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Autore: Moni96    21/03/2013    1 recensioni
-Aiutami- riuscì a sussurrare un secondo prima di svenire. –Mi stanno cercando
-Ti aiuterò, lo prometto.
Ma perché avrebbe dovuto aiutare quella persona? Chi era? Perché la inseguivano?
Questa è la mia prima storia... spero che vi piacerà
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Le si avvicinò da dietro e le tappò la bocca con la mano per non farla urlare mentre la spingeva in camera chiudendo la porta a chiave. Le legò mani e piedi al letto per non farla muovere mentre lei si ribellava cercando di tirargli calci e pugni. Lui le accarezzò il corpo. Approfittando del fatto che l’uomo aveva le mani occupate, Cassidy cominciò a urlare chiamando Jason. L’uomo la colpì in viso. –Zitta! Quel ragazzino non potrà aiutarti. Stanotte sarai mia-.
Detto questo, posò le sue luride labbra su quelle della Lettrice. La barba ispida le pungeva il viso mentre lei cercava di scostarsi, senza risultato. In preda al panico cominciò a piangere. L’uomo si alzò iniziando a spogliarsi, e lei urlò ancora. Lui le strappò i vestiti e le si avvicinò. –Zitta! Lo so che mi vuoi- e la colpì ancora e ancora, finché lei non perse i sensi.

Dalla sua stanza Jason sentì un urlo. Sembrava la voce di Cassidy. Si alzò di scatto e andò a vedere. La porta era chiusa a chiave e dall’interno si sentivano dei tonfi sordi.
-Cassidy, stai bene?-.
Non ricevette risposta.
-Cassidy? Posso entrare? Dai, apri, non fare scherzi!-.
Ancora niente.
Prese la rincorsa, deciso a buttar giù la porta, e vi si abbatté contro una, due, tre volte finché non la scardinò. Cassidy era legata al letto priva di sensi. I suoi vestiti erano strappati su tutto il corpo e il viso era pesto. L’uomo, che stava sopra di lei, la stava ancora picchiando e stava per prenderla. Tutto successe velocemente. Il suono del pugnale estratto dal fodero, uno schizzo di sangue e la testa dell’uomo che rotolava sul pavimento creando un lago rosso. .
Quell'uomo nemmeno si era accorto di Jason che gli era saltato al collo e gli aveva rotto una spalla prima di ucciderlo. Non si era accorto dell’urlo disumano del ragazzo quando l’aveva sgozzato. Non aveva opposto resistenza. Senza saperlo, aveva collaborato perfettamente alla sua morte. Aveva facilitato le cose. Il resto del corpo si accasciò sulla ragazza ricoprendola del liquido caldo. Jason si affrettò a slegare Cassidy e a portarla in bagno. La adagiò nel catino e le lavò via di dosso il suo sangue e quello di quel mostro. Poi la rivestì con un nuovo abito e la portò in camera sua, posandola sul letto. Si sedette su uno sgabello accanto al giaciglio; restò a guardarla a lungo, poi posò la testa sul materasso e si addormentò.

Sognò quell’uomo. Lo stava cercando, voleva vendicarsi. Teneva la testa sottobraccio e si avvicinava con fare minaccioso al ragazzo ripetendo: “Mi hai ucciso”. Jason cercava di allontanarsi, ma ogni passo lo portava sempre più vicino. L’uomo prese un coltello e tagliò la gola del ragazzo, che era paralizzato dalla paura. Cadde a terra rantolando. Poi nel sogno apparve Cassidy che piangeva sulla sua toma. Era cresciuta e teneva un bambino per mano e gli raccontava, tra un singhiozzo e l’altro, di quel ragazzo che la aiutò quando quel grande uomo cattivo le fece tanto male. Il bambino assomigliava terribilmente al mostro che Jason aveva appena ucciso. Quindi era arrivato troppo tardi? O non era mai arrivato ed è stato solo un sogno? No, Jason l’aveva ucciso. Aveva ammazzato un uomo, spezzato una vita. Era un assassino. Poi il sogno cambiò di nuovo e vide la sua anima nelle viscere della Terra, scossa da atroci sofferenze, costretta a stare immersa in un lago di sangue mentre bambini mostruosi la accoltellavano e dei vermi dilaniavano le sue membra all’infinito, mangiandogli gli occhi, entrandogli nelle orecchie e uscendogli dalla bocca. Si svegliò di soprassalto, madido di sudore e pallido come uno spirito. Guardò Cassidy che ancora dormiva. Le accarezzò una guancia piangendo. Si alzò e, presa una candela, andò in bagno. Era notte fonda. Versò dell’acqua nel catino e si spogliò, poi vi si immerse fino al collo. Non poteva, non voleva pensare a ciò che aveva fatto. Chiuse gli occhi cercando di liberare la mente, ma l’immagine di quell’uomo steso a terra senza testa continuava a perseguitarlo. Si concentrò su Cassidy e gli apparve il suo viso insanguinato. Una rabbia incontrollata lo assalì quando pensò al suo corpo seminudo legato al letto. Riaprì gli occhi cercando di calmarsi. Quell’uomo doveva morire. Non doveva sentirsi in colpa per quello che era successo. Eppure non ci riusciva.

   
 
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