Titolo: Crossed Times
Autore: Lien
Capitoli: 15/?
Rating: R (ma conta di arrivare a NC-17)
Pairing: Tom/Harry
Altri Personaggi: Hermione Granger, Minerva McGranitt, Luna Lovegood, Draco Malfoy,
altri…
Avvertimenti: Slash, Slash e
ancora Slash
Capitolo 15. Patroni
“Prima di iniziare la lezione, ho un annuncio da
fare.” Esordì il Professor Donill
dopo aver aspettato che ci fosse l’assoluto silenzio
nell’aula. “C’è un nuovo studente che sta frequentando il sesto anno a
Serpeverde: Harry Evans. Prego, Signor Evans, si alzi e si mostri alla classe.” Disse invitando il ragazzo con una mano ad alzarsi in
piedi.
Harry, leggermente a disagio, spostò la sedia
indietro e si alzò, diventando immediatamente il centro dell’attenzione della
classe per quella che gli sembrò essere un’eternità, prima che il Professore
gli facesse segno di sedere.
“Il Signor Evans però, essendo arrivato soltanto
pochi giorni fa, non è ancora stato testato per i G.U.F.O., quindi tecnicamente non frequenterà ancora questo corso.”
Si rivolse direttamente a Harry. “Seguirai la lezione e potrai prendere
appunti, ma non sarai tenuto a partecipare attivamente.”
Lo disse con un tono che suggeriva che non gli piacesse affatto avere studenti
non autorizzati nella sua classe.
“Si, signore.” Rispose semplicemente Harry annuendo
col capo.
Il Professore lo squadrò per qualche istante con i
suoi occhi scuri, prima di rivolgersi nuovamente alla classe. “Riprenderemo la
lezione da dove l’abbiamo lasciata l’ultima volta. Qualcuno può gentilmente
rinfrescare a tutti la memoria? Signorina Rosier?”
Heidi abbassò la mano e recitò.
“Abbiamo parlato dei Patronus, di come sono l’unica
difesa contro i Dissenatori e altre pericolose
creature magiche come i Letifold.”
“Esatto, cinque punti a
Serpeverde.” Assegnò Donill. “Ora, parliamo delle
altre funzioni che un Patronus può avere, alcune le
potrete trovare solo usando l’immaginazione. Si, Signor Barton?”
“Si può, con il giusto incantesimo, far riferire al
proprio Patronus un messaggio o, semplicemente
dandogli alcune istruzioni, fare in modo che faccia da guida ad un'altra
persona.” Rispose un ragazzo di Corvonero.
“Anche questo è esatto, dieci punti a Corvonero. Si signor Mulchiber?” disse
indirizzando Marcus, che aveva teso il braccio in
aria.
“Signore, ma come si possono dare delle istruzioni
ad un Patronus? Non sono esseri viventi e di solito
spariscono dopo poco.” Domandò il Serpeverde.
Il Professore osservò il resto della classe, tra
cui alcuni Corvonero che discutevano già la risposta alla domanda.
“Cinque punti in meno a Corvonero per chiacchiere
inutili: se avete delle domande o delle teorie, potete esporle a tutta la
classe.” Disse, fulminando con lo sguardo i due
studenti. “Qualcuno sa rispondere alla domanda del compagno? No? Molto bene.” Cominciò a passeggiare avanti e indietro davanti alla
cattedra mentre spiegava. “Allora, prima di tutto i Patronus, come ha detto Mulchiber,
non sono esseri viventi, ma esseri formati dai ricordi più felici di ogni
persona.
Come è possibile, quindi, che capiscano delle
istruzioni? Non hanno una coscienza propria. Non sono esseri senzienti,
ma esseri tangibili che vengono evocati – badate bene, evocati, non
creati – al momento del bisogno. I Patronus esistono
all’interno di ogni mago, a dispetto del fatto che vengano
evocati o no. Un mago può non imparare mai
l’incantesimo per evocarlo, ma questo non significa che egli non abbia un Patronus, semplicemente che non lo può richiamare.”
Gli unici suoni presenti nell’aula erano quelli
delle penne che scrivevano sulle pergamene per prendere appunti e i passi del
Professore.
“Ora, per quanto riguarda la durata
dell’evocazione, c’è un pregiudizio molto comune in circolazione: il pensare
che il Patronus resti corporeo tanto a lungo quanto
più era felice il ricordo che lo ha evocato. La realtà è ben diversa. È vero
che più il ricordo è felice, meglio riesce l’evocazione, ma una
volta evocato, un Patronus dura per tutta la
durata del bisogno che, anche inconsciamente, è dettata dal mago. Quello, o a seconda della potenza magica del mago in questione.”
Una ragazza di Corvonero alzò la mano e Donill le diede la parola. “Professore, da cosa dipende la
forma che un Patronus assume?”
“La forma è soggettiva, dipende da chi lo evoca ed
è diversa di mago in mago. Un Patronus è sempre un
animale o, in casi più rari, una creatura magica e sebbene è normale che
esistano due persone con la stessa specie di Patronus,
gli esemplari singoli non saranno mai uguali. È inoltre possibile che un Patronus cambi forma, a seguito di un forte trauma o altri
avvenimenti significativi nella vita del mago.”
Rudolf alzò la mano. “In quali
campi lavorativi è obbligatorio o consigliato imparare l’Expecto
Patronum?”
“Legittima domanda.” Rispose Donill,
smettendo di andare avanti e indietro e appoggiandosi alla cattedra. “Imparare
ad evocare un Patronus è consigliato a tutti per ovvi
motivi di sicurezza, ma non tutti ci riescono. Per gli Auror
è obbligatorio e anche chi sceglie le branche legali del Ministero della Magia
dovrebbe esserne capace. Poi, ovviamente, per chiunque abbia intenzione di
lavorare ad Azkaban – si, signorina Grey, c’è chi sceglie di lavorare ad Azkaban
– o finisce in quel dipartimento in ogni caso.”
Rispose allo sconcerto di una ragazza seduta qualche fila più indietro di Harry
il quale, doveva ammettere, aveva pensato la stessa cosa.
“In ogni caso,” continuò
il Professor Donill, “non è qualcosa di cui vi
dobbiate preoccupare ora, visto che rientra solo nei corsi avanzati del settimo
anno, facoltativi per chiunque non intenda perseguire una delle carriere prima
elencate.”
Diversi lamentele si levarono dagli alunni:
“Quindi niente pratica?” o “Uffa, io volevo una dimostrazione!”
Il Professore ghignò leggermente nel sentire le
proteste della classe. “Se volete una dimostrazione – visto che gli alunni
siete voi – rivolgo la domanda a tutti: c’è qualcuno in questa classe capace di
evocare un Patronus?”
Sbuffi e “Non è giusto…” riempirono l’aula, ma Harry non ascoltava nessuno. Beh, lui sapeva
evocare un Patronus, ma Donill era stato chiaro nel
fargli capire che non voleva che intervenisse. Guardò le espressioni deluse dei
suoi compagni di classe. In fondo, aveva rivolto la domanda a tutti…
Alzò la mano.
Il Professore, nel vedere il braccio alzato di
Harry, sollevò un sopraciglio. “Signor Evans, mi era sembrato di averle detto
che non era tenuto a partecipare attivamente alla lezione. Se ha una
domanda, può pormela alla fine dell’ora.”
Harry arrossì leggermente, ma non si diede pervinto. “No, signore, non è una domanda. È che lei ha
chiesto chi sapeva evocare un Patronus…”
Donill lo osservò attentamente,
puntando gli occhi scuri in quelli falso nocciola dell’altro. “Mi vuole dire,
Signor Evans, che lei è in grado di evocare un Patronus?”
Harry poteva sentire tutti gli sguardi della classe
sulla sua nuca, ma annuì e rispose: “Si, signore.”
Mormorii e commenti cominciarono a levarsi dagli
altri studenti, ma Donill li
zittì tutti con un’occhiata. “Un Patronus corporeo,
signor Evans?” all’assenso del ragazzo, aggiunse “E che forma assume?”
“Un cervo, Professore.” Rispose prontamente Harry.
Dopo qualche secondo di pausa, in cui i mormorii
della classe ritornarono in vita, Donill si portò di
fianco alla cattedra e sventolò una mano in direzione dello spazio vuoto di
fronte a sé. “Allora prego, signor Evans, la classe è tutta sua.”
Harry, leggermente a disagio sotto gli sguardi di
tutti e pensando che se non doveva dare nell’occhio, ci stava davvero riuscendo
da schifo, si alzò dal proprio banco e camminò di fronte alla classe. Arrivato
davanti alla cattedra, estrasse la bacchetta e chiuse gli occhi, cercando di
isolarsi dai tanti commenti che i suoi compagni si stavano sussurrando tra di loro.
‘Un ricordo felice, un ricordo
felice…’ si ripeteva tra sé e sé mentre raccoglieva la concentrazione. Poi lo
trovò: dopo il primo raid dei Mangiamorte che avevano
respinto, quando lui e la sua squadra si erano guardati intorno, un po’ stupiti
di essere tutti interi, un po’ increduli di esserci davvero riusciti. E aver
potuto abbracciare tutti ancora lì, tra le macerie della loro vittoria,
saltando dalla gioia per avercela fatta e ringraziando il cielo di essere tutti
vivi.
Sorridendo, Harry spalancò gli occhi ed esclamò: “Expecto Patronum!”
Una nuvola argentea esplose dalla punta della sua
bacchetta, prendendo rapidamente forma del famigliare cervo dalle maestose
corna. Ramoso, sotto gli sguardi meravigliati della classe, cavalcò fino alla
porta e tornò indietro, iniziando a trottare in mezzo ai banchi.
Si fermò di fianco a Meredith, scostandole una mano
con un piccolo cenno del muso e facendola sorridere intenerita. Arrivò fino al
posto di Orion, trotterellando intorno al suo banco con aria allegra. Poi però,
arrivato dall’altro lato dell’aula, improvvisamente si bloccò.
Harry vide Ramoso abbassare la testa e mettere
minacciosamente in mostra le grandi corna, puntare gli zoccoli per terra e
scalciare nervoso con le zampe di dietro, sbuffando dalle narici. Il ragazzo
non capiva perché improvvisamente si fosse messo in posizione di carica e
sembrasse intenzionato a portare a termine il suo attacco, finché non vide chi
il cervo aveva davanti: Tom.
“Ramoso, no!” urlò Harry appena capì il perché del
suo comportamento.
Il cervo, voltando il muso verso il suo padrone, lo
vide scuotere la testa e abbandonò il suo assalto, continuando a trottare verso
il fondo dell’aula, lasciando un Prefetto leggermente confuso e Orion che
esclamava, con finta voce mielosa “Che tenero, ha anche un nome!”. stupefacente
“Signor Evans,” interruppe
il Professor Donill, “se per piacere può far finire
questo teatrino…”
Harry arrossì “Ma certo, signore. Ramoso!” chiamò
nuovamente il Patronus, “Vieni qui.”
Il cervo saltellò un’ultima volta in mezzo ai
banchi prima di tornare al passo e raggiungere il padrone che aveva alzato una
mano per accarezzargli il muso, proprio come aveva fatto quella prima volta in
riva al lago, quando aveva salvato Sirius da un
centinaio di Dissennatori. Pensare al padrino gli
faceva ancora stringere un nodo alla gola, ma guardando gli occhi argentei del
cervo, straordinariamente umani, non poté fare a meno di pensare:
‘Mi perdonerai mai per averlo
ucciso, papà?’
Per quanto ne sapeva Harry, i Patronus
non potevano leggere nei pensieri del proprio mago, ma
Ramoso sembrava in qualche modo aver capito comunque perché, alzando il muso,
diede un’ultima leccata alla mano del suo padrone prima di svanire in una
nuvola d’argento.
In quel preciso momento la campanella suonò e il
Professor Donill dovette alzare parecchio la voce per
sovrastare il rumore delle sedie che si spostavano e delle chiacchiere che si
levavano per poter farsi sentire nel dare i compiti.
Harry tornò al proprio banco per raccogliere le sue
cose e lì incontrò l’espressione meravigliata di Meredith.
“Un Patronus! Sai
evocare un Patronus!” esclamò euforica, messa per un
attimo la timidezza da parte. “Oh, come sono invidiosa, ho sempre desiderato
riuscirci anch’io, ma tutto quello che veniva fuori era un’informe nube
argentea…” aggiunse abbassando gli occhi.
Harry le sorrise. “Se vuoi posso insegnartelo.” Disse, e vedendola alzare la testa con aria speranzosa aggiunse “Quando ero a casa l’ho insegnato a diversi amici,
non è così difficile come sembra.”
“Davvero lo faresti?” chiese lei, con una nota di
preghiera nella voce.
“Certo, perché no?” rispose il ragazzo. Poi,
pensandoci un po’ su aggiunse “Ma magari dopo i miei G.U.F.O., quando avrò un po’ più di tempo.”
“Va benissimo! Benissimo!” rispose lei esaltata,
saltellando in maniera che a Harry ricordava un po’ Dobby quando gli veniva dato
un nuovo incarico. Lui sorrise divertito d’aver suscitato tanta euforia, ma
rimase di stucco quando, evidentemente presa
dall’entusiasmo, la ragazza lo strinse in un abbraccio improvviso.
Quasi immediatamente però, Meredith sembrò
risvegliarsi, perché lo lasciò andare di scatto arrossendo fino alla punta dei
capelli e biascicando scuse a raffica.
“Oddio, scusa… non volevo… cioè, non…”
ma non trovando le parole si risolse ad abbassare la testa e nascondere
gli occhi dietro i suoi boccoli. “Chissà cosa penserai, mi conosci da un’ora e
ti sono praticamente saltata addosso…”
Harry rise, sventolando una mano in segno di
diniego. “Ma figurati, lo prendo come un gesto di gratitudine.”
Prima che Meredith potesse
rispondere, il ragazzo sentì una voce alle proprie spalle.
“Harry, Harry, ti fai mettere le mani addosso da lei ma non da me?” disse Orion con finta voce addolorata,
tenendosi una mano sul cuore, “Mi ferisci.”
Harry gli tirò una spintarella, mezzo divertito e
mezzo imbarazzato. “Ma smettila, che se tu mi mettessi le mani addosso
mi ritroverei senza pantaloni in meno di cinque secondi.”
Orion scoppiò a ridere, prima di fare l’occhiolino.
“Vero. Almeno però, abbi le cortesia di presentarmi
questa fanciulla che, stranamente, mi sembra proprio di non conoscere.” Disse
spostando Harry da un lato e portandosi di fronte a Meredith.
Harry roteò gli occhi al cielo. “Orion, Meredith Donill. Meredith, Orion Black.”
Orion raccolse la mano della ragazza e ci diede un
piccolo bacio sopra. “Incantato.” Disse con un sorriso, facendo arrossire
furiosamente la poverina. “Donill hai detto? Ma non
è…? Ah, so chi sei!” esclamò improvvisamente. “Sei la bimba prodigio che ha
saltato due anni di seguito! La figlia del professor Donill!”
“Professore che ti sta guardando piuttosto male,
visto il modo in cui stai importunando sua figlia.” Lo
interruppe Harry divertito.
Orion impallidì di colpo e si voltò di scatto, ma
il Professor Donill era voltato di schiena, intento a
discutere con uno studente di Corvonero, senza aver dato alcun segno di essersi
accorto dei due ragazzi che parlavano con la figlia.
Black si voltò di nuovo verso Harry che, assieme a
Meredith, stava facendo di tutto per trattenere le risate. “Questa me la paghi
Evans.” Disse, ma il suo tono non conteneva in realtà
nessuna minaccia. “Comunque, ero venuto perché Tom voleva…” si voltò ma, non trovando nessuno, si grattò la testa. “Ehi, ma
dov’è finito? Era qui fino ad un secondo fa!”
Harry e Meredith si scambiarono uno sguardo.
“Orion, sei venuto da solo, non c’era Tom con te.”
Ma il Serpeverde si era girato ed aveva esclamato:
“Ehi Giselle! Hai mica visto
dov’è andato Tom?”
La bionda, in piedi a qualche banco di distanza che
sistemava i libri, ci pensò un attimo su, prima di parlare. “Uhm, Tom? Ah si! È
uscito solo poco tempo fa, ed anche piuttosto di fretta. Se fossi in te lo
lascerei un po’ stare, non sembrava essere particolarmente di buon umore, anzi,
continuava a borbottare qualcosa sottovoce, uhm… qualcosa come “Stupido edan” o “Stupido etans” qualunque
cosa voglia dire. Anzi,” aggiunse guardando Harry,
“probabilmente era “Stupido Evans”, non gli hai fatto niente tesoro, vero? Non
vorrei doverti dire addio ad appena una settimana dal tuo arrivo.”
Harry spalancò gli occhi con aria sorpresa. “No che
non gli ho fatto niente! Vero Orion?”
Ma l’altro Serpeverde stava scuotendo la testa con
un piccolo sorrisetto. “Quel ragazzo è davvero senza speranza.” Poi, senza dare
altre spiegazioni, si rivolse nuovamente ai due. “Allora, andiamo? Meredith,
cos’hai tu adesso?”
“Aritmanzia.” Rispose lei
con la ritrovata vocina flebile, evidentemente non ancora del tutto a suo agio
con il secondo Serpeverde conosciuto nel giro di un’ora.
“Al quarto piano se non sbaglio. Harry, noi abbiamo
Storia della Magia: visto che è sulla strada, che ne dici di accompagnare la
nostra nuova amica alla sua prossima classe?”
Harry avrebbe naturalmente accettato con entusiasmo, ma Orion non gli diede nemmeno il tempo di fare
quello, che già aveva esclamato: “Perfetto! Ragazza, permettimi di portarti la
borsa, libri troppo pesanti per spalle così giovani.”
Prese la tracolla di Meredith e se la mise su una spalla, avviandosi verso la
porta, “Aritmanzia? Anch’io seguo quel corso, ma c’è
un passaggio dell’equazione di Cassandra che non riesco bene a capire, tu ne
sai qualcosa?”
Mentre Orion esponeva il suo problema alla
Corvonero la quale, una volta entrati nell’argomento
scuola, era molto più sicura di sé e sciolta nel parlare, ad Harry tornò in
mente il Prefetto.
“Ehi Orion, ma Tom?”
Il ragazzo di risposta si limitò ad un ghigno
sornione. “Oh, quando se la sentirà ritornerà coi piedi per terra da solo, non
ti preoccupare.” Disse uscendo nel corridoio e
lasciando un Harry confuso ad affrettarsi per raggiungerlo.
Pochi minuti prima…
La campanella era appena suonata, e Harry era fermo
in mezzo alla classe, con una mano ancora alzata da dove aveva accarezzato il
muso del suo Patronus.
Orion si alzò dalla sedia stiracchiandosi,
osservando il compagno di Casa raggiungere il proprio banco. Si voltò a sinistra e, una volta individuato il banco di Tom, si
diresse verso di lui. Il Prefetto aveva le sopracciglia aggrottate e un’aria
pensierosa stampata in volto.
“Stai pensando all’ultimo exploit di Harry?” chiese
per attirare l’attenzione una volta che si fu avvicinato. “Sono rimasto di
stucco anch’io. Evocare un Patronus… e chi l’avrebbe
mai detto?” disse. Poi, pensando al comportamento del cervo, rimuginò ad alta
voce: “Però hai visto che stano? Mi è sembrato quasi che ti volesse attaccare,
chissà perché.”
“Già, chissà perché…” sussurrò il Prefetto, unico
segno che diede di aver udito il compagno di Casa.
“Comunque non ha importanza.” Continuò Orion
imperterrito, “Dai, andiamo da lui, così ti puoi scusare.”
Tom, ancora soprappensiero, si alzò e borbottò un distratto
“Si, certo.” Poi, assimilando le parole dell’altro, si
fermò di colpo. “Cosa?! Scusarmi? E di ché?”
Orion roteò gli occhi, ma spiegò con tono
accondiscendente. “Scusarti con Harry per averlo mollato lì da solo stamattina
a colazione. Tutto per seguire il caro Alden.” Aggiunse, pronunciando il nome del ragazzo come se fosse
stato qualcosa di particolarmente disgustoso.
Tom assottigliò gli occhi. “Tu sei di parte quando si tratta di Alden e
comunque Evans non ha bisogno di una balia, se la sa cavare benissimo da solo.”
“Tu dì pure quello che vuoi, ma io credo che Harry
se la sia presa.” Ribatté Orion.
Tom si voltò verso il ragazzo in questione, che
stava chiacchierando con una ragazzina sedutagli di fianco. “E come fai a
dirlo?”
Orion ghignò tra sé e sé, avendo suscitato la
reazione prevista. “Beh, non ti ha nemmeno salutato quando
sei entrato in classe…”
“Ma che dici, non mi ha neanche visto
entrare in classe.” Ribatté il Prefetto, senza però
smettere mai di osservare Harry.
“Se lo dici tu…” rispose Black, prendendo poi per
un braccio il Prefetto, facendolo voltare nuovamente verso di lui. “Dai, che se
la sia presa o no, non è stato un comportamento carino da parte tua, quello di
stamattina, quindi ora andiamo.”
Ma quando si girarono nuovamente entrambi, videro
che Harry sembrava piuttosto occupato, stretto in un caloroso abbraccio dalla
sua compagna di banco. Orion rise e con tono malizioso disse:
“Sai Tom, forse in fin dei conti avevi ragione tu:
non ha per niente bisogno di una balia.” E si incamminò per raggiungere il
ragazzo.
Per cui non vide
Harry passò in rassegna gli alti scaffali della
Biblioteca di Hogwarts, sotto lo sguardo guardingo della Bibliotecaria,
insospettita dal fatto di non averlo mai visto entrare prima.
La giornata per Harry era continuata piuttosto
normalmente: dopo aver accompagnato Meredith ad Artmanzia,
lui e Orion si erano avviati verso Storia della Magia. Lì Harry aveva scoperto
che l’effetto soporifero delle lezioni del Professor Ruf
si faceva sentire benissimo anche all’epoca in cui il professore era vivo e
vegeto, per cui aveva passato l’ora a fare ghirigori
sulla sua pergamena annoiato, rispondere ai bigliettini di Orion ed osservare
Tom che, seduto dall’altro lato dell’aula, si dondolava sulla sedia noncurante,
avendo incantato la propria penna affinché prendesse appunti da sola.
Harry si era domandato più volte come mai dalla
mattina il Prefetto non gli avesse ancora rivolto la parola, ma ancora di più
si domandava come mai il fatto lo disturbasse tanto. In teoria, più gli stava
lontano, meglio era… no?
Il ragazzo scosse la testa
confuso e decise di addentrarsi un po’ di più nei meandri degli
scaffali, stanco di avere lo sguardo inquisitore della bibliotecaria attaccato
alla nuca.
In quel momento Harry aveva una delle ore buche che
avrebbe dovuto utilizzare per studiare per i G.U.F.O., così come quella dopo pranzo e, anche se sapeva bene di
non poter entrare nel Reparto Proibito, aveva deciso comunque di fare un salto
in Biblioteca. In fondo a parte cercare Anima e Corpo: Condanne e
Beatitudini del Legami Magici, non aveva ancora
speso un attimo a ricercare l’incantesimo contenuto nel libro, affidandosi
solamente al resoconto di Hermione alla quale, nella
fretta, non aveva nemmeno chiesto accurati dettagli.
Si stava incamminando verso il giusto reparto
quando qualcosa di spigoloso ed estremamente pesante gli cadde in testa,
facendogli vedere le stelle.
“Ahia! Che male…” esclamò massaggiandosi la testa e
guardando per terra, dove giaceva il grosso libro che lo aveva appena colpito.
“Oh scusa, mi dispiace!” arrivò una voce dall’alto.
Harry sollevò lo sguardo e vide, arrampicata s’una
delle scale per raggiungere i ripiani più alti, una ragazza rivolgergli uno
sguardo dispiaciuto scendere i pioli per tornare a terra. Pian piano che
scendeva ed Harry riusciva a vederla meglio, trovava
che aveva un ché di famigliare: capelli scuri raccolti in una stretta crocchia
dietro il capo, occhiali dalla montatura squadrata, labbra sottili…
‘Oh mio Dio,’ pensò il ragazzo
dopo averla riconosciuta, ‘è
“Scusami davvero, non volevo, ma mi è scivolato di
mano.” Disse
Harry, risvegliato dallo shock alle sue parole, si
affrettò a raccogliere il libro da terra. “Fa niente, non l’hai fatto apposta.
Ecco.” Rispose, tendendole il tomo con una mano. Lei lo
prese e, osservandolo per qualche secondo con aria critica, disse:
“Sei il nuovo studente, vero?”
Harry la guardò sorpreso. “Come hai fatto a
indovinarlo?”
Lei di tutta risposta sbuffò, avvicinandosi ad uno
dei tavoli per posarvi il resto dei volumi che teneva tra le braccia. “Un normale
Serpeverde non si sarebbe sprecato ad accettare le mie scuse e raccogliermi il
libro.”
Harry si grattò la testa con fare imbarazzato.
“Forse hai ragione.” Rispose semplicemente, senza
sapere cosa dire.
Minerva lo osservò per qualche altro secondo, prima
di sedersi al tavolo, tenendo comunque la sedia scostata verso di lui. “Sai, ho
sentito parlare di te.”
Harry rise, sorprendendola un po’. “Questo è il mio
primo giorno e già corrono voci sul mio conto?”
La ragazza abbozzò un sorriso, “Quando mai non
corrono voci, qui a Hogwarts?” poi allungò una mano, “Minerva McGranitt.”
Harry sorrise e si avvicinò per stringerle la mano
e presentarsi. “Harry Evans, piacere di conoscerti.”
“Allora Harry,” incominciò
la sua futura professoressa finite le presentazioni, “visto che è il tuo primo
giorno, cosa ci fai qua in Biblioteca? Non ti avranno già dato compiti spero.”
Ecco, quella era già una domanda piuttosto spinosa
ed Harry, indeciso su come rispondere, si morse un labbro. Osservando la
ragazza di fronte a sé però, pensò che se fosse stato
attento sarebbe anche potuta essere d’aiuto.
“Ehm vedi, forse potresti aiutarmi a proposito.” disse con tono spaesato da
novellino, “Prima di trasferirmi qua stavo seguendo un progetto con uno dei
miei professori, sui legami magici.” Fu contento di vedere un luccichio
d’interesse accendersi negli occhi dell’altra. “Ho dovuto lasciare il lavoro a
metà e un po’ mi dispiace, per cui cercavo qualche
libro a proposito ma sai, è così grande questo posto.” Disse guardandosi intorno
e fingendosi meravigliato.
Minerva sembrava essersela bevuta – ‘E poi si chiedono tutti perché sono a Serpeverde’
– e battendosi un dito sul mento con aria pensierosa, rispose: “Legami magici…
si, mi sembra di aver letto qualcosa in proposito. Guarda, girato questo
scaffale, sulla destra dovrebbe esserci un reparto che ne parla.” Gli disse indicando il percorso, “Se poi vuoi, puoi venire
su questo tavolo, non mi disturba.” Aggiunse.
Harry la ringraziò e si avviò verso lo scaffale
indicatogli. In effetti Minerva aveva ragione: c’era
un bel po’ di materiale utile benché, ovviamente, non ci fosse il libro che
tanto stava cercando. Raccolse altri tre o quattro volumi, prima di ritornare
al tavolo dove la giovane McGranitt era già immersa
nei propri tomi. Nel totale silenzio, interrotto solo dal fruscio delle pagine,
i due ragazzi incominciarono a studiare.
Doveva essere passata più di un’ora
quando Harry, indolenzito dalla postura rigida, si stiracchiò sullo
schienale, catturando l’attenzione della ragazza di fronte a sé. Quella guardò
l’ora e, tirata fuori la bacchetta, materializzò un vassoio pieno di sandwich e
due bicchieri d’acqua.
Al sopracciglio alzato di Harry rispose: “Il pranzo
è già iniziato. Di solito quando io sono immersa nelle ricerche, di rado scendo
in Sala Grande per i pasti. Però se vuoi puoi anche andare, nessuno te lo
vieta.”
Harry scosse la testa e allungò una mano verso uno
dei sandwich. “No, anzi, ti ringrazio.”
Le lo guardò al di sopra del calice d’acqua. “È
proprio vero, sei diverso dagli altri Serpeverde.”
Harry sorrise. “Lo prendo come un complimento,
detto da un Grifondoro.” Disse, aggiudicandosi
un sorriso dalla sua compagna di studi.
Dopo aver finito i sandwich, curioso, il ragazzo
chiese: “Tu invece? Su cosa stai lavorando?”
Si stupì un po’ di vedere un lieve rossore salirle
sulle guance. “Io? Oh beh nulla, solo qualche libro che mi interessava a
proposito degli Animagi…”
Harry dovette trattenere la risata che gli venne
spontanea pensando al gatto-McGranitt. “In che anno sei?” chiese invece.
“Quinto.” Rispose lei.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Ma gli Animagi non sono programma del quinto anno.”
Minerva cominciò a giocherellare con una delle
pagine del libro davanti a lei, leggermente a disagio. “No, lo so, è solo che…”
si fermò improvvisamente, guardando Harry sospettosa, “Aspetta un attimo, come
fai a sapere che non sono nel programma?”
Harry deglutì, cercando la prima scusa che gli
passò per la mente. “Ehm, me lo deve aver detto Tom una volta…”
Se non di soddisfarla, la risposta sortì almeno
l’effetto di distrarla. “Tom Riddle intendi? Lo conosci?” chiese
curiosa.
Il ragazzo annuì. “Si, visto che non c’era posto da
nessun’altra parte, divido la stanza di Prefetto con
lui. Diciamo che riusciamo ad andare d’accordo.”
Aggiunse con una bozza di sorriso.
“Credimi, nemmeno io.” Rispose Harry criptico, ma
lei non chiese spiegazioni e anzi, fece svanire il vassoio e cominciò a
raccattare i suoi libri.
“Beh, mi sa che io devo andare, Babbanologia
mi aspetta.” Disse mettendo un paio di tomi nella sua
borsa. “Tu cos’hai adesso?”
“Io un’altra ora buca, penso che resterò qui ancora
un po’.” Rispose lui.
Minerva, dopo aver sistemato tutto, si rivolse un’ultima
volta al ragazzo seduto. “Allora, ci si vede in giro Harry. È stato…
interessante fare la tua conoscenza.”
Harry sorrise. “Altrettanto,
Minerva.” Rispose e rimase a guardare la sua futura professoressa
allontanarsi e sparire dietro gli scaffali.
A.N.: Ah, teoria della magia, mi ha sempre affascinato
(anche se non esiste XD)!
E
Tom sospetta, e Tom sospetta, trallalero trallallà! XD
Vabbeh, vediamo di scrivere
qualcosa di sensato: per esempio che c’era un motivo se
P.S.: questa è una Tom/Harry, è
nata Tom/Harry e morirà (eh si, prima o poi finirà) Tom/Harry ;).
RISPOSTE:
MORFEa: ehilà, era tanto che non
ti si vedeva! Grazie mille come sempre, e come ho già scritto nel Post Scriptum Tom e Harry sono fatti per stare insieme, lo
vedono tutti (tranne
Kagchan: eheh,
piano piano spuntano un sacco di indizi per il nostro
Tom e di certo lui stupido non lo è… ;)
KIA: eh, lo sapevo che Alden
avrebbe suscitato reazioni simili, ma quoto ciò che ho
detto nel Post Scriptum! ^^
StellaMars: un’altra abbonata al Tom
Riddle Fan Club allora! ^^ Dovremmo cominciare a distribuire tessere
d’iscrizione XD. Sono contenta che la storia ti piaccia e spero che continuerai
a seguire!