendeva la ragazza su uno dei lettini vuoti dell’ospedale. Appena ebbe di nuovo le braccia libere riprese Rose per mano. Non l’avrebbe lasciata andare mai più. “Martha Jones” rispose. “Mi stava aiutando.”

Rose utilizzò la mano libera per spostarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “E…viaggia con te?”

“Rose” fece il Dottore commosso. La tirò verso di sé per poterla abbracciare ancora una volta. “Non c’è stato nessun altro.”

Restarono di nuovo così, non c’era davvero nessun altro posto dove volessero essere, davanti a una delle grandi finestre dell’ospedale. Rose cominciava ad avere il respiro un po’ affannato.

“Bypass respiratorio” gli fece con un risolino. Spostò di nuovo la testa contro il suo petto. Sospirò. “Che invidia.”

Lui strofinò il viso contro i suoi capelli. Non riusciva a crederci di avere davvero Rose tra le braccia. Erano di nuovo insieme. Aveva avuto il suo miracolo. “Guarda” le disse. “Piove sulla Luna”.

 

………¿DW?………

 

La prima cosa che Martha fece, quando riacquistò conoscenza, fu uscire da quell’ospedale ma non andò molto lontano. Dei paramedici la bloccarono e la fecero sedere sul retro di un’ambulanza con una bombola di ossigeno, come tutti gli altri. Martha conosceva bene le conseguenze di carenza di ossigeno e non si oppose. Anche quando ritenne di averne avuto abbastanza, rimase seduta lì, a fissare nel vuoto. A pensare a cos’era successo. L’ultima cosa che ricordava era di aver portato i Judoon nel laboratorio per le analisi e il Dottore che parlava con l’agente del tempo.

“Martha!” disse qualcuno distogliendola dai suoi pensieri.

Martha balzò in piedi e corse ad abbracciare la sorella.

“Oh mio Dio, credevo che fossi morta! Cos’è successo? E’ stato stranissimo!” Trish continuò a parlare dell’accaduto, di quello che aveva cercato di fare la polizia, della loro mamma. Martha però non stava ascoltando. Vide il Dottore, dall’altra parte della strada: camminava mano nella mano con quell’agente del tempo bionda. Insieme entrarono in una vecchia cabina della polizia. Decise di andare a salutarli: si girò verso Trish per dirglielo ma quando voltò di nuovo la testa la cabina della polizia era sparita… e così il Dottore e l’agente del tempo.

 

………¿DW?………

 

Il Dottore, nel TARDIS, con Rose Tyler: proprio come dovrebbe essere.

Si chiusero la porta alle spalle e il Dottore non le lasciò andare la mano nemmeno quando cominciò ad azionare i comandi del TARDIS per spedirla nel Vortice.

Rose lo osservò in silenzio, un sorriso felice che le aleggiava sulle labbra. Si sedette sul sedile del capitano per non dargli fastidio mentre pilotava. Corrugò le sopracciglia: si era seduta sopra a qualcosa. Usò la mano libera per controllare e si ritrovò a stringere la sua camicetta rosa, quella che aveva indossato su Nuova Terra, quella che aveva lasciato sulla poltrona nella sua stanza, e una confezione di aspirine. Gli occhi le si riempirono di lacrime davanti alle implicazioni di ciò che teneva in mano. Oh, Dottore… pensò con una fitta al cuore.

Lo tirò verso di sé e gli abbracciò la schiena, nascondendo il viso nella sua giacca blu. Lui si girò per poterla circondare a sua volta con le braccia e rimasero così, semplicemente.

Erano di nuovo così vicini, solo pochi centimetri l’uno dall’altro. Il respiro di entrambi era pesante, carico di aspettativa. Il Dottore non riuscì a impedirsi di abbassare lo sguardo sulle labbra di Rose.

I cuori gli cominciarono a battere sempre più forte nel petto mentre cercava di prendere la decisione giusta per entrambi. Si chinò in avanti, esitante. Ancora un centimetro e le loro labbra si sarebbero sfiorate. Vide quelle di Rose dischiudersi delicatamente, poteva sentire il suo respiro sulla pelle, ma alla fine si limitò a sospirare e ad appoggiare la fronte contro quella di Rose.

La ragazza lasciò andare un sospiro. Chiuse gli occhi, cercando di nascondere il disappunto. “Quanto tempo è passato per te?” gli chiese accarezzandogli il viso con la punta delle dita.

“Sei mesi, due giorni fa” fu la risposta. “Tu?”

Rose riaprì gli occhi e lo guardò. “Due anni” rispose mentre la bocca le si incurvava in un sorriso triste.

“Oh, Rose…mi dispiace. Mi dispiace tanto.”

Rose si separò la lui, appoggiando di nuovo la schiena contro il sedile su cui era ancora seduta, ma mantenne le braccia connesse con le sue, con le mani strette intorno si suoi avambracci. “No, a me dispiace. Se solo non avessi lasciato andare quella stupida leva…” si morse un labbro ripensando a quel giorno, i suoi occhi guardavano un punto distante alle sue spalle. Poi gli sorrise e tornò a guardare solo lui. “Ma sono qui adesso.”

Il Dottore ricambiò il sorriso, era sicuro che niente avrebbe più potuto farlo smettere di sorridere. “Per quanto tempo?”

Rose rise. Stringendo con forza le mani intorno ai suoi avambracci. “Per sempre” promise.

 

 

NDA: E dan dan dan! Nuovo capitolo…mooolto più in anticipo del previsto! xD Ma dal momento che dovevo comunque aggiornare la storia su Final Fantasy ho pensato di aggiornare anche questa!
Non ho molto da dire su questo capitolo se non “hurray si sono ritrovati”. Sto pensando a qualche considerazione che potrei fare ma non mi viene in mente niente…se non magari che mi rendo conto che l’inizio, con Rose e Mickey in missione sia un po’ affrettato ma…seriamente avrei potuto renderlo un capitolo a parte con una storia di sei pagine e non sarebbe fregato niente a nessuno…quindi ci accontentiamo di quella parte ai fini della storia! Spero vi sia piaciuto il modo in cui la presenza di Rose ha stravolto il capitolo! Se vi chiedete che fine ha fatto il plasmivoro...vedendo che l’ospedale era già sotto controllo ha cercato di fuggire su un altro pianeta ed è stata catturata durante lo spostamento. Tié. Meno morti per noi! <3 Alla prossima! Nonostante questo capitolo intermedio, credo comunque che pubblicherò il prossimo lunedì! Un bacio a tutti…e commentante pigroni!

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Doctor Who / Vai alla pagina dell'autore: claudineclaudette_